Creato da viscontina17 il 30/06/2012

Bisbigli d'onde

dolci richiami d'essenze

Messaggi di Agosto 2013

EMOZIONI DI MARE

Post n°181 pubblicato il 27 Agosto 2013 da viscontina17

Lo spumeggiare delle onde che si infrangevano sugli inermi scogli della costa e l’echeggiante boato del mare si stendeva per tutta la spiaggia. Il sole stava per essere inghiottito dal blu e il rosso del tramonto si mischiava con il bianco delle candide nuvole che passavano sul cielo che stava per ombreggiarsi per poi scurirsi. L’ombra di un uomo era disegnata accanto al suo corpo accovacciato sulla sabbia. Le gambe strette al petto e tenute salde con una presa ferma delle mani. Il capo chino a pensare. A riflettere su ricordi indelebili. Qualche volta il suo sguardo si posava sul sole che scompariva, come a volerne carpire gli ultimi raggi prima del sopraggiungere della notte. La sera buia e silenziosa. La sua mente era tempestata da immagini che si susseguivano come un film, accompagnato da delle note di un pianoforte a porne l’accento sulla tragicità di tali spezzoni di vita vissuta. Un uomo finito pensava lui. Caduto nel baratro della routine. Che si è arreso di fronte a eventi che avevano minato la sua integrità psicologica. Le sue braccia, ancorate alle gambe strette al petto, stringevano sempre più forte quasi avesse l’impressione di perderle. O forse perché il rimorso di esser stato incapace di agire gli faceva venire una fitta allo stomaco che poteva riempire solo accostandogli altra carne. Altro fisico. Poi, a un tratto, distese le gambe e mise le sue mani a sorreggere il suo peso che si spingeva verso dietro creando nelle sue spalle il fulcro di una leva perfettamente in equilibrio. Le braccia inarcate a sostenere non solo forse il suo peso ma anche quello dei ricordi. Avvicinò la sua mano a un sasso e lo prese. Lo strinse nella sua mano e ne avvertì la sua levigazione del tempo. Ne avvertì il sale del mare che vi si era posato sopra. Alzò il braccio che reggeva il sasso e lo scagliò lontano. Poi ne prese un altro e buttò anche questo nel mare. Il rumore sordo della pietra che squarciava il pelo dell’acqua fu avvertito dal suo orecchio e questo lo distrasse per un momento dai suoi pensieri. Ripeté tante di quelle volte quel gesto come se volesse liberarsi di quei ricordi gettandoli nel mare. Per lasciarli nel fondo. Ma non era possibile. Un altro suono però lo riportò alla realtà. Era il clacson di un’auto parcheggiata sulla via marina. L’uomo che guidava l’automobile aprì lo sportello e si sporse guardando l’uomo in spiaggia che si voltò accennando un sorriso. Vi fu uno sguardo d’intesa tra i due. Non ci fu bisogno di parole. Bastò il solo incrociarsi dei loro occhi perché l’uomo capisse quel che avrebbe dovuto fare. Gli si alzò, scrollandosi i residui di sabbia che gli si erano impigliati tra gli abiti, un jeans logoro di colore blu misto al bianco e una maglietta a maniche corte gialla. Voltò le spalle al mare e si diresse alla scalinata che lo avrebbe portato alla via marina. Il capo sempre chino sui suoi piedi e le mani nelle tasche. Prese a calci qualche ciottolo prima di giungere al primo gradino della scala di pietra. Mise una mano sul passamano di ferro e si voltò ancora una volta verso il sole, che ormai scompariva, inghiottito dall’acqua... (WEB)

           

 
 
 

MAMMA DELFINO PORTA CON SE'IL PICCOLO MORTO

Post n°180 pubblicato il 22 Agosto 2013 da viscontina17

In California alcuni ospiti delle crociere dell’associazione “Captain Dave” hanno assistito ad una scena veramente molto commovente: una mamma delfino nuotava trasportando il suo piccolo, morto, sul dorso. Il capitano Dave Anderson ha affermato: “Credo che il cucciolo fosse deceduto da giorni, si intuisce dal suo evidente decadimento. In vent’anni di lavoro non avevo mai visto un tale comportamento: il rifiuto della mamma di lasciar andare il piccolo”.(WEB)

                

                     

 
 
 

JAMBIANI

Post n°179 pubblicato il 18 Agosto 2013 da viscontina17

Dire che in Africa la vita è modellata sul ritmo della Natura suona ormai come un luogo comune; ma ci sono posti in cui la primigenia verità di queste parole ripetute troppo spesso si mostra in tutta la sua evidenza.
Jambiani è un villaggio di capanne e case costruite con legno e corallo fossile, in un angolo della parte sudorientale di Zanzibar. Da qui in poi ci sono solo piste di sabbia dove arrancano ciclisti scalcagnati ed il Dalla-Dalla numero 309 che in un paio di ore effettua il viaggio di una quarantina di chilometri per Stone Town. I tragitti dei tours organizzati non passano da qui e lungo la spiaggia sorgono alberghi modesti, in buona parte di proprietà di gente del posto; insomma qui il turismo non è ancora arrivato in forma tale da stravolgere i ritmi di vita, che sono regolati dai tempi della Natura ed in modo particolare dalle maree.
La striscia di capanne che costituisce Jambiani è lunga quasi cinque chilometri e si trova proprio a ridosso di una spiaggia bianca, orlata di palme da cocco, che si affaccia sulla laguna corallina. Gli abitanti vivono del mare: gli uomini pescano a bordo dei loro dhow (che qui si chiamano ngalawas), strette piroghe a bilanciere realizzate con tronchi di durissimo mango scavati con il fuoco, con le vele realizzate con tela di sacco; donne e bambini si occupano invece della coltivazione delle alghe. Sì, perché qui le alghe vengono letteralmente coltivate, in piccoli appezzamenti subacquei che assomigliano ad orti domestici, delimitati da bastoncini di legno con fili a delimitare lo spazio. Ci vogliono tre mesi perché queste alghe brune e rossastre maturino, poi sono raccolte e portate ad essiccare lontano dalla linea della marea. Ma per la gente di Jambiani non sono di nessuna utilità pratica: per mangiare hanno i cocchi, gli animali che allevano (capre, galline, mucche) ed il pescato procurato giornalmente dagli uomini del villaggio: il raccolto di alghe – dopo l’ essiccazione – viene invece spedito ad una vicina industria, che dopo il confezionamento, le esporterà in Giappone e Corea –dove sono considerate una prelibatezza gastronomica – ed ai laboratori cosmetici sparsi nel mondo, che ne ricaveranno i componenti di creme e cosmetici. E così un frutto della Natura che per i locali non ha assolutamente alcun valore si è trasformato in una delle fonti di sostentamento dell’ economia del villaggio. (WEB)

                     

 
 
 

IMPORTANZA STRATEGICA DEL MAR MEDITERRANEO

Post n°178 pubblicato il 13 Agosto 2013 da viscontina17

Per comprendere il valore strategico del Mediterraneo bisogna analizzare il suo peso specifico nel trasporto merci.

L’evoluzione dell’economia mondiale ha determinato negli ultimi anni un notevole incremento degli scambi internazionali via mare. Il trasporto di merci su scala globale è oggi assorbito per l’80% dalla modalità marittima, che si muove su tre principali rotte: translatantica (Europa-Nordamerica orientale); transidiana (Asia-Europa, via Mar Rosso-Mediterraneo-Mare del Nord); transpacifica (Asia-Nordamerica).

Negli ultimi dieci anni, con la forte delocalizzazione dei centri produttivi verso l’area dell’Estremo Oriente-Pacifico, il Mediterraneo ha assunto un ruolo di crescente centralità nelle strategie delle compagnie di trasporto marittime (liner shipping companies), che lo considerano un corridoio fondamentale per raggiungere velocemente i mercati di destinazione delle merci imbarcate.

Lo sviluppo del traffico marittimo tra aree geografiche sempre più vaste ha dato un forte impulso alla standardizzazione delle unità di carico (container) e delle relative tecniche, dei processi e delle procedure operative che mirano alla complementarità tra modi di trasporto su distanze molto diverse. Si tratta di organizzare la catena di trasporto facendo leva sull’uso specializzato di differenti vettori, allo scopo di ottimizzare le prestazioni, riducendo i costi, il tempo e i rischi del passaggio da una modalità all’altra. Questo sistema a stella, definito hub and spoke (perno e raggio) presuppone due categorie di navi e due differenti tipologie di porti. La nave madre naviga lungo le principali rotte mondiali, carica e scarica container toccando pochi porti hubs, strategicamente posizionati e ben organizzati. I container depositati negli hubs vengono caricati e scaricati da navi più piccole (feeders), che toccano gli scali minori, fuori dalle rotte principali (WEB)

                    

 
 
 

L'INQUINAMENTO DEL MARE

Post n°177 pubblicato il 08 Agosto 2013 da viscontina17

L’utilizzo dell’acqua del mare e lo sfruttamento delle sue risorse possono comportare seri danni se non avvengono seguendo modalità che ne garantiscono un uso sostenibile. In molti casi, purtroppo fin dall’antichità, il mare è stato erroneamente considerato come un’enorme discarica in cui buttare senza alcuna esitazione rifiuti e sporcizia di vario genere. E ancora adesso è trattato come tale da turisti estivi poco educati, che a bordo di barche a vela o a motore buttano in mare tutti i residui di cucina o di altro tipo.
Oggi, le principali cause di inquinamento dei mari e degli oceani possono essere:

  • le sostanza inquinanti provenienti da attività umane, scaricate nei fiumi e da questi portati al mare (sostanze organiche, degradabili o meno, provenienti dagli scarichi urbani, prodotti organici di origine agricola come i fitofarmaci e i fertilizzanti, inquinanti degli scarichi industriali);
  • il petrolio rilasciato dalle petroliere o piattaforme petrolifere in seguito a incidenti, o a pratiche non corrette seguite nelle fasi di pulizia dei serbatoi o di scaricamento dell’acqua di zavorra;
  • i prodotti radioattivi: rilasciati durante i test nucleari, ormai sospesi a livello mondiale, e nel corso del ciclo di produzione del combustibile atomico;
  • il surriscaldamento delle acque costiere, dovuto alle acque calde provenienti dagli impianti di raffreddamento delle industrie;
  • lo sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche (si pesca troppo) che comporta l’impoverimento della popolazione dei pesci e in alcuni casi il rischio di estinzione;
  • lo sviluppo urbano incontrollato sulle coste e il turismo di mare, nella sua forma di fenomeno di massa incontrollato;
  • la discarica di scorie nucleari e tossiche;
  • la discarica di contenitori di plastica e altri rifiuti solidi non biodegradabili. (WEB)
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MIRIAPODI

Post n°176 pubblicato il 05 Agosto 2013 da viscontina17

Conosciuti fin dal Devoniano, la difficile fossilizzazione ha reso scarsi i resti ritrivati e quindi sono molto esigue le informazioni che i ritrovamenti dei reperti di questo gruppo hanno al momento prodotto. Le forme fossili sono vicine al genere Julus. Arthropleura è stato ritrovato principalmente come traccia fossile.

DESCRIZIONE:  artropodi con il capo ben evidente e diversificato dal resto del corpo che si presenta suddiviso in segmenti presenti in numero variabiale anche fino a 175 elementi. Presentano spesso zampe ad ogni segmento. Quando presenti le zampe sono in numero maggiore di 6. Gruppo molto eterogeneo di animali, utilizzato per raggruppare anche in maniera piuttosto sommaria le specie non acrivibili agli Exapoda.

DIMENSIONI:  animali di dimensioni molto varie, da qualche mm fino a 30 cm di lunghezza nelle specie viventi. Arthropleura trovata nel Carbonifero, ma di ancora incerta classificazione, raggiungeva invece anche oltre i 2 metri di lunghezza, appartenente ad un gruppo di miriapodi giganti estintesi nel Permiano.

ECOLOGIA:  sono animali vegetariani o carnivori che vivono sostanzialmente in ambienti terricoli, nella lettiera dei boschi e nei terreni. Molti sono infatti abili scavatori e si ritrovano anche in grotte. Se ne conoscono circa 13500 specie viventi. (WEB)

                    

 
 
 

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