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Pinocchio va alla guerra

Post n°14 pubblicato il 15 Maggio 2006 da tanderod
Foto di tanderod

La guerra di un Pinocchio moderno per diventare bambino. La guerra di un bambino e di tutti i bambini. Con il controcanto dei racconti di bambini-soldato (del Ruanda?).
Un film limpido, lucido, con al centro una storia di bambini degna di Truffaut.
Lo sfondo è Napoli, un eterno Giano bifronte che mostra la bella faccia di Posillipo e la metropolitana con le opere d’arte contemporanea e quella orrenda di Ponticelli, con i falansteri e l’architettura contemporanea incomprensibile (ma c’è il bisogno di capire qualcosa a Ponticelli?) del Palazzo dell’Aziende delle Risorse idriche e Ercolano (che poi si chiama sempre Resìna) dove i ragazzini imparano presto che la scuola è un bel carcere e il carcere è una bella scuola. Questo dice il compagno dell’ultimo banco di Mario, il piccolo Luciano che è il ritratto sputato di Lucignolo.
Mario, nove anni, è affidato a Giulia, brillante docente d’arte contemporanea, con un ostinato desiderio di maternità. Anzi un ostinato amore di una donna, la eccellente Valeria Golino, che è madre per forza e desiderio interiore. La forza e desiderio che la spingono ad essere la madre viva e vera che lei stessa non ha avuto. Fino a farle quasi ignorare la gravidanza scoperta dopo l’affido ("io un bambino già ce l'ho...").
La guerra detta un solo pensiero: quando si pensa al futuro si pensa solo ad andare avanti. Uno dei modi per non pensare al presente.

 
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