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Perfidie di Stefano Torossi

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Messaggi di Gennaio 2015

Piccole amarezze contemporanee

Post n°314 pubblicato il 25 Gennaio 2015 da torossis

 

  IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

   26 gennaio 2015

 PICCOLE AMAREZZE CONTEMPORANEE


Ad Spem Veterem.

Era il nome della zona di Roma imperiale a cui arrivavano, si mescolavano, si scavalcavano, si intrecciavano la maggior parte degli undici acquedotti che portavano in città una quantità impressionante di acqua dai colli a sud est, scorrendo sotto terra, su ponti, su arcate, con un insieme, ancora in parte visibile, di affascinanti strutture architettoniche.

Bene, questa stazione di arrivo e di incrocio delle acque antiche è oggi (approssimativamente,      aggiungiamo a uso degli amici archeologi) Piazza di Porta Maggiore, un clamoroso insieme di archi trionfali, pilastri di tufo, canali tagliati nella muratura, selciato antico. Insomma, quello che potrebbe essere un parco archeologico assolutamente unico.

Solo che l'incrocio degli acquedotti è stato integrato da un intreccio ingarbugliato di auto, moto, bus, tram e trenini, alcuni dei quali vetusti quasi quanto le mura sotto cui passano fischiando ancora come le vaporiere dell'ottocento. Potrebbe anche essere una esemplare convivenza di antico e (quasi) moderno. Però l'esistenza, appena fuori della cinta delle mura di quartieri poveri, e più in là di borgate, ha trasformato la piazza in una specie di sala d'attesa per extracomunitari poveri, un limbo male frequentato, e ridotto più o meno a una discarica. Gli archi sono per fortuna ancora in piedi ma guardano dall'alto un mare di automobili, di gente e di immondezza.


Mura Aureliane Uno - Immondezza spontanea

Lungotevere Testaccio: l'unico punto in cui sopravvive un avanzo di quel tratto delle Mura Aureliane che correva lungo il fiume. In realtà sono pochi metri di muro e una piccola torre di mattoni. Pur sempre roba di venti secoli fa.

Evidentemente i duemila anni di storia non sono stati sufficienti a intimidire i writers testaccini che hanno ben bene imbrattato di vernice blu i ruderi. E ancora peggio, lo spazio sotto la torre è diventato un parcheggio a lunghissimo termine di carrettini e ferraglia abbandonata, probabili avanzi dell'epoca lontana in cui era ancora in funzione il vicino mattatoio, con relativo commercio ambulante di frattaglie (da cui si rifornivano le trattorie della zona specialiste in cucina povera romana: trippa, animelle, pajata).


Mura Aureliane Due - Immondezza istituzionale

Via del Campo Boario: qui le mura e le torri riacquistano tutta la loro imponenza, ma noi non riusciremo mai a passeggiare alla loro ombra, perché tutta questa zona, fino al Tevere è assolutamente off limits.

E' terra di conquista e quartier generale dell'AMA, l'Azienda che si occupa di raccolta e smaltimento dei rifiuti di Roma, come si riconosce all'olfatto fin da lontano.

Perché questa attività, benemerita certo, ma non così nobile, sia stata concentrata proprio qui, a ridosso di uno dei tratti meglio conservati delle mura, è un assoluto mistero che temiamo rimarrà dietro le sbarre e a noi non svelato fino alla fine dei tempi.

Ora che tutto il trasporto e il trattamento dei rifiuti è meccanizzato, crediamo che non sarebbe così difficile trovare un altro spazio a portata di camion in una zona meno storica. Mah.


S. Silvestro in Capite - Il vasetto del sacrestano

Vicino a un grande fatto architettonico o sacro c'è sempre un piccolo uomo: il custode, il sacrestano.

E con quale elemento manifesta la sua presenza? Con il vasetto di fiori, con una piantina, qualcosa insomma che neutralizzi la maestà, la grandiosità dell'elemento artistico, la sua importanza storica, e testimoni in modo rassicurante la condivisa piccolezza di chi lo custodisce.

Fra l'altro, siccome sono spesso in cortili bui o in recessi nascosti, le piantine non manifestano mai troppa salute: sono gracili, pallide, smunte.

Qui siamo nel cortile della chiese di S. Silvestro in capite, accanto alla posta centrale, dove sono raccolte basi di colonne, frammenti di bassorilievo, colonne intere, bei pezzi, insomma.

Testimonianze di arte romana.

E il vasetto del sacrestano



                                     

 
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Assenti (in)giustificati & Alzheimer

 

 IL CAVALIER SERPENTE

   Perfidie di Stefano Torossi

   19 gennaio 2015

 ASSENTI (IN)GIUSTIFICATI & ALZHEIMER

 

James Taylor

Questo signore, che sembra un contabile americano sulla sessantina, è uno che ha scritto parecchie belle canzoni, ha venduto cento milioni di dischi, ha vinto non si sa quanti premi, e ci aspettava al Parco della Musica lunedì 12 per parlare del suo prossimo tour in Italia. Per la verità siamo noi che abbiamo aspettato lui, e dopo oltre mezz'ora, eravamo ben bene irritati, anche perché siamo abituati alla puntualità degli americani. Poi è apparso, si è garbatamente scusato, ha esordito dichiarando il suo grande amore per l'Italia e ha parlato dei suoi frequenti viaggi e dei molti amici che ha da queste parti. Ma l'unica cosa italiana che è riuscito a dire è stata "grazi".

Come mai questi che ci amano tanto, poi non imparano neanche una parola nella nostra lingua?

Comunque è stato molto carino. Ha parlato lento e ponderato come uno zio saggio (forse per farci capire tutto), ha detto cose sensate, anche politiche, senza sbilanciarsi, ha affrontato serenamente le domande. A Molendini che gli chiedeva se per lui era più facile scrivere musica negli anni '70 che adesso, ha risposto: "Sì, ma non perché il mondo di adesso è diverso da quello degli anni '70, è perché sono diverso io". E poi se n'è andato.

 

Assenti (in)giustificati

Martedì 13, Auditorium dell'Ara Pacis (qui vista attraverso l'anello di Beverly Pepper). "Descriptio Romae - Banca dati sulla Roma sette-ottocentesca", presentazione di un progetto di grande interesse: mettere a disposizione sul web una summa di tutte le carte catastali e topografiche di Roma prima dell'unità d'Italia.

Appello per i saluti d'apertura. Prof. Panizza, Rettore di Roma Tre: "Assente!" Lo sostituisce un signore noioso che va un po' per le lunghe. Prof. Parisi Presicce, Sovrintendente Capitolino: "Assente!" Lo rimpiazza uno noiosissimo che, dichiarando a ogni passo: "Ho parlato anche troppo", va avanti per interminabili minuti a base di ehm, che dire, però, che, che, che, ma, ma, ma, fino a consegnarci stremati fra le braccia di un terzo signore che fa le veci dell'Assessore Marinelli, assente anche lei, il quale, per fortuna, promette e mantiene il classico "Sarò breve".

Una bella lista di lavativi. A scuola li avrebbero bocciati tutti.

Finalmente arriva il documentario dell'amico Raffaele Buranelli. Molto ben fatto, chiaro, informato, poetico. Una boccata d'aria, aria de Roma, ma...

Ma, proprio qui, nella colonna sonora (garantiamo sulla non colpevolezza del regista), abbiamo trovato un esempio di quella che si può giustamente chiamare la maledizione del marchio. Presto spiegata: dal commento musicale spunta l'adagetto della Quinta Sinfonia di Mahler, un tema di straziante bellezza, qui benissimo usato per commentare le immagini di Roma distesa e fascinosa.

Se non che, come molti certamente ricordano, questo brano, di sicuro il più felice di quel noioso compositore, emergeva da protagonista in una delle sequenze più tragiche di "Morte a Venezia" di Visconti; dopo di che, oltre che famosissimo anche fra i profani, è diventato il marchio musicale di atmosfere decadenti e funeree, come quella del racconto. E così ormai è bruciacchiato: bello, certo, ma utilizzabile a rischio perché associato per sempre a quel mondo, a quella storia. Forse un destino ingiusto, ma, come dire, mal comune...: la sigla di Quark (Bach, aria sulla quarta corda), Arancia Meccanica (Beethoven) il detersivo Ajax (la Carmen di Bizet), eccetera eccetera.

 

I mercoledì dell'Alzheimer

14 gennaio. Appena ci arriva la segnalazione di questo incontro mensile alla Libreria Fandango, ci precipitiamo sul posto ridacchiando sotto i baffi. Convinti che si tratti di una burla, ci affacciamo alla sala, preparati a incontrare un bel gruppo di anziani intellettuali occupati a sfoggiare le loro brillanti doti con la scherzosa copertura di quel nome che un po' fa ridere, e un po', comunque, fa paura.

Una delle organizzatrici ci saluta: "Lei è un accompagnatore, o...?" Facile immaginare come questo esordio ci abbia prima chiarito la situazione, poi suggerito non pochi dubbi sulla vivacità della nostra espressione.

E ci siamo trovati in una vicenda seria, organizzata dalla ABC per la Regione Lazio, in cui l'Alzheimer era un fatto vero, e non uno scherzo. Un bel numero di figli e nipoti impegnati con un altrettanto folto numero di vecchi smarriti, a cui togliere il cappotto o farli sedere a comando, con quel tono tra il condiscendente e il bamboleggiante che si usa spesso con i bambini e con i vecchi per farli stare tranquilli. Ci è venuto in mente che nei loro panni noi reclameremmo il diritto di essere tranquillamente furiosi, ma poi ci siamo anche detti che in quelle condizioni non si è mica più tanto autonomi né di fare né di pensare.

Te, pasticcini e intrattenimento artistico. Consistente nella presenza di un bravo musicista curdo-persiano, che ha dimostrato gli strumenti ed eseguito musiche tradizionali del suo paese, di cui l'animatrice continuava a sottolineare il carattere meditativo e il potenziale ipnotico (a un pubblico che di essere invitato all'ipnosi meditativa ci è sembrato non avesse mica tanto bisogno).

Forse un bicchiere di vino e una bella mazurka di Casadei, chissà...

 

 
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Mai contenti

 

  IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

   12 gennaio 2015

                                                          MAI CONTENTI

 

Mai contenti

La settimana scorsa ci siamo lamentati: prima a Piazza Navona c'erano troppe bancarelle per la Befana; poi troppo poche e misere. Bruttissimi spettacolini su un bruttissimo palcoscenico. Oggi, 9 gennaio, c'è un bel sole, finalmente se ne sono andati tutti, però...

Però, siccome siamo a Roma, dove è improbabile fare qualcosa di normale in tempi normali, se ne sono andati tutti, sì, ma hanno lasciato indietro questo solitario albero di Natale, che con la sua pendenza mette in dubbio la competenza del Cavalier Bernini quando decise di infilare l'obelisco sulla Fontana dei Quattro Fiumi. 

Perché è rimasto? Forse era di pertinenza di un servizio comunale diverso da quello che si occupa delle bancarelle (si sa, tra Befana e Natale c'è sempre stata un po' di ruggine). Forse è scattata una nuova contestazione contro Marino proprio quando gli operai stavano per spostarlo, e così si sono bloccati. C'è da aspettarsi di tutto da queste parti. Forse c'entra addirittura il racket delle feste. Vediamo quanto ci mettono a portarlo via.

 

Caravaggio e i francesi (anzi, i francesi e Caravaggio)

Nella chiesa di S. Luigi de' Francesi i Caravaggio sono addirittura tre, fra cui quello celeberrimo della vocazione di S. Matteo. Stanno infognati nel buio di una cappella risicata, messi in castigo dai committenti, probabilmente insoddisfatti o addirittura scandalizzati, come quasi tutti i clienti del pittore per la eccessiva umanità e verismo dei suoi quadri.

A noi naturalmente piacciono proprio per questo. Però per vederli illuminati bisogna sborsare un euro, che non è poco, anche perché dopo non troppi secondi la luce inesorabilmente si spegne e le tenebre calano di nuovo.

Ma non sono i quadri che ci interessano, è la magnifica indifferenza, propria dei francesi, verso tutto quello che non è français: in questo caso la lingua italiana.

Intorno alla cappella Contarelli ci sono parecchi cartelli di spiegazione, naturalmente in francese e, probabilmente nella traduzione di qualche sprovveduto sacrestano, anche in italiano.

Vorremmo richiamare la vostra attenzione su "Matteo che con l'altra mano esita a presentarsi", su "questo personnaggio sia bene quello di Matteo", "sull'instante dove passa la grazia", "su gli uomini coi piedi nudi che esprimono la loro povertà (gli uomini o i piedi?)".

Mica male, no? In fondo abitiamo in una insignificante cittadina dove per caso la Francia ha la più bella ambasciata del mondo a Palazzo Farnese, e la più sontuosa Académie dell'universo a Villa Medici.

                                                                         

Al risparmio di accordi

Chiariamo subito: il concerto ci è molto piaciuto, quindi questa nostra punzecchiatura non ha nulla a che fare con la qualità dell'esecuzione. Vogliamo solo divertirci a fare le pulci alla musica mediterranea contaminata, a quella araba, alla pizzica, eccetera.

26 dicembre 2014, concerto all'Aracoeli. Una ecumene musicale. Mesolella, Raiz, De Sio, Sepe, Cinque, Coen hanno eseguito una quantità di brani multietnici e non. Ci ha colpito un "'O sole mio" con Mesolella da solo alla chitarra, eccezionalmente  bravo, intercalato a un canto arabo suggestivamente ipnotico, ma, come è tipico di quella musica, al risparmio armonico: trovi un accordo, gliene metti vicino un altro e, avanti e indietro, hai risolto il pezzo.  Niente complicazioni alla Mozart. Certo, c'è il ritmo, ma forse non basta. Stiamo scherzosamente banalizzando, eh! Non vorremmo vedere qualcuno sotto casa nostra con il kalashnikov.

Strana chiesa l'Aracoeli, una delle più antiche di Roma, e anche delle più importanti. Ma sembra tirata su in economia e di corsa: colonne e capitelli diversi uno dall'altro, il pavimento: una confusione di pietre tombali, di frammenti di lapidi romane, di parti cosmatesche, eppure, data l'antichità dell'edificio, la scelta del materiale di spoglio doveva essere ancora abbondante.

Basterebbe fare il confronto con la chiesa di S. Pietro in Vincoli, più o meno dello stesso periodo, che ha una fila di venti colonne tutte uguali e di una bellezza senza pari. Magari, anzi di sicuro i ruderi da cui rapinarle erano più vicini, più comodi per il trasporto. Perché, davvero, con i mezzi di allora (siamo all'epoca dello sfacelo dell'Impero Romano) anche trascinare una colonna su per un colle doveva essere un'impresa quasi impossibile.


PS. Imbarazzante

 La trasmissione di RaiTre "Che fuori tempo che fa", in passato e con un titolo leggermente più sintetico, ci aveva tratti in inganno presentandosi come l'incontro di una rete intelligente con i suoi spettatori intelligenti. Sabato sera hanno gettato la maschera servendoci, alternati a dosi massicce (prima erano solo omeopatiche) delle pillole di saggezza di Gramellini, una scalcinata serie di siparietti da Trieste.

Si trattava della cronaca dei festeggiamenti organizzati da un'imbarazzante banda di fans di Fantozzi in onore di Paolo Villaggio (che non sappiamo neanche se era presente, perché poi abbiamo spento). Un'imbarazzante recita da oratorio durante la quale il parroco Fazio, per niente imbarazzato, dirigeva ridacchiando l'imbarazzata performance del sagrestano Fabio Volo al comando dei suddetti fans nell'imbarazzante imitazione delle scene più famose dei film del Rag. Fantozzi.

Un esempio di bassissima televisione. Imbarazzante. Ci mancava.


                                       


 

 
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Il 2015

Post n°311 pubblicato il 04 Gennaio 2015 da torossis

 

  IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

5 gennaio 2015

IL 2015

 

E' appena cominciato, e già...

Piazza Navona

Noi fortunati snob che abitiamo dalle parti di Piazza Navona ci eravamo illusi alla notizia che quest'anno il mese di castigo dovuto alle baracche della Befana, (ingorghi di traffico, puzza di bomboloni fritti e famiglie stremate con bambini isterici) ci sarebbe stato risparmiato per la decisione comunale di lasciare la piazza alla sua quieta bellezza barocca.

Poi ci hanno detto che le baracche ci sarebbero state, ma meno di prima; poi i venditori di presepi e torroni si sono rifiutati di partecipare per ripicca, pare, contro il comune. E allora sono rimasti solo due o tre tirassegno, e sullo sfondo la solita patetica giostrina con polke e mazurche. Abbiamo sorpreso un vecchio del quartiere che guardava e diceva: "Me pare er dopoguera..."

Insomma, quasi quasi ci manca la insopportabile ma allegra baraonda di prima, perché alla fine, invece della quieta bellezza barocca promessa, ci troviamo con un misero spettacolo di casarecci giochi di luci sulla fontana, con un misero palcoscenico su cui si esibiscono miseri cori dopolavoristici e casarecci animatori di giochi per l'infanzia.

Al freddo e al gelo perché nessuno ha pensato a tirar su un riparo dalla tramontana. L'altro giorno c'erano tre flautisti intirizziti con supporto di fidanzate imbacuccate che gli tenevano fermi i leggii. Tre pifferai e tre piccole fiammiferaie; e nessuno a guardare. Una scena davvero patetica.


Animalisti

Sembra che in questi giorni, oltre ad aprire le gabbie, certi animalisti, non tutti eh, abbiano deciso di aprirsi anche il cranio per farne evaporare il contenuto (materia volatile?). Esemplare e penosa la triste storia di un ippopotamo di quindici quintali fatto scappare dal circo Orfei, appunto durante un blitz animalista dalle parti di Macerata, e abbandonato tutto solo in campagna, di notte, con tre o quattro gradi sotto zero. Due erano le possibilità per la povera bestia: morire di freddo o finire sotto una macchina. E' finita sotto una macchina, e non per colpa sua.

Volete liberare gli animali? Va bene, ma poi non mollateli così, senza neanche un euro in tasca per pagarsi un pasto caldo e un letto per dormire.


L'albero degli stracci

Il primo gennaio scendiamo a fare un giro sulle sponde del Tevere. Bel sole, venticello frizzante e il solito magico spettacolo della città vista, ma ancor più ascoltata dal fondo della fossa dei muraglioni.

Non c'è tanta gente in giro, ovvio: tutti a casa a smaltire il cotechino.

E noi, andando su e giù ci imbattiamo in un bel platano, di quelli che nascono a caso fra i pietroni della banchina.

Adesso la corrente è calata, ma nei mesi scorsi ci sono state delle piene sostanziose. Il fiume ha sommerso tutto e poi se n'è andato lasciando sui rami i suoi frutti. Ma così tanti da cambiarne l'aspetto.

Stoffe, cartacce, plastiche; spazzatura in quantità.

Il Biondo Tevere e i suoi alberi degli stracci.


...e quello dei cretini

Anche questo Natale si è ripetuto ciò che noi speravamo fosse irrepetibile. E allora ci risparmiamo la fatica e facciamo un bel copia incolla del nostro uovo avvelenato di fine 2013. Avvertenza: quest'anno l'albero è ancora più grosso di quello dell'anno scorso.

 "Nella nostra città esiste un luogo in cui avventurarsi è più pericoloso che entrare disarmati nella jungla: Piazza Venezia. Disseminata di dislivelli che trasformano il selciato in una pista da fuoristrada e assediata giorno e notte da un traffico diabolico. Niente semafori automobilistici o pedonali. Il centro della piazza è una grande aiuola tagliata a metà dall'unico corridoio di relativa sicurezza per l'audace che ci si avventura: un attraversamento pedonale regolarmente segnalato da belle strisce bianche dipinte sui sampietrini. Lì ci si dovrebbe sentire più o meno protetti.

Ma nel turbamento di questi giorni di festa dev'essere successo qualcosa in giunta perché il funzionario preposto ha pensato bene di piazzare l'obbligatorio albero non nell'aiuola dove era infilato negli anni scorsi, quindi "fuori dalle balle", come abbiamo sentito dire a un irritato turista, ma esattamente al centro del percorso pedonale.

Così che chiunque si trovi ad attraversare la piazza su questo sentiero, fra l'altro rigidamente costretto dagli archetti della recinzione, incontra un ostacolo che è quasi impossibile superare".

Tale e quale nel 2014. Guardare per credere. Si vedono i pellegrini che arrivati all'albero non sanno cosa fare. Compreso il cinese smarrito al quale il compagno fa cenno di tornare indietro.

 


                                      

 

 
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