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cun sa limba e sa cultura sarda - de Frantziscu Casula.

 

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« Renzi, l'americanizzazi...Buon Natale e Buone Feste! »

Salvatore Cambosu, Sebastiano Satta e il Natale

Post n°745 pubblicato il 18 Dicembre 2013 da asu1000

Il Natale di Salvatore Cambosu,

il grande scrittore di Orotelli

 

Salvatore Cambosu in Miele Amaro, il suo capolavoro, -che possiamo, considerare un’antologia, un catalogo generale dell’identità sarda, della sua storia e della sua civiltà- ora come etnologo e antropologo, ora come demologo e storico, ma soprattutto come narratore e poeta, racconta dall’interno, dal sottosuolo, facendosi portavoce del popolo, una sardità non mitizzante ma ancorata alla realtà. E con essa descrive riti e tradizioni.

Fra i tanti temi a lui molto cari e tra i più frequentati vi è il Natale. Ecco cosa scrive in proposito nel capitolo Poesie Natalizie liete e tristi :«Certo, ci vuole proprio un villaggio perché un bambino come Gesù possa nascere ogni anno per la prima volta. In città non c'è una stalla vera con l'asino vero e il bue; non si ode belato, e neppure il gri­do atroce del porco sacrificato, scannato per la ricorrenza. In città è persino tempo perso andar cer­cando una cucina nel cui cuore ne­ro sbocci il fiore rosso della fiamma del ceppo. E infine, con tante luci che vi oscurano le stelle, è troppo pretendere attecchisca la speranza che, alla punta di mezzanotte, i cie­li si spalancheranno e dallo squar­cio s'affaccerà una grotta azzur­ra...».

Riporta quindi una serie di gosos e poesie legate alla Natività:

 

Celesti tesoru/ d’eterna allegria/ dormi vida e coru/ riposa anninnia/

Dormi cun riposu /dormi fillu miu/ divinu pippiu/ de su mundu gosu/ fillu graziosu/ de s’anima mia.

 Su veru redentore/ passat da-e sas alturas/ cagliadebos creaturas/ ca dormit su Segnore.

 

E ancora:

 

Otto dies est a como/ chi su Segnore est naschidu/ a cantare est bessidu/ minoreddu e tantu abbistu/ In nomen de Gesù Cristu e de sa mama Maria…

 

E invece in  un Racconto, Il Natale in Sardegna scrive «Nei miei ricor­di non c'è posto per un Natale senza neve. Il Bambino nasceva ogni anno, in quella chiesa pisana, intie­pidita dal calore della folla, tra una sparatoria, un abbaiare e uno scam­panio frenetico. Nevicava. Le donne, inginocchiate sul pavimento nudo, cantavano .... Tutto ormai era a po­sto. La stella d'Oriente, che aveva viaggiato per gioco di fili dal porto­ne al tabernacolo, dove c'era il pre­sepe nascosto da una tendina, ades­so era a perpendicolo sulla testa del celebrante. La tendina rimossa, il Bambino sgambettava nudo, e Ma­ria era china sulla culla di paglia.

La felicità poco durava. Di punto in bianco le donne intonavano, in no­me suo, un'altra ninna nanna: il cuore materno, a tanto breve di­stanza dal primo vagito del Bambi­no, già presagiva tra i ceri accesi e il profumo degli incensi, l'ombra della Croce sul nudo Calvario».

 

E …

VESPRO DI NATALE

di Sebastiano Satta

Incappucciati1, foschi2, a passo lento,

tre banditi ascendevano3la strada

deserta e grigia, tra la selva rada4

dei sughereti5, sotto il ciel d'argento.

 

Non rumore di mandre6 o voci7,

il vento agitava8 per l'algida9 contrada.

Vasto10 silenzio. In fondo, monte Spada11

ridea12 bianco nel vespro sonnolento13.

 

O vespro di Natale14! Dentro il core

ai banditi piangea la nostalgia

di te, pur senza udirne le campane:

 

e mesti eran, pensando al buon odore

del porchetto e del vino15, e all'allegria

del ceppo16, nelle lor case lontane17.

 

Note

Metrica: sonetto. Rime ABBA, CDE

1.Incappucciati: con il copricapo nero di orbace in testa..

2.Foschi: oscuri appunto perché indossavano un cappotto di orbace nero che li nascondeva agli occhi delle persone e li proteggeva dal freddo. Le orbace infatti sono un tessuto di lana di pecora, molto resistente e impermeabile.

3.Ascendevano: salivano

4.Rada: non folta di sughere.

5.Sughereti: sono boschi di sughere (o soveri)  molto estesi in Gallura nord est della Sardegna- e nel Mandrolisai centro sud-, mentre sono assai limitati e poco folti nella Barbagia di Ollolai dove è ambientata la poesia.

6.Rumore di mandre: le pecore portano al collo i campanacci in sardo sas sonazas- che producono un caratteristico tintinnio e servono per essere localizzate dai pastori..

7.Voci: i pastori sono soliti richiamare le greggi con voci e più spesso con fischi particolari che le bestie intendono come per istinto. Inoltre i pastori si chiamano fra loro, in spazi vasti, per comunicarsi notizie e scambiarsi quattro chiacchiere. Di qui labitudine degli stessi a parlare sempre a voce molto alta, quasi urlata.

8.Agitava:portava.

9.Algida: gelida, fredda.

10.Vasto: profondo.

11.Monte Spada: una delle vette più belle e più alte del Gennargentu (m.1595) nel territorio di Fonni, mentre Punta Corrasi cui Satta accenna nellintroduzione ai Canti Barbaricini- in agro di Oliena è alta m.1463.

12.Ridea: spiccava perché coperto di neve.

13.Vespro sonnolento: la sera che porta il sonno e dunque il riposo.

14.Vespro di Natale: la notte di Natale.

15.Porchetto e vino: ancora oggi ma soprattutto nel passato era consuetudine delle famiglie sarde di ambiente pastorale e barbaricine in specie, consumare a Natale, dopo la messa di mezzanotte abbondanti arrosti (di salsicce, porchetti, agnelli o capretti) innaffiati da un buon vino.

16.Ceppo: i tronchi necessari per alimentare il fuoco.

17.Case lontane: in Sardegna gli insediamenti umani sono concentrati nei villaggi, distanti gli uni dagli altri. Il territorio è spopolato per cui le campagne sono solitarie: in queste, soprattutto in quelle caratterizzate da montagne e luoghi impervii, si rifugiavano e si rifugiano ancora- i banditi.

 

A cura di Francesco Casula

 

 
 
 
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Un blog di: asu1000
Data di creazione: 12/06/2007
 

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Questo blog, bilingue ( in Sardo e in Italiano) a disposizione, in modo particolare, di tutti i Sardi - residenti o comunque nati in Sardegna - pubblicherà soprattutto articoli, interventi, saggi sui problemi dell'Identità, ad iniziare da quelli riguardanti la Lingua, la Storia, la Cultura sarda.

Ecco il primo saggio sull'Identità, pubblicato recentemente (in Sardegna, university press, antropologia, Editore CUEC/ISRE, Cagliari 2007) e su Lingua e cultura sarda nella storia e oggi (pubblicato nel volume Pro un'iscola prus sarda, Ed. CUEC, Cagliari 2004). Seguirà la versione in Italiano della Monografia su Gramsci (di prossima pubblicazione) mentre quella in lingua sarda è stata pubblicata dall'Alfa editrice di Quartu nel 2006 (a firma mia e di Matteo Porru).

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