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Viaggio in Sicilia – Viaggiare da soli

Post n°462 pubblicato il 31 Agosto 2015 da meninasallospecchio

In Sicilia ero stata molti anni fa, in un viaggio organizzato, con i miei genitori, una settimana di tour. Da allora mi era rimasto il desiderio di tornarci, perché molto sapevo di non aver visto, e altrettanto di aver visto troppo frettolosamente. Inoltre, considerando gli sguardi, i commenti, gli approcci che ricevevo, in Sicilia mi ero sentita per la prima volta in vita mia una gran figa. C'è da dire che avevo vent'anni e anche la Sicilia era molto diversa.

Comunque ero in fissa di tornarci da sola. Ho dovuto far passare 32 anni e lasciare due mariti, ma alla fine ce l'ho fatta. Per carità, avrei anche potuto andarci con un'amica, ma sinceramente per me viaggiare sola non è un ripiego, è proprio una cosa che faccio volentieri, specie quando si tratta di visitare città d'arte. Da sola sono molto produttiva, riesco a vedere un sacco di cose, e nessuno mi critica perché eccessivamente fanatica.

Certo dipende dai posti. Forse qualcuno ricorderà la mia vacanza natalizia in Alto Adige. Ecco, quella è un'esperienza che non ripeterei. Andare a sciare in Alto Adige è bellissimo, ma non è da fare da soli. Credo di essere stata quattro giorni senza parlare con anima viva. Gli indigeni comunicano il minimo indispensabile, un po' seccati di dover parlare italiano. Gli altri turisti sono coppiette che fanno la vacanza romantica o famiglie un po' snob. No, Alto Adige da sola never again.

In Sicilia è tutta un'altra storia. Anche se devo dire che pure lì c'è una certa differenza fra le località balneari, dove tipicamente nessuno ti caga, e le città d'arte dove invece si chiacchiera con tutti, dai proprietari di B&B, ai ristoratori, alle guide che ti mostrano le chiese, agli altri turisti con i quali si scambiano informazioni e commenti. Insomma, sola non mi sono mai sentita, se non per l'aspetto positivo di non dover concordare piani con nessuno.

Alla biglietteria della chiesa di Scicli facevano capolino due signore a informarsi sulla visita e poi dicevano: "Eh, noi vorremmo vederla, ma abbiamo i mariti che sono andati da un'altra parte". Sopraggiungevo io: "Mi dia un biglietto, che io il marito non ce l'ho e visito quello che mi pare".

Alla quale notizia, che peraltro suscita sempre un certo stupore, ho raccolto vari tipi di reazione.

La prima, soprattutto da parte degli uomini, era del tipo: che bello, che invidia, quanto mi piacerebbe andare in giro da solo. La seconda, soprattutto da parte delle donne, era invece: ah, come sei coraggiosa.

Bah. Se fossi in giro per lavoro nessuno mi troverebbe particolarmente eroica, non in Sicilia di sicuro. Non è che serva un gran coraggio, pericoli non ce ne sono, situazioni difficili... boh... basta essere ben organizzati, poi qualche imprevisto o contrattempo può sempre capitare, ma non molto più grave che nella vita di ogni giorno. Non è coraggio quello che serve. Serve il volerlo fare, avere interessi e motivazioni forti e reali che ti spingono a viaggiare con la semplice sollecitazione di quello che andrai a fare o a vedere, così come accade per un viaggio di lavoro, che intraprendi semplicemente in funzione del tuo obiettivo. Serve un po' di sicurezza e di autostima, l'idea che puoi guidare in una città sconosciuta, che sei in grado di trovare hotel e ristoranti, individuare punti di interesse, in generale cavartela.

E soprattutto, forse un po' più difficile ma utile non solo in viaggio, serve una concezione positiva della solitudine, un bastare a se stessi che non rifugge il contatto con gli altri, ma al tempo stesso non conosce disagio o inadeguatezza nell'essere soli.

Già, Perché la reazione più scontata, quella che nessuno ti dice, è del tipo: poverina, chissà come sarai infelice a essere da sola. Nessuno te lo dice, ma evidentemente lo devono pensare alcuni ristoratori o camerieri che ti servono la cena in tutta fretta, come se se tu non vedessi l'ora di liberarti di questa fastidiosa incombenza del cibarti e poi andartene, boh, a dormire suppongo. O a piangere, chissà. A me cenare di corsa non piace affatto, e neppure, per il fatto di essere sola, mi nego qualche esperienza gastronomica. Qualche volta fra me sorridevo, volevo quasi dire: tranquilli, non è che sono infelice. Sto gustando la mia cena e bevendo i miei due calici di vino.
Tipo Montalbano, per capirci.

 
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