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“MANI SEGRETE” E “WHY NOT” UN SOLO FILONE

Post n°244 pubblicato il 14 Ottobre 2009 da zmblog
 

“MANI SEGRETE”  E  “WHY NOT”  UN SOLO FILONE

L’affettuosa amicizia tra ‘ndrangheta e massoneria

Agostino Cordova, procuratore di Palmi, tentò di districarsi tra gli intrecci tessuti dalle logge massoniche. Tra molte difficoltà raccolse molto materiale che gli sarebbe servito a dimostrare l’esistenza di un rapporto vincolante tra ‘ndrangheta e politica. Il procuratore riuscì a porre sotto sequestro il computer del Grande Oriente d’Italia contenente l’archivio elettronico di tutte le logge massoniche italiane.
L’inchiesta si allargò fino a produrre circa 800 faldoni e sottoporre ad indagine più di sessanta persone.
La maxi inchiesta di Cordova coinvolse influenti personaggi dell’imprenditoria, della finanza, della politica e della stessa magistratura, anche non strettamente calabrese.
Furono trovate tracce di alcuni grossi scandali come quello legato al traffico di rifiuti tossici, del commercio illegale di armi, degli appalti, fino ad arrivare a sospettare di un traffico di uranio con l’ex Unione Sovietica.
Dopo circa due anni di indagini, nel 1994, l’inchiesta fu tolta dalle mani di Agostino Cordova e  trasferita alla Procura di Roma, dove rimase a prendere polvere fino al 3 luglio 2000 quando il giudice per le indagini preliminari Augusta Iannini, moglie di Bruno Vespa, accolse la richiesta di archiviazione dell’inchiesta dichiarando il “non luogo a procedere nell’azione penale per 64 indagati ritenuti appartenenti alla massoneria”.
Tra le varie accuse in seguito mosse ad Agostino Cordova  c’è anche quella di aver raccolto una documentazione definita “abnorme”, in altre parole di aver lavorato troppo. Negli anni Novanta, in Italia, c’erano 146 massoni indagati per mafia e reati politici, 83 dei quali accusati anche di riciclaggio. Fra gli iscritti alle logge figuravano però anche diversi poliziotti e carabinieri, accusati da Cordova di impedire le indagini.

Diversi anni dopo, negli atti di «Why Not» del P.M. Luigi De Magistris, i cui faldoni sono stati oggetto di varie peripezie, prima sequestrati dalla procura di Salerno e in seguito risequestrati dalla procura di Catanzaro, si ipotizza ci siano le prove della riorganizzazione di una “nuova loggia P2” partendo proprio dalle logge calabresi.
De Magistris, nel dicembre 2007, dichiarò alla Procura di Salerno  “le indagini Why Not stavano ricostruendo l’influenza di poteri occulti (…) in meccanismi vitali delle istituzioni repubblicane: in particolare stavo ricostruendo i contatti intrattenuti da Giancarlo Elia Valori, Luigi Bisignani (che dalle carte di Gelli risulterebbe l’affiliato alla loggia P2 tessera 203), Franco Bonferroni e ancora altri, e la loro influenza sul mondo bancario ed economico finanziario. Giancarlo Elia Valori pareva risultare ai vertici attuali della “massoneria contemporanea” e Valori s’è occupato spesso di lavori pubblici”.

Nell’inchiesta Why Not compaiono i nomi di politici, consulenti che operano ad alti livelli nelle istituzioni, finanzieri, un generale della Guardia di Finanza, magistrati, affaristi e alcuni uomini appartenenti ai servizi segreti, tutti massoni. I reati ipotizzati sarebbero quelli di associazione a delinquere, truffa aggravata ai danni della Ue e violazione della legge sulle società segrete.
L’indagine oggi pare essere giunta ad un punto morto e sembra che il suo destino debba essere il medesimo dell’inchiesta iniziata dal procuratore Cordova.

Cos’è cambiato da Cordova a De Magistris?

Semplicemente che molti dipendenti pubblici tra il 2001 e il 2007, con il sostegno di politici, affaristi e ‘ndranghetisti amici, hanno fatto carriera e il loro potere è aumentato.
Politica, affari e massoneria, dunque, ieri come oggi.
Non c’è da stupirsi se sono gli stessi membri delle logge calabresi appartenenti alla Gran Loggia Regolare d’Italia che affermano che spesse volte all’interno di alcune logge si sono manifestati comportamenti che non si è esitato definire illegali o illegittimi.
E’ il presidente della commissione parlamentare antimafia nella XV legislatura, Francesco Forgione, che parlando di ‘ndrangheta ebbe a dire: “La sua forza sta nell’alto livello di infiltrazione nella politica e nella presenza di un potere occulto come la massoneria che in Calabria ha una pervasività che non esiste in nessuna altra parte di Italia”.

Liberamente tratto da un articolo di Susanna Ambivero

 
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