Creato da Raf_ADMOpiemonte il 13/06/2007

Non siamo isole

Storia di un seme che morendo fa nascere un grande albero

 

« I giovani di oggi mi piaccionoChemio e trapianto: espe... »

Emanuela

Post n°34 pubblicato il 21 Giugno 2011 da Raf_ADMOpiemonte
 

 

"Giorno + 47 dalla Rinascita

L'infusione del farmaco è andata bene senza effetti collaterali, i danni ancora non si vedono e se giovedì i linfociti non saranno ancora sterminati gli toccherà una seconda dose. Qualcuno si è chiesto come abbia fatto a prendersi la mononucleosi in isolamento: queste mine vaganti sono già dentro di lui, sono i ricordi delle infezioni e delle malattie contratte dalla donatrice, questi virus che Ale non conosce ma il midollo della donatrice sì (quindi ne sviluppa una risposta immunitaria) possono riattivarsi in qualsiasi momento provocando in lui la malattia. Oggi l'ho visto un po' più su di ieri, ma non come altre volte...la botta al morale è stata notevole....Anna poi ha voluto raccontargli di cosa ha fatto oggi in piscina e lui si è incupito un po'.....manchi tesoro, manchi da morire, la terza parte di me oggi non c'era e il vuoto che lascia è enorme...quante volte ti ho cercato e ti ho anche chiamato, sbagliando il nome di tuo fratello, manchi moltissimo anche a lui...pure se non lo da a vedere. So quanto è più difficile stare lì dentro vedendo che per gli altri fuori la vita continua. Amore, la vita DEVE continuare, la stiamo continuando anche per te, perchè quando tu uscirai di lì non debba trovare una famiglia esausta, spompata ed afflitta. Se la nostra vita si fermasse sarebbe difficile farla ripartire, invece noi vogliamo accoglierti con un treno in marcia sul quale tu al più presto potrai risaltare su, vivi e pronti a gioire con te di tutto ciò che la vita ha deciso di riservarti. Non voglio dirti come sarà la tua vita, quanto sarà magnifica, perchè non è così, io non lo so.........la tua vita non è già scritta, la devi scrivere tu, usando tutti i colori che essa stessa ti ha insegnato, donandoti agli altri consapevole che essa è un dono (e chi meglio di te lo può sapere?) e che quindi il suo significato è DONARE, essendo di esempio per chi ancora non ha capito l'essenza della vita, vivendo intensamente e non sprecando nemmeno un minuto. Sei tu che devi fare della tua vita un capolavoro ed io prego il Signore per poter esserci ed assistere al tuo capolavoro."

Il post di oggi di Emanuela che pensa a suo figlio Ale, in camera sterile per un trapianto di midollo, ha parole che sono entrate in me come un pesante masso gettato in acqua: sono atterrate nel mio cuore dritte, veloci, silenziose e si sono appoggiate su un fondo sabbioso, pronto ad accoglierle e benedirle. Dicono molto su quello che vivono le persone accanto al malato. Quando una malattia entra in una famiglia non colpisce solo il malato, ma tutti i suoi membri. Ognuno però ha un ruolo diverso: il malato deve pensare a combattere per se stesso; chi gli sta attorno deve dargli il massimo appoggio senza tralasciare la cura di sé, continuare a vivere "fuori" dalla camera sterile per non crollare quando il malato ne uscirà, potergli allora dare la mano e continuare insieme il cammino, trovando conforto nel suo sorriso e nei suoi passi di nuovo sicuri. Penso sia una situazione molto difficile. 

Ci sono volte in cui la malattia entra come un cuneo e spacca tutto: i fidanzati si lasciano, i matrimoni si disfano. Crepe antiche o cemento troppo fresco non riescono a contrastare la forza devastante del terrore, della paura e di tanti altri sentimenti che non so nemmeno immaginare

Emanuela ha altri due figli e un marito che sicuramente la aiuta. Poi ha un gruppo su Facebook, veramente molto seguito, dove si è creata una comunità variegata: chi fa il tifo la famiglia Polì e per Ale, chi condivide la sua storia, chi ogni tanto -su Internet c'è il meglio e il peggio, come nella vita reale- mette un po' di zizania. Il web permette di creare queste comunità allargate che mi sembra possano far sentire meno sole le persone che si trovano di fronte a drammi immensi come questi. La sua lettera all'anonimo donatore di midollo di Ale è stata anche pubblicata sul numero 36 di ADMONotizie.

Un tempo non c'erano cure, e la morte era accettata come parte della vita. Oggi c'è forse maggiore consapevolezza del suo valore e fiducia nelle possibilità della medicina. Quando si è malati si cerca di trattenere a sé ogni giorno con le unghie e con i denti, mentre quando si sta bene si lasciano scorrere via le settimane, i mesi, come acqua da un rubinetto dimenticato aperto. 

Ho sentito molti guariti dire: "Ho continuato a lottare, a crederci, a non mollare mai e ce l'ho fatta." All'inizio queste parole mi lasciavano molto perplessa perché, sempre confrontandomi con la mia storia personale, pensavo: non posso credere che Rossano non abbia voluto o saputo lottare. Spesso suo padre nelle testimonianze dice "Rossano voleva, noi vogliamo, voi volete, tutti vogliono vivere!"

 E veramente non so cosa pensare.

La forza di volontà può, assieme ad altri fattori, essere determinante nella sconfitta di una malattia?

O è la malattia stessa ad essere, in alcuni casi, così forte da spezzare anche la volontà di sopravviverle?

O ancora, come sostengono certe teorie, può essere addirittura un evento traumatico della nostra vita a generare la malattia, come una sorta di autodistruzione di un'esistenza colpita a tal punto da venirne soffocata?

Voi cosa ne pensate? Qual è la vostra opinione su questo ultimo aspetto? Vi siete mai sentiti sovrastati da una malattia? E come avete reagito?

 

La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/rossanoeglialtri/trackback.php?msg=10347686

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
Nessun trackback

 
Commenti al Post:
Nessun commento
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963