di tanto tempo fa
Questo è il titolo di una lettera pubblicata su Repubblica di oggi, a pag. 20, a firma Massimo Lenza, Mestre. A parte che condivido la lettera al 1000 % , ma sono doppiamente orgogliosa della cosa, perché Massimo Lenza è il mio carissimo amico mr Jones!
Se fossi a casa scansionerei l'articolo e lo metterei in immagine, ma sono in montagna e non ho lo scanner, sicché lo ricopio, perché merita di essere letto.
Bravo, mr, bella penna! Te lo dice una che ancora insegna le Alpi "macongranpena".
Totò, ricordi?, diceva in 'Miseria e nobiltà' 'Se avete dei figliuoli, non li mandate a scuola! Viva l'ignoranza!' A lui che sapeva leggere e scrivere servivano gli ignoranti...così mi pare facciano da un trentennio i nuovi sapienti...La cosa più grave in tutto questo è che, proprio perché sponsorizzata dal potere che in essa trova linfa e voti, trattasi spesso di ignoranza arrogante, spocchiosa e stupida: un cocktail terribile! I miei genitori erano ignoranti, nel senso che ignoravano, ma proprio per questo volevano che io non lo fossi. Avevano capito che la vera libertà è nella conoscenza, ossia non erano stupidi, quindi non erano manovrabili. Quelli di oggi che denunciano al Tar gli insegnanti pensano che la vera libertà sia nella carta bollata e nell' affermazione di diritti vuoti di doveri ma forti di appoggi ...sì, è cambiato in peggio, il mondo. Però io continuo ad insegnarle, le Alpi "macongranpena" e le tabelline a memoria e i verbi a memoria e la grammatica italiana. Almeno non sarò complice di questa deriva...
Ciao, Max!
'Prendo spunto dalla lettera della signora Sylvia Sestini di Siena che è disperata per la pochezza dei suoi allievi del primo anno di università.
Ho 48 anni e faccio il cronista in una TV regionale del Veneto. I miei colleghi più giovani , diciamo tra i 25 e i 35 anni, mi prendono in giro perché ricordo i fiumi, la pianura e la montagna principale della Sardegna; gli affluenti del Po, le Alpi "macongranpena" e così via. Ricordo ancora il teorema di Pitagora pur essendo stato un pessimo studente di matematica e in genere uno studente che studiava poco ( ho fatto la maturità nel 78, per capirci). Ricordo anche le equivalenze, per restare in tema con la lettera della signora Sestini. Forse perché alle elementari e alle medie ho avuto insegnanti che pensavano che il loro compito fosse farci studiare, e quindi anche imparare cose che sembravano inutili. Insegnanti che ti davano anche 3 nel compito di matematica e 2 in latino se era il caso. E quando questo accadeva i genitori non ricorrevano al Tar, e nemmeno aspettavano l'insegnante fuori della scuola per riempirlo di mazzate. In genere gli "schiaffoni" o, nella migliore delle ipotesi, le urlate, erano riservate a noi studenti poco studiosi.
L'inglese, che conosco abbastanza bene, lo devo soprattutto all'insegnante delle medie inferiori, che veniva in classe con un austero grembiule nero. E conservo, ancora come una reliquia, il libro Garzanti della lingua italiana, che era quello adottato dalla mia insegnante di italiano, storia e geografia delle medie inferiori ( facendo il cronista penso che scrivere in un italiano decente sia il minimo che debba fare uno che cerca di farsi leggere o ascoltare dagli altri, ma in realtà, oggi come si scrive, è da molti ritenuto superfluo o comunque non così importante).
Mio padre, che di anni ne ha 80, ricorda ancora con orrore la sua maturità classica fatta su tutte le materie del triennio, ma ancora adesso è in grado di argomentare efficacemente su frasi latine e greche.
Poi, fra la fine degli anni 60 e 70 ci sono stati mucchi di personaggi di ogni tipo che volevano cambiare il mondo , prendendosi maledettamente sul serio. Purtroppo ci sono riusciti. Oggi molta di quella gente è classe dirigente e promuove, nei posti che una volta si chiamavano di sottogoverno, i più stupidi. Stupidi ma fidati. A destra come a sinistra. E i risultati si vedono. Anche io speravo, con tanti come me, e molti migliori di me, di fare delle cose, anche piccole, per cambiare il mondo. Ma non in peggio.
Massimo Lenza - Mestre
La soluzione è, prima di inviare, di evidenziare e copiare, così nel caso si incolla di nuovo ed è fatta.
Se ti va, caro/a anonimo/a riscrivi: mi piacerebbe leggere.
Ripensaci, e riscrivi dai...almeno scrivi chi sei, se proprio non ti va di scrivere messaggi lunghi!
Insomma, quel che intendo dire io, è che si è passati da una cultura forse troppo nozionistica ad una cultura vuota di strutture ed ecco l'impoverimento della conoscenza, che è fatta anche di strutture, vivaddio, sennò scriveremmo tutti in una nostra lingua personale, torneremmo ai calcoli con le misure empiriche e via così!
Questo svuotamento causa a sua volta una classe dirigente con una cultura carente di contenuti su cui costruire poi la propria cultura e quindi la difficoltà di fare scelte illuminate: illuminate da cosa, se mancano le basi?
Mi scuso se il discorso è contorto, ma ho due limiti: il primo è personale ( collegamento via cellulare con limiti di tempo e di linea e tastiera del portatile con cui ancora non sono entrata in confidenza), il secondo è tecnico ( pochi 30.000 caratteri per dire tutto quel che penso).
Ma avremo modo di ritornarci, sono sicura!
Il discorso sulla scuola è lungo e coinvolge tutti, tutti hanno responsabilità: la scuola che non prepara all'insegnamento, noi insegnanti che non sempre ci aggiorniamo, anzi spesso ci arrocchiamo nelle nostre posizioni e nel nostro 'sapere' senza smuoverci, convinti che ciò che sappiamo basta, la società che ha della scuola un'opinione negativa, i mutamenti culturali, che hanno messo al centro della conoscenza non i contenuti ma il percorso effettuato, sicché anche un bambino che ha imparato solo le vocali va promosso perché ha imparato qualcosa...insomma è un bel dilemma, mia cara!
Sì, ne riparleremo!
Cima
Io credo che dovremmo tutti smettere di lagnarci dello stipendio che prendiamo, nel senso che passare la vita a confrontarci con gli altri è sterile e dannoso per tutti.
Se tutti noi facessimo il nostro dovere - e non dico per passione, ché non tutti sono fortunati a fare il lavoro che sognavano - ma semplicemente perché vengono pagati (male? pazienza, lottiamo perché questo stato di cose cambi, ma non facciamo ricadere le colpe sull'utenza, in questo caso sugli alunni!).
E poi tutta la società, genitori in primis, dovrebbero sostenere la scuola e gli insegnanti, e non togliergli il terreno da sotto i piedi e minare la loro autorità. Ma l'autorità è anche una conquista, no?
Sperando di non aver detto cose sconvenienti a casa tua... ti lascio con un grandissimo bacio.
Cima
Una è l'autorità; l'ho già detto da qualche parte: a scuola serve autorevolezza, non autorità. Ma da soli non ce la facciamo: se io dico ad un genitore 'Guardi che il bimbo non fa i compiti' e lui mi risponde 'Non è vero!' noinostante io gli dimostri che ho ragione e poi va a casa e dice 'Quella 'a maesta è pazza, nun 'a penzà!' è difficile per me maestra essere autorevole col bimbo.
L'altra è lo stipendio: bada bene, io non mi lamento, ma oggi vale chi viene pagato. E quindi nella società la scuola ha il valore che le dà la parcella: una miseria. Da qui la possibilità per il genitore di dire al figlio 'Nun 'a dà retta!' Capisci?
Kisses!
I parte.
Ci riprovo, caso mai salvo prima di inviare.
Hai ragione: autorevolezza, non autorità (magari quella la lasciamo al preside, magari...).
Per quanto riguarda la collaborazione dei genitori mi trovi completamente d'accordo, come credo di avere scritto nel precedente commento.
Ricordo ancora quando mio padre disse al professore di filosofia Professore, se serve qualche scapaccione accomodatevi pure..., e io non ne avevo certo bisogno.
Ma erano altri tempi, quelli. Tempi in cui il rispetto dei genitori verso gli insegnanti era dovuto - oltre che a un tipo di società più lineare - anche alla profonda differenza di cultura che esisteva. Anche insegnare era più facile: non che non esistessero contestazioni, anzi, ma la formazione di quegli insegnanti forniva loro molte certezze (magari fallaci) e pochi dubbi.
Oggi è molto più difficile insegnare, ma anche fare l'avvocato, il commercialista, il bancario. È tutta la società che è cambiata, e sono in pochi, oggi, quelli che subiscono angherie senza protestare. Erano i tempi in cui l'unico a protestare si chiamava Alberto Bertuzzi e non c'erano le associazioni dei consumatori.
Oggi tutti abbiamo più diritti, eppure siamo scontenti, senza sicurezze, non sappiamo più cosa vogliamo. È un mondo pieno di dubbi, in cui tutti vogliamo essere titolari di diritti, anche se fondamentalmente l'unico diritto che ci viene riconosciuto è quello di consumare.
È più facile operare in un mondo pieno di certezze, ma è anche più facile vedere calpestati i propri diritti.
Lo stipendio. Nota dolente, dolentissima.
È vero, quando sono stato assunto, ventuno anni fa, guadagnavo più o meno come mia madre, insegnante di media anzianità.
Ricordo le discussioni - in realtà blateravo da solo, mia madre sopportava pazientemente - sull'orario di lavoro, le ferie e tutte le banalità che si sfoderano in questi casi e che voi insegnanti conoscete benissimo.
Cazzate, me ne rendo conto, ma un fondo di verità ce l'avevano se all'insegnamento - quando di lavoro ce n'era più o meno in abbondanza - si accostavano di più le donne, in una visione mamma-casa-figli.
Il papà di Cima ci credeva, tanto è vero che dava carta bianca al professore. Qui non si dice che era giusto così, ma che non si deve passare all'estremo opposto.
Comunque Cima se vorrà spiegherà poi egli stesso meglio di me cosa intendeva.
Il presente ha sconvolto anche questa visione tranquillizzante della vita (meno male!). Di lavoro ce n'è poco, all'insegnamento si accosta chiunque, anche chi non è portato, e gli stipendi sono rimasti più o meno uguali.
Ma la rivoluzione, nel campo del salario, l'ha fatta il privato. Oggi un neo assunto nella mia azienda difficilmente riuscirà a guadagnare quello che guadagno io, a parità di responsabilità e riguardo alla parte fissa. Certo, c'è la parte variabile, quella legata ai risultati - che in qualche caso può essere davvero interessante -, ma questa esiste anche nell'insegnamento, ridicola a quanto ricordo e attribuita in maniera a volte fantasiosa.
Il futuro di tutti noi forse è proprio lì: chi acquisterà beni e servizi se gli stipendi sono incerti, variabili? E poi c'è la casa e poi la pensione e magari una polizza sanitaria integrativa e ci vorrebbe pure essere un salvadanaio per gli studi dei piccerilli.
Allora io dico questo: lottiamo tutti insieme affinché i lavoratori tutti siano adeguatamente retribuiti e con contratti che rispettino la persona e la possibilità di un progetto di vita.
Ma poi lavoriamo seriamente, ché la professionalità non la si vede dallo stipendio e non c'è nessun cliente che non la riconosca quando la vede.
Scusa il pippone, speriamo che arrivi (in ogni caso l'ho salvato).
Cima
P.S. finire questo tristerrimo commento con Prince che ulula Purple rain nelle orecchie è davvero il massimo... :-)
Cima
Condivido tutto, ma proprio tutto tutto tutto, a partire dalla serietà di impegno nel lavorare, soprattutto in un 'mestiere' come il mio in cui ho tra le mani il futuro.
E non fa niente se per noi l'incentivazione è un'elemosina; nella mia scuola è abbastanza consistente ed equamente distribuita , non a caso sono RSU, e arriviamo, di norma , a poco più di 300 euro l'anno. Prendono di più le funzioni strumentali, ma sono in numero limitato (da me siamo in 5) debbono avere competenze specifiche e fanno lavori codificati: io sono una funzione strumentale e, oltre a occuparmi dell'accoglienza per docenti neoassunti e per genitori e alunni, nonché della pianificazione della formazione dei docenti, sono la webmaster del sito della scuola e, oltre ad averlo materialmente fatto, ho lavorato all'hosting e lo aggiorno coi materiali che mi girano i colleghi. Ecco, per questa attività ho percepito una buona somma, circa 1000 euro ( annuali sempre, eh!) Certo, se pensi che un'agenzia per un sito con solo 250 Mb di spazio e 5 caselle mail ( il nostro ha spazio e caselle mail illimitati ) ci ha chiesto 1400 euro più 700 euro l'anno per l'aggiornamento, vedrai che comunque il paragone non si può fare, però io sono contenta di fare queste cose che mi piacciono per la mia scuola e mi basta quel che mi danno.
L'unica cosa che non condivido con te è il sottofondo musicale: io non sto sentendo Prince ma the Boss che canta 'Dancing in the dark'...per la serie anche se siamo d'accordo la situazione la vedo nera comunque...
Cima
Ma stiamo commentando un blog, su, che ci incazziamo a fare.
Vediamo cosa ho scritto?
"Professore, se serve qualche scapaccione accomodatevi pure..." Allora, mio padre e il professore si conoscevano da ragazzi e il messaggio - nemmeno tanto nascosto, ma espresso in una forma di rispettosa separazione dei ruoli (eravamo nel 1976) - era: "Gioacchi' (così si chiamava il professore), so che sono in buone mani...".
"Ma erano altri tempi, quelli. Tempi in cui il rispetto dei genitori verso gli insegnanti era dovuto ... anche alla profonda differenza di cultura che esisteva"
E che facciamo, gli togliamo il secondo pezzo? Non credi che nasconderlo cambi totalmente il senso della frase?
Io stavo solo cercando di fornire una spiegazione di perché in quegli anni i genitori fossero molto solidali con gli insegnanti. E non dico che fosse necessariamente un bene, ma ho solo cercato di spiegare le dinamiche.
E poi ho scritto in un inciso "meno male!" quando mi riferivo alla visione più o meno tranquillizzante (ma per chi?) della vita a quei tempi.
Che poi alla fine è chiaro che il rispetto (ma usa pure il sentimento che preferisci) vada conquistato giorno per giorno; ma è difficile quando il preside, un giudice, il sindacato e alla fine i genitori ti considerano spesso solo un punto della retta che porta alla promozione del pargolo.
Detto questo, io oggi non direi mai a un professore quello che disse mio padre, ma ti assicuro che qualche volta mi sono trovato a giustificare una maestra di mio figlio - ai suoi occhi, pur se evidentemente stanca di insegnare - perché ho pensato così facendo le avrei dato maggior credito agli occhi di mio figlio. Ma non sono mica sicuro di aver fatto bene...
Credo che con queste precisazioni venga meno tutto lo sdegno che hai messo nei tuoi commenti; almeno spero.
Altrimenti, che dirti: la vita è bella, eccetera eccetera
Cima