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Perfidie di Stefano Torossi

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Messaggi di Dicembre 2015

Emozioni e marmi antichi

Post n°359 pubblicato il 28 Dicembre 2015 da torossis

 

  IL CAVALIER SERPENTE

  Perfidie di Stefano Torossi

     28 dicembre 2015

    EMOZIONI E MARMI ANTICHI


Santa Maria in Monterone

E' una minuscola chiesetta costruita fra l'anno mille e il millecento. Una chiesa nata povera: lo si capisce dalle colonne di scavo mezze scheggiate e malridotte, con capitelli diversi uno dall'altro. Insomma, messa insieme con quello che si trovava sottoterra nelle vicinanze, dopo che il meglio se l'erano portato via i più ricchi, o i più prepotenti.

Poi, verso fine seicento hanno rifatto la facciata (non sappiamo com'era in origine) e ci hanno costruito vicino il convento dei Redentoristi; il tutto in uno stile tra il barocchetto e il rococò, veramente carino ed elegante.

Se l'esterno è carino ed elegante, l'interno è rimasto austero e raccolto proprio per la dimensione intima e per la sua semplice povertà, che ci parla da sotto i pochi ornamenti barocchi.

Sull'altar maggiore una grande madonna di Pompeo Batoni, e alla sua sinistra un bello scheletrone seduto sul feretro, che regge un tondo con il ritratto del cardinal Durazzo, qui sepolto.

In questo ambiente serio ma non cupo; intimo ma non troppo chiesastico; povero ma non misero è andata in scena, il 13 dicembre, la sacra rappresentazione "Gesù secondo Maria", con due protagonisti, Maria: Rosa Di Brigida e Giovanni: Francesco d'Ascenzo. Una lettura intensa del bel testo di Rosa Di Brigida, che durante la recita ha servito il pane e il vino del sacrificio agli spettatori dei primi banchi, davanti all'altar maggiore decorato con costumi arcaici.

Sorpresa! A un certo punto avanza dalla balaustra nientemeno che Miranda Martino, la quale canta con la sua splendida voce, intatta malgrado l'età (che non diciamo trattandosi di una signora) i testi di Di Brigida e di Pasolini sulla linea melodica di famosissime canzoni napoletane ("O sole mio", "Era di maggio"...). Un effetto sorprendente e commovente, anche per l'accostamento del tutto inaspettato, ma per niente incongruo.

Dove si dimostra che, a prescindere dall'epoca e dalla geografia, se due cose sono belle stanno comunque bene insieme: Napoli e Nazareth; Gesù e Pasolini.

Come ha sottolineato a gran voce il disinvoltissimo parroco, don Ricci, il quale nei ringraziamenti dall'altare ha osato accostare la propria età (novant'anni) a quella della Martino. "Noi coetanei" ha detto.

Miranda si è giustamente risentita.


Marmi romani antichi

Questa sorprendente foto in bianco e nero, in realtà a colori, è una magnifica antica lastra di marmo romano (i veri colori sono appunto il nero del fondo e il bianco delle venature).

Tutto comincia il 9 dicembre con la presentazione del Manuale dei Marmi Romani Antichi di Francesco Crocenzi nello spazio delle Edizioni Gangemi.

Superato con eroica pazienza l'ostacolo impervio della chiacchierata introduttiva del marmista esperto, prof. Lorenzo Lazzarini che ha rischiato di ammazzarci con la sua eccessiva durata, la sua noia gommosa, le sue sonnolente interminabili pause (chissà perché certi argomenti devono capitare fra le mani di implacabili ancorché coltissimi rompiscatole), il libro ci ha provocato un immediato colpo di fulmine. E ce lo siamo fatto regalare per Natale.

E' un elenco completo, con indispensabili foto a colori, di tutti i tipi di marmi dell'antica Roma (circa ottocentosessanta) salvati dall'ignoranza e dall'avidità degli scavatori medievali, dalle calcare in cui venivano bruciati e dalle distruzioni dei primi cristiani (l'Isis dell'epoca). Recuperati, raccolti nei musei, e riutilizzati in chiese e palazzi della città, in modo da renderli per sempre visibili nei loro eccitanti colori e disegni da chiunque capisca e apprezzi.

Bene, col volume sottobraccio ci siamo concessi, il pomeriggio del 25 una pagana partecipazione alla messa di Natale nella chiesa di S. Maria dell'Anima. Rito nobilitato dall'orchestra e coro diretti dal Kapellmeister Flavio Colusso. Kapellmeister perché la chiesa è quella ufficiale dei tedeschi di Roma, ed è, ahimé, anche l'unica della città in cui si può ascoltare della buona musica invece degli squallidi coretti delle suorine con le chitarrine, accompagnate dai chierichetti coi bonghetti.

La chiesa è, come abbiamo raccontato tante volte, splendidamente restaurata, illuminata da perfette luci teatrali e impeccabilmente lustrata fino alla lapide più piccola, leggibile anche nei suoi caratteri minuscoli (pare che, finito il lavoro di pulizia delle suore, il parroco, un imponente barbuto monsignorone, si aggiri nottetempo passando il dito sulle cornici più alte per vedere se c'è ancora polvere, proprio come farebbe una perfetta padrona di casa).

Che piacere identificare i tanti tipi di marmo presenti, ricordare che sono tutti di recupero dai monumenti romani, fatto incontestabile perché all'epoca della costruzione della chiesa, delle cave originali si era persa completamente la traccia, immaginare quanto abbondanti dovevano essere questi marmi nell'epoca imperiale, tanto da poterci arredare, malgrado secoli di razzie, le duecento chiese di Roma, più tutti i suoi palazzi.

E soprattutto la felice caratteristica naturale del marmo: la sua indistruttibilità. Duemila anni dopo, le lastre di numidicum, phrygium, hierapoliticum sono ancora lì con i loro vivi colori. Mentre chissà quanti splendidi tessuti, quadri, mobili della stessa epoca sono scomparsi rosicchiati dai tarli o semplicemente polverizzati dal tempo.

Va bene, lo ammettiamo, la nostra è proprio una fissazione, ma che piacere...



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Il mondo a 45 giri

Post n°358 pubblicato il 21 Dicembre 2015 da torossis

 

  IL CAVALIER SERPENTE

   Perfidie di Stefano Torossi

   21 dicembre 2015

   IL MONDO A 45 GIRI


La Rai salvata dal Barbarossa

Non si tratta naturalmente del terribile condottiero dell'anno Mille, ma del meno terribile e molto più simpatico Luca Barbarossa, cantautore, e ora conduttore (e non condottiero), il 17 e 18 dicembre su RaiTre, di "Il mondo a 45 giri", la storia della RCA, casa editrice e discografica, ma soprattutto incubatrice della musica italiana dagli anni 60 fino a fine secolo.

Perché queste quattro ore in prima serata, su una storia che fa parte del nostro passato, avevano bisogno di essere salvate dal Barbarossa?

La regia. Tutta colpa della regia. Banale, ripetitiva, vecchia, senza un guizzo di fantasia; eppure l'argomento era vivacissimo e la possibilità di sfruttare le doti dei personaggi stuzzicante.

Lo si è visto quando, per esempio, Rita Pavone si è impadronita della scena e l'ha tenuta benissimo, facendo rinascere dal rospo di oggi la geniale ragazzina terribile di ieri.

E con Shel Shapiro, vecchio professionista della scuola inglese, con dalla sua anche il vantaggio di apparire (come è) un garbato anziano signore con i capelli lunghi, e non un alieno gonfiato dal botox.

Lo stesso con Edoardo Vianello, capelli un po' meno abbondanti di Shel, ma voce tagliente e intonazione impeccabile, arguto dispensatore di  aneddoti d'epoca. Particolare quello raccontato insieme a Maurizio Catalano, fondatore dei Flippers, storico gruppo pop con cui Vianello aveva inciso "I Watussi". Si narra che fra i due era nata una scommessa. I Flippers, scettici sul successo del paraponziponzipò sugli altissimi negri, avevano preteso da Vianello la promessa di versare una lira per ogni disco venduto, se questo fosse rimasto sotto il milione di copie (era l'epoca beata in cui le vendite dei quarantacinque giri si contavano a milioni), ma si impegnavano a fare il contrario in caso il milione fosse superato. Così fu, e l'indomani della chiusura dei conti, i cinque del complesso si presentarono sul campo di calcio dietro gli stabilimenti della RCA, dove, davanti a fonici e artisti avvenne la solenne consegna a Edoardo di una valigia piena di banconote.

Variegata la casistica degli ospiti e del loro look.

La donna-gatto mutante arrivata da un altro pianeta: Patti Pravo.

Una vecchia signora coi capelli tinti: Cocciante.

Uno antipaticissimo. Qui non c'è bisogno di fare nomi, basta la divisa da portuale malvestito e nello stesso tempo l'aria supponente. Due scelte che certo non donano a un signore di ottant'anni (peraltro autore di canzoni magnifiche). Indovinato?

La macchietta: uno con un accento inglese talmente accentuato (ops!) da sembrare una caricatura. A questo punto abbiamo particolarmente apprezzato la garbata presa per i fondelli di Mal dei Primitives fatta da Luca.

Inevitabile la commemorazione e la commozione cimiteriale, trattandosi di una storia cominciata quasi sessant'anni fa. Lo sapevamo, eppure ci ha addolorato risalutare, purtroppo poco aiutati dagli scarsi filmati d'epoca, gli amici che ci hanno preceduto (queste rievocazioni ci ripresentano in continuazione la Nera Signora, lì in agguato, che sta aspettando anche noi). E sono tanti: Dalla, Endrigo, Fontana, Bardotti, Greco, Micocci, l'ingegnere fonico Patrignani...a proposito, perché per i fonici, che, come sanno tutti quelli che hanno messo piede in sala di registrazione, sono quasi più importanti degli artisti, neanche una parola in quattro ore?

A questo punto è nostro obbligo morale manifestare i seguenti ulteriori appunti alla regia.

Le luci: neanche un'idea, sarebbe da dire un lampo di inventiva. Sempre uguali.

I movimenti delle telecamere: nella più gloriosa tradizione di quando ce n'era una, al massimo due in studio. Limitati, prevedibili e banali.

Il montaggio delle immagini: mai un guizzo o una trovata. In sequenza, come la lista della spesa.

La ripresa sonora (e qui, c'è proprio da stupirci, dato che ci troviamo nella sala di un famoso studio di registrazione professionale) piatta; nessuna nozione che esistono i piani per distanziare strumento da strumento, e tutti dalla voce.

A questo punto però è opportuna una smentita. Nessuna trovata, abbiamo detto. Invece una trovata c'è, e per chi nel pubblico televisivo rischia di non capirla, ripetuta in abbondanza.

Ogni volta che la telecamera inquadra il gruppo dal vivo, i cantanti dal vivo, qualche movimento dal vivo, ecco che in primissimo piano, a riempire lo schermo appare e ritorna, zoom  avanti, zoom indietro, a destra, a sinistra, una scatola bianca illuminata con la scritta "ON AIR". Abbiamo capito che siamo dal vivo. Niente. Ripetizione identica pochi secondi dopo. All'infinito.


Perché il Barbarossa salvatore? Perché Luca, benedetto dalla fortuna che gli ha dato una sottile ironia, un costante understatement, la capacità di intervenire con garbo per neutralizzare i troppo pedanti, o i troppo narcisi, un bell'aspetto, una sommessa parlata, qualche volta anche romanesca, ma soprattutto una leggerezza in tutto quello che fa e dice, ha saggiamente utilizzato queste doti naturali (per altro, e si vede, sviluppate con studio intelligente e pratica costante) a nostro vantaggio. Anzi, diremmo addirittura in nostra difesa.

Beninteso, dopo avere allentato il freno a mano rappresentato da quella bionda stagionata che lo affianca all'inizio e negli stacchi girati a bordo di un una bella vecchia automobile dell'epoca.

Parliamo di Gloria Guida, una presenza davvero superflua.

Per metterci al livello delle trovate di regia, potremmo osare la battuta: perché lei in macchina con Luca? Perché si chiama Guida. Capito? L'auto, il volante, Guida...

Pura scemenza, la nostra, o vera fantascienza?



                                        


 

 
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Una carogna di talento

Post n°357 pubblicato il 14 Dicembre 2015 da torossis

 

  IL CAVALIER SERPENTE

   Perfidie di Stefano Torossi

   14 dicembre 2015

  UNA CAROGNA DI TALENTO


 Una carogna di talento.

A tutti è capitato di gustare una buona musica, un bel film, un ottimo libro, e poi, dopo averne incontrato l'autore essere costretti ad ammettere che forse era meglio di no; perché se l'opera è buona, non sempre lo è anche lo spirito del suo creatore.

Sarà pure un'ingiustizia divina, ma il talento è una cosa a sé, e cresce spesso su un terreno concimato di stupidità o di cattiveria. Un po' come un fiore che per farlo bello serve un po' di letame.

Anche noi ne abbiamo conosciuti, che prendono in mano un violino, un pennello, una matita, e diventano angeli soprannaturali. Poi lo posano, e rientrano nella loro umana dimensione di mascalzoni, avari, imbroglioni. O di semplici imbecilli. E qui ci fermiamo per non esaurire la lista dei difetti capitali.

Un eccellente esemplare di questa categoria pare che fosse la buonanima di Salvatore Quasimodo, poeta sommo e premio Nobel. Certo non un simpaticone, come si intuisce anche dall'espressione nella foto.

La notizia ci è stata servita a pag. 41 di Repubblica del 30 novembre.

In un articolo, il figlio del genio, Alessandro, attore e regista (condannato a una specie di inferno dalla continua richiesta di riproporre le opere dell'odiato padre), confessa di aver deciso, come abbiamo letto nella recente cronaca, di mettere all'asta la medaglia Nobel di Quasimodo senior, e di averlo fatto  "non per soldi, ma per gelosia".

E poi, avanti con il racconto di una sfilza di carognate familiari, anche queste da Nobel.

Eccone alcune, notevoli, tirate giù pari pari dall'articolo: i sei aborti a cui fu costretta la povera moglie, la poetessa Maria Cumani; l'ultimo quando il piccolo Alessandro, che aveva undici anni, sentì il padre che diceva alla madre: "Devi scegliere, o me o il bambino".

Poi le continue minacce a lui, studente, se non lo promuovevano, di mandarlo a fare l'operaio. E il dispiacere di non vederlo quasi mai: classico genitore assente.

Per ultima l'elegante e garbata decisione di andare "alla cerimonia di Stoccolma, quella della consegna del Nobel, con la sua amante, lasciando a casa me e mia madre, che invece eravamo stati invitati".

L'articolo si chiude con uno sconsolato "No, non è stato un buon padre. Ma rimarrà per sempre un grande poeta".

"Ognuno sta solo sul cuor della terra / trafitto da un raggio di sole:/ ed è subito sera". Davvero una delle sintesi più sublimi della condizione umana.

Non c'è che dire: una carogna di talento.

 

 "Perché Gesù non ha difeso gli animali?"

Irresistibilmente attratti dal titolo di questo incontro, il 3 dicembre ci precipitiamo all'AV/VA, Associazione Vegetariana/Vegana Animalista.

Si sprofonda in uno scantinato ripido dove le sedie ci accolgono (a proposito di terrorismo, solo ideologico per fortuna, e meno pericoloso per noi infedeli) occupate da biglietti minacciosi: "L'uso dei medicinali e dei cibi cotti ha ucciso più gente che le guerre", e altre simili baggianate.

Qui, carognate niente, ma confusione mentale molta.

Il pubblico di vecchiette esaltate, rasta mansueti e altri strani personaggi pende dalle labbra del carismatico conduttore dell'incontro, il quale esordisce dichiarandosi più che certo che Cristo fosse vegetariano, anzi, addirittura pitagorico, sulla base di una ovviamente incontrollabile notizia. Cioè che i pitagorici della Magna Grecia si riunivano nel "sissizio", il pasto vegetariano in comune. Il nesso? Mah.

Allora, se Gesù era vegetariano, perché non ha, appunto, difeso gli animali? Beh, la spiegazione fornita è che lo ha fatto, ma i passi dei vangeli in cui si parlava del suo amore per le bestie sono stati manomessi in seguito, cancellando la notizia. Anche qui, mah?

E così via, giù per una china scivolosa, fino a ipotesi cervellotiche e dimostrazioni fantasiose sulle diaboliche mutazioni fisiche e caratteriali che spuntano, accompagnate praticamente da tutte le malattie conosciute, sulla cartella clinica di chi mangia carne, pesce, uova.

Mentre chi si limita ai vegetali è bello, buono e sano.

Naturalmente noi siamo del parere che, a tavola, ognuno è padrone (sempre con cervello e stomaco strettamente collegati). Però questo estremismo gastronomico ci fa l'effetto del niente sale nel piatto (carne o verdura che sia). Ammazza il gusto della mensa, e quindi del sociale.

Ci perdoneranno i nostri amici vegetariani?


Alzheimer (nessun nesso con la notizia precedente)

E' un problema su cui si legge sempre di più negli ultimi tempi. Per forza, visto che, siccome non moriamo più di malattie infantili, sono venute fuori quelle senili. Ma la cosa buona è che, oltre a parlarne, pare che si cominci anche a trovare qualche cura. Una miniera d'oro per le case farmaceutiche e una speranza per tutti.

Comunque a noi non interessa: noi siamo a posto e perfettamente sani. Effettivamente per gli altri può essere un guaio, perché fa dimenticare tutto...ma, veramente, come dicevamo...come dicevamo?...ah, sì: l'Alz...fa dimenticare...ma che ora è? Dobbiamo tornare a casa, eh, ma l'indirizzo...e poi, come ci si arriva?...aiuto!



                                         

 
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Si sa, siamo a Roma...

Post n°356 pubblicato il 06 Dicembre 2015 da torossis

 

IL CAVALIER SERPENTE

 Perfidie di Stefano Torossi

7 dicembre 2015

    SI SA, SIAMO A ROMA...



27 novembre, Centro Islamico alla Grande Moschea di Roma. Convegno della Fondazione Ducci: Geostrategie Europee nel Nord Africa e nel Medio Oriente. Presenti diplomatici arabi e africani e senatori nostrani. La città annaspa in un clima di emergenza attentati. Polizia e sirene dappertutto.

In macchina portiamo una piccola troupe di amici che devono filmare l'evento. E con loro naturalmente c'è l'attrezzatura: un cavalletto nel suo fodero, che potrebbe benissimo essere un bazooka carico, una valigia con macchina da presa e obiettivi, così grande da contenere una bomba atomica. Più varie borse, sacchi e sacchetti.

Pattuglione della polizia all'ingresso della moschea. "Dove andate?" "A filmare il convegno" "Vi aspettano?" "Si" "Va bene, andate, andate". Ai bagagli, neanche un'occhiata. Ecco, queste sono le imponenti misure di sicurezza. Si sa, siamo a Roma...

Nel cortile della Moschea, magniloquente architettura di Paolo Portoghesi, una bella sequenza di vasche collegate da canaletti scavati nel travertino del pavimento. Evidente un richiamo all'Alhambra di Granada. L'acqua scende da una cascatella al centro della scalinata, e scorre lungo i canaletti per riempire le vasche. Scende? Scorre? Dovrebbe, ma c'è un problema: manca l'acqua. Si sa, siamo a Roma...


Segnali stradali

TG su fatti di cronaca in Francia, in USA, in Germania. Nelle riprese di strade e piazze, c'è sempre qualche angolo di inquadratura con il suo bravo segnale di divieto di sosta o di senso unico, sempre perfettamente pulito e leggibile (certo, colpiti dalle sparatorie o dalla efferatezza dei delitti non ci si fa tanto caso, ma rivedendo...).

Da noi, invece, per fortuna le sparatorie e gli attentati non ci sono ancora stati, forse perché, si sa, siamo a Roma...E con le nostre indicazioni così chiare e pulite, i terroristi, al bersaglio non riuscirebbero neanche ad avvicinarsi.


Gioventù Italiana del Littorio

Su Via Parco del Celio, una stradina molto panoramica con vista sul Colosseo, riservata ai tram, dove, rischiando un po', si può anche passeggiare, si affaccia un bell'edificio in stile razionalista appena restaurato. Non siamo riusciti a sapere a cosa è destinato. Fatto sta che sulla facciata risplende, fresca di vernice e perfettamente leggibile, tanto che sembra (e forse è) fatta ieri, una scritta che dice: Gioventù Italiana del Littorio.

Si sa, come luogo siamo a Roma...ma come data pensavamo di essere nel 2015, e non nel 1938. O no?



                                        




 

 
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