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« La vera storia delle obb...Prof »

I vecchi e Internet

Post n°487 pubblicato il 24 Novembre 2015 da meninasallospecchio

Forse dovrei tenere un corso ai ragazzi su come proteggere i genitori dai pericoli di Internet.

Perché non è possibile! Gente della mia età si compra lo smartphone, installa whatsapp, e dal giorno successivo comincia a diffondere le più immonde catene di Sant'Antonio. Ma minchia, c'hai 50 anni, possibile che non hai mai visto una catena di Sant'Antonio in vita tua? Questa viaggia su Internet, ma è uguale, sempre catena è.

La prima che ti mandano è quella di whatsapp a pagamento. "Whatsapp sta per diventare a pagamento!" recita il messaggio. "Ma per te, proprio perché sei tu, rimarrà gratis, a condizione che mandi questo messaggio ad altre 10 persone". E certo. Ma io dico: guardate che smartphone e cervello possono stare accesi contemporaneamente, non è che salta la valvola, come succedeva una volta. Secondo te, al Grande Puffo di whatsapp, quello che mette le spunte blu, che gliene frega se tu mandi un messaggio idiota ad altri 10 pirla come te?

Il fatto è che whatsapp è a pagamento. Costa la bella cifra di 89 centesimi l'anno. Ma se proprio non ti puoi permettere di spenderli, puoi pure lasciarlo scadere. Ti sospenderanno il servizio per tre giorni, durante i quali tu penserai "ma com'è che più nessuno mi caga?". Poi, proprio mentre stai per affondare la lametta nei polsi, dopo tre giorni whatsapp resuscita e tu torni all'onor del mondo per un altro mese o giù di lì, fino alla sospensione successiva. Non ricordo con esattezza, ho ritenuto di svenarmi con 89 centesimi.

Chiarito il mistero di whatsapp, arrivano le catene patetiche. C'è un cagnolino da adottare. Una bambina con il gruppo sanguigno XYZ RH negativo ha disperatamente bisogno di una trasfusione, fate girare il più possibile. Ma secondo voi, è così che funziona l'assistenza medica? Mettendo messaggi su whatsapp?

Ora, se mio figlio che ha 12 anni crede a queste cazzate, posso anche perdonarlo. Per la verità anche a lui ho spiegato, una volta per tutte, che le catene sono TUTTE minchiate, nessuna esclusa. Per cui quando ne tira fuori una nuova, a quel punto lo cazzio. Che cosa ti ho detto? Sono tutte minchiate.

Ho insegnato anche un'altra cosa, a mio figlio dodicenne. Che quando leggi una notizia strampalata, devi andare su google e digitare alcune parole di quella notizia seguite dalla parola bufala. Con ogni probabilità ti uscirà il benemerito sito bufale.net, dove la notizia è smentita (a volte non è nemmeno il caso, vista l'idiozia del contenuto) e si illustra ove possibile la fonte e la storia, anche decennale, della bufala stessa.

Ci sono bufale innocue, anche se non riesco a credere che persone che stimo, professionisti presumo seri nel loro lavoro, possano immaginare che la Rolex regali un orologio ai primi 100 che condividono la notizia in un gruppo Facebook. Eppure capita anche questo. Ci sono bufale pseudo-scientifiche, come quello che faceva il riscaldamento con i lumini da cimitero. E poi ci sono quelle dai palesi contenuti razzisti. Alcune sono di molto precedenti l'era di Internet, come le storie sugli zingari che rapiscono i bambini. Tutti hanno un cugino che conosce un cognato di uno che sa per certo di un supermercato (o altro posto analogo) in cui un bambino smarrito è stato ritrovato in extremis, mentre già gli avevano tagliato i capelli per renderlo irriconoscibile. Negli archivi della polizia di tutto il mondo non è registrato un singolo caso di bambino sequestrato dai Rom, ma questo non scoraggia la leggenda metropolitana, che periodicamente circola anche in rete. La stessa leggenda che portò le nostre forze dell'ordine a fare una gita in Romania per cercare i due bambini pugliesi che erano finiti in un buco a 100 metri da casa loro. E noi paghiamo.

Ovviamente in questi giorni c'è un gran proliferare di bufale razziste anti-islamiche. Ecco, io vorrei dire una cosa. C'è differenza fra il credere a una notizia falsa e il propagarla. Se credi a una cazzata, vabbé pazienza, sei un po' pirla e chiuso, ti si può pure perdonare. Ma nel diffondere notizie c'è una responsabilità. Anche se non sei un giornalista. La gente sembra non rendersi conto di cosa significa scrivere qualcosa in rete. A un certo punto le falsità (come quelle sui vaccini, per esempio) sono così diffuse da sembrare più vere della verità. Non bastano le prove a smentirle, ci sarà sempre qualcuno pronto a tirar fuori ipotesi complottistiche.

Ecco, invece di preoccuparsi tanto dei pedofili in rete, invece di pensare sempre che i cattivi siano gli altri, cerchiamo di pensare a come noi usiamo la rete, se lo facciamo in modo più o meno responsabile. Ripeto: leggere e credere è una cosa, propagare un'altra. Prima di condividere una notizia, siamo sicuri della fonte? Arriva da una testata giornalistica dove qualcuno, discutibile a piacere ma più titolato di noi, si è già preso la responsabilità di verificarla? Oppure da dove arriva?

Non so cosa si insegni nei molti corsi o seminari rivolti a genitori o educatori che dovrebbero proteggere i ragazzi dai pericoli della rete. Presumo si parli di pedofilia o di altri pericoli non inesistenti, ma percentualmente irrilevanti. Specie in considerazione che la stragrande maggioranza delle violenze su minori viene perpetrata in un ambito interno o prossimo alla famiglia. Il pericolo dell'ignoranza, della supercazzola mediatica, dell'incapacità di discernimento che porta all'inconsistenza intellettuale, mi sembra molto più allarmante. E forse gli adulti dovrebbero preoccuparsene prima per sé che per i ragazzi.

 
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Rispondi al commento:
arw3n63
arw3n63 il 27/11/15 alle 19:26 via WEB
A meno che tu intenda il credito e allora è un'altra faccenda devi avere un contratto di ricarica che comprenda anche un certo traffico internet altrimenti come dice Menina usare solo il wireless quando sei a casa.
 
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