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Sitting Bull.

Post n°434 pubblicato il 11 Dicembre 2016 da Santajusta_Cultura

In questi giorni, dal secondo piano dell'ex centro commerciale di Avenida dell'Estandarte, è passata un'amica in difficoltà. Per fortuna, o per sfortuna, i nostri dirimpettai, quelli del Comando Psicológica, non se ne sono accorti.

Questa ragazza è la rappresentazione vivente del proverbio "tutti tagliano legna dall'albero caduto". Attorno a lei, un battaglione di paraventi: il collega che cerca di scappare con quel che resta della cassa, il marito evasore fiscale che la denigra, il cugino del cognato che la sfrutta e i genitori che dicono "T'arrangi", quando non le sfilano dalle tasche le ultime banconote (di piccolo taglio).
A me, viene da prendere un bazooka e da andare a guadagnarmi l'ergastolo. Ma sono vigliacco. E mi hanno appena convocato, per un lavoretto, al Nacional. Però, una soluzione ci sarebbe...
Nella mia tormentata vita di sarto teatrale, ne ho viste di tutti i colori, di tutte le trame e di tutti gli orditi. Nel 1998 ero il costumista del Puma. Né quello del Venezuela, né quello di Lambrate. Quello di Borgarel.
Andavo talmente d'accordo con le sue tre malcapitate assistenti, che non si concludeva set del venerdì sera senza una visita al bar notturno, dove giocavamo la schedina del Lotofútbol. Il concorso pronostici sul campionato di calcio, parfaitement. Una volta, abbiamo azzeccato dieci risultati su tredici.
"A raccontarlo oggi, non sembra neanche vero".
Avevamo anche inventato il gioco della riserva indiana. All'inizio del secolo, esattamente come oggi, il nostro mondo era infestato da negrieri, come certi capi, maschilisti e tradizionalisti, faccendieri roteanti e cugini del cognato.
Assodato che era una minoranza e che bastava starne alla larga per vivere in un mondo sensibilmente migliore, decidemmo di riportare in auge il modello delle riserve: 1. Recintare un'ampia e ridente porzione del territorio di ognuna delle nostre isole; 2. Paracadutarci dentro la minoranza; 3. E adesso, ognuno a casa sua; 4. (per far contento il mio vicino di casa, fine diplomatico) lasciare aperta la possibilità di scambi commerciali e (assai remota, questa) culturali.
Non molto ecumenico, lo riconosco. Ma non mi chiamo Martincito, io.
Col tempo, ho imparato a stimare il Puma (Ma si!), ho abbassato la cresta (meno spesso di allora mi prendo per il centro del mondo) ed ho perso di vista due delle tre fanciulle. Sono rimasto amico di una di loro, Cynthia. Molto è cambiato, in me e intorno a me. E, a volte, mi sembra che nulla sia cambiato.
Per tornare alla mia amica in difficoltà, non vi sembra che la Riserva Indiana sia un'esigenza attuale?
Ci chiuderemmo dentro tutti i suoi parenti serpenti, coniugi delinquenti e soci fetenti. E, visto che, lì dentro, vigerebbe la regola "Homo Homini Lupus", non escludo che la Res Publica possa recuperare rapidamente il territorio concesso, per estinzione delle specie ivi (più o meno) protette.
E, credetemi, il mio spirito democratico non sta facendo una piega. "Non sono previste le colonie agricole, per i ladruncoli?" m'informa Jean-Paul Geoffroy, avocat à la Cour. E allora, applichiamo il principio di eguaglianza a questi dispensatori di gas nervino nelle esistenze altrui!
Ah, già, quel lavoretto al Nacional... speriamo che la locale sezione del Club Zitelli e Passioni Tristi sia chiusa. Una Riserva Indiana Fai da Te... Va be', forbici e colla, al lavoro.
© 2016 Pavia Malandra

 
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