Creato da viscontina17 il 30/06/2012

Bisbigli d'onde

dolci richiami d'essenze

Messaggi di Giugno 2013

TRIGLIE AL MERCURIO NEL MARE DI NOVI LIGURE

Post n°173 pubblicato il 24 Giugno 2013 da viscontina17

Oggi, in occasione della Conferenza dei Servizi per l'AIA (Autorizzazione integrata ambientale) per la Centrale a carbone di Vado Ligure, che si è svolta al Ministero dell’Ambiente, Greenpeace ha presentato i dati sulle analisi delle triglie pescate a Vado ritenendo importante che sulla causa di tale contaminazione, di cui la centrale a carbone è il maggior indiziato, si faccia chiarezza.
L’associazione ambientalista ha in corso una serie di campionamenti per verificare gli effetti dell’immissione di sostanze inquinanti nel Santuario dei Cetacei del Mar Ligure. Nelle scorse settimane sono stati campionati esemplari di triglia i cui muscoli sono stati analizzati per i seguenti inquinanti: arsenico, cadmio, cromo totale e cromo esavalente, mercurio, piombo e Ipa (Idrocarburi policiclici aromatici) totali. I campioni sono stati ottenuti da pescatori che operano con attrezzi fissi nei pressi dei porti di sbarco Piombino, Livorno, Genova e Vado Ligure.
Le analisi fino ad ora effettuate hanno rilevato il superamento dei limiti imposti dalla norma solo per il sito di Vado Ligure. Qui, su sette esemplari di triglia di scoglio campionati, due avevano valori oltre la norma per il Mercurio e due valori oltre la norma (seppur di poco) per il Piombo.
Sebbene si tratti di risultati preliminari e sia difficile stabilire una corrispondenza univoca tra le emissioni della centrale a carbone di Vado Ligure e il tenore di questi inquinanti nella fauna esaminata, questo è un campanello d’allarme piuttosto serio.
È ben noto che la combustione del carbone contribuisce per il 70% all’immissione nell’ambiente di mercurio; che è considerato una  bioaccumulante persistente e nell’ambiente marino è trasformato, dal metabolismo dei microorganismi, in composti organici come il metilmercurio, tristemente noti per gli effetti neurotossici. (WEB)

                          

 
 
 

PIEDE DI PELLICANO

Post n°172 pubblicato il 19 Giugno 2013 da viscontina17

Nome comune del Mollusco Aporrhais pespelecani comune nel Mar Mediterraneo e nell'Atlantico, la cui conchiglia raggiunge al massimo la lunghezza di 5 cm. Si trova a basse profondità lungo le coste sabbiose, dove si nutre di plancton e di materiali organici che estrae dal fondo.(WEB)

                     

 
 
 

CITTA' SOMMERSE

Post n°171 pubblicato il 16 Giugno 2013 da viscontina17

India
Una città sotto il mare, risalente a 7.500 anni fa, è stata scoperta nei pressi di Cambay, sulla costa nord-occidentale della penisola indiana, dai geologi del National Institute of Ocean Technology. L'evento, se confermato dalle ultime indagini ora in corso, imporrà un arretramento dell'orologio della storia di ben 4.000 anni.

Fino ad oggi infatti, la palma della città sommersa più antica spettava a Uruk (Mesopotamia), fondata nel 3.500 avanti Cristo dal re Gilgamesh. Ed era in buona compagnia. A cominciare dalla mitica Atlantide, passando attraverso il porto egiziano di Heracleion (IV secolo a.C.) e fino all'ultima scoperta indiana, sono migliaia i ritrovamenti e le scoperte sottomarine che fanno tremare un mondo in apparenza immobile e riflessivo come quello della geologia. Anche grazie ai relitti di navi che, cariche di reperti, rappresentavano uno dei mezzi di trasporto più usati dagli uomini di ogni tempo.

Nella più classica delle tradizioni la scoperta è avvenuta per caso nel maggio scorso. Durante una ricognizione nel golfo di Cambay per monitorare il livello di inquinamento della zona i sonar hanno rivelato la presenza sul fondale, a 40 metri sotto il livello del mare, di una serie di strutture geometriche. Dopo i primi rilievi, queste si sono rivelate molto simili agli edifici delle città sorte lungo la valle dell'Indo verso il 2.500 prima di Cristo: una acropoli, una grande piscina, fondazioni di edifici, cortili, scale e canali.
Bagni, piscine e canali sono la caratteristica principale della "civiltà dell'acqua" dell'Indo, che si è espansa nel corso degli anni anche verso Est come testimoniano centri importanti come il porto di Lothar.

Ulteriori indagini sono ora in corso anche se molte sono le difficoltà che i geologi devono affrontare. Nel Golfo di Cambay infatti le correnti sono talmente forti da non permettere ai sub di immergersi. Nella seconda ricognizione, a novembre 2001, ci si dovette dunque accontentare di nuove immagini sonar e di strumenti in grado di penetrare il fondale marino di oltre dieci metri. Si individuò così il letto di un antico fiume seguendo il quale per nove chilometri si trovarono tracce di edifici per tutta la lunghezza del percorso. Con una draga si portarono in superficie ceramiche e perle, ossa e denti, pezzi di sculture e di legni incisi. E uno di quei legni, analizzati al carbonio 14, ha fornito in questi giorni il responso definitivo sulla datazione dei reperti. Incredibilmente risalenti a ben 9.500 anni fa. (WEB)

 

 
 
 

LA FOCA MONACA TORNA NEI MARI ITALIANI

Post n°170 pubblicato il 12 Giugno 2013 da viscontina17

I ricercatori dell’Ispra hanno cercato, scoperto, fotografato e studiato una splendida femmina adulta in una grotta sulla costa delle isole Egadi. Il Ministero dell’Ambiente lancerà un concorso diretto ai ragazzi per trovare un nome al simpatico animale
La foca monaca, uno degli animali più protetti al mondo, uno degli indicatori più sensibili della qualità dell’ambiente, è tornata a vivere nei mari italiani, da dove la caccia e l’inquinamento l’avevano fatta fuggire. I ricercatori dell’Ispra hanno cercato, scoperto, fotografato e studiato una splendida femmina adulta che ha scelto come rifugio una grotta sulla costa delle isole Egadi, in Sicilia al largo di Trapani. L’animale non ha ancora un nome. Per questo motivo il ministero dell’Ambiente e il sindaco di Favignana, Lucio Antinoro, che è anche il presidente dell’Area marina protetta delle Egadi, lanceranno un concorso per i ragazzi: diamo un nome alla simpatica foca delle Egadi.
Negli ultimi due anni, nell’area marina protetta delle isole Egadi, è stata condotta un’attività di ricerca svolta dall’Ispra in collaborazione con l’ente gestore della riserva, per verificare, documentare e raccogliere informazioni sugli avvistamenti di esemplari di foca monaca (monachus monachus). I primi risultati ottenuti dalla ricerca sono estremamente positivi. La conferma della frequentazione e della permanenza nell’area di studio da parte di esemplari di questa specie, anche se ridotta nel tempo e costituita da uno o pochi esemplari, riveste particolare importanza: si tratta, infatti, di una delle specie a maggior rischio di estinzione in tutto il Mediterraneo.
La foca monaca era scomparsa dall’arcipelago delle Egadi già da metà anni 70. Di questa attività si è parlato oggi nel corso di una conferenza stampa al ministero dell’Ambiente con il ministro Andrea Orlando. Sono intervenuti il presidente dell’Area marina protetta, Antinoro, e la ricercatrice dell’Ispra Giulia Mo, che ha condotto l’attività tecnico-scientifica assieme ad una squadra di ricercatori Ispra e collaboratori dell’Area marina protetta. (WEB)

              

 

 
 
 

SALINITA' DEL MARE

Post n°169 pubblicato il 08 Giugno 2013 da viscontina17

Il cloruro di sodio e le altre sostanze che rendono salato il mare arrivano dai fiumi. I fiumi, infatti, scorrendo verso il mare disciolgono i sali minerali contenuti nelle rocce dei loro bacini idriferi. Questo processo continua da milioni e milioni di anni e ha determinato l'accumulo di quantità sempre maggiori di sale nei mari. Si consideri poi che sulla superficie del mare agisce l'evaporazione, che riguarda solo l'acqua pura, dolce, e non il sale, che rimane. L'acqua evaporata ricade sui continenti e ricomincia il ciclo, con i fiumi che liberano altri sali minerali dalle rocce dei bacini e li portano in mare. A ogni ciclo idrologico abbiamo asportazione di acqua dolce per via dell'evaporazione e importazione di acqua con una certa quantità di sale attraverso i fiumi.
Non è vero quindi che nei fiumi e nei laghi non c'è sale, piuttosto ce n'è molto poco. I motivi? La superficie dei laghi a contatto con l'atmosfera è molto più piccola rispetto a quella dei mari, per i quali l'evaporazione è molto più efficace. È poi anche una questione di scale temporali: i mari si sono formati in ere primordiali, mentre i laghi sono più giovani, si formano, poi si erodono, sono più dinamici e non hanno l'età degli oceani. Ci sono eccezioni: il Mar Morto, la regione più salata che esista, in realtà è un lago. (WEB)


                              

                              

 
 
 

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