Il TAO dell'Amore

Post n°4 pubblicato il 20 Settembre 2006 da alidagento

L'Armonia sessuale secondo l'antica saggezza cinese Sferra un colpo con tutte le tue forze E desidererai d'esserti fermato in tempo. Affila la tua spada al massimo E la lama durerà a lungo Tao Tè Ching, Lao Tzu Esistono tre concetti fondamentali che distinguono il Tao dell'Amore dagli altri studi sul sesso e che bisogna intendere correttamente prima di poterli padroneggiare. Il primo concetto è che un uomo deve imparare a determinare l'intervallo dell'eiaculazione appropriato alla sua età e alle sue condizioni fisiche. Ciò lo rafforzerà, ponendolo in grado di fare l'amore ogni volta ch'egli e la sua partner lo desidereranno, e di continuare a farlo tanto a lungo (o di ricominciare tanto spesso) quanto è necessario alla sua compagna per raggiungere una soddisfazione completa. Il secondo concetto implica una rivoluzione nel pensiero occidentale riguardo al sesso. Infatti, gli antichi cinesi credevano che l'eiaculazione - e in special modo l'eiaculazione incontrollata - non fosse il momento più estatico per il maschio. Una volta compreso ciò, un uomo può scoprire nel sesso altre gioie, più deliziose, il che, naturalmente, gli renderà più facile controllare l'emissione del seme.
Il terzo concetto - molto importante da un diverso punto di vista - è l'importanza della soddisfazione femminile. Questo principio è già stato pubblicizzato nel pensiero occidentale dall'opera di Kinsey e altri sessuologi. IN questi ultimi anni, poi, i loro risultati hanno ricevuto una divulgazione ancora maggiore a opera dei vari Movimenti Femministi e la loro validità non è più seriamente messa in questione. Ora, questi tre concetti costituiscono la base dell'antica filosofia cinese sull'amore. Essi non solo hanno permesso agli uomini e alle donne di avere rapporti seussuali tanto spesso e tanto a lungo quanto lo desideravano, ma hanno anche dato all'antica Cina una grande naturalezza e libertà sessuali, fiorite per tutto il tempo in cui il taoismo è rimasto dominante. I taoisti credevano che l'armonia sessuale ponesse in comunione con la forza infinita della natura, la quale, a loro avviso, aveva anch'essa soprannomi sessuali. Così per esempio, la Terra era la femmina, o elemento Yin, e il Cielo era il maschio, o elemento Yang. Dalla loro interazione derivava la totalità. Per estensione, anche l'unione di un uomo e di una donna creava un'unità. E un'unità non meno importante dell'altra. ... non medicina, nè cibo, nè salvezza spirituale possono prolungare la vita di un uomo se non comprende e pratica il Tao dell'Amore. P'èng Tsu

 

Sferra un colpo con tutte le tue forze E desidererai d'esserti fermato in tempo. Affila la tua spada al massimo E la lama durerà a lungo
Tao Tè Ching, Lao Tzu

Con ogni probabilità, è stato grazie al considerare l'atto sessuale come parte dell'ordine della natura, mai associato con un senso di peccato o di colpa morale, unito alla quasi completa mancanza di repressione, che la vita sessuale degli antichi cinesi è stata, nel suo insieme, notevolmente sana, libera dalle aberrazioni e anormalità patologiche che troviamo in tante grandi culture antiche (R.H. Van Gulik, Sexual Life in Ancient China).

I "cinque segni" della soddisfazione della donna, menzionati da Van Gulik , erano apparsi due millenni prima in un dialogo che si supponeva aveva avuto luogo tra l'imperatore Huang Ti (periodo Han, 206 a.C. - 219 d.C.) e la sua consigliera in materia sessuale Su Nu:

Imperatore: In che modo un uomo osserva la soddisfazione della sua donna?
Consigliera: Vi sono 5 segni, cinque desideri e dieci indicazioni. Un uomo dovrebbe osservare questi segni e reagire di conseguenza.

Essi sono:
La sua donna ha il volto arrossato e le orecchie calde. Ciò indica che nella sua mente si sono destati pensieri d'amore. L'uomo può ora cominiciare il coito, gentilmente, quasi tormentosamente, senza spingere a fondo e aspettando le reazioni della compagna.

Il naso è sudato e i capezzoli diventano duri. Ciò significa che il fuoco della passione arde più forte. La picca di giada (il glande) può ora spingersi fino alla Valle Gentile (circa 12 centimetri), ma non molto oltre. L'uomo dovrebbe attendere che il desiderio di lei s'intensifichi prima di andare più a fondo.

Quando la voce della donna diventa roca e bassa, come se avesse la gola secca, il desiderio si è intensificato. Gli occhi sono chiusi, la lingua guizza tra le labbra ed ella ansima in modo udibile. Questo è il momento in cui la picca di giada dell'uomo può andare dentro e fuori liberamente. La comunione sta ora raggiungendo grado a grado uno stadio estatico.

Il Palloncino Rosso (la vulva) è abbondantemente lubrificato, poichè il piacere della donna si sta avvicinando al culmine, e ogni spinta dell'uomo aumenta tale secrezione. Leggermente la picca di giada tocca le Punte della Castagna d'acqua (cinque centimetri circa). Poi l'uomo può usare il metodo di una spinta a destra e una asinistra, una spinta lenta e una rapida, o qualunque altro, a piacere.

Quando i Dorati Fiori di Loto (i piedi della donna) si sollevano in alto come per abbracciare l'uomo, la sua passione e la sua brama hanno raggiunto il vertice. Ella avvolge le gambe intorno alla vita dell'uomo, emtre con le mani gli stringe le spalle e la schiena. La lingua sporge tra le labbra. Questi sono i segni che l'uomo deve ora spingere la propria picca di giada fino alla Valle della Camera Profonda (15 centimetri circa). Questi colpi profondi la renderanno estaticamente soddifatta in tutto il corpo.

... non medicina, nè cibo, nè salvezza spirituale possono prolungare la vita di un uomo se non comprende e pratica il Tao dell'Amore.
P'èng Tsu

 
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essere obbligati...

Post n°3 pubblicato il 28 Luglio 2006 da alidagento

Con il termine obbligo si intende comunemente l’azione che ci sentiamo di dover compiere nel rispetto di norme imposte dall’educazione, dalla cultura di appartenenza, dalla religione, dai valori di riferimento. Espletarlo soddisfa il nostro Super-Io, restituendoci un’immagine di correttezza e conformità alla regola; non adempierlo ci espone ai sensi di colpa e alla disistima.

Trasformare la nostra vita in una sequenza di obblighi è il modo sicuro per condannarci all’infelicità. L’obbligo è infatti la cartina tornasole della nostra irregimentazione a regole che ci imponiamo e che nel profondo percepiamo come coercitive, se non addirittura punitive. Entrare nella psicologia dell’obbligo traduce in costrizione ogni nostro atto. Per obbligo lavoriamo, ci comportiamo in un certo modo, diciamo alcune cose e ne tacciamo delle altre. Per obbligo arriviamo a imporci di divertirci, riposarci o andare in vacanza. Persino voler bene e fare l’amore, in una mentalità tutta improntata sul dovere, possono tramutarsi in obbligo! L’obbligo vincola la nostra coscienza e dettami forzati. La conseguenza più evidente di questa operazione è che finiremo per sentirci “a posto” con noi stessi solo quando rispetteremo la norma. E all’opposto, “sbagliati”, quando non la seguiremo. Effetto collaterale di tale atteggiamento esistenziale è la perdita di contatto con la nostra interiorità: più siamo infarciti di obblighi, più dimostriamo di essere “di testa”, in balia di credenze e convenzioni assorbite dall’esterno, che via via ci allontanano dai nostri desideri, dalle necessità profonde, dalla nostra vera natura. Rischiamo quindi di diventare esecutori perfetti di “ciò che si deve”, ma di essere sempre più infelici e frustrati. L’unico vero obbligo è realizzare se stessi. Il danno più grave di un modo di essere improntato sull’obbligo è comunque quello di perdere di vista l’unico dovere che noi in realtà abbiamo nella vita: realizzare la nostra essenza. Se nel “ciò che si deve” non mettiamo al primo posto questo comandamento, stiamo giocando male le nostre carte. Per accorgercene, facciamo attenzione a tutte le volte in cui ci sentiamo vittime delle cose che facciamo: se sono frequenti, qualcosa non và. Stiamo anche particolarmente attenti a certe “strane” stanchezze che non hanno una vera ragione d’essere, ma che ci rendono apatici, svogliati, senza sorriso: anche questo potrebbe essere un sintomo da non trascurare. L’obbligo ci candida al sacrificio e alla rinuncia. Se il dovere si fissa nella nostra mente come l’unico imperativo categorico, senza rendercene conto cominciamo a giudicare egoisti tutti gli atti volti a soddisfare in primis le nostre reali inclinazioni. E per vincere il disagio che il senso di colpa ci procura, ci obblighiamo a dimenticarci di nuovo di noi, rinunciando o sacrificandoci oltre misura. Questi atti di abnegazione, se da un lato mortificano la nostra vera natura, dall’altro rafforzano il nostro ego. Attenzione quindi: il soggetto che lamenta di avere troppi obblighi cui far fronte, spesso è quello che si sente “indispensabile”  (in famiglia, sul lavoro, così come nelle amicizie) e in questo suo ruolo appaga il proprio bisogno di auto-affermazione. Anche se si duole per il carico di oneri, anche se vagheggia il tempo in cui, finalmente, potrà essere libero da tutto e tutti, in realtà sta abbarbicato al proprio dovere, perché il ruolo che sta incarnando gli garantisce potere sugli altri. Questo è il caso, per esempio, delle mamme-chioccia e casalinghe perfette che in questo modo controllano i figli, del capo che si ammazza di lavoro e non delega, della vittima che si sacrifica per gli altri e conosce solo il linguaggio del lamento. E l’elenco potrebbe continuare…

 
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volersi bene...

Post n°2 pubblicato il 24 Luglio 2006 da alidagento

...se si ama qualcuno diventa naturale sacrificarsi per lui... Questo non è altro che un buon passaporto per ammalarsi scivolando, con il tempo, sempre di più nell'angoscia... Che razza di amore può mai essere quello che poggia sul sacrficio e sulla rinuncia? E come possiamo definire egoismo la volontà di assolvere la nostra vera funzione, ovvero diventare ciò che siamo? Jung (psicoanalista svizzero) lo afferma con grande semplicità: "C'è una sola aspirazione, quella al vostro essere"... Quindi, di che cosa dovremmo colpevolizzarci, quando stiamo finalmente assecondando la nostra natura? Volersi bene non è un atto di egoismo, ma di consapevolezza! Non siamo quì per sviluppare attaccamenti a cose, persone, progetti e desideri che non ci appartengono, e che sono solo proiezioni che gli altri fanno su di noi. Tutti noi dobbiamo essere consapevoli di essere parte del grande "cervello del mondo" e ogn volta che manifestiamo noi stessi, il nostro modo di muoverci, mangiare, vestirci, fare l'amore, sorridere, ecc... manifestiamo nella nostra meravigliosa unicità e particolarità la coscienza del mondo! Non a caso tra tutte le creature viventi, l'uomo è la massima espressione dell'evoluzione dell'universo e il nostro corpo è lo spazio più perfetto per accoglierla. Ecco perchè il corpo viene definito dai saggi di tutte le tradizioni il "tempio del divino". Il nostro cervello non è quindi fatto per sedimentare modelli di comportamento e schemi mentali che ci comprimono ma, al contrario, è lo spazio privilegiato della trasmutazione della coscienza. In parole più semplici, il nostro vero impegno, contrariamente a quello che si crede o ci fanno credere, non è tanto quello di  "assomigliare o piacere a...", ma di essere come il bruco che partorisce la farfalla. Questo è il significato di "diventare ciò che si è", ed in questo processo di costante autotrasformazione che si materializza l'autostima, ovvero il volersi bene. Se non comprendiamo questo, siamo destinati a fallire la nostra principale funzione e diventiamo i candidati ideali ai sensi di colpa, di inadeguatezza, di nferiorità, per scacciare i quali ci imprigioniamo in personaggi fasulli che da un lato accontenteranno sì genitori, partner o amici, ma dall'altro ci faranno ammalare sul serio...!

 
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Relazionarsi

Post n°1 pubblicato il 24 Luglio 2006 da alidagento

L’uomo è la più grande fioritura di questa terra, l’essere più evoluto. Nessun uccello può intonare il suo canto: la sua musica è bellissima perché frutto della sua innocenza, ma tu puoi intonare canti assai più belli e ricchi di significato. Ma la gente si chiede sempre: “Cosa avrò mai da dare io?”. Gli alberi, le stelle, i fiumi sono bellissimi… ma hai mai visto qualcosa di più bello di un viso umano? Hai mai incontrato qualcosa di più splendido dei suoi occhi? Su tutta la Terra non esiste nulla di più delicato; nessuna rosa o fiore di loto può reggere il confronto. E quale profondità! Ma tu ti chiedi: “Cosa ho da offrire in amore?”. In realtà, quando qualcuno ti ama, resti un po’ sorpreso. “Me?! Quella persona ama me?!” Nella mente sorge questa idea: “E’ perché non mi conosce, ecco perché. Se mi conoscesse e potesse scrutare dentro di me, non mi amerebbe mai”. Per questo gli amanti cominciano a nascondersi l’uno all’altra. Mantengono molte cose private, non aprono i loro segreti, perché hanno paura che così facendo l’amore scompaia: nel momento in cui aprissero il loro cuore, svanirebbe inevitabilmente. Non sanno amare se stessi: come possono concepire che qualcun altro li ami? L’amore comincia dall’amore di sé. Non essere egoista, ma ama te stesso, senza restarne ossessionato e diventare un Narciso: sono due cose diverse. L’amore per sé è un fenomeno fondamentale. Solo allora puoi amare qualcun altro. Accettati e amati: sei una creazione di Dio. Porti la sua firma, sei unico, speciale. Nessun altro è mai stato come te e nessuno lo sarà mai; sei semplicemente incomparabile. Accetta, ama e celebra ciò che sei, e in quella celebrazione comincerai a vedere l’unicità e l’incomparabile bellezza degli altri. L’amore è possibile solo quando esiste una profonda accettazione di se stessi, dell’altro e del mondo. L’accettazione crea l’ambiente in cui l’amore cresce, il terreno su cui fiorisce.

L’amore non è una relazione, è un relazionarsi. Una relazione è qualcosa di finito e porta all’immobilità completa, è la fine di una luna di miele. Ora non esiste più né gioia né entusiasmo: tutto è cessato. Puoi portare avanti la relazione per mantenere la tua promessa, perché è comoda, conveniente, sicura, perché non c’è altro da fare, perché se la rompessi ti troveresti nei guai, ecc… Relazione vuol dire qualcosa di chiuso, completo, finito. L’amore non è mai una relazione: è un relazionarsi. E’ sempre un fiume che scorre senza posa. L’amore non conosce alcuna stasi; la luna di miele comincia, ma non finisce mai. Non è come un romanzo, che inizia da un certo punto e termina in un altro. E’ un fenomeno che continua senza fine. Le relazioni finiscono, ma l’amore continua. E’ senza fine. E’ un verbo, non un nome. Ma perché riduciamo la bellezza del relazionarsi a una relazione? Perché abbiamo tanta fretta? Perché relazionarsi è insicuro, mentre una relazione è una cosa “certa”. La relazione è “sicura”, mentre il relazionarsi è solo l’incontro di due sconosciuti, forse solo per una notte, pronti a dirsi addio al mattino. Chissà cosa accadrà domani? Abbiamo così paura che vorremmo renderla una cosa certa e prevedibile. Vorremmo che il domani assecondasse le nostre idee, senza permettergli di seguire il suo corso. Ecco perché riduciamo immediatamente tutti i verbi a un nome. Quando ami una persona si comincia subito a pensare al matrimonio, a un contratto legale. Perché? Cosa c’entra la legge con l’amore? C’entra, perché manca l’amore!!! E’ solo una fantasia che sai essere effimera. E prima che scompaia è bene sistemare le cose, adoperarsi affinché diventi complicato separarsi.

Esistono fiori dell’amore che sbocciano solo dopo una lunga intimità, e ne esistono altri che sono stagionali: in sei settimane si aprono al Sole, e dopo altre sei sono spariti per sempre. Ci sono fiori che impiegano anni per spuntare, e ce ne sono altri che impiegano ancora più tempo. Più lunga l’attesa, maggiore sarà la profondità. Ma deve essere un impegno da cuore a cuore. Non deve essere nemmeno verbalizzato, perché ciò vorrebbe dire profanarlo. Deve essere un impegno silenzioso, da occhio a occhio, da cuore a cuore, da essere a essere. Va compreso, non detto. E’ orribile, disumano, vedere le persone che vanno in chiesa o in municipio per sposarsi. Dimostrano semplicemente che non si fidano l’uno dell’altro; hanno più fiducia nel rappresentante dello Stato che nella propria voce interiore!!! Dimostrano che non riescono ad aver fiducia dell’amore, ma della legge… Dimenticati le relazioni e impara a relazionarti. Quando sei in una relazione cominci a darti per scontato. Ecco ciò che distrugge le storie d’amore. La donna pensa di conoscere l’uomo e l’uomo pensa di conoscere la donna. Nessuno invece sa nulla. E’ impossibile conoscere l’altro: resta un mistero. E darlo per scontato è irrispettoso, offensivo. Pensare di conoscere tua moglie, tuo marito, è molto, molto presuntuoso. Come puoi conoscere quella donna? Come puoi conoscere quell’uomo? Sono processi non cose!!! La donna che hai conosciuto ieri, oggi non c’è più. Tantissima acqua è passata nel Po’: è sempre un’altra, totalmente diversa. Relazionati daccapo, ricomincia di nuovo, non darla per scontata. E osserva in viso l’uomo con cui hai dormito l’altra notte. Non è più la stessa persona, è cambiato moltissimo; tantissime cose, un numero incalcolabile, sono cambiate. Questa è la differenza tra una cosa e una persona. I mobili della stanza sono gli stessi, ma l’uomo e la donna no!!! ESPLORA ancora, RICOMINCIA di nuovo. Ecco il significato del relazionarsi. Relazionarsi vuol dire ricominciare in continuazione, sforzarsi sempre di arrivare a conoscersi e acquisire familiarità con l’altro, presentarsi e ripresentarsi sempre e di nuovo: provare a scorgere le sfaccettature della personalità altrui, andare sempre più in profondità nel mondo dei suoi sentimenti,  nei più profondi recessi del suo essere; tentare di sciogliere un mistero che non può essere sciolto. Questa è la gioia dell’amore: l’esplorazione della consapevolezza. E se ti relazioni, senza scadere nella relazione, l’altro diventerà uno specchio. Esplorandolo, esplorerai te stesso senza accorgertene. Scendendo in profondità nell’altro e arrivando a conoscere i suoi sentimenti, i suoi pensieri e i moti più profondi del suo animo, conoscerai anche i moti del tuo animo. Gli amanti diventano uno specchio l’uno dell’altro, e l’amore si trasforma in una meditazione, in una preghiera. La relazione è brutta, il relazionarsi è splendido. Nella relazione entrambe le persone diventano cieche l’una dell’altra. Prova a pensarci: quanto tempo è passato dall’ultima volta che hai guardato tua moglie, o tuo marito negli occhi? Forse anni. Dai già per scontato di conoscerla o conoscerlo. Cosa c’è da guardare ancora? Ti interessano più gli sconosciuti che le persone che conosci; perché di queste credi di conoscere l’intera conformazione dei loro corpi, il modo in cui rispondono, tutto ciò che è successo e che si ripeterà di nuovo. E’ un circolo vizioso. Non è così, in realtà non è così. Nulla mai si ripete: tutto è nuovo ogni giorno. Solo i tuoi occhi, le tue supposizioni e i tuoi preconcetti invecchiano; solo sul tuo specchio si raccoglie la polvere che ti rende incapace di riflettere l’altro. Tutto non è uguale ma lo “diventa” nel momento in cui ci si “crede” così. E le credenze creano delle realtà, realtà inventate; alla radice di tutto ci sono sempre delle credenze che nascondono solo ignoranza; nulla è uguale mai, tutto scorre e si rinnova continuamente, incessantemente, è un processo che rinasce ogni attimo che passa, è la natura che scorre… mentre la nostra mente, bloccata nella stupidità di quello che chiama “essere coerente”, ci mente di continuo; è la mente che ci mente, è la costruzione della mente, basata soprattutto dalle ipocrisie e dai paradossi socialmente condivisi, che si sforza di nuotare contro la natura di tutto ciò che vive; nuotare contro corrente, contro tutto ciò che scorre significa “vuoto evolutivo”, non c’è più un processo, non c’è più alcuna dinamica, non c’è più alcuna crescita; diventiamo “cose morte” che mangiano, che dormono, che respirano, che credono di essere vive… vive in uno stagno di angoscia e isolamento, lì dove tutto rimane sempre uguale…

Per questo dico “Relazionati”. E con questo voglio dire: “Resta sempre in luna di miele”. Continuate sempre a cercare e a indagarvi l’un l’altra, a trovare nuovi modi di stare insieme e di amarvi. E ogni persona è un tale mistero infinito, imprevedibile e insondabile, che non si può mai dire: “Io la conosco” o “Io lo conosco”. Tutt’al più si può affermare: “Ho fatto del mio meglio per conoscerlo, ma il mistero resta tale”. Di fatto, più conosci, più l’altro diventa misterioso. Allora l’amore diventa un’avventura senza fine.

 
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