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Perfidie di Stefano Torossi

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Messaggi di Dicembre 2014

Santità e sghignazzi

Post n°310 pubblicato il 28 Dicembre 2014 da torossis

 

  IL CAVALIER SERPENTE

   Perfidie di Stefano Torossi

      29 dicembre 2014

    SANTITA' E SGHIGNAZZI

 

Buio mistico

"Che fortuna trovare un parroco come questo!"

E' la prima cosa che ci ha detto l'amico Michele Gasbarro, organizzatore dell'ottimo Roma Festival Barocco quando, dopo una insolita attesa sul sagrato di S. Giovanni dei Fiorentini (normalmente a questi concerti si entra alla spicciolata) ha aperto alla folla che si era radunata il portone della chiesa.

E abbiamo subito capito il perché. Appena entrati, buio. La poca luce, misteriosa e mistica veniva da una fila di alberelli di ferro battuto piazzati lungo la navata, sui cui rami erano appollaiati decine di lumini accesi. L'unica altra fonte, elettrica: un faro sapientemente puntato a illuminare il mirabile altorilievo dell'altar maggiore, un Battesimo di Cristo di Antonio Raggi.

        S. Giovanni Battista dei Fiorentini a Via Giulia è un edificio di proporzioni nobili; secondo noi la chiesa più elegante di Roma. Anche se finita nel '700, il progetto è di due secoli prima. Architettura rinascimentale perfetta, bianca e grigia: tutto intonaco e niente ori o stucchi, solo le linee armoniose degli archi. Con inaspettati colpi d'occhio su cappelle e altari che più barocchi non si può. Eppure, proprio grazie a questo equilibrio, l'eccesso presente in piccole dosi evita la nausea da indigestione che talvolta, in altri luoghi, colpisce per il troppo abbondante condimento.

E' dedicata al Battista, un santo a cui l'acqua (del battesimo) era familiare.  Per questo si pensò di costruire la sua chiesa con i piedi nel Tevere. Decisione imprudente per tutti i prevedibili problemi di statica. Le sponde del fiume su cui poggia l'abside erano e sono ancora di sabbia instabile e infida, e all'epoca non c'erano i muraglioni. Il problema fu risolto brillantemente, anche se non sappiamo come, da Antonio da Sangallo il Giovane, che per fortuna era anche un architetto militare, quindi abituato a terreni difficili e commissioni impossibili. Seguito da una sfilza di illustrissimi collaboratori; per concludere, appunto nel '700, con la facciata di Alessandro Galilei.

In questa chiesa troviamo curiosità e storia, dalla tomba del Marchese del Grillo a quelle di Maderno e Borromini. C'è perfino una vetrinetta contenente una inverosimile reliquia: il piede sinistro di Maria Maddalena, ben confezionato in uno scarponcino d'argento, certificato da targa: "Il primo piede a essere entrato nel sepolcro di Cristo risorto".

       "Peggio di un cane in chiesa", si dice. Normalmente non si può. Qui sì, anzi, si deve. Tutti gli anni, il 17 gennaio, festa di S. Antonio abate, c'è benedizione degli animali, e allora la chiesa si riempie di cani e gatti (obbligatorio portarsi dietro i padroni). Negli anni ci abbiamo visto anche un paio di furetti, un visone, una capra e una piccola volpe. Promesso, il prossimo 17 ci saremo a documentare altre eventuali, forse inquietanti, presenze.

Torniamo alla musica. Meno male che al parroco è piaciuta l'idea dei lumini. "Pazienza - ha detto - se cade della cera sul pavimento, lo puliremo". E così Gasbarro ha potuto creare quella miracolosa atmosfera in cui ha immerso, affidandolo alla Cappella Mariana, il suo concerto di autori del '500, epoca in cui la musica come la conosciamo oggi era ancora in gestazione, o appena nata.

Brani solo vocali che ancora non inseguono effetti virtuosistici, né si appoggiano alle grandi masse corali delle epoche successive. Pura musica da meditazione. Suoni che, dobbiamo ammetterlo, complici l'oscurità e l'efficiente riscaldamento della chiesa, più di una volta nel corso dell'esecuzione ci hanno fatto scivolare in una lieve, e riteniamo non colpevole, sonnolenza; quasi una blanda estasi mistica.


Sghignazzi di fine anno

A questo punto, dopo tanto rispettoso misticismo, ci tocca fare spazio a una bella sghignazzata, che nasconde un rigurgito di rabbia. E ce la facciamo, questa sghignazzata, leggendo un dolente articolo di Federico Fubini che parla, guarda un po', della disastrosa gestione della cultura in Italia.

Noi facciamo quasi quotidiane visite ai musei, soprattutto, ma non solo, a Roma. Alla fine delle quali ci confrontano due costanti: l'immensa (delle volte anche eccessiva) quantità di arte esposta, che ci piazza, come sappiamo, in testa al resto del mondo; e la scadentissima qualità dei servizi: bar, ristoranti, librerie, vendita di souvenir, custodi, perfino gabinetti, che invece ci condanna a una sempiterna coda.

Pochissimi numeri, e poi la piantiamo lì per il 2014. La vendita dei biglietti di tutti i musei, siti archeologici, castelli e palazzi rende in Italia 380 milioni di euro l'anno. Meglio non confrontarsi con le cifre, dozzine di volte superiori, di altri paesi europei. Però quanto segue lo dobbiamo dire: paragonati ai 380 milioni di tutta una nazione, la nostra, il Louvre da solo porta ogni anno alla Francia due miliardi e mezzo!

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Più libri più liberi

Post n°309 pubblicato il 21 Dicembre 2014 da torossis

 

  IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

   22 dicembre 2014

    PIU' LIBRI PIU' LIBERI

 

Più libri più liberi

Innumerevoli i demeriti del fascismo, ma sull'architettura niente da dire. Questo meraviglioso scatolone è il Palazzo dei Congressi, progettato da Adalberto Libera nel '38 per essere il perno dell'E42, faraonica, anzi imperiale e megalomaniaca esposizione celebrativa del Ventennio.

Solo che i calcoli erano sbagliati (non quelli architettonici, quelli politici) e l'E42, è diventata l'EUR, un qualunque quartiere cittadino. Malgrado il vecchio trucco di cambiare nomi e sigle, l'edificio, insieme agli altri sopravvissuti dell'epoca, rimane magnifico. Anzi, ci sembra ogni giorno più bello, come tutta la nostra architettura di regime, uffici postali, tribunali, stazioni, scuole.


4 - 8 dicembre: Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria, "Più libri più liberi". Molti editori, diverse sale per convegni, poche toilette, due minuscoli bar, e solo una porta per entrare e uscire, delle circa venti che si aprirebbero sulla facciata del palazzo se non fossero sbarrate; con imbarazzanti botte ai fianchi e inutili code. Scarsità di personale? Mah. Forse solo di organizzazione.

Far frullare i cervelli e provocare domande. Bersaglio centrato, soprattutto per gli incontri con autori, critici, editori. Non ce li siamo fatti tutti, ma qualcuno sì, e ci ha lasciato delle impressioni.


In Sala Rubino, Marcello Fois, scrittore sardo un po' snob, ne dice una che non ci convince un gran che. Come molti intellettuali (fra cui qualcuno, secondo noi, sclerotico) è contro i media, soprattutto il grande satana, la TV, e per darci un esempio racconta di un certo arcipelago dei mari del sud (di cui non ricorda il nome) dove la televisione era fuorilegge per decreto del locale capotribù, fino a quando anche lui dovette cedere, e i suoi sudditi cominciarono a guardarla.

Non l'avessero mai fatto! Scoprirono che c'era un mondo diverso dal loro, si resero conto di essere tutti grassi, quindi brutti, e di conseguenza aumentarono in modo spropositato i suicidi.

Fin qui la parabola. Stiamo banalizzando, ovvio, ma allora quale dovrebbe essere il rimedio? Il buon suddito selvaggio tenuto nell'ignoranza della realtà, oppure il filtro, se non l'eliminazione di tutti i mezzi di comunicazione - corruzione? Si chiama censura. Un po' stalinista, ci pare. Forse l'idea potrebbe essere non di escludere, ma di preparare fin dall'inizio a quello che c'è là fuori (che sarebbe la vita, compresa l'odiata tecnologia). La conclusione dello scrittore sul tema ci è sfuggita: c'era un po' di confusione.


Passiamo alla Sala Smeraldo dove "Sale di Sicilia" di Mariacristina Di Giuseppe è tenuto a battesimo dall'arguto, facondo, spiritoso Umberto Broccoli, un signore al quale invidiamo facilità e felicità di parola. Si manifesta qui una delle situazioni più pericolose di questi eventi: il relatore è talmente brillante che rischia di consumare tutto l'ossigeno a disposizione del futuro lettore, prima che questi riesca ad affrontare il libro. Che noi non abbiamo ancora letto, ma ci dicono che non corra alcun pericolo, essendo più che robusto.

In realtà si tratta di una specie di rodaggio che, se funziona, fa bene al motore e prepara il veicolo a scendere in strada.


Sempre in Sala Smeraldo, il giorno dopo. Lidia Ravera interroga Dacia Maraini: "Esiste ancora una società letteraria?" O, per capirci: "C'è ancora la trattoria con il tavolo degli artisti?"

Cioè, il luogo e il pretesto di riunioni non a tema né programmate, ma casuali, generate solo dal piacere, dall'abitudine, talvolta dal bisogno di stare insieme. Appunto il tavolo alla trattoria.

"Perché sono finiti questi cenacoli, questi appuntamenti? E' forse colpa dei social, dello schermo del computer dietro il quale non c'è nessuno, e sulla cui rappresentazione non si può intervenire? Cioè della tecnologia che disumanizza i rapporti personali"?

Ravera chiede, Maraini non dà risposte.

Noi un abbozzo di spiegazione l'avremmo. E ci viene dall'avere frequentato a lungo una tavola di questo tipo alla trattoria da Otello alla Concordia, in Via della Croce.

Il tavolone del cinema, quando noi cominciammo a esserci, naturalmente molti anni fa e ai margini, riuniva a cena Gassman, Monicelli, Scola, Gregoretti, Maselli, Pontecorvo, Scarpelli, De Bernardi, Arlorio, Delli Colli. Il condensato del cinema italiano. Tutti più o meno coetanei. Abbiamo continuato a frequentare osservando: parecchi se ne sono andati definitivamente, altri hanno cominciato a non uscire più tanto da casa, finché la barca si è arenata da sé per mancanza di passeggeri e pilota. E in tutti quegli anni, ben pochi dei più giovani si erano fatti vedere.

 La nostra ipotesi è che la colla di questi gruppi sia proprio l'appartenenza alla stessa generazione. Certo, conta anche fare lo stesso mestiere o avere le stesse idee politiche. Ma l'elemento principale rimane l'età. Perduta quella coincidenza, finisce anche il gruppo.

Un'esperienza personale e singola. Potrebbe non essere abbastanza; a noi sembra di si.



                                         

 
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Sinite parvulos venire ad organum

Post n°308 pubblicato il 15 Dicembre 2014 da torossis

 

  IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

   15 dicembre 2014

SINITE PARVULOS VENIRE AD ORGANUM

 

 Sinite parvulos venire ad organum

Così sta scritto in testa al programma. Certo una manifestazione che di questi tempi esibisce un motto del genere rischia di attirare la indesiderata attenzione del telefono azzurro.

Invece si tratta di un innocentissimo, anzi, di un benemerito festival organizzato da Giorgio Carnini: "Un organo per Roma" che ha debuttato con Olga di Ilio (l'organum) e un coro di voci bianche (i parvulos) il 10 dicembre nella Sala Accademica di Santa Cecilia, dove c'è (e meno male che almeno lì c'è) l'unico organo laico di Roma.

Per spiegare la faccenda dobbiamo risalire a una notizia di qualche tempo fa.

"Nel 1995 Renzo Piano, progettando il Parco della Musica di Roma, aveva previsto nella Sala Grande lo spazio per installare un organo da concerto. La delibera era firmata, i soldi pronti da spendere, eppure l'organo non si fece. Per l'opposizione (così si dice) di Luciano Berio, allora sovrintendente dell'Accademia di Santa Cecilia. Mai spiegata del tutto questa decisione, che definire stupida sarebbe troppo generoso. Il risultato è che in tutta la città, al di fuori di chiese e istituti vaticani, c'è un solo organo, diciamo così, profano. Quello, appunto, della Sala Accademica del Conservatorio. Per l'ottusità di un sovrintendente una capitale come Roma sta più indietro di una qualsiasi piccola ma civile, forse proprio in questa parola sta la differenza, cittadina europea".

Riuscirà il nostro eroe (Giorgio Carnini) a raccogliere consensi e fondi per il nuovo strumento?


Sono ancora tutti vivi.

...e la RCA si fece mangiare dalla BMG...e la BMG si fece mangiare dalla Sony...e la Sony, nell'attesa (forse) di farsi mangiare da qualcun altro ha deciso di tirare fuori un magnifico cofanetto di CD, che ci è stato presentato il 10 mattina.

Tutti sul posto e in ottima salute i componenti originali del gruppo: Giovanni Tommaso, Bruno Biriaco, Tony Sydney, Franco d'Andrea, Claudio Fasoli. Insomma, il gloriosissimo Perigeo, che per la RCA Italiana aveva inciso negli anni settanta una serie di LP uno più bello dell'altro. E soprattutto nuovi.

Che sono quelli, recuperati e abbinati a un paio di DVD e a un libretto molto ben documentato, che riempiono il cofanetto. Un riassunto completo di tutta l'attività storica di questo storico gruppo.

Che piacere, adesso che ogni mattina leggiamo sul giornale di qualcuno dei nostri colleghi che se n'è andato, vederli ancora tutti insieme: un Buena Vista Social Club nostrano, a farsi i selfie come dei ragazzi e a cazzeggiare insieme!

Sappiamo tutti in che condizioni sta il mercato discografico. Perciò dobbiamo riconoscere alla Sony il merito di aver recuperato questo capolavoro per il quale probabilmente non rientreranno neanche delle spese, ma che a noi ridà, fresco e ripulito, un gran bel momento di quarant'anni fa.

 

Panza di Biumo, Muso di Velluto, Puffo Morbidone...

Tre pupazzi di pelouche per bambini piccolissimi? Gli ultimi due forse; il primo, no di sicuro.

Si tratta di Giovanni Panza di Biumo, sfortunato proprietario di quel cognome improbabile, ma fortunatissimo detentore di un bel gruzzolo, che per tutta la vita ha continuato a spremere per collezionare arte contemporanea, minimalista e concettualista.

A lui l'Accademia di San Luca, che pure è una delle istituzioni più tradizionali della città, dedica il 12 una mostra intitolata "La Passione della Collezione".

Non abbiamo fatto in tempo a passare alla vernice, e non ce ne addoloriamo troppo perché, a dire il vero non siamo estimatori del genere. Ma dobbiamo comunque e con entusiasmo ripetere: mecenati come lui, ce ne fossero!

 

Cento sax in libertà

La mattina di domenica 14 la GNAM ospita nel suo grandioso Salone dell'Ercole questa divertente faccenda organizzata da Alfredo Santoloci: quattro sassofonisti professionisti, guidati da Enzo Filippetti e piazzati intorno all'Ercole del Canova eseguono "La bocca, i piedi, il suono" di Salvatore Sciarrino.

E fin qui non ci sarebbe niente di strano. Il bello viene quando da tutti gli ingressi cominciano a scorrere nel salone e a girare intorno a noi del pubblico cento, anzi, per la precisione centoquattro suonatori di sassofono di tutte le età e di tutte le misure (i sax, ma anche i ragazzi), allievi dei conservatori di Roma, Frosinone, Latina, Perugia, del Saint Louis, e dello Ials. Insomma un'allegra baraonda che è durata un po' e che ha portato i giovanotti a sfilare non solo davanti a noi, ma anche sotto quei quadroni ottocenteschi un po' scollacciati che tappezzane le pareti.

I ragazzi imperturbabili. Noi pure.

 

 

                                          

 
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Santa Cecilia VM

Post n°307 pubblicato il 07 Dicembre 2014 da torossis

 

IL CAVALIER SERPENTE

Perfidie di Stefano Torossi

8 dicembre 2014

 SANTA CECILIA V M

 

                   

Sabato 22 novembre, Santa Cecilia Vergine e Martire.

Grazie a un'amicizia giusta eccoci (stavolta come effettivo cavalier servente) ai Musei Vaticani, alla visita-concerto-cena per l'onomastico di Santa Cecilia.

In gran tiro, ci troviamo numerosi all'ingresso, dove, divisi in plotoni, siamo presi in carico da guide che ci accompagnano attraverso le Stanze di Raffaello. Splendida escursione, ma i tempi stretti ci espongono a un'overdose di notizie, alcune interessanti, altre no, e soprattutto ci privano della calma indispensabile per assimilare l'arte. Pena: essere travolti dal plotone successivo.

In un battibaleno, passate le Stanze, ci troviamo seduti in prima fila (sempre l'amicizia giusta) nel Salone di Raffaello. Concerto dedicato a Ciaikowskij con un eccellente sestetto di archi, un paio di ottimi cantanti e niente di meno che Antonio Pappano al pianoforte. Esecuzione squisita, e su questo non avevamo dubbi, con la sorpresa di scoprire in Pappano non solo un buon pianista, come ci si aspetta da un buon direttore d'orchestra, ma un superlativo virtuoso.

Nelle pause della musica leggono la corrispondenza fra Piotr Ilic e la sua mecenatessa Madame von Meck Giulio Scarpati e Sonia Bergamasco, il primo con la sua leggera ma persistente ombra di inflessione romanesca, la seconda adagiata su una dizione molto strascinata. Non proprio il massimo per due personaggi emersi della Russia dell'ottocento. Nostra opinione.

Terzo tempo: a cena al tavolo giusto. Con il maestro Pappano e signora, l'ubiquo Zio Gianni Letta, il presidente dell'Accademia Bruno Cagli, l'Assessore alla Cultura del Lazio, e altre personalità, nella Galleria Chiaramonti gremita di statue. Ci inquietano gli occhi bianchi di tutti quegli imperatori di marmo fissi su noi, poveri esseri in carne e ossa, sorpresi a gustare il buon cibo. Ma al terzo bicchiere di pinot non ci si fa più caso.

Fantastica serata. Ci rimane una curiosità, non gastronomica ma artistica.

Perché, nel ritrarre Santa Cecilia, Raffaello ha creduto bene di affidarle (vedi foto del dettaglio) un piccolo organo, e questo è logico, dato il suo ruolo di patrona della musica, ma di seconda mano e così malconcio, che quattro o cinque canne sono mezze staccate e sembrano sul punto di cadere?



"Il dubbio che vibra"

Alla cassiera: "Tania, dije d'attaccà er telefono!" Lei: "Dijelo tu e nun rompe!" Un cameriere: "'N cioccolato c'aa panna!" Il barista mentre prepara il nostro caffè fischia a tutto vapore la marcia dei bersaglieri, anzi, "'a marcia delli berzajeri". Dietro il bancone, una masnada di bellimbusti in giacca bianca strepita e si scambia battute a gran voce come se fossero all'osteria del vicolo.

Invece siamo al gran bar dell'Auditorium Parco della Musica, incontro di artisti, intellettuali e pubblico di tutto il mondo. Un salone dove, visto che non si riesce a essere professionali nel servizio (siamo a Roma, e ciò rende impraticabile l'ipotesi), almeno ci si potrebbe aspettare un po' di discrezione.

Ma il caffè è buono. E questa, anche se non lo sappiamo ancora, sarà l'unica consolazione del pomeriggio.

E' martedì 2 dicembre e siamo diretti al Museo degli strumenti musicali per la presentazione di un libro sul compositore Francesco Pennisi, cofondatore di Nuova Consonanza. "Il dubbio che vibra", bellissimo titolo e unico guizzo di vita prima di sprofondare in un evento sulla cui durata ci eravamo illusi con un preventivo di una mezzoretta (che ci aspettavamo frizzante come il titolo), mentre ci siamo trovati con un consuntivo di più di due ore, esiziali.

Ognuno di noi ha le sue fissazioni, certo. La nostra, oltre a pretendere che sul palcoscenico gli artisti ci vadano o in costume o ben vestiti, è basata su una conclusione che deriva dall'esperienza: non è detto che chi scrive bene, sappia bene parlare.

Appunto. Tutti e sette i relatori, un po' troppi per un libro solo, saranno anche bravissimi a investigare, a catalogare, ad archiviare, ma quando prendono il microfono, aiuto!

Il top lo raggiungiamo con l'intervento di *** (come nei romanzi dell'ottocento: asterischi invece dei nomi, che peraltro rimangono riconoscibilissimi dagli addetti), egregio critico musicale, il quale, chiamato in causa, si assesta ben bene nella sedia, sfodera la sua voce più commossa ed esordisce dichiarando che preferirebbe non parlare dell'amico Pennisi perché il ricordo della sua scomparsa gli fa ancora male al cuore. Dopo di che parte per non fermarsi più, sempre con la voce a lutto, le pause disumane e un eloquio dimesso nella forma, ma pomposo nell'intenzione.

Per fortuna il bravo Massimiliano Scatena, con qualche esempio al pianoforte, ci permette di tanto in tanto di uscire dall'apnea, ma, certo, due ore per raccontare un libro ci sembrano davvero tante. Troppe. Più di quanto serva per leggerlo, se ancora ne rimanesse la voglia.

Salvando sempre la nostra amatissima Nuova Consonanza, che non ha nessuna colpa.



                                         

 

 
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