SICILIA SEMPRE PRIMAVERA
Il futuro è molto aperto, e dipende da noi, da noi tutti. Dipende da ciò che voi e io e molti altri uomini fanno e faranno, oggi, domani e dopodomani. E quello che noi facciamo e faremo dipende a sua volta dal nostro pensiero e dai nostri desideri, dalle nostre speranze e dai nostri timori. Dipende da come vediamo il mondo e da come valutiamo le possibilità del futuro che sono aperte.
Karl Popper
LETTERA A SILVIO BERLUSCONI Noi, liberali e libertari, siamo i più delusi da te. Ma quando ti sentiamo parlare di partito leggero aperto alle energie produttive, vogliamo darti l'ultima chance. Iscriviti al Tea Party, e facciamo quella rivoluzione che tu hai (solo) annunciato nel '94. Caro Silvio non riusciamo proprio ad abbandonarti, è più forte di noi. Te ne abbiamo dette di tutti i colori, è vero. Perché noi, liberali autentici (che per distinguerci da quelli fasulli di casa nostra preferiamo ormai chiamarci turboliberisti o libertari), siamo stati i più delusi e i più traditi dalle tue esperienze di governo. Eppure, nonostante tutto quello che ci hai fatto, addirittura nonostante le politiche scellerate di quel socialista che hai messo all’economia, vederti in lacrime, deriso e schernito dai nostri avversari politici, ci ha fatto venire voglia di tentare l’ultima inutilità. Spieghiamo. In questi giorni, editorialisti e giornalisti dei maggiori quotidiani provano a spiegarti che cosa, secondo loro, dovresti o non dovresti fare per reagire alla sentenza Mediaset e tornare al più presto a guidare il centrodestra. A nostro avviso, invece, per la prima volta nel corso della tua lunga parabola politica ma anche umana, sei tu ad avere bisogno degli altri. Ecco perché ti facciamo questa proposta: entra a far parte del Tea Party Italia. Siamo convinti che ci stai cercando da tempo, anche se inconsapevolmente. Quando parli di Forza Italia 2.0, infatti, dici che vorresti un partito autenticamente liberale, leggero, snello e aperto alle migliori energie imprenditoriali e produttive del paese. Ebbene, caro Silvio, fuori dalla politica tutto questo già esiste. E si chiama, per l’appunto, Tea Party Italia. D’accordo, non siamo un partito e non lo saremo mai. La maggior parte di noi preferisce fare politica senza farne parte. Ma questa è una nostra scelta su cui tu puoi legittimamente non concordare. L’invito che ti rivolgiamo è semplicemente quello di entrare a far parte di un gruppo di amici. Il Tea Party è prima di tutto questo. Perché a partire da settembre non inizi a venire ai nostri eventi e alle nostre cene? Saresti circondato da giovani brillanti e non dai soliti parrucconi della politica che sono stati la causa principale del tuo fallimento. Avresti finalmente degli amici veri, che non ti chiederebbero niente in cambio. Nè poltrone, né soldi, né favori di ogni tipo. Degli amici che sono disposti a perdonarti per non aver portato a termine la Rivoluzione Liberale e che guarderebbero solo a quanto di positivo hai fatto per il nostro paese nel ’94. Tea PartyPoi, chi può dirlo, da cosa nasce cosa. Magari scopri che ti piace stare con noi, che ti piacciono le nostre idee. Magari inizieresti addirittura a girare l’Italia insieme a noi per spiegare alle persone che il livello di tassazione che ci impongono è criminale, che il mercato ha sempre ragione anche quando ha torto e che il sistema Italia in questo modo non può più andare avanti. A quel punto, a furia di frequentarci, diventerebbe naturale per te portare un pò della nostra visione del mondo all’interno della nuova creatura politica che metterai in piedi a breve. E nel caso in cui dovessi tornare a vincere le elezioni, potresti consultarti con noi, chiederci qualche consiglio, perché no. Saremmo amici leali e se ci sarà da criticarti, sai che lo faremo. Caro Silvio, noi lo sappiamo bene che non sei finito. Per il momento l’immediato futuro del centrodestra dipende ancora da te. Ma questa è davvero la tua ultima chance. Dai un ultimo colpo di coda, chiudi in bellezza. Fai qualcosa di veramente rivoluzionario. Qualcosa che nessuno si aspetta. Entra nel Tea Party Italia e favorisci la circolazione di quelle idee giuste su cui nascerà il centrodestra del futuro. Ciò ne siamo certi, succederà non appena lascerai la scena politica. Ma noi vogliamo offrirti un’ultima possibilità di redenzione. Non ci deludere ancora! Tea Party italiani, movimento nazionale contro gli eccessi del fisco e per la promozione del libero mercato www.teapartyitalia.it Con affetto Nicolò Petrali |
Post n°324 pubblicato il 21 Dicembre 2012 da NEREIDI.201
NEL CAMPO DEI MODERATI REGNA SOLO CONFUSIONE La situazione politica attuale richiama quella del '94 quando i partiti che avevano governato l'Italia dal dopoguerra fino a quel momento erano stati spazzati via da Tangentopoli e si profilava la sicura vittoria della sinistra di Occhetto e della sua "gioiosa macchina da guerra".
Allora fu la "discesa in campo" di Silvio Berlusconi a ribaltare ogni pronostico e a non consegnare la vittoria alla sinistra. Certo vinse ma non riuscì a governare perché ciò che aveva unito non era omogeneo e questa composizione politica l'ha portato a vincere nettamente anche successivamente ma mai a governare. Stesso destino ha avuto la sinistra quando ha vinto le elezioni.
Purtroppo a distanza di anni la lezione non è stata ben assimilata se è vero che il partito democratico che tanto critica il populismo di Berlusconi si è alleato con un populista come Vendola ed il centrodestra non sta meglio anzi la confusione regna sovrana. Si aspetta da un momento all'altro la "discesa in campo" di Mario Monti voluto dall'Europa e dai poteri forti ma qualora ciò avvenisse ci troveremmo nella stessa situazione di ogni tornata elettorale.
Può Monti governare con una coalizione che va dalla Lega di Maroni alla Destra di Storace, dai centristi di Casini a Montezemolo, da Fini a Berlusconi passando per La Russa e la Meloni? La risposta è scontata. Purtroppo i moderati in questi vent'anni non sono riusciti a trovare un comune denominatore che non fosse lo statalismo. E senza una vera cultura liberale il paese è destinato a svoltare definitivamente a sinistra sia che governi la destra che la sinistra. Per la gioia della Meloni... |
Post n°323 pubblicato il 21 Dicembre 2012 da NEREIDI.201
IL SOGNO DI UN PAESE LIBERALE E' facile in questo periodo ascoltare o leggere espressioni del tipo «il liberismo selvaggio ci ha portati alla catastrofe», «gli ultimi vent'anni sono stati dominati dal pensiero liberista», «il liberalismo esaltando l'individualismo ha creato una società egoista, senza solidarietà» e altre frasi simili. In un paese in cui lo Stato assorbe più della metà di quello che producono i suoi cittadini, con un debito pubblico superiore al 120% del PIL e che quando si tenta di privatizzare i servizi pubblici tutto viene bloccato dal voto referendario ( a larghissima maggioranza), il fatto che nessuno o quasi contesti le espressioni sopra riportate la dice lunga circa la mancanza di una vera cultura liberale. E' vero che il liberalismo esalta l'individualismo ma questo è cosa ben diversa dall'egoismo: individualismo semplicemente si oppone a collettivismo. E' singolare che proprio un socialista come Oscar Wilde abbia affermato come «l'egoismo non consiste nel vivere come ci pare ma nell'esigere che gli altri vivano come noi». Individualismo deve essere inteso come il primato dell'individuo sulla collettività, cioè ogni persona deve poter realizzare in base alle proprie conoscenze e capacità, nel rispetto della legge, i suoi scopi che non possono essere decisi dallo Stato. La cultura liberale deve convincere le persone che se lo Stato brucia più della metà di ciò che produciamo e interviene pesantemente sull'economia le nostre possibilità di scelta diventano sempre più basse. «Il bene comune», «politica industriale» sono termini che associati ai governi ricordano più che altro le dittature... Invece di subire passivamente, i liberali dovrebbero impegnarsi a smascherare tali imbrogli e ad indicare chiaramente una via d'uscita dalla crisi mediante politiche veramente liberali, quelle che drammaticamente sono mancate in questo paese. Altro che ventennio liberista!. Ci vorrebbe una maggiore apertura verso il mercato; finora la nostra industria e in generale il sistema produttivo è vissuto grazie all'intervento statale. Il paese non ha mai conosciuto i vantaggi di un vero sistema concorrenziale. Lo Stato deve certamente aiutare chi è in difficoltà ma per fare ciò deve innanzitutto cercare di aumentare la ricchezza e questo non può avvenire acquisendo quote di industrie private ma liberando risorse, sciogliendo lacci e lacciuoli che tengono legati chi effettivamente è in grado di generare ricchezza. In altre parole creare una situazione che attiri investimenti anche stranieri e questo non può avvenire con una tassazione così elevata. Se la "rivoluzione liberale" tanto invocata è fallita lo si deve soprattutto ad una mancanza di cultura liberale o per dirla come Hayek di un'utopia liberale: «ciò che manca è un'utopia liberale, un programma che non sembri una mera difesa delle cose così come sono, né una sorta di socialismo diluito, ma un radicalismo sinceramente liberale che non risparmi le suscettibilità dei potenti (inclusi i sindacati), che non sia troppo severamente pratico e che non si limiti a ciò che appare oggi politicamente possibile |
Post n°321 pubblicato il 29 Luglio 2012 da NEREIDI.201
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Post n°320 pubblicato il 17 Giugno 2012 da NEREIDI.201
INTERVENTO AL TEA PARTY DI VENEZIA
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Post n°318 pubblicato il 22 Maggio 2012 da NEREIDI.201
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Post n°311 pubblicato il 14 Novembre 2011 da NEREIDI.201
IL MERCATO HA SEMPRE RAGIONE Alla fine non è stata un'inchiesta giudiziaria, un'alternativa politica dell'opposizione, la solita penosa "piazza" di cui anche ieri sera non se ne sentiva il bisogno, le manifestazioni dei sindacati, degli indignati o dei parassiti di turno né l'azione del circolo mediatico dei vari Travagli e Santori. A decretare la fine politica di Berlusconi, ironia della sorte, è stato il Mercato. Proprio quel libero mercato considerato dai nemici del Cavaliere il male assoluto, la peste bubbonica, la causa di tutte le sciagure umane. Certamente il mercato non premia necessariamente i migliori ma coloro che riescono a servire gli altri nel miglior modo possibile cercando di soddisfare le loro esigenze. Questo meccanismo non dovrebbe valere nel caso degli Stati ma non è certo per ordine divino che gli stessi Stati si "debbano mettere sul mercato". Se i governi spendessero meno di quello che incassano dalle tasse ( e l'Italia è il paese che ne incassa di più) nessuno imporrebbe loro di chiedere prestiti tramite titoli di stato. Dietro la crisi che sta attraversando il nostro paese non ci sono poteri occulti, manovratori cioè quella "teoria sociale della cospirazione" ( per dirla alla Popper) sempre cara ad una certa sinistra ( e ora pure a destra): è semplicemente un problema tra debitori ( lo Stato) e creditori ( coloro che acquistando i nostri titoli di stato prestano il loro denaro). Chiarito quindi che la crisi ha origini lontane il fallimento di Berlusconi sta tutto nella famosa lettera della Bce dove erano riportati i punti fondamentali del programma di Forza Italia prima e del Pdl poi; cioè quelle riforme liberali promesse fin dal lontano '94 e mai realizzate! Va bene le azioni giudiziarie, il corporativismo difficile da sconfiggere, i sindacati ancora fermi all'ottocento però in 17 anni ( dalla sua "discesa in campo") e in 10 anni di governo Berlusconi non è riuscito a portare a casa nemmeno una liberalizzazione! Né gli ha giovato l'alleanza con la Lega Nord che da forza federalista è diventata una specie di caricatura del comunismo... L'ultimo errore fatale è stato quello di chiedere sacrifici al paese senza minimamente intaccare i privilegi della casta politica o delle altre varie caste presenti in Italia. Vedremo adesso se le riforme che non sono state realizzate in tanti anni verranno realizzate in pochi giorni dal governo del professore Mario Monti. Non sarà facile ma possiamo uscire da questa crisi solo se ci affidiamo più al mercato che allo Stato. |
Post n°308 pubblicato il 06 Ottobre 2011 da NEREIDI.201
Globalizzazione? Sì, ma dei diritti prima di tutto In questo periodo di crisi economica da molte parti, giustamente, si sente dire che c'è bisogno di competere col mercato globalizzato. Riflessione che non farebbe una piega se come globalizzazione si intendesse un fenomeno costituito da un insieme di persone che si muovesse in uno stesso sistema normativo. In realtà sappiamo bene che non è così ed in un certo senso è stata proprio la globalizzazione dei mercati, insieme alla speculazione finanziaria ( e che comunque vanno di pari passo) a generare il vistoso decremento della crescita in europa ed in america. Come è possibile competere con i cinesi se nel loro paese non esiste democrazia e stato di diritto? Come rivelano gli ultimi casi balzati alla cronaca tutto ciò spinge sempre più al lavoro nero e allo sfruttamento anche nei paesi occidentali, Italia in particolare: si può morire anche per 4 euro all'ora. La globalizzazione può essere una risorsa se tutti rispettano la legge ed i diritti umani altrimenti diventa un processo disgregatore che ci riporterà indietro di un paio di secoli ed andranno in fumo tutti quei diritti che faticosamente avevamo conquistato. Chiaramente non si possono imporre le leggi nei paesi dove manca qualsiasi elementare diritto però si è legittimati a porre un freno all'importazione di prodotti da questi paesi. Alcuni stati già lo fanno, lo stesso dovrebbe fare l'Italia. Altro che sperare che i cinesi vengano a salvarci... Ci vorrebbe invece un atto di coraggio, rinunciare a qualcosa adesso per recuperarlo domani, magari con gli interessi. Globalizziamo prima i diritti, sarà un bene per tutti anche per quei paesi che in questo momento stanno crescendo ma che ben presto si troveranno in casa tanti problemi di ordine sociale |
Post n°306 pubblicato il 21 Settembre 2011 da NEREIDI.201
OMBRE ROSSE SULLA SICILIA
Non poteva che finire così: nel mezzo della più grande crisi economica del dopoguerra ecco arrivare i cinesi. Pare con intenzioni serie. Visti come pericolo numero uno da Tremonti non più tardi di un anno fa e chiamati oggi in nostro soccorso dallo stesso titolare dell'Economia, i cinesi hanno deciso di investire in una delle regioni più abbandonate da tutti i governi: la Sicilia. E non soltanto nella realizzazione del Ponte sullo Stretto ma anche di altre infrastrutture e progetti comuni. Naturalmente i cinesi lo fanno per il loro interesse allora c'è da chiedersi se non fosse interesse della restante parte del paese investire in Sicilia! L'isola resta invece un importante e decisivo serbatoio di voti e non viene ritenuta risorsa strategica. Le cose sono due: o i cinesi sono pazzi o i nostri governanti sono miopi. Ritengo più probabile la seconda ipotesi purtroppo. Aldilà di quelle che saranno le decisioni della Cina la vicenda non può che allarmare. C'è un paese profondamente diviso che non sa sfruttare le proprie risorse ed i cinesi potrebbero avere gioco facile approfittando della crisi in cui siamo piombati. E dipendere economicamente da un altro paese ( per di più non democratico) non è qualcosa che ci deve fare dormire sonni tranquilli. La Sicilia ha bisogno più che mai di legalità per poter sperare in uno sviluppo economicamente sostenibile; l'arrivo dei cinesi potrebbe invece peggiorare le cose. Occorre chiarezza da parte del governo e anche dell'Europa per poter rilanciare l'economia del meridione e della Sicilia in particolare: senza infrastrutture adeguate non si può concorrere in un mercato sempre più vasto. Speriamo che l'interesse dei cinesi sia stato il classico campanello d'allarme per svegliare il governo. |
Post n°305 pubblicato il 17 Settembre 2011 da NEREIDI.201
DALL' ESPPROPRIO PROLETARIO ALL'ESPROPRIO AI PROLETARI E' l'ultimo approdo dell'odissea senza fine degli orfani del comunismo. E non solo. Sembra che la parola d'ordine negli ambienti dei "poteri forti" ( quelli che da sempre vivono alle spalle dello stato) sia lo sdoganamento del termine "patrimoniale". Da Giuliano Amato ( dall'alto delle sue miserevoli pensioni mensili) ad apparati di Confindustria passando per Montezemolo così ansioso di immolarsi a pagare le tasse per tutti gli italiani (c'entra qualcosa con l'imminente discesa in campo? E' peccato pensar male...) e De Benedetti col suo giornale-partito. La proposta non poteva che trovare terreno fertile nella sinistra italiana, nei sindacati parassiti come la Cgil cioè quelle forze sociali che da sempre pur occupandosi ( a chiacchiere) di lavoro lo disprezzano così come disprezzano tutti quei lavoratori che non siano irrigimentati dalla disciplina di fabbrica ( anche se non più come una volta). Ovviamente le proposte sono le più svariate possibili ma con un unico comun denominatore: a pagare saranno sempre i soliti, possibilmente le "classi" più disagiate. Fatta passare come la panacea che risolverà ogni cosa e che finalmente farà pagare chi non ha mai pagato alla fine si rivelerà l'ennesimo balzello tributario sulle spalle dei già tartassati cittadini italiani. E non regge il paragone con gli altri Stati che già pagano questa tassa; aldilà del fatto che la cultura della casa costituisce una tipicità italiana la tassazione generale degli altri stati dove si pagherebbe tale imposta ( ammesso che si possa parlare di patrimoniale) è di gran lunga inferiore alla nostra; nel nostro caso non si tratterebbe di una sostituzione di una tassa con un'altra ma una tassa aggiuntiva che ci farebbe raggiungere una situazione da socialismo reale! E' veramente paradossale che proprio la sinistra da sempre ostile al consumismo ( ma che propone politiche consumistiche a cominciare dagli "stimoli") voglia ripianare i debiti sulle spalle di chi ha risparmiato ed investito i propri risparmi in una casa o, perché no, in due case pensando ai propri figli. In Italia le case non sono possedute solo dai nababbi ma anche da semplici lavoratori dipendenti che magari hanno rinunciato alle vacanze estive, alla pay tv, ad andare al teatro. Gli stessi dipendenti delle grandi fabbriche del nord, quei disperati che venivano dal sud in cerca di lavoro con immani sacrifici si sono costruiti la loro casa, il loro futuro. Una volta la sinistra li difendeva ( o credeva di difenderli), adesso li vuole azzannare per perpetrare quegli sprechi che hanno portato l'Italia sull'orlo della bancarotta. E comunque anche si trattasse di persone divenute ricche onestamente col proprio lavoro trovo ingiusto che debbano pagare loro gli sprechi altrui. Il principio della tassazione progressiva serve solo a metterci gli uni contro gli altri: chiunque pensa di ricevere un'ingiustizia, specialmente se ha sempre pagato le tasse. La strada maestra sarebbe quella della tassazione proporzionale ( bassa per tutti ovviamente!) ma in Italia anche solo discuterne farebbe muovere qualche magistrato... Di sicuro serve una riforma fiscale ma qualunque proposta sarebbe ritenuta ingiusta. Ridurre il perimetro dello Stato? Anche questo è un tabù. Non ci resta altra strada che pagare, pagare sempre più tasse cercando di trovare soluzioni magari più originali della patrimoniale. Non è il caso di fare del moralismo però che le formiche paghino per le cicale vita natural durante no. E' troppo anche in un paese come l'Italia. |
Post n°304 pubblicato il 30 Agosto 2011 da NEREIDI.201
LE TASSE VANNO PAGATE MA CON UN CRITERIO DI CHIAREZZA
Se c’è una cosa che lo Stato riesce a far bene è quella di mettere i propri cittadini gli uni contro gli altri. La crisi economica mondiale, il rientro dal debito mediante le relative manovre ( e chissà quante ce ne saranno ancora se non si affrontano strutturalmente i problemi) hanno messo maggiormente in evidenza questa “specialità” leviatana. Basterebbe leggere i diversi gruppi che si sono formati su facebook: a coloro che vorrebbero che la manovra fosse pagata dalla Chiesa si sono aggiunti nelle ultime ore quelli che vorrebbero far pagare l’Ici ai sindacati, a Emergency, di togliere i privilegi fiscali alle Cooperative Rosse e via di questo passo. La cosa che subito balza agli occhi è che in questo paese non vige lo stato di diritto ma una serie di privilegi che sono diventati impossibili da colpire e che costituiscono una palla al piede sulla strada di una eventuale crescita: un paese così paralizzato da un equilibrio precario fra vari interessi e dove non esiste stato di diritto non offre alcuna garanzia per qualsiasi tipo di investimento a cominciare da quelli stranieri.Soprattutto colpisce in senso negativo la mancanza di una cultura del diritto: se è vero la sinistra vorrebbe recuperare fondi tassando ulteriormente i capitali scudati dopo che lo Stato aveva garantito ai possessori di chiudere definitivamente la vertenza
David Hume parlava dell’adempimento delle promesse come una delle tre leggi di natura, fondamento della Grande Società. Giusto o sbagliate che siano le norme decise dal Parlamento ( benché il rientro molto “scontato”dei capitali dai paradisi fiscali non sia il massimo della correttezza ma ha contribuito ad alleggerire la precedente manovra), le decisione prese devono poi essere rispettate altrimenti il paese perderebbe di ulteriore credibilità. La mancanza di certezza del diritto è il punto centrale della mancanza di investimenti in Italia. Poi piuttosto che prendersela con l’8 per mille destinate alle religioni sarebbe più utile pretendere questa procedura per pagare le altre tasse. Stabilito un tetto alla tassazione generale, stabilita la quota che si deve destinare allo Stato mi sembrerebbe giusto che i cittadini potessero scegliere dove destinare i propri soldi: per esempio dare una data percentuale alla sanità, alla sicurezza, alla giustizia, all’istruzione( magari con delle aliquote minime garantite) e perfino ai parlamentari. Questo potrebbe essere un tentativo di rendere competitivi i vari servizi che offrirebbe lo Stato ed ogni comparto dovrebbe regolarsi in base alle risorse ricevute. Certo non sarebbe la tassazione volontaria proposta da Ayn Rand ma un passo in avanti verso una maggiore trasparenza. |
Post n°303 pubblicato il 18 Agosto 2011 da NEREIDI.201
Mentre si discute ancora della inutile stangata estiva e si cercano correzioni alla manovra come le classiche toppe peggio del buco ( nella certezza che non verranno prese in considerazione le sensate proposte alternative di un gruppo di parlamentari capeggiati da Antonio Martino) in Parlamento giace già una proposta di legge molto seria e che proprio in questi giorni è stata rivitalizzata nel vertice franco-tedesco: il pareggio di bilancio da inserire nella Costituzione. Da sempre un chiodo fisso del compianto ex presidente della Repubblica Luigi Einaudi la proposta di legge che è stata depositata da alcuni parlamentari di tutti gli schieramenti politici primo fra tutti Nicola Rossi ( non a caso ex Pd ora nel gruppo misto) con l'appoggio di quasi tutto il mondo liberale ( per quanto infinitesimale qui in Italia...) presenta un clamoroso vuoto: non specifica un tetto alle tasse! Certamente chi ha avanzato la proposta non può essere accusato di statalismo ma immaginate che pericoloso assist si potrebbe offrire ad un qualunque governo "manovratore" per cui "le tasse sono bellissime" e magari con i loro elettori indignati nelle piazze per reclamare altre tasse! Il pareggio di bilancio implica che non si può spendere più di quelle che sono le entrate ma si può spendere tanto elevando la tassazione. «Fra una spesa pubblica pari al 30% del pil con un deficit del 5% ed una spesa del 60% del pil con bilancio in pareggio, preferirei di gran lunga la prima» ha giustamente osservato Antonio Martino.
Non è un caso che escludendo Antonio Martino e pochi altri liberisti nessuno ha ipotizzato ( nemmeno per sbaglio!) che per contenere il debito pubblico la via maestra è quella dei tagli e delle riforme strutturali. Tutti impegnati a cercare dove trovare i soldi, che siano transazioni finanziarie o patrimoniali, soldi "scudati" o calciatori e con la sinistra che alla fine protesta (giustamente) contro il "contributo di solidarietà" perché a pagarlo sono i benestanti... Le idee sono le più fantasiose ma il risultato non cambia: senza tagliare le spese, col debito che ci portiamo da decenni e con i relativi interessi da pagare, per raggiungere il pareggio di bilancio occorreranno sempre più tasse! Lo capirebbe pure un bambino di scuola elementare ma non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire...per cui si aspetta sempre l'uomo della provvidenza, l'apprendista stregone di turno.
Ogni aumento delle tasse implica una perdita di libertà; se non si mette un freno alla tassazione in Costituzione per rincorrere il pareggio di bilancio nel giro di pochi decenni tutto ciò che guadagniamo dovremo cederlo allo Stato. D'altra parte anche la gente pare approvare questa deriva statalista: canti, balli, feste notturne, Bella Ciao hanno salutato la vittoria dei referendum che porteranno ad un aumento della tassazione generale ( e con una impareggiabile faccia di bronzo Bersani, dopo avere cavalcato la demagogica campagna referendaria, nella sua controproposta alla manovra propone la liberalizzazione dei servizi pubblici......). Con questa prospettiva l'Unione Sovietica è dietro l'angolo. |
Le radici dell’attuale crisi mondiale vanno, a mio parere, cercate nel sistema monetario internazionale. Cominciamo con quella che era (e forse ancora è) la moneta regina degli scambi internazionali: il dollaro americano. Dopo la svalutazione della sterlina di fine 1967 e il successivo scioglimento del Consorzio dell’oro (Gold Pool, l’organismo che avrebbe dovuto mantenere fisso il prezzo dell’oro a $35 l’oncia), il sistema monetario internazionale smise di essere un Gold Exchange Standard (sistema a cambio aureo) e divenne un dollar standard, un sistema basato sul dollaro. La decisione di Nixon del 15 agosto 1971 di abolire la convertibilità del dollaro in oro fu solo un atto notarile, l’attestazione che le riserve auree degli Stati Uniti non erano sufficienti a garantire la convertibilità in oro di tutti i dollari in circolazione. Comunque sia, da quasi mezzo secolo il dollaro è il principale strumento di riserva delle banche centrali e il mezzo di pagamento internazionale più diffuso. La creazione della moneta unica europea ha gradualmente eroso la supremazia internazionale del biglietto verde. Come già ricordato, il dollaro ha perso il 15% rispetto all’euro negli ultimi 12 mesi e il 10% rispetto a tutte le altre monete. Questo calo del dollaro ha avuto conseguenze benefiche sull’economia americana: anche se le esportazioni degli USA rappresentano solo il 10% del pil americano, la loro crescita ha rappresentato il 50% del tasso di sviluppo di quel paese nello stesso periodo. D’altro canto, il tasso d’inflazione interno americano negli ultimi dieci anni è rimasto inferiore al 3%; si può quindi avere una moneta forte all’interno e debole all’esterno. Il discorso sull’euro è diametralmente opposto: si è notevolmente apprezzato sull’estero (non solo nei confronti del dollaro), con danno notevole per le esportazioni di quasi tutti i paesi dell’eurozona, e continua ad avere un potere d’acquisto interno molto al di sotto di quello previsto dalle parità di Maastricht. Non credo ci sia una persona in Italia disposta a sostenere che un euro ha lo stesso potere d’acquisto che avevano 2.000 lire; a voler essere di manica larga, un euro “vale” non più di mille lire. Con due milioni di lire al mese si campava anche decorosamente, con mille euro certamente no. Entrambi i fattori – alto valore esterno, basso valore interno – sono recessivi: il primo penalizza le esportazioni e incoraggia le importazioni, il secondo, deprimendo il potere d’acquisto delle famiglie, riduce i consumi. Aumentare le tasse in questa situazione è semplicemente demenziale perché rende ancora meno probabili le possibilità di crescita e, invece, rende molto più plausibile la possibilità di un ristagno se non addirittura di una recessione. I tedeschi, che sono i maggiori beneficiari dello spostamento della domanda di riserve dal dollaro all’euro, orgogliosi della solidità dei loro titoli di Stato, si ritengono autorizzati ad imporre una bigotta e stolta politica “di rigore” agli altri membri dell’eurozona, indebolendo la credibilità dell’intera costruzione monetaria europea attraverso l’acquisto di titoli pubblici degli stati membri e la creazione di moneta. Sono stati organi europei a imporre la vergognosa, inutile e iniqua manovra che il governo ha annunciato e lo hanno fatto per salvare le capre dell’euro e i cavoli dell’assistenzialismo di Stato. Stando così le cose, non mi vergogno affatto per avere sempre avversato, con considerazioni “tecniche” non “politiche”, l’introduzione dell’euro: salvo la Germania, questa moneta comune sta uccidendo l’economia di quasi tutti gli altri paesi. Il governo italiano si ripromette di difendere l’assistenzialismo di stato fino alla morte dell’ultimo contribuente, quello tedesco vuole salvare l’euro forte anche se ciò dovesse comportare il fallimento della maggior parte dei paesi che lo usano! C’è solo da sperare che entrambi questi sciagurati propositi vengano frustrati dagli eventi. Antonio Martino |
Post n°300 pubblicato il 06 Agosto 2011 da NEREIDI.201
LA RIVOLUZIONE LIBERALE TRADITA In principio era la Rivoluzione liberale ma alla fine del ciclo sarà soltanto la solita politica socialista che uscita dalla porta della Prima Repubblica è entrata dalla finestra della Seconda. Eppure la discesa in campo di Berlusconi nel 94 aveva davvero fatto sperare in un cambio di passo, in una politica di discontinuità rispetto al passato ma sia per un certo accanimento giudiziario verso il premier che per le difficoltà di mantenere unita una colazione in cui la Lega ha spesso tirato la corda quasi a spezzarla alla fine anche Berlusconi è rimasto impantanato in uno scenario gattopardesco per cui tutto è rimasto come prima. Qualche colpa il premier ce l’ha a cominciare dalla scelta della sua squadra di governo: se davvero doveva fare quella Rivoluzione liberale di cui il paese aveva ( ed ha) tanto bisogno perché non ha mai nominato per esempio l’onorevole Antonio Martino al ministero dell’economia? Come si può attuare una politica liberale se nei ministeri chiave siedono personalità da sempre socialiste ( e mai pentite come Tremonti e Brunetta)? Se davvero avesse iniziato quella rivoluzione liberale promessa fin dall’inizio certamente non ci troveremmo in questa situazione di crisi che vede la crescita del paese in stagnazione da circa vent’anni. Certamente l’alleanza con la Lega non ha giovato al progetto liberale e bisogna anche ammettere che lo stesso popolo non è pronto se è vero che è andato a votare in massa i referendum sull’acqua “pubblica” che rimetterà questo bene comune nelle mani dei partiti politici con il rischio di aumentare la corruzione però anche la debolezza del Governo ha pesato. Angelino Alfano sembra la persona giusta per riportare entusiasmo nel partito e per riprendere quel progetto liberale da tempo abbandonato; bisogna saper scegliere le persone giuste e quindi rivalutare il ruolo e le idee di Martino potrebbe essere un primo passo. Certo la situazione non è semplice perché gli ex socialisti hanno ruoli di primo piano nel partito ma senza una svolta reale c’è il serio rischio di consegnare il paese nelle mani della sinistra. Perché questo non accada la Rivoluzione liberale deve iniziare fin da adesso. |
Post n°298 pubblicato il 26 Luglio 2011 da NEREIDI.201
REALIZZARE IL PONTE ANCHE SENZA L'EUROPA L'Europa, sempre in cerca di una sua identità e alle prese con una gravissima crisi economica che sembrerebbe avere come vittima sacrificale l'euro, simbolo dell'Unione, non riesce ad avere le idee chiare nemmeno per quel che riguarda le grandi infrastrutture. Dopo avere stabilito che il Ponte sullo Stretto era una priorità e che quindi andava finanziata adesso pare abbia cambiato idea. Come sia possibile modificare di anno in anno la geografia delle grandi infrastrutture che richiedono nella realizzazione tempi decennali è qualcosa difficile da capire anche per le menti più illuminate e testimonia la grande confusione che regna all'interno dell'Unione europea. C'è da sperare che il governo nazionale faccia tutto ciò che è nelle sue possibilità per non far fallire il progetto per cui si sono spesi in questi anni gli amministratori locali a cominciare dal sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca. La loro dedizione alla realizzazione di quest'opera che cambierebbe il volto dell'intera area creando sviluppo deve essere guardata con attenzione dal governo più di quanto faccia per il distaccamento di alcuni ministeri al nord. Certo la realizzazione di queste grandi infrastrutture necessiterebbe di una maggiore coesione politica e l'Italia da questo punto di vista ne paga le conseguenze. Anche quella parte della sinistra (maggioritaria) che era favorevole al Ponte sullo Stretto adesso per meri calcoli politici sta cavalcando l'onda del NO ad ogni cosa e senza confrontarsi nel merito. Le comunità locali, le loro amministrazioni conoscono il proprio territorio meglio di un qualunque burocrate di Bruxelles e quindi dovrebbero maggiormente contare nella scelta e nella realizzazione delle infrastrutture. Il governo italiano dovrebbe farsene carico e far valere in ogni sede le proprie ragioni. Ne va del futuro del Mezzogiorno. |
Post n°297 pubblicato il 11 Luglio 2011 da NEREIDI.201
NEL LUNGO PERIODO SEREMO TUTTI MORTI «Ma questo lungo periodo è una guida ingannatrice negli affari correnti. Nel lungo periodo saremo tutti morti». Così John Maynard Keynes replicava a chiunque mettesse in dubbio l'efficacia della sua ricetta economica basata sull'intervento dello Stato e atta a stimolare la domanda con maggior spesa pubblica specialmente nei periodi di crisi. Risposta irresponsabile prima ancora che profetica da parte del maggior economista di riferimento a cavallo delle due guerre mondiali. Sarebbe già un grande risultato se oggi, alla luce della grave crisi che sta investendo l'area euro ( e non solo visto che le politiche keynesiane messe in atto dall'amministrazione Obama hanno di fatto sancito il default tecnico degli Stati Uniti) con le economie degli stati maggiormente indebitati sotto la pressione speculativa dei mercati, si ammettesse la fallacia della dottrina keynesiana; invece a sentire il premio Nobel per l'economia Paul Krugman ci vorrebbe un maggiore stimolo, un maggiore indebitamento! «Similia similibus curantur» sosteneva Samuel Hahnemann padre dell'omeopatia. Curare il male con lo stesso male, in attesa di una qualche riprova scientifica in medicina, non sembrerebbe una valida ricetta per l'economia ( l'esperienza quantomeno non aiuta...) Forse sarebbe il caso di puntare sulle liberalizzazioni accompagnate da un taglio deciso della spesa pubblica. Certo le condizioni non sono tra le più favorevoli specialmente dopo l'ubriacatura statalista post referendaria sull'acqua "pubblica": ci troviamo di fronte un paese che, formatosi nella scuola di stato, per la maggioranza rifiuta qualsiasi politica liberale. Purtroppo i demagoghi e i populisti di ogni colore avranno sempre vita facile e le ricette keynesiane rappresentano il grimaldello che consente loro di crearsi un certo consenso popolare e clientelistico. Più Stato significa anche più corruzione e la soluzione non sono le sfilate degli indignati in servizio permanente sulle piazze bensì togliere potere decisionale alla politica e consentire quindi di liberare le risorse di cui è ricco il paese; un ricambio generazionale non solo politico ma anche imprenditoriale per far si che il Paese non resti sempre in mano ai soliti noti. Piuttosto che aspettare di morire vediamo di far durare un po' di più questo «lungo periodo» facendo quelle opportune riforme che non saranno a costo zero ma che almeno consentiranno alle future generazioni di continuare a vivere nel benessere. |
SICILY/CANADA
Lu mè sguardu luntanu si perdi unna 'u suli si spusa cô mari:chi spusalizziu rranni è chistu cca!Culuri tinciutu d'aranciu esapuri di sali...L'aceddi 'ntonanu 'ncantu d'amuri;'nto cielu pulitu 'na vucca russa lu mè cori vasa!Sicilia bbedda,china di sapuri:'u to çiauru trasi 'nto coriSe 'npitturi t'avissi a ddisignari,oru finu avissi a truvari...Nâ fina rrina l'amantifanu amuri,mentri la tunna lunali stapi a taliari...Comu ti pozzu scurdarise tu bbedda m'appari?
Trad.
Lontano si perde il mio sguardoladdove il sole tramonta:quale stupendo connubio è questo!Colore arancio e sapore di sale...Gli uccelli intonano un canto d'amore;nel cielo terso una rossa bocca bacia il mio cuore!Sicilia bellapiena di sapori:il tuo profumo entra nei cuori;Se un pittore dovesse dipingertidovrebbe cercare pietre preziose...Nella fine rena gli amantifanno l'amore,mentre li sta a guardarela rotonda luna...Come ti si puo' scordarese tu sempre stupenda appari?
ANTONIO MARTINO
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Molti Uomini vivono felici senza saperlo.(VAUVEPARGUES)
Il mio migliore amico oggi mi ha dato uno schiaffo. continuarono a camminare, finché trovarono un'oasi, dove decisero di fare un bagno. L'amico che era stato schiaffeggiato rischiò di affogare, ma il suo amico lo salvò. Dopo che si fu ripreso, scrisse su una pietra: il mio migliore amico oggi mi ha salvato la vita. L'amico che aveva dato lo schiaffo e aveva salvato il suo migliore amico domandò: "quando ti ho ferito hai scritto nella sabbia, e adesso lo fai su una pietra. perché? " l'altro amico rispose: "quando qualcuno ci ferisce dobbiamo scriverlo nella sabbia, dove i venti del perdono possano cancellarlo. ma quando qualcuno fa qualcosa di buono per noi, dobbiamo inciderlo nella pietra, dove nessun vento possa cancellarlo."
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