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- la gestione dell'assistenza
- le opportunità di lavoro 
  e tutto quanto potrà essere suggerito
  come utile per la nostra comunità
  di Corciano.
 
  Il blog sarà il veicolo informativo 
  che metterà in contatto domanda e 
  offerta e suggerirà le scelte più 
  convenienti, basandosi sulla ricchezza 
  di informazioni che i lettori sapranno 
  mettere a disposizione.

  Per saperne di più:
  Sel.Corciano@libero.it

 


 

 

 

Referendum contro l'austerità

Post n°485 pubblicato il 25 Settembre 2014 da sd.corciano

                   
Quattro firme al referendum contro l'austerità, 
quattro "si" per cambiare la politica economica europea

"Austero" era parola con una connotazione positiva, solo qualche tempo fa!
Evocava qualcosa di solenne, rigoroso, forse anche severo, ma pur sempre un modello di riferimento autorevole.

L'austerità che conosciamo ora, invece, quella che per paura o rassegnazione abbiamo sin qui tollerato, quella che, per intenderci, vestiva il loden di Mario Monti, è il peggio che ci potesse toccare in sorte.
"D'austerità  si muore", scrive Realfonzo del comitato promotore dei quesiti referendari ed economista keynesiano.

Ma questa non è più solo una visione di parte.
Ormai la maggioranza degli economisti denuncia gli effetti recessivi delle politiche di austerità, cioè di quelle manovre fatte per aumentare il volume delle entrate fiscali, così da superare quello della spesa pubblica.

Il grande momento della teoria dell'"austerità espansiva", osannata dai più, tranne dai keynesiani, è oggi quasi completamente dimenticato.

"Austerità espansiva", uno stratagemma letterario, un ossimoro politico, avrebbe dovuto produrre dei consolidamenti fiscali da un eccesso di prelievo rispetto all'entità della spesa pubblica globale.

Questo esubero avrebbe, quindi, dovuto determinare aspettative positive nei consumatori e nelle imprese, una specie di cappello a cilindro da cui far uscire riduzione dei tassi di interesse, diminuzione della pressione fiscale, prossima e futura, aumento della domanda attuale di beni e servizi e, infine, buoni ultimi, la crescita economica e l'aumento dell'occupazione!

Ops! Qualcosa non ha però funzionato!
Forse la magia delle parole "austerità espansiva" non vale quanto la più banale "abracadabra" o la più sofisticata "simsalabim"!

Anche l'"ortossia economica" riconosce oggi ampiamente che l'obbiettivo è stato mancato.
Persino l'Fmi, con uno studio realizzato nel 2012,  afferma che i tagli della spesa pubblica riducono purtroppo anche il Pil e tutto quello che a cascata ne discende.

L'Fmi quantifica questo sgorbio economico: "Un taglio di 10 mld abbatte il Pil di 18 mld di euro".

E poi è la realtà stessa dell'economia a occuparsi di smentire che l'austerità possa produrre crescita.

A confronto Eurozona e Usa.
Nell'Eurozona vigono norme restrittive che bloccano la tendenza automatica alla crescita della spesa pubblica che, in periodo di crisi, aumenta per gli ammortizzatori sociali.

Negli Usa si è attuata, invece, una politica aggressiva, il Recovery Act, che, con un prestito di 800 mld di dollari, ha messo in moto politiche industriali, interventi infrastrutturali e persino, "udite, udite!", sostegno al reddito.

Risultati
Il Pil dell'Euro zona inferiore al Pil 2007 di 1,5 punti percentuali
Il Pil Usa maggiore del Pil 2007 di 8 punti percentuali

È il risultato di un'"austerità ottusa", come è stata chiamata, un'austerità che non produce crescita, ma recessione, una zappa sui piedi, insomma, e produce anche lo stesso dolore!

Anche la ricerca esasperata di flessibilità crescente nel lavoro, per aumentare l'occupazione, è un'altra ottusità patologica conclamata.

In Italia, dopo la Fornero, (quella che per portarsi avanti con la riforma del lavoro ha cominciato a lacrimare per prima lei stessa, che tanto, poi, di nostro noi ci abbiamo dovuto mettere il sangue!), è venuto Poletti  con il suo decreto.
Grazie al fatto di provenire dal partito comunista italiano, ha fatto di tutto per farcelo dimenticare, come da manuale del perfetto comunista trasmigrante, ha agito ancora sui contratti a termine, convinto com'è che una liberalizzazione aggiuntiva di questo tipo contrattuale possa decisamente ridurre la disoccupazione.
E qui è d'obbligo l'emoticon dello stupore 😲!

Così, allegramente, il ministro Poletti, ministro del lavoro "suo", interviene eliminando l'obbligo di indicazione della causale economico- organizzativa, aumentando il numero delle proroghe possibili, trasformando il vincolo ad assumere in sanzioni amministrative.

Queste politiche di deregolamentazione e riduzione della protezione del lavoro non hanno prodotto, però, i risultati vantati.

Ocse: in Italia l'indicatore di protezione del lavoro è passato da 3,82 del 1990 a 2,26  del 2013, con una riduzione del 40%.

Eurostat: l'elaborazione intrecciata dei dati indica che l'aumento della flessibilità del lavoro è legata solo all'aumento della disoccupazione.
Questa strada, quindi, non è più percorribile!

Ecco perché dobbiamo convintamente votare e far votare "sì" contro l'austerità.
Con i quattro quesiti annulliamo quel sovrappiù di rigore che noi italiani, della lega degli autolesionisti anonimi, abbiamo aggiunto alle già severissime norme europee con la legge attuativa n.243 del 2012.

Il referendum non può abrogare i trattati internazionali, né il pareggio di bilancio inserito in Costituzione.
Il "popolo sovrano" può però fissare uno stop alle tecnocrazie europee e far così riconoscere il loro fallimento sulla strada dell'austerità, prima che affiorino le emergenze sociali e frani il progetto europeo cui siamo geneticamente profondamente legati...in modo, questo sì, austero!

gabriella zamboni

 
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Questa Europa non ci piace! Vogliamo “L'altra Europa con Tsipras”

Post n°484 pubblicato il 11 Aprile 2014 da sd.corciano

 

Si è costituito a Corciano il Comitato promotore della Lista “L'altra Europa con Tsipras”.

Il 25 maggio 2014 saremo tutti chiamati a votare per l'Europa e per il candidato alla Presidenza

della Commissione europea.

Alexis Tsipras è un politico greco, non ancora quarantenne, laureato in ingegneria civile, che ha

saputo guidare il suo partito, Syriza, al successo con il 26,89% dei consensi, sostenendo un

programma elettorale di rinegoziazione del piano di austerità imposto alla Grecia dalla famigerata

Troika.

La Lista “L'altra Europa con Tsipras” nasce dall'idea di una lista unica della sinistra per sostenere un

candidato Presidente della Commissione europea, che porti avanti l'idea forte della fine immediata

delle politiche di austerità sin qui imposte dall'Unione europea, condannando così gli stati membri

ad una crisi senza via d'uscita.

Non si tratta di un partito, è una lista autonoma della società civile, fatta da personalità come

Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Luciano Gallino, Marco Revelli, Barbara Spinelli, Guido

Viale, primi firmatari, e persone comuni, da associazioni e movimenti, appoggiata da forze politiche

come Rifondazione comunista e Sinistra ecologia libertà.

La sua presenza in tutti i Paesi europei con un programma comune costituisce la risposta più giusta

alla crisi che ha colpito l'intero nostro continente.

Il messaggio della Lista Tsipras è semplice. è contro l'illusione diffusa di costruire un'Europa con

al centro gli interessi e i profitti di pochi e invece a favore dei diritti di tutti i cittadini europei,

Propone un piano politico in dieci punti che saprà raggiungere l'obbiettivo di chiudere questa crisi

dolorosa

 1. Fine immediata dell’austerità, ha portato 27 milioni di disoccupati in Europa

 2. Un new deal europeo, in prestito denaro per finanziare la ricostruzione economica

 3. L'espansione dei prestiti alla piccola e media impresa, la banca centrale europea dovrebbe

     fornire prestiti a basso interesse alle banche, se queste accettano di fare credito a piccole e

     medie imprese.

 4. Sconfitta della disoccupazione, ridirigendo i Fondi strutturali per creare significative possibilità

     d’impiego per i cittadini

 5. Sospensione del nuovo sistema fiscale europeo, che richiede il pareggio di bilancio

     indipendentemente dalle condizioni economiche dello stato membro

 6. Una vera e propria banca europea, il prestito a uno stato bisognoso dovrebbe essere

     incondizionato e non dipendente dall’accettazione di un programma di riforme con il

     Meccanismo di Stabilità europea

 7. Aggiustamenti macroeconomici tra i paesi membri, i paesi in surplus dovrebbero lavorare

     quanto i paesi in deficit per correggere il bilanciamento macroeconomico all’interno

     dell’Europa.

 8. Una conferenza del debito europeo, come nell'Accordo di Londra sul Debito del 1953, che

     alleviò il peso economico della Germania, aiutando a ricostruire la nazione dopo la guerra e

     aprendo la strada per il suo successo economico

 9. Un atto Glass-Steagall, che separi le attività commerciali e gli investimenti bancari per

      prevenire la loro unificazione in un’entità incontrollabile.

10. Una legislazione europea effettiva per tassare l’economia e le attività imprenditoriali offshore

 

C’è una terza via tra chi vuole distruggere l’Unione e chi vuole mantenerla così com’è: questa è la

strada che vogliamo percorrere con “L'altra Europa con Tsipras”

 

gabriella zamboni

 
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Tsipras accetta la candidatura alla Presidenza europea per la lista della società civile

Post n°483 pubblicato il 25 Gennaio 2014 da sd.corciano

Il testo integrale della lettera con cui Alexis Tsipras accetta di essere candidato alla Presidenza europea per la lista della società civile proposta da Andrea Camilleri, Paolo Flores d'Arcais, Luciano Gallino, Marco Revelli, Barbara Spinelli e Guido Viale con un appello che ha già raccolto oltre 9mila adesioni.

di Alexis Tsipras

Atene, 24.01.2014 

Care compagne e compagni, 

Volevo prima di tutto ringraziarvi per la vostra fiducia e l’onore che avere dimostrato per me, SYRIZA e il Partito della Sinistra Europea proponendomi di mettermi in primo piano in una lista in Italia. 

Una proposta che rappresenta un riconoscimento morale per le nostre lotte dall’inizio della crisi in Grecia e il nostro tentativo di internazionalizzare il problema nell’Europa del Sud. 
Una proposta che metta al completo quella del Partito della Sinistra Europea per la mia candidatura per la presidenza della Commissione Europea. 

In Grecia, in Italia e nell’Europa del Sud in genere siamo testimoni di una crisi senza precedenti, che è stata imposta attraverso una dura austerità che ha fatto esplodere a livelli storici la disoccupazione, ha dissolto lo stato sociale e annullato i diritti politici, economici, sociali e sindacali conquistati. Questa crisi distrugge ogni cosa che tocca: la società, l’economia, l’ambiente, gli uomini. 

“L’Europa è stata il regno della fantasia e della creatività. Il regno dell’arte”, ci ha insegnato Andrea Camilleri, per finire in “un colpo di stato di banchieri e governi”, come ha aggiunto Luciano Gallino. 

Questa Europa siamo chiamati a rovesciare partendo dalle urne il 25 di maggio nelle elezioni per il Parlamento Europeo. Scommettendo sulla ricostruzione di una Europa democratica, sociale e solidale. 

La vostra proposta per l’unità, aperta e senza esclusioni, della sinistra sociale e politica anche in Italia rappresenta uno prezioso strumento per cambiare gli equilibri nell’Europa del Sud e in modo più generale in Europa. 

SYRIZA ed io personalmente sosteniamo che l’unità della sinistra con i movimenti ed i cittadini che colpisce la crisi rappresentano il migliore lievito per il rovesciamento. È la condizione necessaria per cambiare le cose. 

La vostra proposta per la creazione di una lista aperta, democratica e partecipativa della sinistra italiana, dei movimenti e della società civile in Italia per le elezioni europarlamentari di maggio, con l’obiettivo di appoggiare la mia candidatura per la Presidenza della Commissione Europea, può rappresentare sotto condizioni un tentativo di speranza e con successo. 

Prima condizione è che questa lista si costituisce dal basso, con l’iniziativa dei movimenti, degli intellettuali, della società civile. 

Seconda condizione è di non escludere nessuno. Si deve chiamare di partecipare e di sostenerla prima di tutto i semplici cittadini, ma anche tutte le associazioni e le forze organizzate che lo vogliono. 

Terza condizione è di avere speciale e unico scopo di rafforzare i nostri sforzi in queste elezioni europee per cambiare gli equilibri in Europa a favore delle forze del lavoro contro le forze del capitale e dei mercati. Di difendere l’Europa dei popoli, di mettere freno all’austerità che distrugge la coesione sociale. Di rivendicare di nuovo la democrazia. 

L’esperienza di Syriza in Grecia ci ha insegnato che in tempi di crisi e di catastrofe sociale, come oggi, è di sinistra, radicale, progressista ogni cosa che unisce e non divide. 

Solo se facciamo tutti insieme un passo indietro, per muoversi tutti insieme molti passi in avanti, potremmo cambiare le vite degli uomini. 

In un quadro del genere anche il mio contributo potrà essere utile a tutti noi, ma prima di tutto ai popoli d’Italia e dell’Europa. 

Fraterni saluti,
Alexis Tsipras

(24 gennaio 2014)

gz

 
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Riccione, la relazione di Nichi Vendola

Post n°482 pubblicato il 25 Gennaio 2014 da sd.corciano

 

Sono passati solo tre anni da quell’ottobre del 2010, quando decidemmo a Firenze di fondare un partito per cercare di riaprire la partita. Eppure sembra un secolo. Il mondo attorno a noi e dentro di noi ha viaggiato ad una velocità tale da farci rischiare continuamente uno schianto fatale. Quel 2010 è davvero lontano.

E’ trascorsa un’intera era geologica della politica, è lunghissima la distanza che ci separa dalle speranze e dai progetti del nostro Congresso fondativo. Le classi dirigenti hanno impedito che l’Italia stremata dalla lunga egemonia del berlusconismo potesse cercare un’uscita a sinistra dalla crisi del sistema: piuttosto che fare i conti con la biografia culturale del Paese, si è messa sotto accusa la politica in quanto tale. La politica, nel tempo lungo del primato dei mercati e dei loro sacerdoti denominati “tecnici”, si è degradata a livello di mercato elettorale. Si è costruita l’idea (un vero feticcio mediatico), che la decisione politica dovesse essere esternalizzata, delegata ad un commissario, cioè ad una figura priva di legittimazione democratica eppure investita di sovranità, nel nome della tempestività e oggettività delle scelte da compiere. La democrazia compressa e compromessa dallo strapotere dei mercati finanziari ha ceduto spazio e norme di regolazione sociale al primato dell’interesse privato, ha smesso di progettare e si è estenuata nella gestione proprietaria e spesso predatoria della cosa pubblica. A vederla da vicino la politica è insieme impotente e onnipotente, non si affanna in grandi narrazioni ma controlla ossessivamente tutti gli snodi del potere minuto, non si pone più le domande di fondo (come viviamo? cosa produciamo? che valore diamo alle persone e ai loro diritti?) ma offre la propria intermediazione alla trama degli interessi frammentari dei clientes, delle lobbies, dei campanili, delle piccole patrie. Insomma si adatta alla rappresentazione plastica di una società polverizzata nei suoi interessi e nella sua struttura e unificata culturalmente nei simboli e nei riti dell’individualismo consumista. Si usa il degrado del costume pubblico per sottrarre terreno alla politica e dunque alla democrazia. La moralità si esaurisce nel curriculum del manager-tipo, icona di quella nuova ipocrisia, o meglio di quella nuova egemonia, che chiamano meritocrazia. Com’è noto anche il merito ha un valore prevalentemente di mercato. La casta dei tecnocrati e dei loro specialisti in economia si attribuisce un compito salvifico, una vera missione religiosa: salvaguardare ciascuna decisione dal terribile rischio di una verifica, di una prova di efficacia. La decisione, veloce e dura, è in sé il bene che si contrappone al male. La procedura democratica è il male. Se la democrazia viene presentata come elefantiasi burocratica, lentezza e caos normativo, chiacchiericcio politico e paralisi operativa, allora la ricerca di un principio di autorità ruzzolerà nel baratro delle pulsioni plebiscitarie e dell’invocazione autoritaria. Si comincia così, giorno dopo giorno, editoriale dopo editoriale, fiction dopo fiction, a convivere con la propria sudditanza, con i propri silenzi, con le proprie omertà. Fino al giorno in cui, nel nome della stabilità dei poteri costituiti, non incideranno col bisturi emergenziale nella carne viva di un nostro diritto o magari di un nostro privilegio, e a quel punto saremo pronti a imbracciare un forcone per pungere le altrui fobie e sollecitare le proprie isterie. La politica dunque può discutere di tutto tranne che dell’essenziale, può inebriarsi della trasparenza che si fa gossip, può strepitare nei talk show le proprie propagande, ma non può mica interrogare la vita, la debolezza, il dolore, la speranza, il genere, la generazione, la produzione. Nella punteggiatura dell’inquietudine esistenziale e dell’incertezza lavorativa il dolore sociale esplode come paura e smarrimento della e nella povertà. La politica non può chiedere un bilancio serio, autentico, non pubblicitario, sugli effetti delle scelte recessive compiute dai governi delle intese larghe e oblique, perché è inibito qualunque tentativo di verifica: quella medicina ha curato oppure ha compromesso seriamente la salute dell’ammalato? segue

gz

 

 
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Per un salvifico coming out

Post n°481 pubblicato il 14 Gennaio 2014 da sd.corciano

Sel e la cultura del testosterone
14 gennaio 2014 alle ore 10.49

“Le donne rappresentano l’elemento fondativo di Sel”. È un’espressione che troverete scritta in tanti documenti del mio partito e che tante volte avrete sentito pronunciare da Nichi Vendola. Eppure oggi, alla vigilia del nostro secondo congresso, si può tranquillamente affermare: non è affatto così! E, sia chiaro, non è certo questione di quote: quelle vengono rigorosamente rispettate, almeno nei livelli nazionali. È piuttosto una questione di cultura politica e quella, purtroppo, è ferma al modello partitico novecentesco, quello tanto criticato e da cui tutti dentro Sel hanno detto più volte di voler prendere le distanze.

                             

Il congresso, definito “fantasma” da alcuni commentatori, dentro Sel è vivissimo, almeno nelle sue modalità classiche di competizione maschile per la gestione del potere (?). Dove, sia chiaro, il potere può essere rappresentato da qualsiasi cosa, l’importante è che sia riconosciuta una funzione. E quindi ci ritroviamo con quei bei capannelli di testosterone, con questi quarantenni che vogliono incarnare il rinnovamento della politica usando però lo spirito dei dirigenti “vecchio-Pci”. Vale per tutti, per chi – per dirla con il loro linguaggio – rappresenta la “destra” e la “sinistra” del partito e per chi gioca a differenziarsi con tatticismi privi di qualsiasi fondamento realista.


A questo congresso abbiamo sottoscritto un documento unico, eppure oggi scopriamo che non la pensiamo tutti allo stesso modo. Niente di male, se non fosse che gli unici emendamenti sono stati presentati – udite udite – da una donna, Fulvia Bandoli. Una posizione che, rappresentando una minoranza, non ha conosciuto sottolineature giornalistiche. Grande spazio invece alle “aree” intorno ai maschi “giovani”, accompagnati da altrettanti maschi di esperienza. Non faccio l’omertosa i nomi li conoscete già: Nicola Fratoianni, Gennaro Migliore, Massimiliano Smeriglio, Claudio Fava… E gli uomini di esperienza? Anche: Fabio Mussi, Franco Giordano, Ciccio Ferrara. Tutti a riflettere su: Schulz o Tsipras? Questo è il problema (?). Non cito l’Amleto a caso.


E poi c’è Nichi, il capo, colui che tenta di tenere un equilibrio con tutti. Intorno a un caminetto? Forse sarebbe meglio dire in mezzo a qualcosa di simile ad un pollaio con tanti galli. Vedete, il resto della politica italiana non è certo messa benissimo. Però è innegabile che alcune scelte fatte prima dal Pd di Bersani e poi dal Pd di Renzi indichino degli investimenti veri. E non soltanto l’espressione infelice: noi abbiamo portato il 40% delle donne in Parlamento!


Basta seguire i programmi di approfondimento televisivo per notare i numerosi volti femminili dei partiti più diversi. Vale persino per i vari partiti del centrodestra. Solo Sel non è stata finora in grado di fare questo passo in avanti. Eppure, ve l’assicuro, anche le donne di Sel sono in grado di discutere del Pse e di Syriza. Ma, come ironicamente dicevo prima, non è questo il problema. Come non lo è neanche questo tira e molla su Renzi. Ho abbastanza onestà intellettuale per dire che la più lontana da me dentro il mio partito non ha nulla da invidiare alle personalità che hanno una notevole visibilità in questa fase storica. Dal punto di vista istituzionale Titti Di Salvo e Loredana De Petris, dal punto di vista dell’esperienza Maria Luisa Boccia ed Elettra Deiana, dal punto di vista della direzione politica Cecilia D’Elia ed Elisabetta Piccolotti. E questo vale per tutte le donne della segreteria nazionale e del gruppo parlamentare.

 

Se ho macchiettizzato la posizione dei compagni mi dispiace e, per farmi subito perdonare, faccio la stessa cosa su me stessa: credo che Sel debba agire la propria autonomia dentro il perimetro del centrosinistra e che non debba più guardarsi indietro, per lo stesso motivo, e con la stessa ambizione di cambiamento e modificazione dello stato delle cose, penso che debba aderire al Pse e sostenere Schulz che non vuol dire certo rassegnazione alle larghe intese o alle politiche rigoriste. Non ho l’ossessione di Renzi, ma mi interrogo sull’utilità della sinistra e sulla nostra cultura politica e temo la scomparsa della sinistra in questo quadro di continui e repentini cambiamenti. Proprio di questo mi piacerebbe discutere al congresso.

 

In conclusione, so già cosa state pensando: ma a questa non basta fare la deputata? E poi, abbiamo eletto Laura Boldrini Presidente della Camera che altro vuole? É da questi interrogativi, che adesso spero non pronuncerete più, che si capisce il perché di questo mio intervento.


www.celestecostantino.it

 

Commenti al Post:
sd.corciano
sd.corciano il 15/01/14 alle 13:29 via WEB
?????????? Qualcuno vorrebbe sostenere che all'interno di SEL non viene dato spazio alle donne???? E nel nostro circolo le compagne non vengono valorizzate? Personalmente non ho mai fatto distinzione di sesso; se uno/a partecipa e fa proposte interessanti non è il sesso che fa la differenza!!
(Rispondi)
 

sd.corciano
sd.corciano il 21/01/14 alle 06:46 via WEB
"mi sembra assolutamente opportuno (e giusto)che LUI sia negli organismi di direzione di livello regionale, poi, se ci sono i margini per una presenza femminile, puoi ben scegliere a iniziare da te..." Gabriella
(Rispondi)

gz

 
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La parola ai numeri


La povertà in Italia
Fonte Istat

Nel 2011 la povertà relativa coinvolge
l’
11,1% 
delle famiglie, quella assoluta 
il 5,2%
Periodo di riferimento: Anno 2011
Diffuso il: martedì 17 luglio 2012

Povertà relativa è difficoltà nella
fruizione di beni e servizi in rapporto 
al livello economico medio dell'ambiente 
o della nazione.

Povertà assoluta è indisponibilità dei 
livelli minimi di sostentamento umano, 
riguardo ai beni essenziali come acqua, 
cibo, indumenti e abitazione.

gz


 

 

Chi l'ha vista ( la Sinistra )?

Fonte: BiDiMedia
Ixè per Agorà
28 novembre 2014 

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Oggi, tempo fa!

  • 1 dicembre 1913 
  • La Ford introduce la prima catena di montaggio
  • riducendo il tempo di assemblaggio di uno chassis 
  • dalle 12 ore e mezza di ottobre a 2 ore e 40 minuti 
  • (anche se Ford non fu il primo a usare la catena di montaggio, 
  • il suo successo diede avvio all'era della produzione di massa)
 


  

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