Novembre 2018: Marianne Faithfull – BROKEN ENGLISH (1979)

Broken english

 

Data di pubblicazione: Ottobre 1979
Registrato a: Matrix Studios (Londra)
Produttore: Mark Miller Mundy
Formazione: Marianne Faithfull (voce), Barry Reynolds (chitarre), Joe Mavety (chitarre), Steve York (basso), Terry Stannard (batteria), Diane Birch (cori), Frankie Collins (sassofono), Jim Cuomo (sassofono), Isabella Dulaney (cori), Guy Humphries (chitarre), Morris Pert (percussioni), Darryl Way (violino), Steve Winwood (tastiere)

 

Lato A

 

                        Broken english
                        Witches’ song
                        Brain drain
                        Guilt
 

Lato B

 

                        The ballad of Lucy Jordan
                        What’s the hurry
                        Working class hero
                        Why’d ya do it?
 

Smiling faces I can see, but not for me,
I set and watch as tears go by

 

La tormentata storia d’amore tra Mick Jagger e Marianne Faithfull finì quasi in tragedia, con l’angelica Marianne che tentò il suicidio, rimanendo in coma per quasi otto giorni sospesa tra la vita e la morte, e tutto un corredo di sconcezze che, tra leggenda e realtà, le sono state affibbiate addosso (compresa una storia del tutto surreale avente come protagonista una barretta Mars). La decantata bellezza di As tears go by, scritta da Mick Jagger per Marianne, e in un primo momento scartata dai Rolling Stones a favore della fidanzatina, in effetti esprime tutta una tristezza che solo quegli occhi tanto belli quanto tristi potevano aver vissuto. Per tanto tempo Marianne Faithfull continuerà a godere dello scomodo appellativo di “Lady Jagger”, come anche per tanto tempo le circostanze che videro la morte di Jim Morrison a Parigi, vedranno anche lei come amante di quel misterioso conte che procurò la dose fatale di eroina che uccise il Re Lucertola.
Ma Marianne Faithfull col tempo non solo ha saputo sapientemente scrollarsi di dosso questi inutili cliché, ma ha dato prova di saper riprendere in mano la propria vita esprimendosi come una delle donne più importanti e mature del rock. Per certi aspetti Marianne Faithfull ha saputo scrivere pagine talmente importanti nella storia del rock, da fare persino invidia al suo ex compagno.
E una delle pagine più belle e più importanti è appunto Broken english, uno dei suoi capolavori assoluti, e per certi versi precursore della vena femminile nel campo della new wave britannica. La Faithfull di questo disco non è più la bambolina dei giganti del rock’n’roll, musa e nello stesso tempo vittima, ma l’interlocutrice adulta e matura di una dimensione musicale che andava cambiando pelle e linguaggio. La Faithfull di Broken english strizza l’occhio ai Fleetwood Mac di Rumors più che agli Stones di Some girls, e amoreggia con le atmosfere dark di Manchester più che con le droghe e gli eccessi del rock’n’roll. Ma soprattutto la Faithfull di Broken english è una splendida signora che risorge, come l’araba fenice, dalle proprie ceneri. Ciò che non uccide fortifica, si dice. Ebbene, in questo disco, Marianne Faithfull splendeva di luce propria, e di un fascino sempre oscuro ma mai oscurato, come anche nella bellissima copertina, con il mozzicone della sigaretta ad illuminare il blu elettrico e il volto nascosto dal braccio.
Il disco per l’appunto si apre con una title-track di elettronico e sintetico sapore, e con l’invettiva verso le cordate terroristiche che spaventavano l’Europa in quel periodo, contrapponendo una domanda secca e seccata quale “What are you fighting for?”. Si procede l’acustica e spettrale bellezza di Witches song, mentre il particolare intrecciarsi delle chitarre sostiene la ruvida melodia meccanica di Brain drain, e chiude il primo lato l’afflato sintetico di Guilt.
Il lato B si apre con la robotica rivistazione di The ballad of Lucy Jordan dei Dr. Hook & The Medicine Show, quasi incrociando l’Iggy Pop dei giorni di The idiot, procedendo con il boogie-disco sintetico di What’s the hurry, e una rilettura stralunata di Working class hero di John Lennon, a metà tra new wave e reggae, chiudendo con la robusta e punkeggiante Why’d ya do it? sposando il reggae bianco dei Police e di Eric Clapton solista con le atmosfere dark della nuova ondata sonora, su un testo che esprimeva insoddisfazione e porcate.
La Marianne Faithfull di questo disco non è una sacerdotessa del rock o un’icona pop, ma avrà il merito di coniugare assieme l’afflato maledetto di Patti Smith e anticipare le provocazioni sboccate di Madonna con una personalità nello stesso tempo eccentrica ed austera come solo pochi possono permettersi. Il resto della sua carriera sarà imbastita nella ricerca di una musica che non si ferma davanti a niente, divenendo modello per le donne del rock (PJ Harvey uno degli esempi più calzanti di discepole indefesse), fino ad esprimersi con sacrale compostezza nel live registrato nella Cattedrale di Sant’Anna di Brooklyn. Araba fenice appunto di un’anima gentile e nello stesso tempo sregolata che ha dato, vivendo in primissima persona drammi e risalite, passioni e amori, con conturbante femminilità, con le sue lacrime!

 

Broken english, dolorante e con aria di sfida viva, sanguina ancora, come se fosse stato tagliato ieri!
(Lindsay Zoladz)

Novembre 2018: Marianne Faithfull – BROKEN ENGLISH (1979)ultima modifica: 2018-11-05T17:12:26+01:00da pierrovox

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