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DA "EPISTULAE AD AMICAS"
Post n°27 pubblicato il 14 Marzo 2008 da gleopardi
A Silvia... ...adoro la grandezza che i tuoi occhi esprimono quando arrivo e quando vado via. Avverto la tua gioia, la tua amicizia. Amicizia: che parolona. Sono certo che si abusi troppo di questo termine. Ho imparato che gli amici, in generale, non contano un cazzo. Sono clessidra di cristallo: scandiscono il tempo che non c’è mai e basta un nulla per ridurli in frantumi. Amicizia è disponibilità e autenticità. Altra parola in via di estinzione. So che bisogna sempre parlare di dare, talvolta però si avverte proprio l’esigenza di ricevere. Ed è lì che mi accorgo di essere veramente solo. Solo e abbandonato. Perché l’amico non c’è. Non ha voglia. E’ stanco. E’ con la donna. E’ al cesso che caga. Guarda la tele. Gioca a pallone. Ha le mestruazioni. Si sta scaccolando. Ascolta la musica. Mangia il panettone con i genitori. C’è la partita. Ha mal di testa. Ha mal di denti. Ha mal di scroto. Non ama le carte. Va a letto presto. Ha freddo. Si deve lavare i capelli. E’ stressato. E’ già tardi. Uscirei se non fosse che. Io caccio un urlo ma lui non sente, non risponde alle invocazioni. Se nevica farò un pupazzo di neve per seppellirci il mio pianto, così quando il sole lo scioglierà nessuno capirà che si tratta delle mie lacrime... |