RIVISTA GIURIDICA

la sua pronuncia, in termini di interpretazione o di validità delle norme comunitarie, fosse rilevante per risolvere la controversia costituzionale. Sarebbe, allora, del tutto frustrata l’esigenza, sottostante all’istituto del rinvio pregiudiziale, di assicurare l’uniforme interpretazione del diritto comunitario, mentre potrebbe prospettarsi il rischio dell’insorgere della responsabilità della Repubblica italiana per violazione o errata interpretazione di norme comunitarie.

7 – Il terzo aspetto della giurisprudenza costituzionale su cui qui conviene riflettere è quello dei controlimiti. Come accennato, questo tema attraversa, espressamente o implicitamente, tutte le pronunce della Corte in materia: esso rappresenta il termine ultimo della sovranità statale, della capacità del giudice costituzionale di svolgere il suo ruolo di difesa dei valori supremi della costituzione, e costituisce quindi una condizione irrinunciabile delle pur generosamente accettate limitazioni di sovranità.

Detto questo, non si può però sottacere che il riferimento ai controlimiti è rimasto nella giurisprudenza della Corte un richiamo teorico, quasi una clausola di stile, raramente riempita di contenuti specifici, e che la sua operatività non è stata quasi mai collegata a precisi strumenti processuali.

Se si esclude, infatti, la pur importante sentenza Fragd (232/1989), nella quale la Corte, in nome del diritto di agire in giudizio, era andata assai vicina a una dichiarazione d’illegittimità costituzionale dell’allora art. 177 del Tr. CEE, in quanto avrebbe consentito alla Corte di giustizia di delimitare la retroattività delle proprie pronunce pregiudiziali d’invalidità, escludendo dalla relativa efficacia le controversie che vi avevano dato luogo, è difficile riscontrare una chiara indicazione degli strumenti costituzionali atti a garantire l’osservanza dei controlimiti.

Si sa che il Bundesverfassungsgericht nelle sentenze Solange e poi nel Maastricht-urteil aveva affermato la propria competenza a sindacare,