Creato da torossis il 08/08/2010
Perfidie di Stefano Torossi

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Marzo 2014 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
31            
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 3
 

Ultime visite al Blog

torossisslavkoradiccarmelo.rizzo70minarossi82aristarco7dudeziochiarasanyenrico505tobias_shuffleRavvedutiIn2Sky_Eaglechristie_malryunastella43isolde6antelao63
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

Messaggi di Marzo 2014

Pienoni e vuotoni

Post n°271 pubblicato il 31 Marzo 2014 da torossis

 

   

  IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

  31 marzo 2014

 PIENONI E VUOTONI


Riceviamo un invito alla chiesa di S. Andrea della Valle (quella della Tosca, ma stavolta Puccini non c'entra) per un concerto vocale e strumentale di Hirari Sato. Ciò che stiamo per raccontarvi ha del fantascientifico. Ne abbiamo viste di serate, ma questa è speciale.

Con la preparazione l'evento si esaurisce quasi prima di cominciare, ma vale comunque la pena di seguire il tutto. Hirari Sato è una bambina giapponese di quattordici anni, cieca dalla nascita. Accompagnata dalla madre, arriva, grassottella e intortata in un vestito di tulle rosa, si siede alla tastiera, fa qualche accordo e comincia a provare il microfono. La chiesa è enorme e gelida. Ci saranno una settantina di persone, mentre ce ne entrerebbero comode almeno duemila (vedi foto). E qui c'è da chiedersi il perché di un posto così grande per un evento così piccolo.

Il microfono naturalmente non funziona e il ritardo è già di mezz'ora. Intanto sono arrivati alcuni giapponesi che si omaggiano con inchini profondi, emettendo preoccupanti suoni di gola (che in realtà sono cortesi saluti). La povera bambina continua a provare, e finalmente la fonica pare che sia a posto.

Diamo il via al concerto? Neanche per idea; ha inizio la estenuante cerimonia dei discorsetti, prima in giapponese, poi tradotti, postillati da sbrodolature del tipo "gli occhi della bambina non vedono, ma quelli del suo cuore, sì", "la musica è la sua vita, e la sua vista". Chissà perché quando c'è di mezzo un handicap si va sempre nel melenso. Qualcuno legge una poesia orrendamente patetica; poi si manifesta l'organizzatrice della serata: l'Associazione Abruzzo - Giappone, o meglio, la JAA, Japan Abruzzo Association, il cui delegato alla musica è il Maestro Ciufoletti (non stiamo inventando niente). Pare che, primi al mondo, abbiano pubblicato in giapponese una guida dell'Abruzzo che sta avendo un enorme successo editoriale nella terra del Sol Levante. Inaspettato gemellaggio fra Majella e Fujiyama!

Il programma del concerto comprende brani di Whitney Houston, poi naturalmente l'Ave Maria di Schubert, ma anche una serie di successi pop giapponesi con titoli da menù sushi: "Sukiyaki", "Furusato", "Nada soso", tradotti con: "Camminerò guardando in alto", "L'amato luogo natio" e "Pianto disperato". Leggendo, le nostre innate diffidenze nei confronti del traduttore si fanno certezza. Come è possibile che i giapponesi siano così generosi di sfrenato cattivo gusto? Qui si tratta dell'incapacità, proprio del traduttore, di penetrare nell'anima della lingua di partenza, per trasportarla (questo vuol dire tradurre) scegliendo le parole meno ridicole e più giuste allo scopo di mantenere lo spirito del concetto, nella lingua di arrivo.

 Per amore di verità, sorvolando sull'accompagnamento alla tastiera, davvero precario, dobbiamo riconoscere che la voce della ragazzina è pregevole e anche troppo matura per la sua età.

Il che non ci impedisce di guadagnare l'uscita dopo il secondo brano portandoci dentro una domanda senza risposta: perché questo scempio, neanche giustificato dalla richiesta di un'offerta finanziaria per qualche nobile destinazione? Perché esporre una bambina, che ha già i suoi guai, a questa inopportuna esibizione? Va bene, potrebbe commentare un cinico, che, data la sua menomazione, neanche si sarà accorta della chiesa troppo grande e troppo vuota, e della gente che sgattaiolava via alla spicciolata...

Poi abbiamo saputo che questa è la settimana dei non vedenti, e che l'indomani la ciechina si sarebbe esibita davanti al Papa. Però la domanda ci è rimasta dentro; e la risposta? Non pervenuta.

------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Sabato ore 17,  per la Stagione di Musica Antica organizzata dal Museo degli Strumenti Musicali con Santa Cecilia, i concerti grossi di Corelli trascritti per due clavicembali. Qui parliamo di buona, anzi buonissima musica, e in più dobbiamo riconoscere che le due clavicembaliste, Vera Alcalay e Angela Naccari, oltre ad avere dita agili e sicure, hanno entrambe bellissimi capelli castani, lunghi e lisci: uno spettacolo certamente più garbato di come doveva apparire ai suoi tempi il parruccone incipriato di Arcangelo.

Purtroppo la sala del museo è piccola e afosa (come sempre in questi casi, guai ad aprire una finestra, perché, come si sa, aria di filatura, aria di sepoltura, e l'età media del pubblico è piuttosto elevata), e in più non c'è una sedia libera. In compenso, a disposizione degli spettatori in eccesso, c'è nell'ingresso un magnifico schermo di almeno duemila pollici, con una visione limpidissima e luminosa, ma senza sonoro. Trattandosi di un concerto, questo ci è parso a dir poco inspiegabile.

Comunque, successo e pubblico soddisfatto, a conferma della bontà dell'iniziativa.

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Al contrabbasso Mark Dresser, al contrabbasso Daniele Roccato, il mio contrabbasso... e qui Paolo Damiani che avrebbe dovuto annunciare se stesso come terzo contrabbassista del concerto, ha preferito presentare il proprio strumento.

Siamo alla Sala Accademica di S. Cecilia per la domenica dei Percorsi Jazz 2014. Il concerto si intitola "Triple Bass", facendo il verso al nome dello strumento che in inglese è double bass. Tre i contrabbassi sul parco per una serie di improvvisazioni a uno, due, o tutti e tre insieme (vedi foto).

Un piatto per palati forti. Un bel gioco di pizzicati, arcate, manate, bastonate, pinzette sulle corde, ribattuti e trucchi elettrici vari. Squittii e barriti, cantatine in ottava, suoni imprevedibili, talvolta sgradevoli in sé, ma funzionali se inseriti nel gioco. Ci è particolarmente piaciuto un brano eseguito a solo da Roccato, basato sull'uso di armonici e corde vuote, impeccabile per agilità, inventiva e soprattutto (che su questo strumento è sempre un miracolo) intonazione.


                                          


 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Il granchio di fiume

 

  IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

24 marzo 2014

  IL GRANCHIO DI FIUME

 

  Il titolo lo spieghiamo alla fine.


18 marzo, martedì sera. Si fa musica a casa Scelsi. Flauto solo: Annamaria Morini. Musiche di autori vari, fra cui il fu padrone di casa, Giacinto Scelsi. Compositore di musica contemporanea piuttosto noto anche per le sue stranezze. Dedito al misticismo orientale e allo zen, si dice che avesse una fissazione per il numero otto. Infatti, anche se morto il 9 agosto, la data che circola è invece l'8/8/88. Il suo sistema di comporre pare che consistesse nell'improvvisare, registrare su nastro quello che gli veniva, e affidarne la scrittura a collaboratori; tanto è vero che, subito dopo la sua morte, un paio di questi, Tosatti e Vlad, dichiararono che alcuni dei brani firmati da Scelsi erano in realtà opera loro.

Pettegolezzi di cui non ci importa niente. Della serata possiamo dire che dalle finestre della sala da musica c'è il più bel panorama del mondo: l'intera distesa del Foro Romano, illuminata per l'occasione da una magnifica luna piena. Dentro (tendine lilla con la rouche e divani gialli), meno suggestione e qualcosa di più simile al masochismo. Perché, già il flauto da solo risulta di faticosa assimilazione, a meno di trovarsi, in un pigro pomeriggio d'agosto, sulle rive del mare a contemplare qualche graziosa ninfa danzante. In sala, niente ninfe danzanti, e in più, per via del trattamento piuttosto estremo dello strumento, come usa nella contemporanea, siamo finiti vittime di un ansiogeno trapano, con frequenti punte di petulante pigolio. E non certo per colpa della solista che ci è sembrata ottima.


Venerdì 21 marzo. Conferenza stampa di presentazione del progetto "Suona francese". Tutti a Palazzo Farnese. Che è un bell'immobile. Un cielo/terra di circa dodicimila metri quadri, senza contare cantine, soffitte e giardino, nel centro di Roma, messo su da Sangallo, Michelangelo, & altri bravi artigiani, con affreschi, stucchi e marmi di buon livello. Insomma una cosina di lusso. E' dello stato italiano ma in affitto all'ambasciata di Francia (simbolico; pare si tratti di un euro l'anno), la quale ci ha radunati per raccontarci il programma di questa loro iniziativa, una serie di più di cento eventi, da aprile a luglio in varie città d'Italia. Un bel fatto, soprattutto in questo periodo di morte apparente.

Discorsi dell'ambasciatore e di altri funzionari, i quali, e non ce n'è uno che si salva, parlano tutti come l'ispettore Clouseau. Forse non bisognerebbe tanto prendere in giro gli stranieri che pronunciano male l'italiano, perché anche noi, quando andiamo all'estero...però questi sono personalità, studiosi, addetti culturali. Insomma, un po' di buona volontà e un livello linguisticamente più accurato ce lo saremmo aspettato.

Finita la "conferansa stompa", un rinfreschino e poi tutti a casa. Cioè, a spasso per il centro storico. La giornata è magnifica e la città splende.


Sabato 22, giornata del FAI. Apertura eccezionale di alcuni siti archeologici normalmente chiusi: il Teatro di Marcello, il Mausoleo e il Foro di Augusto. Naturalmente ci siamo precipitati: impossibile entrare se non avvilendosi in code interminabili. Mai avremmo immaginato che ci fossero a Roma tanti sfaccendati anziani (perché l'età media in questi eventi è piuttosto elevata) interessati all'archeologia.

Comunque, e qui finalmente arriviamo al nostro titolo, forse non avremo sfiorato capitelli o calpestato marmi pregiati, forse non avremo ammirato busti di imperatori o altari pagani, ma di sicuro ci siamo imbattuti in un documento particolare che domina la balaustra sovrastante i Fori Imperiali. Un poster bene illustrato che, tralasciando qualunque cenno alla storia di Roma, ci illumina su un argomento (presumiamo) di vivissimo interesse per un gran numero di turisti in transito: la presenza fra le rovine del granchio di fiume!

La bestiola, di abitudini  notturne e quindi non facile da vedere, a quanto dice il testo (che abbiamo fotografato sullo sfondo dei Mercati di Traiano), risalendo dal Tevere attraverso la Cloaca Massima, é venuta a stabilirsi fra i marmi e le fondamenta dei grandi monumenti e ci si è trovata così bene che ha messo su famiglia e ormai la colonia è diventata numerosa e, di sicuro, felice. Vai a immaginare a chi, oltre agli archeologi, avrebbero fatto comodo colonne e cornicioni crollati millecinquecento anni fa.



                                         



 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Salvagente

Post n°268 pubblicato il 18 Marzo 2014 da torossis

 

  IL CAVALIER SERPENTE

 Perfidie di Stefano Torossi

    17 marzo 2014

    SALVAGENTE


Siamo d'accordo sul fatto che autocitarsi è un po' sbrodolarsi addosso, però...

Siccome nel corso della settimana non c'è stato un solo evento che abbia stimolato le ghiandole velenifere del Cavalier Serpente, e siccome lui non vuole lasciare i suoi lettori senza una conferma  della sua esistenza in vita, abbiamo deciso di recuperare e usare come salvagente il primissimo uovo avvelenato deposto in questa covata ormai pluriennale.

E' roba di quasi quattro anni fa, e precisamente del 2 settembre 2010. E' passato tanto tempo, ma già i morsi del nostro erano letali.

Ci pare che l'uovo non sia andato a male. Eccolo:


        JAZZ, ABBIGLIAMENTO E BUONA EDUCAZIONE


Che dire? Non c'è dubbio che Gino Paoli sia l'autore di tre o quattro canzoni fra le più belle della nostra generazione.

Lo abbiamo verificato ancora una volta al suo "Un incontro in Jazz" del 25 agosto 2010 nel Festival "Odio l'Estate" a Roma. E certamente di livello altrettanto alto era l'accompagnamento: un formidabile quartetto composto da Danilo Rea piano, Flavio Boltro tromba, Rosario Bonaccorso contrabbasso e Roberto Gatto batteria, il meglio del jazz in Italia.

Bene, sulla qualità della musica niente da obiettare. Applausi.


E' sul modo in cui questa ottima pietanza ci è stata servita che abbiamo qualcosa da dire.

Il concerto di cui vi parliamo lo usiamo unicamente come esempio. Solo per generalizzare a tanti, troppi eventi jazz.


Non ci sembra giusto che la star della serata (come del resto qualunque accompagnatore) entri in scena con l'espressione di chi magari vorrebbe essere altrove, non accenni neanche un minimo saluto verso il pubblico, confabuli con i colleghi musicisti voltandoci la schiena, attacchi la sfilza delle canzoni senza una parola, una presentazione, un aneddoto, sempre con un atteggiamento di noia. Forse è timidezza, forse è la faccia di tutti i giorni, ma dal momento che uno sale sul palco, un minimo di obblighi ci sono: tra cui mettere su proprio una faccia di scena.

Certo, ci sono i rockettari violenti che sputano sul pubblico, o gli tirano le chitarre, ma è un comportamento prevedibile, anzi previsto, anzi addirittura pregustato, e soprattutto è viva azione scenica. Quello che invece stronca le esibizioni di molti jazzisti è proprio questa aria di distacco, di noia (snob?), di chissenefrega.

Ma perché? Come mai non hanno l'aria di divertirsi, visto che fanno una cosa che il resto della gente gli invidia? Che ci vuole a prepararsi una battuta, quattro movimenti coordinati, evitare le stupide pause in cui il bassista, mentre infila un qualche jack in qualche buco, chiede al pianista la tonalità del pezzo, perché alla gente non basta ascoltare; al concerto si è portata anche gli occhi e vuole usarli.


I salti di Lionel Hampton? E le camicie di Miles Davis?


A proposito: ma come si vestono i jazzisti! Non ci si può presentare con jeans sformati e sporchi, camiciole di brutti colori, magliette di quel tono indefinibile, ma con suggestioni di sporco, fra il marroncino, il viola scuro e il nero, soprattutto quando si hanno superato i sessant'anni, o gli ottanta chili, e madre natura, generosa con il talento musicale, non lo è stata altrettanto con la presenza.

Non diciamo che i componenti di un gruppo dovrebbero essere tutti in smoking (anche se ci piacerebbe - non erano eleganti quelli del Modern Jazz Quartet?), però un minimo di decenza, un pantalone con la piega, una giacca che copra i rotoli, le panze, i seni penduli degli anziani, forse, estrema audacia, perfino una cravatta. Oppure anche una follia di lustrini, ma scelti dentro un progetto di spettacolo, perché suonare è anche spettacolo. Sempre per il rispetto, a nostro parere dovuto al pubblico, che, lui sì può essere malvestito, ma la sua parte l'ha fatta perché ha pagato.


Insomma, stare su un palcoscenico a fare una cosa ben precisa, la musica, e di solito farla anche bene, non basta. Bisogna, assolutamente bisogna, dedicare un minimo pensiero a quello che ci si mette addosso. Proprio così: che il vestito racconti al pubblico che l'artista lo ha scelto dopo averci pensato, e anche parecchio, e non come se fosse sceso di casa a portare fuori la spazzatura.



                                              

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Interni d'Artista

Post n°267 pubblicato il 10 Marzo 2014 da torossis


  IL CAVALIER SERPENTE

   Perfidie di Stefano Torossi

   10 marzo 2014

    INTERNI D'ARTISTA

            

Sono le 18 di lunedì 3 marzo. La Galleria Nazionale d'Arte Moderna inaugura una mostra intitolata "Interni d'Artista", che è la ricostruzione degli studi in cui lavoravano Balla, Capogrossi, Cavaliere, Ferrazzi, Mazzacurati, Morelli e Palizzi. Non sarebbe una grandissima idea. E' già stato fatto. La differenza è che la GNAM possiede, appesi ai muri e in magazzino, una tale quantità di quadri degli artisti riesumati, che nelle ricostruzioni, insieme alle sagome in bianco e nero dei pittori, c'è posto anche un bel po' delle loro opere, non fotografate ma vere.

L'effetto è carino e piace al pubblico, fatto di signore un po' imbalsamate, di anziani critici e di curatrici giovani, carine e stremate per il troppo prestare attenzione ai precedenti due della lista. La fauna tipica di queste manifestazioni. Si chiacchiera, ci si riconosce e si esita prima di uscire all'aperto dato che in questa fine di un inverno meteoropatico, ieri faceva caldo, ma oggi è un freddo birbone.

                                          -------------------------------------

Federico Secondo di Prussia, metà settecento. Quello che si dice un sovrano illuminato. Rimette a posto le finanze della sua nazione, introduce la coltivazione della patata e così salva dalla fame parecchi sudditi. Soffre di gotta, perché lui invece mangia pernici, ed è un po' guerrafondaio, il che si spiega perché è pur sempre prussiano.

Ma soprattutto ha due fissazioni: gli "Spilungoni" e il flauto. I primi sono i soldati della sua guardia personale, che lui vuole assolutamente sopra il metro e novanta, una specie di corazzieri; e siccome due secoli e mezzo fa, la gente alta, anche da quelle parti, non era facile da trovare, li compra dove può (allora le persone si compravano), scialacquando parte del bilancio militare. Per la musica basta sapere che sua maestà si piccava di essere un ottimo esecutore (e di ciò è impossibile avere conferma), e anche un valido compositore.

E questo ci porta all'evento di oggi, 6 marzo, al Goethe Institut, sede obbligata per un autore tedesco, e in più re. In gemellaggio con Santa Cecilia, l'istituto ci offre un concerto-saggio di allievi e professori che eseguono composizioni, di cui parecchie inedite, di Federico. Alcuni brani sono suonati su strumenti dell'epoca: traversiere, viola da gamba, tiorba; altri con gli equivalenti moderni: flauto di metallo, violoncello, clavicembalo. Tralasciando il livello non sempre professionale delle esecuzioni (siamo stati informati che per gli allievi si tratta di veri e propri esami, e quindi da ascoltare con benevolenza), è inevitabile il confronto tutto a sfavore degli strumenti antichi, meno sonori, meno precisi e soprattutto meno intonati dei loro successori. Per non parlare della sottile ma pervasiva noia ad ascoltare le scadenti regali melodie.

Insomma, a fine serata, e salvando la bontà dell'iniziativa didattica, ci è parso inevitabile arrivare a due granitiche certezze: la prima che quando un utensile, e fra questi possiamo senz'altro comprendere gli strumenti musicali, si estingue, ci sono sempre delle buone ragioni (e lasciamo da parte la nostalgia). E poi, che fortuna che Federico Secondo ha continuato a fare il re invece di dedicarsi alla musica!          

                                            -----------------------------------------

Da quattordici anni, l'otto marzo, inaugura senza mimose la sua stagione di lavoro la Era Dea, un'associazione di artiste che in momenti di rispetto per la cultura come qualche anno fa, o in salita come adesso, è andata avanti per la strada dell'arte al femminile.

Ci hanno ospitati per la proiezione di un durissimo, bel video sull'amore violento: "La scelta - Amare da morire; vivere per amare" di Didi Frank, poi per una divertente e allo stesso tempo tosta interpretazione dello stupro, ma fra animali del Tevere, una nutria e un topone di chiavica (si può anche sorridere e nello stesso tempo raccontare un dramma). Alla fine siamo stati ben bene strigliati da un accorato e forte richiamo del presidente Rosa Di Brigida alla disattenzione che, spesso per colpa delle stesse donne, continua a penalizzare l'argomento. Una serata intensa.

                                            ----------------------------------------

Santa Cecilia ha messo il turbo! Eravamo domenica 9 alla Sala Accademica per la inaugurazione del Festival Percorsi Jazz 2014 diretto da Paolo Damiani e Danilo Rea, con un  concerto assai interessante del quartetto di Claudio Leone, seguito dal suono di seta e velluto di Enrico Pieranunzi. Il quale, malgrado la sua aria di austero ecclesiastico anglicano, quando si presenta non fa mancare battute e sottigliezze molto divertenti e dello stesso velluto della sua musica. Un one-man show completo.

        In realtà, il turbo lo ha messo il nuovo direttore, Alfredo Santoloci. Basta fare i conti: in questo momento stando rullando a pieno regime il Festival Percorsi Jazz, di cui sopra, la serie dei concerti del sabato sera al MAXXI, la rassegna di concerti di musica antica al Museo Nazionale degli Strumenti Musicali, la Musica di Federico Secondo al Goethe Institut. Ci pare abbastanza, no?


                                     -------------------------------------------------


PS. Donna Forza Otto. Venerdì 7. Al Tempio di Adriano, consegna dei premi alle migliori imprese femminili del Lazio. Tanto di cappello. La nostra perplessità è sull'uso, come dire, un po' scemo dell'aggettivo. Iniziative rosa, lavoro rosa, quote anche. Ridicolo, non il concetto naturalmente, ma la sfumatura. Qualcuno ha mai pensato di definire Agnelli un industriale azzurro, o Totti un campione blu. O verde?



                                      

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Thr Burning Room

Post n°266 pubblicato il 02 Marzo 2014 da torossis

 

  IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

   3 marzo 2014

    THE BURNING ROOM


Venerdì 21 febbraio. E' morto Gianni Borgna. Camera ardente alla Protomoteca del Campidoglio. Moltissimi i presenti: artisti, autorità, sindaci di Roma, in carica ed ex. Fuori, una giornata scintillante e un panorama da guida turistica: da una parte la piazza del Campidoglio con il Marco Aurelio a cavallo, dall'altra i ruderi del Foro Romano. Questo, se le finestre fossero state aperte. Invece, per rispetto dell'occasione, tutto chiuso da tendoni scuri. Quindi, niente vista e in più temperatura disumana e affollamento claustrofobico.

Prima di scappare fuori per un filo d'aria abbiamo ascoltato discorsi, bisogna dire, piuttosto sobri e anche commossi, con uno svolazzo che non ci saremmo aspettati da Veltroni, al quale è scappato un: "Adesso Gianni è lassù che parla con Pasolini per cercare di chiarire il mistero della sua morte".

Che fifa che mette la nera signora, eh? Perfino un intellettuale laico come si presenta Veltroni non può fare a meno di sparare questa bambinata consolatoria. Proprio non si riesce ad accettare l'idea che la vita finisce con assoluta banalità, casualità e ineluttabilità senza inventarci sopra qualcosa di: (a seconda dei casi, e di chi parla) magico, religioso, favoloso, infantile, rassicurante; mai semplicemente realistico.

Ah, prima di andare, facciamoci un sorrisetto. Il termine "camera ardente" lo abbiamo sentito tradotto in "the burning room" (da cui il nostro titolo) da un cicerone piuttosto scalcinato a un gruppo di altrettanto scalcinati turisti americani che gli chiedevano il perché di quella folla ai piedi della scalinata.


Sotto casa nostra c'è Francesco, parrucchiere per signora. Personaggio eclettico, ospita ogni tanto a bottega eventi particolari. Martedì 25 da lui, fra specchi e caschi per capelli, c'era Josefa Idem, accompagnata da Pino Strabioli a presentare il suo libro: "Partiamo dalla fine".

A prescindere dai pregi letterari dell'opera, che non conosciamo, ci siamo trovati di fronte una dignitosa, bella signora, mezza tedesca e mezza italiana, ancora sgomenta e incredula per quello che le era successo. La vicenda, che alcuni certo ricordano verteva su un modesto abuso edilizio, commesso dal suo geometra e da lei prontamente sanato pagando la relativa multa. Il fatto increscioso, anche se minimo, era purtroppo emerso, o forse era stato fatto emergere, subito dopo la sua nomina a ministro delle pari opportunità.

Ebbene, raccontava, la sua metà tedesca le aveva imposto le immediate dimissioni, mentre quella italiana era ancora lì a meravigliarsi di essere l'unico ministro dimissionario di tutta la legislatura, mentre tanti altri continuavano a papparsi la carica senza un minimo di vergogna.

E in più, e questo vale la pena di annotarlo, da atleta abituata a un'attenta amministrazione delle energie, non riusciva a non indignarsi per lo spreco della politica, dove, testuali parole: "Il trenta per cento del tuo potenziale lo dedichi al lavoro, l'altro settanta a guardarti dai colleghi".

                                                

Mercoledì 26 ai Santi Apostoli, inaugurazione del festival Girolamo Frescobaldi con una cerimonia religiosa e l'accensione sulla sua tomba, che è proprio lì a sinistra dell'altar maggiore, di una lampada dove arde olio offerto dagli organisti e cembalisti italiani, e con un breve concerto del SantiApostoliBrassQuartet, più un piccolo coro. Belle e di sublime noia le sue "Canzoni per sonare a quattro", in cui il pastoso insieme degli strumenti si mescola benissimo alle voci umane, e si spande arricchendosi nelle infinite riverberazioni rilanciate dalle volte della chiesa.

Che è magnificamente ricca, e grande, e splendente di innumerevoli lampadari, il cui scintillio si riflette nei marmi delle pareti e in quelli del pavimento. E nelle quattro piccole pozzanghere della condensa di trombe e tromboni che goccia a goccia si sono andate formando, anche un po' ambigue, fra i piedi dei quattro suonatori.

                                    

Museo dell'Alto Medioevo, all'Eur. Si parla di chiuderlo perché costa troppo e non rende niente. Ineccepibile, se si trattasse dell'investimento di un capitale privato. Ci siamo stati recentemente. Spazi immensi, architettura fascista, ma quella bella, monumentale. Marmi e scaloni, soffitti vertiginosi e grandi finestre sul verde. Vuoto.

Nelle due ore che abbiamo girato intorno alla sorprendente ricostruzione della domus di Porta Marina a Ostia: un bulimico fulgore di marmi e intarsi, non abbiamo incontrato un'anima. I custodi, più numerosi dei visitatori (ovvio, dopo quello che abbiamo detto) chiacchieravano fra loro e giocavano coi bambini portati da casa.

Certo, sarà antieconomico, però, in primo luogo è un investimento pubblico, e poi basterebbe un minimo di intelligente pubblicità per far sapere a tutti che lì c'è più roba, non diciamo del Louvre, ma, per esempio, del Getty Museum, molto più famoso e molto più frequentato.


                                      

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963