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Perfidie di Stefano Torossi

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Sanremo Cinque, Il Riscatto

IL CAVALIER SERPENTE

   Perfidie di Stefano Torossi

    18 febbraio 2012

                                             SANREMO CINQUE, IL RISCATTO


     Mancano alcune ore all'inizio dell'ultima serata ma già avvertiamo da echi sotterranei il passo pesante del Grande Qualunquista che si sta avvicinando come neanche Godzilla. La minaccia è annunciata dalla stampa tutta, e francamente ci sentiamo in pericolo.

     Fateci distrarre in questi ultimi attimi prima della catastrofe con un innocuo e saccentino ripasso scolastico. Fin da quando studiavamo Italiano, ci divertivano le figure retoriche. Che si possono benissimo applicare questa sera a Sanremo. Anzi ecco la prima, la metonimia (una parte per il tutto): Sanremo, invece di "Il Festival della Canzone Italiana che si svolge a San Remo". L'antonomasia (un nome proprio usato come aggettivo): Papaleo fa il dongiovanni con tutte le presentatrici, anzi, con tutte le ragazze dei dintorni. L'ossimoro (uso di termini contrari uniti artificiosamente): I silenzi eloquenti di Celentano. L'epifonema (la morale della favola): esausti alla fine del festival "Ve l'avevo detto che cinque serate erano troppe". Ce ne sarebbero altre ma non vogliamo strafare, perciò chiudiamo con queste due. L'iperbole (esagerazione): il Festival è un grande spettacolo, e l'ironia (finzione): il Festival è un BELLO spettacolo.


     Ecco che si comincia. Una specie di balletto su "All you need is love" in cui tutti si baciano, ma baci veri, lingua, annessi e connessi. Con gli amici ci chiediamo se sono comparse scelte fra fidanzati, o temerari che hanno deciso di osare il tutto per tutto. Ezralow, il coreografo, ci appare in un primo piano in cui è sorpreso a seguire la musica in battere. E' mai possibile?

     Altri momenti umani, o disumani, a scelta, sono l'applauso di sostegno terapeutico che saluta Papaleo quando si definisce l'Al Pacino della Basilicata, e il primo sorriso non equino di Ivanka,  quando, dopo essere apparsa in un inverosimile abito a squame (o a petali, non si capisce bene), parla di casa sua.

     Geppi Cucciari, di battuta veloce, scende le scale con le scarpe in mano e costringe Morandi a terra a infilargliele. Lei è brava e spiritosa, ma chi ne esce meglio è Morandi, che conferma il suo vero grande pregio: essere semplice. Che è davvero un talento, perché quando lo si ha non c'è bisogno di altro; non deve essere spiritoso, colto, aggressivo. Non ha bisogno neanche di essere bello, perché è comunque elegante, proprio grazie alla semplicità.

     Impagabile esempio da una parte di cialtroneria, dall'altra di prontezza, la gag del panino. Papaleo arriva con un panino incartato. E' il mitico panino alla frittata di casa sua. Ah, la frittata di casa! Confusione macchiettistica per scartarlo, Morandi finalmente ci riesce. Primo piano del panino, che però è al prosciutto. Sorpresa di Morandi: "Ma è al prosciutto!" (attentato dietro le quinte?). Fulmineo riscatto di Papaleo che senza fare una piega: "Si, ma la frittata è dentro". Bravo, qui viene fuori l'animale da palcoscenico. Rimane l'imperdonabile inefficienza dello scambio. A meno che fosse voluto per migliorare la gag cogliendo di sorpresa i due. Non crediamo. Troppo audace.

     Un elevato momento letterario ci arriva con la (evitabile) battuta "Ivanka è molto portata a fare la foca", un elegante riferimento alla canzone di Papaleo. Poi ci cospargiamo il capo di cenere durante la ormai troppo ripetuta lezione di catechismo di Finardi, e finalmente alle 22,35, arriva Lui.

     Televendita di Gesù, chiusura dei giornali cattolici, mania di persecuzione, invettive dal pubblico, tutto come da aspettativa. Ma poi, giù il cappello, amici! Il pezzo cantato con Morandi è un momento di spettacolo a grande livello. Il migliore di tutto il festival. Un vero riscatto. E pensare che aspettavamo questa occasione fin dalla prima serata per dargli addosso e farlo a pezzi. Impossibile. E' un grande artista e basta. E lo stesso Morandi ne esce visibilmente commosso.

     Il seguito della serata, come da copione. Luca e Paolo con la loro preghiera del clown provvedono a rifornirci di quella dose di noia di cui Celentano ci aveva privato. Il balletto anni '80 con Ivanka in stivali ci conferma che la ragazzona deve fare ancora molta strada. Le tre attrici della fiction su Walter Chiari dimostrano che non basta essere belle per essere interessanti. La canzone di Papaleo non dimostra niente. La lista dei destini letta dalla Cucciari ci convince che comicità dovrebbe sempre far rima con brevità. E per concludere, lo spazio meritato in chiusura da Sabiu, ottimo direttore e arrangiatore della Sanremo Orchestra è riempito da un brano dello stesso Sabiu, "Limitless", ahimè molto, troppo pericolosamente vicino alla musica di Allevi.

     Quiz: quante metonimie, iperboli e ossimori avete contato finora?



                                       

 
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