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CONOSCERE GIOVANNI MARIA ANGIOY Angioy nella valutazione degli storici

Post n°932 pubblicato il 24 Luglio 2023 da asu1000

CONOSCERE GIOVANNI MARIA ANGIOY
Angioy nella valutazione degli storici

di Francesco Casula

4. Carlo Botta lo chiama il Paoli sardo, definendolo: uomo tanto più vicino alla modesta virtù degli antichi, quanto più lontano dalla virtù vantatrice dei moderni (5).
5. Il Valery lo dice vittima di patriottismo, forse unica nel nostro secolo (6) .
6. Per lo Spano l'Angioy, mandato per sedare i tumulti dei vassalli, quando si persuase degli abusi dei feudatari, innalzò il vessillo dell'emancipazione feudale (7) .
7. L'Angius lo definisce un ambizioso che favorì l'anarchia e che potente per le sue aderenze e per la popolarità, opprimeva il Magistrato e perseguitava gli amici dell'ordine e i devoti al re (😎.
8. Il Manno è più severo: pur riconoscendo che ebbe virtù di ingegno, che fu buon padre e uomo generoso, lo definisce politicante fazioso, al quale si devono gli eccessi della insurrezione del 1795, la morte del Pitzolo e del generale Della Planargia (9) .
9. Il Tola, che nel 1837 ne scrisse una breve ed incompleta biografia con intonazione più che benevola, sei anni dopo s'as-socia al giudizio del Manno in uno studio apparso nella rivista « La Meteora » (10) .
10. Il Sulis in uno studio assai coscienzioso sui moti politici della Sardegna dal 1795 al 1825, rimasto incompiuto, s'indugia ad esaltare la figura dell'Angioy specialmente per la salda sua costanza nel professare i principi politici del popolare riscatto ai quali sacrò le attitudini della mente, le affezioni del cuore, le azioni della vita, le supreme preghiere in morte (11). .
L'Esperson nel 1878 cerca abilmente di giustificare le con-traddizioni ed incongruenze che si riscontrano nella condotta del¬1'Angioy attribuendogli il disegno di un popolare governo, coll'aiuto o non della Francia repubblicana, il che positivamente non consta, e punto non avrebbe gravato la sua posizione poli¬tica; salvo, occorrendo di venir in seguito, come dappertutto si operava, a transazione, accettando onesti e civili ordini monarchico-costituzionali (12).
12. Per il Costa l'Angioy fu un incompreso, non scevro di vizi e di virtù, e l'insurrezione che da lui prese il nome, fu il con-traccolpo della rivoluzione dell'89, non un tentativo di codardi ambiziosi e di piccole vendette come scrisse il Manno (13).. Seguendo il Sulis, Raffa Garzia presenta un Angioy, ar¬dente repubblicano e fautore delle massime francesi dell'89 (14).
14. Il Pola, che nel suo esauriente studio sui moti delle cam-pagne di Sardegna dal 1793 al 1802 si dimostra critico impar-ziale dell'operato dell'Angioy, ritiene che alla fine del 1796 le idee politiche dell'agitatore sardo non fossero ancora ben cono-sciute non solo, ma che non sussistessero in forma antidinastica, aggiungendo che i moti sardi del 1795 e 1796 ebbero carattere prevalentemente economico-antifeudale e che l'intenzione attribuita all'Angioy di condurre i villici armati a Cagliari per ro¬vesciarvi il governo monarchico e levar la bandiera della re¬pubblica non sia mai esistita(15).
15. Il Boi, che ebbe il merito di servirsi di documenti inediti tratti dagli archivi di Parigi per il suo studio sull'Angioy, scrive che questi alla soggezione ad un governo pavido e reazionario preferiva per la sua patria un governo, sia pure straniero, ma che agitava nel mondo la fiamma purissima della libertà (16).
Si occuparono dell'Angioy, non di proposito ma incidentalmente, il Bartolucci (17), il Segre (18), il Martini (19), l'Agostini (20), il Bianchi (21), il Deledda (22), il La Vaccara (23), il Mossa (24), il Pittalis (25), il Loddo-Canepa (26) ed altri.
Le avventurose vicende dell'Angioy e soprattutto i suoi mu-tevoli atteggiamenti suscitarono l'interesse dei nostri storici a cominciare dal Manno. Malgrado ciò, manca una sua piena bio-grafia, giacché tale non può esser considerata nè quella del Tola che astrae dalle più importanti vicende in cui fu implicato il rivoluzionario sardo né quella del Boi che considera in modo succinto la sua attività dal 1793 in poi.
In questa lacuna sta la ragione di questo studio che non vuol essere nè una condanna nè un'esaltazione e tanto meno una riabilitazione, giacchè quando ci si impanca a giudici, fa-cilmente si è portati ad accusare o a difendere secondo le pro-prie tendenze e simpatie, specialmente se si tratta di persone che agirono in periodi rivoluzionari.
Narrando le vicende dell'Angioy ho voluto tener conto di tutti gli elementi che su di esse hanno potuto influire, non esclusi quelli che ad un superficiale esame appaiono superflui, e a tale scopo non solo ho attinto agli studi già fatti, ma ho proceduto a minuziose ricerche in fondi ancora inesplorati di archivi lo cali valendomi anche di numerosi ed inediti documenti tratti da archivi francesi. Ritengo che da questa mia narrazione, del tutto imparziale, la figura dell'Angioy risulti ben definita e lumeggiata. Se il suo operato, equivoco in certe circostanze, si presta a critiche e a suscitare delusioni, non bisogna dimenticare che il ribelle alternos non può e non deve esser giudicato alla stregua dei nostri costumi e dei nostri concetti in fatto di morale. Gli uomini di rivoluzione - e tale era 1'Angioy - non possono essere misurati col metro comune. Dire, per esempio, che egli fu una canaglia e il Pitzolo un virtuoso o viceversa significa non intendere i compiti della storia, riducendola ad una scola¬stica distribuzione di premi.
Certo la figura dell'Angioy, strana ed enigmatica, esaltata e vilipesa a seconda del prisma attraverso il quale la si guardò, ha suscitato e suscita tuttora l'interessamento più intenso e più vivo".
Per concludere con le valutazioni degli storici, di particolarissimo interesse, pur curvata sul crinale faziosamente conservatore e reazionario, ovvero filofeudale e filobaronale, è la più antica ricostruzione storica del triennio rivoluzionario sardo (1793-1796) e dunque della figura di Giovanni Maria Angioy: "Storia de' torbidi occorsi nel regno di Sardegna dall'anno 1792 in poi".
Si tratta di un'opera anonima e fa parte della ricchissima raccolta di manoscritti della sezione di storia patria della Biblioteca reale di Torino. L'opera è stata pubblicata nel 1994 a cura dello storico sardo Luciano Carta con presentazione di Girolamo Sotgiu per la Editrice Sardegna (27).
"L'analisi sistematica della «Storia» - scrive il curatore Luciano Carta - rivelava inoltre singolari affinità con la Storia moderna di Giuseppe Manno....e faceva nascere il sospetto che quest'ultima poggiasse sulla prima come su un'intelaiatura... alla sostanziale identità di struttura si aggiungeva un altro fondamentale elemento di somiglianza, la singolare corrispondenza della tesi centrale delle due opere, che spingeva a supporre una sorta di dipendenza della Storia Moderna dalla Storia dei Torbidi. Entrambi gli autori infatti ascrivono il motivo di fondo dei moti del 1793-1796 ad una "congiura" ordita dal partito filo-giacobino, tendente a sovvertire l'assetto politico istituzionale della Sardegna, che poggiava sulla monarchia assoluta e sul sistema feudale, per trasformarlo in una repubblica democratica di stampo francese che avrebbe dovuto avere come presupposto necessario l'abolizione del feudalesimo" (28).
Capo del partito giacobino e protagonista della congiura sarebbe stato per l'anonimo estensore della "Storia dei Torbidi" - insieme ad altri - Giovanni Maria Angioy, cui si attribuisce addirittura la responsabilità di essere il "mandante" degli omicidi del Pitzolo - per mano di Ignazio Busa e Andrei de Lorenzo - e del Planargia. Oltre che, naturalmente di essere contro la feudalità e di volere un governo giacobino. Che per l'estensore della "Storia", sostenitore delle magnifiche e progressive sorti della Monarchia sabauda e baronale, evidentemente era oltre che sovversivo un reato atroce e orrendo.
Note Bibliografiche
5. Carlo Botta, Storia d'Italia dal 1789 in appresso. Libri V e VII.
6. Valery Ant. Claude Pasquin, Voyage en Corte, à Cile d'Elbe et en Sar¬daigne. Paris 1825.
7. Giovanni Spano, Rivoluzione di Borio nel 1796 e spedizione militare in Rivista Sarda, vol. I. Cagliari 1875 pagine. 186-204.
8. Vittorio Angius, Logudoro in Dizionario geografico-storico•statistico degli Stati di S. M. 'L Re di Sardegna. Torino 1833-56,, vol. IX.
9. Giuseppe Manno, Storia moderna della Sardegna. Torino 1842, vol. I, pag. 136.
10. Pasquale Tola, Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna. Torino 1837-38, vol. I; pagina. 77 e segg.
11. Francesco Sulis, Dei moti liberali dell'isola di Sardegna dal 1793 al 1825, vol. I. Torino 1857.
12. Ignazio Esperson, Note e giudizi sull'ultimo periodo storico della Sardegna. Milano 1878.
13. Enrico Costa, Sassari, vol. L Sassari 1885.
14. Raffa Garzia, Canto di una rivoluzione. Cagliari 1899.
15. Sebastiano Pola, I moti delle campagne di Sardegna dal 1793 al 1802, Sassari 1925.
16. Antonio Boi, Giommaria Angioy alla luce di nuovi documenti. Sassari 1925.
17. Lorenzo Bartolucci, Memorie di Francesco Sulis. Cagliari 1904.
18. Antonio Segre, Vittorio Emanuele I. Torino 1928.
19. Pietro Martini, Storia della Sardegna. Cagliari 1852.
20. A. Agostini, Il canto di una rivoluzione in Piccola Rivista. Anno. 1900, n. 6.
21. Nicomede Bianchi, Storia della monarchia piemontese dal 1773 al 1861, Torino 1877-1885.
22. Salvatore Deledda, Moti antifrancesi in Sardegna in Rivista d'Italia. vol.III, fase. 9, anno 1925.
23. Luigi La Vaccara, Origine dell'inimicizia fra l'Angioy e il Pitzolo in L'Unione Sarda del 3 aprile 1929.
24. Antonio Mossa, Centenario dell'ingresso di Angioy in Sassari. Sassari 1896.
25. Salvatore Pitzalis, Documento inedito su Angioy in Arch. St. Sardo, vol. XI, pagina 174.
26. Francesco Loddo Canepa, La Sardegna dal '48 ad oggi in Rivista Il Nuraghe, n. 63.64; 65, (con una posizione antitetica a quella del Pola).
27. Luciano Carta (a cura di), Storia de' Torbidi, Editrice Sardegna, Cagliari 1994.
28. Giuseppe Manno, Storia moderna della Sardegna dall'anno 1773 al 1799, Tipografia Fratelli Favale, Torino 1842, vol.I.
08:03

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