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Nebbia di sangue ( Sesto capitolo)

Post n°2298 pubblicato il 28 Novembre 2017 da paperino61to

Riassunto: Indagando sulla morte di un soldato, il commissario Berardi scopre che tutto ruota intorno alla caserma Monte Grappa. Una scia di delitti sembra non aver fine, fino a quando per un caso fortuito l'agente Tirdi riconosce la persona che si era incontrata con uno degli indagati. Costui per riconoscenza verso Berardi svela il luogo dell'appuntamento e da una sua frase, il commissario capische chi è l'assassino e il venditore di armi ai ribelli spagnoli. Nella trappola preparata, cade il Maggior Brusin e alcuni suoi soldati.

 

Inizio la mia relazione ma dopo pochi minuti vengo interrotto, un gerarca fascista di Torino è entrato nell’ufficio del questore. Ci saluta e domanda cosa stia succedendo, è stato avvisato dell’arresto del Maggior Brusin: “ Un ottimo soldato Berardi, non posso credere alle accuse che gli vengono rivolte”.

 Continuo la mia relazione :“ Il maggiore all’interno della sua caserma, ha steso una ragnatela per vendere armi agli anarchici spagnoli. Non perché credesse nella democrazia, ma per lucro; la cosa andava avanti da parecchio tempo. Le casse con le armi che giungevano in caserma non venivano segnate tutte sul libro di entrata, di modo che quelle che vendute non risultassero agli atti in caso di ispezione”.

Il gerarca mi guarda con aria dubbia ma continuo la mia deposizione leggendo alcuni stralci della confessione del maggiore Brusin.

“ Il contatto tra il venditore e il richiedente erano alcuni esponenti anti fascisti della nostra città. La persona interessata al comprare le armi, mi contattava ,  con un biglietto fatto pervenire alla mia persona dove mi dava indicazione sia  della quantità di armi e sia dell’ora dell’appuntamento, il capanno abbandonato della Tesoriera era il luogo fissato per l’incontro”.

 “ Ne è sicuro Berardi?” domanda il questore.

Mostro il foglio stropicciato che mi è servito per fare cadere nella trappola il maggiore,  omettendo che la scrittura era la mia.

“  Sicurissimo, e come vede stanotte il maggiore e i suoi uomini erano al capanno. Non vedendo arrivare nessuno sono tornati in caserma senza rientrare dal portone principale…non lo trova un tantino strano?”.

“ Inoltre il camion che usavano non era un mezzo militare, ma un comunissimo camion con la scritta sulla fiancata: Mobili Manuzzi. Ovviamente non esiste nessun mobilificio con quel nome a Torino e tanto meno nei dintorni della città”.

Prendo un’altra tazza di caffè: “ Il soldato Berti in qualche modo aveva capito che vi era un losco giro riguardo alle sparizione di armi e decide di parlarne al maggiore senza sapere che stava firmando la sua morte; infatti fu trascinato in una trappola e ucciso dall’uomo della cicatrice, all’interno della stessa caserma e poi trasportato fuori, dove fu ritrovato.  L’ uomo che lo aveva ucciso era agli ordini del capitano Saliero, è un civile di nome Giulio Bonfanti. Il sergente Gavi ,anche lui appartenente alla banda, è stato ucciso perché ricattava il maggiore: “ Gavi capì che l’omicidio di Berti poteva compromettermi, e venne da me a ricattarmi, chiedeva un aumento di percentuale sui soldi presi”.

“ E gli altri omicidi ?”.

“ Il capitano Saliero, sul quale avevo forti sospetti sin dall’inizio delle indagini si è rivelato esatto, anche lui faceva parte della banda, solo all’ultimo istante divenne una vittima del Brusin. Sotto casa mia era venuto sicuramente per confessarsi, evidentemente la coscienza per questi delitti non previsti  non gli faceva dormire sonni tranquilli, ma purtroppo come sappiamo è stato ucciso prima che potesse parlare. Per quanto riguarda l’agente dei servizi segreti spagnoli e dell’uomo che lavorava all’ambasciata, Il Brusin aveva capito che erano giunti a lui e che quindi doveva ucciderli senza perdere tempo“.

 “Il maggiore penso  abbia avuto anche una vasta rete di persone che lo avvertivano di un eventuale pericolo, e non sbaglio nel dire che anche tra i nostri servizi segreti c’era gente che lo aiutava, ma di questo non ha proferito parola ed io non ho prove certe”.

“ Impossibile, mi rifiuto di credere a queste parole, i nostri servizi sono dediti alla fedeltà…” tuona il gerarca con quella sua voce gracchiante.

“ Davanti alla possibilità di guadagnare soldi la fedeltà sovente viene messa da parte. Ma questa indagine aspetta al ministero della difesa e non a noi della polizia, per fortuna”.

“ Lei ha detto che la persona venuta a comprare le armi era sotto falso nome, ha scoperto chi fosse?”.

“ Sappiamo solo che è un politico anti fascista scappato in Spagna a combattere…oltre non siamo riusciti a risalire, non abbiamo fotografie di questa persona, sicuramente viaggia con passaporto falso”. Non menziono la chiacchierata fatta con il Vidali in un bar, anche perché è grazie alle sue informazioni siamo risaliti all’assassino e ai suoi complici.

“  I militari che erano con il maggiore hanno confessato?” .

“ Si, hanno rilasciato tutti quanti la stessa deposizione, il maggiore era il capo e loro la manodopera, però si dichiarano estranei agli omicidi, non ne sapevano nulla…in merito al sergente, pensavano veramente si fosse suicidato”.

“ Quindi per lei Berardi, la mente e l’autore di questi omicidi sono del Brusin?”.

“ Si, senza ombra di dubbio, le confessioni sia del maggiore che dei suoi uomini non lasciano dubbi a interpretazione“.

 “Va bene Berardi, ci mandi una copia dei verbali delle confessioni alla sezione, intanto io avvertirò il Ministero della difesa e allestiremo il processo contro di loro”.

“ Solo una cosa, tenete conto delle confessioni dei soldati, non sono rei di assassinio come il loro maggiore, senza la loro deposizione sarebbe stato difficile accusarlo”.

“ Ne prenderò nota, ma credo che per loro la sorte sia segnata: alto tradimento…comunque vedrò cosa posso fare…arrivederci”.

Guardo fuori dalla finestra, finalmente la nebbia è scomparsa e il sole finalmente fa capolino sulla città.

Chiamo un agente e domando di farmi portare a Viù,  vado a dare la notizia a Maria Berti dell’arresto dell’assassino di suo fratello.

L’aria è fresca a Viù e il cielo è limpido. Nonostante non abbia dormito mi sento bene, vedo una donna venirmi incontro, i capelli sciolti sulle spalle, i suoi occhi splendono di gioia.

“Marco, sapevo che saresti venuto, ti aspettavo e non sai quanto”.

La stringo a me mentre le mie labbra sfiorano le sue, poi lentamente ci avviamo verso la locanda dei miei amici.

La domanda che vuole pormi è impressa sul suo volto, rispondo: “ Tutto finito, l’abbiamo arrestato”. Si mette a piangere e mi ringrazia.

“ Purtroppo il capitano Saliero è morto “ evito di dirgli che faceva parte della banda.

Rimane sorpresa a queste parole, si siede su una panchina, si asciuga le lacrime dicendo che Saliero si era innamorato di lei,  una mattina era andato a trovarla fino a Mondovì, non riusciva a capire perché lei  lo rifiutava.  Nel diverbio nato lui giurò che  gliela l’avrebbe fatta pagare cara.

“ Tuo fratello quindi aveva sospettato qualcosa in merito a questa minaccia?”.

“ Non credo, altrimenti Ferruccio lo avrebbe affrontato. In ogni caso Saliero non ha mai messo in atto la minaccia, devi credermi Marco”.

“ Ti  credo Maria , a modo suo aveva una coscienza”.

Ci alziamo dalla panchina ed entriamo nella locanda mentre la nebbia con la sua scia di sangue dei giorni passati è oramai solo un ricordo.

                                                  Fine

 

 Un grazie a tutti voi che mi avete seguito, un grazie particolare a Angelo( Nomadi 50) che mi ha mandato l'incipt per iniziare il racconto. Un personaggio solo in questa trama è esistito veramente: Vittorio Vidali, politico anti fascista ed emigrato in Spagna a combattere contro l'esercito franchista. 

 
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