Truncare sas cadenascun sa limba e sa cultura sarda - de Frantziscu Casula. |
CERCA IN QUESTO BLOG
I MIEI LINK PREFERITI
AREA PERSONALE
TAG
MENU
I MIEI BLOG AMICI
I MIEI LINK PREFERITI
« Ospitone | Francesco Masala » |
Raimondo Manelli
Post n°872 pubblicato il 17 Settembre 2016 da asu1000
Ricordando Raimondo Manelli, il valente poeta gavoese cantore dei vassallos. di Francesco Casula Ricorreva l’8 settembre scorso il centenario della nascita di Raimondo Manelli, valente poeta,cantore dell’Isola “conchiglia” e del riscatto sociale dei poveri e dei vassallos. A quanto mi consta, nessun ricordo. La data è sfuggita pure a me. Con questa nota voglio in qualche modo “riparare”. Manelli nasce a Gavoi (Nu) l’8 settembre 1916. Si laurea in materie letterarie a Cagliari nel 1940. Nel 1943, torna a Gavoi come sfollato antifascista sotto il governo Badoglio. Nel dopoguerra svolge un'attività politica prima a Gavoi e poi a Cagliari, al fianco di Sebastiano Dessanay: di queste battaglie epiche, dalla parte dei contadini e dei pastori, c'è un riflesso immediato nelle sue poesie, che per la maggior parte hanno per tema la Sardegna, ma soprattutto Gavoi, il suo paese natale, raffigurato in tutti i suoi aspetti: le dure condizioni di vita, i personaggi caratteristici, l'impatto con la modernità. In una delle sue poesie più felici dal titolo Gavoi 1958, si legge: Ora le ultime bettole si chiamano bar;/ i maestri del ferro sono meccanici;/ l'ultimo fabbricante di speroni/ è morto bruciato dall'alcool;/ e la domenica non si odono più/ gli accordi vocali del "bomborobò"./ È giunta la televisione/ coi ministri e le prime pietre,/ con le annunciatrici che sorridono sempre. Dedicherà tutta la sua vita all’insegnamento e alla scuola (sarà maestro elementare prima di diventare professore e poi preside) e alla sua passione per la poesia. Scriverà ininterrottamente dall’adolescenza fino alla tarda età. Muore a Cagliari il 5 Maggio del 2006. Una delle sue poesie che mi ha sempre colpito è Mia madre popolana, contenuta nella silloge La strada dei poveri del 1947, la seconda raccolta di poesie di Manelli, dopo Filo d’acqua del 1939. In essa l’Autore, cristiano e comunista, canta e sta dalla parte di un’umanità povera e dolente, che attende da tempo immemorabile, nella terra dei pastori e dei braccianti, un riscatto e una liberazione dalle prepotenze dei prinzipales e dei sennores. Non solo. Il poeta estraneo alla giungla imperante/di faccendieri e commedianti, confessa d’aver diffuso tra la buona gente/dottrine incendiarie/che mettevano in forse l’antica virtù dei notabili,/l’onestà dei mercanti//che lungo le strade maestre/ostentano le case a molti piani. In Mia madre popolana ricorda con smisurato affetto e forte commozione la mamma, pensando anche alla umanissima vicenda che essa ha vissuto. Quella mamma incerta nel leggere e nello scrivere che ha appreso nella scuola serale. Quella mamma religiosissima, che recita a gran voce il Miserere a fronte di un improvviso temporale. Che pur fatta curva dagli stenti/ e dalle notti insonni, continua a lavorare stoiando seggiole, ovvero confezionando sedie con le stuoie, in quel tempo largamente usate, della povera gente di Gavoi e della Barbagia, ma non solo. La madre che ormai ridotta a una lampada presso alla fine dell’olio, leggeva negli anni futuri. E il figlio-poeta che si avvide che Dio si rivela ai più buoni. Ovvero a quelli come la madre. Ai poveri e – evangelicamente – agli ultimi. L’amore immenso del poeta per i genitori ma in particolare per la mamma non è presente solo in questa lirica, ne attraversa molte altre e comunque ricorre spessissimo nei suoi versi. E insieme agli affetti a ai sentimenti amicali è prepotentemente presente nella sua poesia l’amore per la sua gente. Anzi sono le redici stesse della sua poesia – è il poeta stesso a ricordarlo in un suo scritto – che affondano sostanzialmente nella terra sarda e più particolarmente nelle vicende e nel destino dei contadini e dei pastori del suo paese. Ovvero nella dolorosa realtà della sua terra, la Sardegna, impronta di piede contadino, che si va gradualmente trasformando dietro l’incalzare del progresso scientifico e tecnico. E anche quando la tematica si allarga via via per comprendere i problemi e le ansie del più vasto mondo contemporaneo, del gramsciano mondo grande e terribile, il sapore delle immagini e le predilezioni culturali e sociali dell’autore saranno sempre coerenti con l’autenticità delle proprie origini e delle proprie radici della sua piccola patria sarda. Infatti, L’isola è una conchiglia/e vi respira il mare/con le voci del mondo. Ferma restando nella sua poetica – scrive Alberto Frattini, suo critico e grande estimatore – l’istanza di comunicare, di farsi intendere dagli altri e non solo dai professionisti della Letteratura. Si inserisce su questo crinale proprio Mia madre popolana, la sua poesia più famosa e dal poeta stesso la più amata, degna comunque di essere inserita a mio parere, nelle Antologie. Il componimento piacque talmente al linguista Georges Mounin che lo tradusse in francese, ritrovando in esso una libertà e una scioltezza nel parlare delle così dette cose trite e prosaiche. Con un libero verseggiare e con un lessico realistico, piano e comune, senza sperimentalismi né contorsioni intellettualistiche, in cui la testimonianza di affetto e di amore per la madre trae forza dalla sobrietà e dall’incisività delle strutture e dei registri espressivi. Oltre alla poesia dedicata alla madre voglio ricordare (e riportare) due belle poesie “storiche”: -LA PASSERELLA:L'Isola fu, nel Mar Mediterraneo,/la passerella dei conquistatori:/ogni ribaldo che venne da fuori /ottenne almeno un feudo temporaneo./Oggi, ancora, se un invadente estraneo/aspira a conquistarsi nuovi allori,/verrà scelto dai nostri reggitori/innanzi a ogni aspirante conterraneo./Vige il mito dell'ospitalità/col motto:"Il miglior letto al forestiero!/Per ogni familiare c'è una stuoia"./E fummo generosi coi Savoia,/ offrimmo le miniere allo straniero,/riservandoci invidie e crudeltà. -IL TURNO DEI PADRONI: Cartagine ci indusse a fare a meno dei frutteti;/ ci disse: E' meglio il grano./E quando giunse il milite romano/ci tolse il grano e ci concesse il fieno./Di bene in meglio, qualche saraceno/visitava le coste e, a mano a mano,/portava nei mercati del sultano/uomini e donne del nostro terreno./Ma in nostro aiuto vennero i Pisani/in gara coi mercanti genovesi/ e sorsero conventi da ogni parte./Allora il Papa mescolò le carte:/invitò Aragonesi e Catalani /e restammo infeudati e vilipesi.
|
INFO
BB
INNU
CERCA IN QUESTO BLOG
ULTIMI COMMENTI
CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG
I commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
MORI
Questo blog, bilingue ( in Sardo e in Italiano) a disposizione, in modo particolare, di tutti i Sardi - residenti o comunque nati in Sardegna - pubblicherà soprattutto articoli, interventi, saggi sui problemi dell'Identità, ad iniziare da quelli riguardanti la Lingua, la Storia, la Cultura sarda.
Ecco il primo saggio sull'Identità, pubblicato recentemente (in Sardegna, university press, antropologia, Editore CUEC/ISRE, Cagliari 2007) e su Lingua e cultura sarda nella storia e oggi (pubblicato nel volume Pro un'iscola prus sarda, Ed. CUEC, Cagliari 2004). Seguirà la versione in Italiano della Monografia su Gramsci (di prossima pubblicazione) mentre quella in lingua sarda è stata pubblicata dall'Alfa editrice di Quartu nel 2006 (a firma mia e di Matteo Porru).
Frantziscu Casula
Inviato da: diletta.castelli
il 11/10/2016 alle 14:12
Inviato da: amici.futuroieri
il 14/12/2013 alle 14:57
Inviato da: ormalibera
il 14/12/2013 alle 11:19
Inviato da: ledenita
il 26/11/2013 alle 10:48
Inviato da: Montalbagnosono
il 06/07/2012 alle 09:50