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Perfidie di Stefano Torossi

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« La distribuzione del talentoMuffa e splendore »

Swing, cannoni e papi

Post n°304 pubblicato il 16 Novembre 2014 da torossis

 

  IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

   17 novembre 2014

  SWING, CANNONI E PAPI

 

Trenta e lode allo swing. L'11 novembre il Roma Jazz Festival apre il programma con una piccola cerimonia alla LUISS, presenti due illustri professori, un illustre giornalista economico e, per fortuna, l'illustre musicista Gegè Telesforo con l'illustre "Max Ionata Hammond Trio".

E' necessaria una breve spiegazione, altrimenti non si capisce il nesso fra jazz ed economia, di cui l'Università LUISS è il tempio. Quest'anno il tema del festival è lo swing, modalità jazzistica emersa all'epoca della grande depressione americana del'29 e del New Deal. Due fatti economici. Ecco il perché di questa location, fra professori e giornalisti, insieme a un gruppo che più swing non si può.

Tutto bene, tranne un inciampo, inevitabile quando si è ospiti in casa d'altri, verificatosi allorché l'illustre giornalista, di sicuro un ottimo professionista nel suo campo, è uscito dalle proprie competenze, ha afferrato una chitarra e si è intrufolato prima con l'accompagnamento e poi purtroppo anche con un solo, in un "All of me" che, da questa incursione è uscito piuttosto malconcio.

Cosa dire ancora? Che una volta tanto i musicisti erano vestiti impeccabilmente (senza quelle magliettacce e jeans da battaglia che troppo spesso i jazzisti, con nostro dispiacere, indossano), e che hanno suonato benissimo. Voto: trenta a tutti, dato che siamo in un'università, ma con in più la lode allo swing, e anche alle divertenti smorfie del geniale hammondista Alberto Gurrisi.

 

Cannoni puntati! E' il cinquantunesimo Festival di Nuova Consonanza.  Mezzo secolo di vita merita una salva. Che c'è stata, non di bocche da fuoco ma di applausi, nel Grand Salon dell'Accademia di Francia a Roma, Villa Medici, il 12, alla fine del primo concerto della rassegna, con l'Ensemble Orchestral Contemporain di Lione.

"Non aprite quelle orecchie", ci verrebbe da dire con una battuta un po' frusta quando leggiamo sul programma di sala che stiamo per ascoltare una musica spettrale. Poi ci tranquillizziamo: "Gli spettralisti parlano di suono non come oggetto in sé concluso, ma come campo di forze, porzione di spazio-tempo, parte di un puro divenire sonoro".

Malgrado il critichese del testo, inteso soprattutto a  complicare la faccenda, è vero che si tratta di materiale che arriva in tutta semplicità e facilmente all'ascolto, senza dover passare attraverso serialità ferree o metodologie vincolanti.

E il bello è che questi suoni assolutamente non tradizionali, anzi, che potrebbero essere presi per blasfemi, si spandono esteticamente nello spazio di un salone ultraclassico con soffitto di dodici metri, e arazzi barocchi alle pareti. Quando è roba buona va bene in qualsiasi ambiente. E non c'è scandalo.


"L'ultimo palazzo del Papa". Nessuno scandalo, neanche qui. Anzi, quanto sopra ci è tornato in mente nella Sala Torlonia di Palazzo Braschi, ora museo di Roma, la sera dell'8.

Alla performance dell'ottimo spettacolo messo in scena da Rosa Di Brigida per la Associazione Era Dea, fra specchi e divani rococò, con una impostazione moderna e antica insieme, musica dal vivo, e costumi che definire visionari sarebbe poco.

Già tutte prenotate con grande anticipo, le due repliche dell'8 e del 9 sono la cronaca, fedele ai fatti, senza concessioni, a tratti beffarda (Pasquino e le sue satire: l'attore Francesco D'Ascenzo), del papato di Pio Sesto Braschi, l'ultimo Papa Re a lasciarsi andare a una vergognosa politica di sfrenato nepotismo e di spese talmente folli (naturalmente a carico della Camera Apostolica) da mandare in rovina, dopo averla innalzata, prima la sua stessa famiglia e poi il faraonico palazzo costruito a Piazza Navona.

Che malgrado tutto andò avanti con la sua storia; anzi, a un certo punto, e questo la dice lunga sulla sua gestione sconsiderata, fu addirittura messo in palio come primo premio dell'estrazione del lotto: gioco, anzi rapina legalizzata del governo pontificio ai danni del cencioso popolo dell'Urbe. Ma anche l'estrazione andò buca.

Ancora una prova della nostra teoria: arbitrario o fedele, critico o visionario, uno spettacolo, se è buono, funziona dappertutto.

 

Ancora e sempre Negroni. A questo punto, chiuse le manifestazioni di cultura, usciamo dai saloni e scendiamo ai piedi del palazzo. Qui, proprio nell'atrio che si affaccia meravigliosamente con un portone su Piazza Navona (la più bella piazza del mondo, e non solo secondo noi), c'è il Braschi Bar.

E noi lo citiamo, non solo per lo splendore dell'ubicazione, ma anche per quella che è, lo sappiamo bene, la nostra fissazione: il Negroni.

Loro lo fanno benissimo.


                                      

 

 
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