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cun sa limba e sa cultura sarda - de Frantziscu Casula.

 

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« -PRSENTAZIONE A ORISTANO...LA SARDEGNA CHE VORREI/1... »

-Università della Terza Età di Quartu 10° lezione a cura di Francesco Casula

Post n°851 pubblicato il 11 Gennaio 2016 da asu1000

 

Università della Terza Età di Quartu 10° lezione a cura di Francesco Casula

DIEGO MELE

Il principe dei satirici sardi in lingua sardo-logudorese (1797-1861)

Nasce a Bitti (Nuoro) il 22 Gennaio 1797 da Anna Casu Delogu e Salvatore. Il padre, contadino, muore nel 1808, lasciandolo orfano a 11 anni, insieme ai fratelli, più giovani di lui, Maria Rosa e Battore. Il giovane Diego, a causa delle precarie condizioni economiche della famiglia, non può proseguire gli studi regolarmente: dopo due anni a Cagliari sarà costretto a ritornare a Bitti. Grazie alla vendita di un piccolo appezzamento di terreno, completerà gli studi in teologia a Sassari, dove si manterrà facendo da istitutore ai tre figli -Ignazio, Pietro e Gaetano- di un certo cavalier Ballero, comandante militare della piazza. Si laurerà in teologia nel 1826 e il 19 Marzo 1827 riceverà gli ordini sacerdotali. Giovanni Spano, archeologo nonché storico e studioso della Lingua sarda, suo compagno di scuola a Sassari, lo ricorda affettuosamente come faceto e improvvisatore vernacolo...di poesie giocose e satiriche. Le cui canzoni popolari, erano, come lo sono ora in bocca di tutti. Sempre lo Spano pubblicherà una decina di composizioni nelle sue antologie mentre alcune verranno riprese sporadicamente da altri, in particolare da due viaggiatori stranieri: il francese Auguste Boullier(In Le dialecte et les chants populaires, Paris 1865) e il tedesco Heinric F. Von Maltzan (In Reise auf der Insel Sardinien, Leipzig, 1869).

Diego Mele ha legato il suo nome soprattutto a Olzai, villaggio della Barbagia di Ollolai di cui fu parroco per 25 anni. Ma prima, dopo aver preso gli ordini sacerdotali gli fu affidata la reggenza della piccola parrocchia di Lodè, fu poi aiutante del parroco a Bitti, vicerettore a Oliena e vice parroco a Mamoiada dove prende aperta posizione contro la Legge delle Chiudende che abolivano le terre comuni per privatizzarle, creando così quella che allora veniva chiamata la "proprietà perfetta", con cui si abolivano i diritti comunitari, penalizzando soprattutto i pastori, che non a caso saranno quelli che la combatteranno più duramente. In seguito a questa sua presa di posizione, fu confinato in un convento dei cappuccini ad Ozieri (Dicembre 1832-Febbraio 1833). "Ove -scrive Pietro Meloni Satta-  addolorato di tanta ingiustizia e oppresso da crudo malore, sfogava i suoi lamenti colla Musa diletta, destando lagrime di compassione". Scriverà infatti in una sua poesia nel 1832: "O pena dolorosa/De custu coro afflittu/Senza fagher delittu/Est pianghende".

Rientra poi a Mamoiada, ma a Novembre viene destinato come prorettore a Lodè. Infine nel 1836 diviene rettore di Olzai dove rimarrà fino alla sua morte avvenuta il 16 Ottobre 1861.

"Una caratteristica del suo ministero -ricorda Salvatore Tola, curatore di un volume di Satiras- era la rigida osservanza delle disposizioni dei superiori, che lo spinse a far cessare la consuetudine del compianto funebre, s'attitidu, condannato come incitamento alla vendetta; e una netta inclinazione all'austerità, che finiva per scoraggiare l'uso del costume, i balli e ogni manifestazione che potesse sembrare pericolosamente profana".

Il miglior necrologio per la sua scomparsa -ricorda Bachisio Porru- è quello che Giorgio Asproni, deputato e suo compaesano, annotò nel suo diario: "L'interno dolore che io provo per questa perdita non è esprimibile...era uomo nato per amare e amò sempre. Nato povero non resisteva alla vista delle miserie altrui e dava il suo necessario per soccorrere i bisognosi: morì povero. Era senza contrasto il miglior ecclesiastico della provincia di Nuoro". ((Diario politico, III, 1980, p. 145).  

Questo per quanto attiene alla sua figura; per quanto invece concerne la sua opera occorre tener presente che le sue poesie per decenni circolano solo oralmente, solo un anno prima della morte accetta di dettarle al figlioccio, Pietro Meloni Satta. Siamo nel 1860: ma l'edizione a stampa avverrà nel 1922 nel volumetto Il Parnaso sardo del poeta bernesco estemporaneo Teol. Diego Mele.

 

IN OLZAI NON CAMPAT PIUS MAZZONE

1.In Olzai non campat pius mazzone

ca nde l'hana leadu sa pastura,

sa zente ingolumada a sa dulzura

imbentat sapa dae su lidone.

2.De nou han bogadu cust'imbentu

pro sedare veementes appetitos,

leadu han a mazzone s'alimentu

però l'han a piangher sos caprittos:

no li faghen a isse impedimentu

nemancu de Dualchi sos iscrittos,

de mazzone aumentare sos delittos

non podiat porcheddu ne anzone.

3.Sas puddas e caprittos e porcheddos

pianghen de sa zente sos errores

e de sos affligidos anzoneddos

mi paret de intender sos clamores;

a dolu mannu de sos pastoreddos

chi nde proan e sentire sos dolores,

custos sun sos gustos e sabores

de sa sapa de noa invenzione.

4.Totta canta sa zent'est post'in motu

pro fagher sos coccones de bennarzu,

c'han isperimentadu e han connottu

chi superat sa sapa de su varzu.

Pera Marras accudi a s'abbolottu,

no istes pro fadiga e pro incarzu

ischi chi tue puru ses procarzu

non ti dormas in custa occasione

5.Amigu, non ti dormas tue puru

si tenes calchi pudda in su puddile,

ca mazzone caminat a s'iscuru

e pesat dae lettu a s'impuddile.

Chi t'hat a visitare ista seguru

cando tenes porcheddos in predile,

si ti dormis in martu e in abrile

cun sa mere has a tenner chistione.

6.Pera meu, cunsidera su male

chi nos han custa orta causadu.

Unu forte nimigu capitale

pro sa sapa de nou han irritadu;

mazzone pro istintu naturale

contra de sos porcheddos hat juradu,

como dae su famen apprettadu

furat e tenet doppia rejone.

7.S'omine, si s'agatat in apprettu

zenza provvista e privu de recattu,

si furat dae famen inchiettu

non cummittit culpabile reatu.

Su chi leat e pigat in cuss'attu

tenet de lu pigare su derettu;

e nades chi mazzone est indiscrettu

si famidu si leat un'anzone?

8.Si furat in cuss'attu l'iscusade

ca su famen lu privat de sa vista;

postu mazzone in sa nezessidade

de fagher sa figura brutta e trista

cun piena e cun totta libertade

a ue podet si faghet provvista,

e isfidat su primu rigorista

a li negare s'assoluzione.

[...]

 

 

 

IN OLZAI FIUDA E NEN BAJANA

1.SAS BAJANAS DE OLZAI.

In Olzai viuda ne bajana

non nde cojuat pius, est cosa intesa,

sa levata nos faghet grav'offesa

però chie nos bocchit est Ottana.

2.Feminas chi maridu disizamus

nois semus andende malamente,

de cust'affare gasi nos nd'istamus,

non pensamus remediu niente?

Si custu male avanzare lassamus

pianghimus, creide, inutilmente;

eo bido s'infilu de sa zente

ch'est in catza e in pisca fittiana.

3de nos torrare dae caddu a pè

est sa idea chi jughent in testa:

sas de Ottana dividint cun su re

et omine pro nois non nde resta'.

Si leades consizu dai me

nde faghimus formale una protesta:

chi de issas non benzant ad sa festa,

antis ne mancu a comporare lana...

4.Si non ponimus rimediu prestu

Non codian de omine carrone

Su nde pigat una porzione

E issas si nd'acollini su restu.

Chi benin pro servir est su pretestu

però jughen diversa intenzione:

dae 'ucca nos lean su buccone

lassende nois a morrer de gana.

 [...]

 

Traduzione

IN OLZAI VEDOVA NE' NUBILE

1. LE NUBILI DI OLZAI. In Olzai vedova né nubile si sposa piú, è risa­puto: la leva (militare) ci fa un grande danno, ma chi ci getta a ter­raè Ottana.

2. Va male per noi donne che desideriamo maritarci: restiamo co­sì (indifferenti) verso questa questione, non cerchiamo di trovare rimedio? Se lasciamo avanzare questo male non faremo altro che piangere, credete, senza scopo; io guardo (piuttosto) all'affaccen­darsi delle persone che con tenacia si danno alla caccia ed alla pe­sca.

3. Il progetto che hanno in mente è di toglierci da cavallo per ri­durci a piedi: quelle di Ottana dividono col Re e per noi non resta­no uomini. Se accettate un consiglio da me eleviamo per questo una vera e propria protesta: quelle non possano venire alla festa, e neppure a comprare lana.

4. Se non mettiamo subito rimedio non lasciano (neppure) un cal­cagno d'uomo, il Re ne prende una parte e loro catturano il resto. Quello di venire come domestiche è un pretesto, in effetti hanno tutt'altra intenzione: ci tolgono il boccone di bocca lasciandoci a morire dal desiderio.

 

 
 
 
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Un blog di: asu1000
Data di creazione: 12/06/2007
 

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Questo blog, bilingue ( in Sardo e in Italiano) a disposizione, in modo particolare, di tutti i Sardi - residenti o comunque nati in Sardegna - pubblicherà soprattutto articoli, interventi, saggi sui problemi dell'Identità, ad iniziare da quelli riguardanti la Lingua, la Storia, la Cultura sarda.

Ecco il primo saggio sull'Identità, pubblicato recentemente (in Sardegna, university press, antropologia, Editore CUEC/ISRE, Cagliari 2007) e su Lingua e cultura sarda nella storia e oggi (pubblicato nel volume Pro un'iscola prus sarda, Ed. CUEC, Cagliari 2004). Seguirà la versione in Italiano della Monografia su Gramsci (di prossima pubblicazione) mentre quella in lingua sarda è stata pubblicata dall'Alfa editrice di Quartu nel 2006 (a firma mia e di Matteo Porru).

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