Avasinis -UD- 2.5.45
Ragionando sul come e sui perché di una strage nazista
Post n°80 pubblicato il 25 Aprile 2010 da braulink
25 aprile 1945 Il primo elemento da sottolineare è che, mentre nel resto d'Italia aveva luogo l'insurrezione partigiana, in Friuli il 25 aprile fu una giornata sostanzialmente come le tante altre che l'avevano preceduta, tra il peso dell'occupazione tedesca e cosacca e le timide, iniziali fasi della riorganizzazione partigiana: "In Friuli e nella Venezia Giulia il 25 aprile fu una lunga giornata d’attesa. Mentre a Milano, con gli americani alle porte e Mussolini e gli ultimi fedelissimi in fuga verso Como, scattava per le forze della Resistenza l’ordine di insurrezione generale, in questa estrema parte d’Italia i tedeschi erano ancora ben saldi e decisi a resistere per coprirsi le vie della ritirata verso nord. (…) Gli ultimi di aprile furono giorni difficili per la Resistenza friulana. I contatti tra le formazioni per preparare l’azione conclusiva si erano intensificati fin dall’inizio del mese. Ma i contrasti tra i partigiani della Garibaldi, comunisti e alleati di Tito, e quelli della Osoppo, di area cattolico-liberale e contrari a collaborare con gli slavi, si erano acuiti dopo l’eccidio di Porzùs (7 febbraio) e del Bosco Romagno dove 19 osovani furono uccisi dai Gap di Giacca. E soltanto in extremis fu possibile formare un comando unico solo di facciata. Un duro colpo per la Resistenza era stata, inoltre, la feroce rappresaglia del 9 aprile quando i nazisti fucilarono in via Spalato 29 partigiani, tra i quali il valoroso comandante garibaldino Mario Modotti (Tribuno).I tedeschi avevano concentrato a Udine tutti i comandi: il presidio occupava la zona di piazzale Osoppo, trincerata e difesa da cannoncini anticarro e mitragliatrici pesanti, mentre in Giardin grande gli uffici del comando a palazzo Cantore erano protetti dai cavalli di frisia, come pure la palazzina della polizia segreta nella vicina via Cairoli. Un carro armato sbarrava l’imbocco di via Manin. Il centro motore dell’attività partigiana – poi anche sede del comando unificato – era invece a San Domenico, nella canonica di don Emilio De Roja, il coraggioso prete che ebbe un ruolo determinante in quelle giornate. Nella stessa zona, in via Martignacco 26, c’era il comando tattico dei garibaldini, mentre altri centri clandestini di smistamento armi e viveri erano nella fabbrica della birra Dormisch, nella Casa della madre e del bambino e nella clinica della Maternità in via Planis. Un servizio di informazioni era stato attivato dai partigiani nelle officine della Sfe di via Diaz.Giornate di attesa"… (MARIO BLASONI, Il 25 aprile 1945 nella nostra regione fu ancora di attesa, "Messaggero Veneto", 25 aprile 2003)
Nei paesi della Valle del Lago perdurava da sette mesi l'occupazione cosacca, che aveva determinato l'insediamento e la coabitazione forzata ad Avasinis e imposto lo sfollamento delle famiglie di Braulins, Trasaghis ed Alesso. E proprio su Alesso (che ospitava il maggior numero di cosacchi, pare oltre settemila) stava per scattare un'azione da parte dell'aviazione americana…. |
Post n°79 pubblicato il 24 Aprile 2010 da braulink
A 65 anni di distanza dai fatti di Avasinis, cercheremo nei prossimi giorni di offrire un contributo di ricostruzione storica andando a riproporre, con una sequenza quotidiana, i principali eventi di quelle giornate per quei luoghi, nell'intento di ripercorrere e ridefinire il clima di quelle giornate, dall'euforia per una guerra che andava concludendosi al dramma legato a un inatteso "colpo di coda" della violenza bellica. Cercheremo quindi di scoprire cosa c'e stato attorno a QUEL 2 maggio: quali sono stati i momenti che lo hanno preceduto, quali sono stati i termini del dramma, quali i dolorosi strascichi di una giornata destinata a segnare per sempre la storia del paese e di una zona. A chi ci segue.... l'auspicio di compiere un viaggio, pur doloroso, anche dando spazio alla riflessione, al ragionamento, al confronto.
|
Post n°78 pubblicato il 27 Gennaio 2010 da braulink
Sessantacinque anni fa, il 27 gennaio 1945, venivano aperti i cancelli di Auschwitz Sessantacinque anni fa, il 27 gennaio 1945, venivano aperti i cancelli di Auschwitz. Le immagini che apparvero agli occhi dei soldati sovietici che liberarono il campo sono impresse nella nostra memoria collettiva. Ad Auschwitz, come negli innumerevoli altri campi di concentramento e di sterminio creati dalla Germania nazista, erano stati commessi crimini di incredibile efferatezza. Tali crimini non furono commessi solo contro il popolo ebraico e gli altri popoli e categorie oppressi, ma anche contro tutta l’umanità, segnando una sorta di punto di non ritorno nella storia. L’uomo contemporaneo, con il suo grande bagaglio di conoscenze, nel cuore del continente più civile e avanzato, era caduto in un baratro. Aveva utilizzato il suo sapere per scopi criminali, tramutando quelle conquiste scientifiche e tecnologiche, di cui l’Europa era allora protagonista indiscussa, in strumenti per annichilire e distruggere intere popolazioni, primi fra tutti gli ebrei d’Europa. La brama di conquista della “razza ariana” e il desiderio concreto di sterminare e cancellare completamente il popolo ebraico e non solo (considerate che ad Auschwitz furono uccisi oltre il 1 milione 500 mila ebrei, zingari, omosessuali, testimoni di Geova e prigionieri politici) hanno dato vita al Genocidio Nazista. Da quel trauma l’Europa e il mondo intero si risvegliarono estremamente scossi. Si domandarono come era stato possibile che la Shoah fosse avvenuta. E, soprattutto, quali comportamenti e azioni mettere in atto per scongiurare che accadesse di nuovo. Dalla consapevolezza dei crimini di cui il nazismo si era macchiato nacque nel 1948 la Dichiarazione universale dei diritti umani, promulgata dalle Nazioni Unite allo scopo di riconoscere a livello internazionale i diritti inalienabili di tutti gli uomini in ogni nazione. Auschwitz è la negazione dei principi ispiratori dell’Europa economicamente, socialmente e culturalmente avanzata che conosciamo oggi. «Visitatore, osserva le vestigia di questo campo e medita: da qualunque paese tu venga, tu non sei un estraneo». Così Primo Levi, in uno scritto, avvisava i visitatori del più celebre dei campi di sterminio nazisti. E affinché le sue parole e quelle di tanti altri sopravvissuti non rimanessero lettera morta è stata istituita dal parlamento italiano nel 2000 la “Giornata della memoria” per ricordare i milioni di uomini, donne e bambini messi a morte dai nazisti. Oggi il Giorno della memoria è diventato un’occasione fondamentale, per le scuole, di formare tanti giovani tramite una importante attività didattica e di ricerca. La Shoah è ormai consegnata ai libri di storia. Pochi testimoni sono rimasti a raccontarci la loro esperienza. Si potrebbe ipotizzare una memoria cristallizzata nei libri, come un evento importante ma lontano nel tempo, da studiare al pari di qualsiasi altro capitolo di un libro scolastico, con il rischio di rendere distante il significato e la ragione vera per cui il Giorno della memoria è stato istituito per legge. Occorre perciò fornire alle nuove generazione gli strumenti, anche empirici, per riflettere su cosa l’umanità è stata in grado di fare, perché non accada mai più. (...) (contributo di Francesca Evangelista dell' Istituto tecnico Deganutti pubblicato su Messaggero Veneto — 26 gennaio 2010 ) ... tutto per ribadire l'importanza della memoria. Anche per Avasinis. |
Post n°77 pubblicato il 23 Dicembre 2009 da braulink
Si allargano le ricerche sulle vicende di Avasinis e del Comune di Trasaghis nel corso della seconda guerra mondiale. Il numero 62 (dicembre 2009) del periodico "Asou geats..", che esce a Timau, ospita un articolo di Pieri Stefanutti del Centro di Documentazione sul Territorio del Comune di Trasaghis nel quale si richiamano quelle lontane vicende che hanno visti come protagonisti diversi operai della zona di Timau, Paluzza, Treppo e Paularo, chiamati a lavorare con la Todt nel Comune di Trasaghis e particolarmente ad Avasinis (diversi di essi aderirono alla Resistenza e furono comunque presenti in paese nelle ore dell'eccidio). Scopo dell'articolo è invitare, quando possibile, a raccogliere la testimonianza diretta di queste persone o, comunque, mettere a disposizione di quanti sono interessati notizie, testimonianze, immagini provenienti da quanti, da realtà così diverse, si sono trovate a vivere durante il 1944-45 nel Comune di Trasaghis. Eventuali segnalazioni possono essere inviate al Centro di Documentazione, all'indirizzo centro_doc_alesso@libero.it . |
Post n°76 pubblicato il 22 Luglio 2009 da braulink
La rivista dell'Anpi nazionale "Patria Indipendente" ha dedicato, sul numero di aprile, un servizio alla commemorazione tenutasi ad Avasinis il 2 maggio, riferendo in particolare dell'intervento di Giulio Magrini sul senso della cerimonia e sui tentativi avviati per giungere ad una ricostruzione storica obiettiva. Ancora una volta la sensibilità della rivista consente a far conoscere i tratti essenziali dell'episodio di Avasinis al di fuori del confini della regione, dal momento che essa viene diffusa in tutta Italia. |
Post n°73 pubblicato il 04 Maggio 2009 da braulink
Anche quest'anno è stato ricordato l'anniversario dell'eccidio di Avasinis. L’Amministrazione comunale di Trasaghis ha predisposto per sabato 2 maggio uno specifico programma che ha previsto, alle 10.30, la celebrazione di una santa messa nella chiesa parrocchiale da parte di don Giulio Ziraldo; successivamente, la deposizione di tre corone d’alloro al monumento alle vittime ed i discorsi del sindaco di Trasaghis Ivo Del Negro e, in rappresentanza dell'Anpi provinciale, di Giulio Magrini , già consigliere regionale. Del Negro, nel salutare per l'ultima volta gli intervenuti in qualità di Sindaco, ha sottolineato la concordia che, nel corso degli anni, è venuta a manifestarsi con la effettuazione di una cerimonia condivisa e sentita, mentre Magrini, oltre a ricostruire le circostanze storiche che hanno portato all’eccidio, ha voluto accostare il sacrificio di Avasinis a quello del paese di Onna in Abruzzo, due località entrambe segnate dalla violenza della natura e da quella degli uomini, col terremoto in un caso e con la guerra nell’altro. Magrini ha anche rimarcato la rilevanza del lavoro di documentazione attuato sulle tematiche storiche (da "Avasinis 1940-1945", il diario dei fatti della guerra curato da Pieri Stefanutti al video "Avasinis luogo della memoria" di Dino Ariis) auspicandone una capillare diffusione. Ha preso la parola anche la rappresentante dei familiari delle vittime civili di guerra, la signora Adriana Geretto che, in un commosso intervento, ha sottolineato il sacrificio dei civili (una componente predominante anche nell’eccidio di Avasinis), auspicando che simili misfatti non abbiano più a ripetersi, mentre Serena Chiapolino ha letto una toccante poesia di Stefania Pagliari dedicata ai bambini che sono rimasti vittime innocenti dell'eccidio:
Dopo tante Primavere, a noi che siamo rimasti a ricordarvi, fa male ancora il cuore per come ci siete stati strappati, per come siete dovuti fuggire via, come uccelli spaventati che cercano riparo dalla tempesta II suono truce della guerra, con le voci delle bombe e delle mitragliatrici, vi aveva circondati senza capire, nella sua colpevole cecità di odio, che non eravate voi il nemico. Voi giovani donne e anziani inermi, stretti tra di voi come eroi di Masada, con gli occhi colmi di terrore, a guardare la cupa faccia della Morte sputata da una canna di fucile…. Ermida, Giacomina, Miriam, Luigi, Maria Pia, Giovanna, dove sono le vostre vite con noi? Qui era il vostro posto. Qui dovevate correre nei prati con la vostra giovinezza. Qui a scoprire con occhi luminosi il vostro giovane amore e la famiglia e altri bambini e le sagre e le feste. Gioie e dispiaceri di paese, ma qui fra noi. E tu Giuliana, piccola coniglietta bianca, sei caduta dalle braccia di tua mamma con una rosa rossa di sangue sul petto. Non cosi dovevi essere strappata via Non così dovevi sfuggire dalle dita rosa della Vita che ti avrebbe fatto, come una Buona Fata, tutti i suoi regali più belli. Il coro delle vostre voci bianche si unirà a quello dei bimbi di Beslan e a tanti altri cori di bambini morti nelle Guerre. Il loro canto, se lo ascolteremo, ci strazierà l’anima. Stefania Pagliari |
Post n°69 pubblicato il 26 Gennaio 2009 da braulink
Nella ricorrenza della “giornata della memoria” , ricordiamo le vittime di Avasinis riproponendo le parole dell’allora presidente del Consiglio Regionale Alessandro Tesini pronunciate il 2 maggio del 2006 durante la commemorazione dell’eccidio di Avasinis. Sottoscriviamo in pieno che “ricordare è, prima di tutto, un dovere. Lo è perché chi dimentica troppo frettolosamente la propria storia, anche gli episodi più drammatici di essa, è condannato, prima o poi, a riviverla ; lo è perché il trascorrere del tempo, per lungo che possa essere, non deve seppellire nell’oblio il dolore di quelle vittime, far dimenticare l’odio e la ferocia che stroncarono così barbaramente la loro esistenza; lo è perché quel lungo elenco di morti ci ricorda quanto scarto esista ancora tra l’ansia di giustizia di ciascuno e l’effettiva possibilità di ottenerla.”
Nel mese di maggio del 1994 in un vecchio palazzo romano cinquecentesco sito in via degli Acquasparta, sede della Procura generale militare in un vecchio armadio chiuso a chiave e con le ante rivolte verso la parete fu rinvenuto un pacco composto da 695 fascicoli. In molti di essi erano contenuti i nomi dei colpevoli delle più efferate stragi compiute dal 1943 al 1945 dai nazifascisti nel nostro Paese. Le informazioni contenute avrebbero dovuto consentire l’apertura di procedimenti penali nei confronti di quanti venivano indicati quali responsabili degli eccidi, procedimenti penali però che non ebbero mai luogo. Per “ragioni superiori” , come accertò la magistratura militare nell’inchiesta aperta a seguito del ritrovamento, ovvero perché la divisione del mondo in due blocchi contrapposti e la posizione strategica che, in quello Occidentale, occupava allora una parte della Germania sconsigliava di rivangare elementi che avrebbero alimentato ulteriori divisioni all’interno del blocco politico- militare di cui faceva parte anche il nostro Paese. In nome di superiori interessi dunque una parte della giustizia fu rinchiusa e custodita segretamente per più di quaranta anni in quello che, all’atto della scoperta, fu chiamato “L’armadio della vergogna”, vergogna non solo per quel che conteneva ma anche perché su quel che conteneva era calata la pesante cappa di un silenzio di Stato. Dietro quelle ante, tra quegli incartamenti coperti di polvere, c’era anche un piccolo pezzo del Friuli, della vostra terra, del vostro comune: Avasinis. La strage che una squadra nazifascista composta da tedeschi, altoatesini, istriani e, probabilmente, friulani fu consumata il 2 maggio, quando già Udine e tanti luoghi del Friuli festeggiavano la liberazione, e per questo ci appare tanto più crudele. Cinquantuno persone prevalentemente composte da anziani, donne e bambini furono trucidate a sangue freddo con particolare crudeltà come si legge nella testimonianza agghiacciante di don Francesco Zossi di cui una parte è incisa nel portale del vostro Sacrario. Le cause e le responsabilità di questo eccidio restano ancora sconosciute anche se nel giorno successivo, il 3 maggio, furono fermati ai postI di blocco attuati dai partigiani una trentina di nazifascisti che furono successivamente fucilati sulla base di prove indiziarie. Gli anni che sono trascorsi dalla tragedia vissuta dal vostro paese sono stati scanditi da tante fasi diverse. Dopo le rovine ed i lutti della guerra, Avasinis, ha condiviso le sorti dell’intero Paese: ha vissuto la ricostruzione postbellica, l’emigrazione, il cosiddetto “miracolo economico” e, nel 1976, come parte del Friuli, i pesanti scossoni dell’Orcolat , il terremoto- e la successiva, paziente, ricostruzione. L’insieme di queste vicende e le grandi trasformazioni che esse hanno comportato anche nel modo di vivere e di pensare della vostra piccola comunità non ha inciso sulla vostra memoria. L’anta di nessun armadio si è chiusa sulle povere vittime del 2 maggio, nessuno ha brigato perché non se ne parlasse più. Anzi: nella nuova Avasinis del dopo terremoto la strage del 2 maggio ha avuto lo spazio di un monumento-memoriale che possa tramandare anche fisicamente alle generazioni più lontane da quei tragici eventi il dovere di ricordare. Perché ricordare è, prima di tutto, un dovere. Lo è perché chi dimentica troppo frettolosamente la propria storia, anche gli episodi più drammatici di essa, è condannato, prima o poi, a riviverla ; lo è perché il trascorrere del tempo, per lungo che possa essere, non deve seppellire nell’oblio il dolore di quelle vittime, far dimenticare l’odio e la ferocia che stroncarono così barbaramente la loro esistenza; lo è perché quel lungo elenco di morti ci ricorda quanto scarto esista ancora tra l’ansia di giustizia di ciascuno e l’effettiva possibilità di ottenerla. A quanti oggi invitano, subdolamente, a non rivangare tristi ricordi per non accentuare divisioni dobbiamo chiedere a quali divisioni si riferiscono: se è tra la barbarie e la civiltà, tra la pace e la guerra, tra la sopraffazione e il rispetto, tra l’opportunismo e la giustizia, allora dobbiamo affermare con forza che questa separazione non solo deve esistere ma anche resistere, e rafforzarsi nel tempo. Il ritrovarsi periodico in questo luogo di dolore non significa solo manifestare pietà per i morti ma anche assumere l’impegno perché non si riformino le condizioni che hanno portato al progressivo abbrutimento dell’uomo, consentendoli simili efferati delitti. E’ questo il tacito giuramento che dobbiamo fare davanti a questa croce e al lungo elenco di nomi scolpiti su di essa. Alessandro Tesini
|
Post n°68 pubblicato il 07 Dicembre 2008 da braulink
UN DOCUMENTO DEL 6-5- 1945 RICHIAMA LA VICENDA DI AVASINIS Ai frequentatori del blog e ai “compagni di ricerca”, si segnala un documento relativo agli ultimi giorni di guerra. Chi segue queste vicende sa che il dibattito sull’individuazione del reparto che agì su Avasinis ha riguardato anche le possibili “direzioni di sganciamento”. Alcune ipotesi dicono che la formazione abbia raggiunto l’Austria nella notte tra il 3 ed il 4 maggio (e testimonianze in tal senso sono state rintracciate a Paularo), altre che abbiano percorso la strada del passo di Monte Croce, altre ancora suggeriscono una permanenza per qualche giorno nella zona tra Trasaghis e Cavazzo, per effettuare quindi il passaggio in Austria successivamente. Il comandante partigiano carnico “Walter”, nel suo diario, documenta il passaggio di truppe tedesche lungo il tragitto Valle del But – Paularo – Stua di Ramaz per il 6 maggio 1945, mettendo in relazione questo transito con i fatti di Avasinis (un dato che rimane però tutto da verificare). Ecco comunque la trascrizione del documento in oggetto: «6 maggio. (…) Ed ecco ancora delinearsi una colonna. Corre voce sia quella famosa che all'ultimo momento ha ammazzato 63 civili ad Avasinis. Verrà da questa parte incaricata delle ultime devastazioni? Ci prepariamo per il combattimento: carri armati non ne passano più, cannoni nemmeno ed allora vedremo. Ma a Cedarchis girano verso Paularo per uscire in Austria per Stua Ramaz. Dunque non c'è più nessuno dietro? Arriva uno da Tolmezzo e dice che tedeschi non ce ne sono più, gli inglesi sono ancora ad Amaro, ad 8 km. da Tolmezzo. Prendiamo subito il controllo della zona.» (Albino Venier, Dalla Carnia al fronte russo … e ritorno, Tolmezzo 1991)
Certamente l’incrocio delle fonti rappresenta la strada maestra per giungere a conclusioni accettabili ed è su questo percorso che si auspica la raccolta di ulteriore materiale documentario.
|
Post n°67 pubblicato il 18 Novembre 2008 da braulink
Sul Sito "Anpigiovani" di Udine, nella ricostruzione delle vicende della seconda guerra mondiale, vengono ricordate anche le dolorose vicende di Avasinis tra la fine di aprile ed i primi di maggio del 1945. Ecco i dati cronologici riportati: 2 maggio 1945 Una colonna di 500 SS di varia nazionalità nella fuga massacra ad Avasinis 51 civili. La strage si svolge così: mentre Gemona e Osoppo libere sono in festa, da Trasaghis "Trasaghis" giungono ad Avasinis le SS. Uccidono subito un vecchio, poi in canonica minacciano il parroco, lo feriscono a una mano. Il sacerdote si finge morto. Poi comincia la strage e continua fino a mezzogiorno, quando qualcuno ordina la fine. Verso sera creano una cortina con fumogeni e buttano i cadaveri nei corsi d’acqua. Probabilmente gli autori della strage erano una compagnia della KARSTJAGER BRIGADE che era composta da tedeschi, croati, rumeni, ungheresi ucraini, italiani… La strage comportò nei giorni successivi dure vendette: 7 SS furono massacrati in paese, furono fucilati degli sbandati, decine di cosacchi del presidio del paese che si erano precedentemente arresi furono passati per le armi, forse 70/80. 3 maggio 1945 Alle 10.30 ad Avasinis, 24 ore dopo l’inizio della strage, le SS se ne vanno. I superstiti recuperano i cadaveri e scavano in cimitero una fossa comune, lunga quanto tutta la larghezza del cimitero vecchio. 5 maggio 1945 Ad Avasinis sepolte le 50 vittime. Un ferito morirà poco dopo. E’ la più grave strage della Provincia. Per vedere la pagina web completa, vai a : |
Post n°65 pubblicato il 20 Settembre 2008 da braulink
Si discute, in questi giorni, in Italia ed anche in Friuli, sul senso da dare alle vicende della GUERRA 1943-45, sul ruolo di partigiani e repubblichini, sul senso della ricerca ed il senso della memoria. Un utile contributo, che riguarda anche Avasinis, è uscito, a firma di Dino Ariis, sul Messaggero Veneto del 19 settembre.Questi erano i repubblichini Memoria condivisa? dopo l’8 settembre ’44, quando il Friuli Venezia Giulia è stato annesso al III Reich, sono state perpetrate alcune stragi di civili a opera degli occupanti nazisti. Nella zona dell’alto Bût, tra il 19 luglio e il 21 luglio, bande di Waffen SS provenienti dalla zona del Gail (Austria a ridosso del confine) hanno trucidato nelle malghe della zona di Paularo, nella malga di Pramosio e poi a Paluzza una settantina di civili, tra cui molti bambini. Queste bande, costituite anche da italiani, erano guidate attraverso i passi montani da fascisti della repubblica sociale della zona. A due giovani fratelli di Piedim che si trovavano nelle malghe e considerati in età da potersi arruolare con i repubblichini, dopo essere stati uccisi, è stato loro appeso addosso un cartello con su scritto “così muoiono i traditori”, scritto ovviamente in italiano. Il 22 luglio durante la mattanza di Paluzza erano presenti reparti di repubblichini di Tolmezzo. Il capo di questi repubblichini sarà condannato nel dopoguerra a una pena molto mite e poi potrà godere delle varie amnistie succedutesi. A Torlano di Nimis, dove furono trucidati 33 civili (tra cui 13 bambini di età compresa tra i 5 e i 15 anni) e poi i loro corpi furono bruciati, erano presenti anche alcuni repubblichini che guidavano i nazisti in questa operazione, uno di questi durante la strage passava i caricatori al boia e ha anche collaborato ad appiccare l’incendio alla stalla dove sono stati bruciati i corpi. Tre i superstiti della strage, due ancora vivi, hanno raccontato i particolari (raccolti in un videotestimonianza). I repubblichini riconosciuti furono successivamente processati, ma a seguito delle varie amnistie del dopoguerra, hanno scontato pochi anni di prigione. Anche nella strage di Avasinis, in cui furono trucidati 51 civili a guerra finita, perse la vita anche una decina di bambini in tenera età (la più piccola non aveva nemmeno compiuto un anno, uccisa con un colpo alla testa in braccio alla madre). Anche in questa strage di civili vi era la presenza di repubblichini. Un sopravvissuto, che all’epoca aveva 16 anni, racconta che il suo carnefice, prima di scaricargli il caricatore della pistola automatica, ha gridato in friulano: «Tu tu ses un bandit e baste». I suoi nove parenti sono stati tutti uccisi da questo “friulano”. Successivamente alla strage, alcuni responsabili dispersi nella zona e catturati furono portati in piazza per un processo sommario. Uno di questi disse: «Io non ho fatto niente, ho ucciso solo un vecchio con la carriola». Questo era un repubblichino. Nel dopoguerra nessun responsabile è mai stato individuato. I morti trucidati in queste stragi, prima di essere uccisi, non hanno gridato né viva il duce né viva i partigiani, penso che ricordarli sia motivo di rispetto per tutti coloro che hanno perso la vita innocenti a causa di una guerra e di un clima di terrore e di odio del quale gli unici responsabili professavano l’ideologia nazifascista. Dino Ariis - Treppo Grande (Messaggero Veneto — 19 settembre 2008 pagina 21 sezione: UDINE ) |
Post n°64 pubblicato il 08 Settembre 2008 da braulink
AVASINIS 1945: l’opinione dello storico tedesco Gerhard Schreiber Nel 2000, lo storico tedesco Gerhard Schreiber ha pubblicato con Mondatori il libro “La vendetta tedesca. 1943-1945. Le rappresaglie naziste in Italia”. Basandosi soprattutto sui dati forniti dall’Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza, uscita nel 1968, l’autore analizza le vicende di Avasinis in rapporto agli altri episodi similari accaduti in Italia, definendo l’eccidio friulano “un brutale crimine di guerra”, dal momento che non sono stati rispettati i protocolli di comportamento previsti dai regolamenti e dalle normative militari e di diritto internazionale. Come sempre, la soldataglia non ebbe pietà per donne e bambini anche in tenerissima età. Alcune delle ultime vittime di questo brutale arbitrio morirono il 2 maggio 1945, ossia il giorno in cui entrò in vigore la capitolazione delle forze tedesche in Italia. Quella mattina i partigiani attaccarono un'unità Ss in fuga verso nord sulla strada costeggiante la riva sinistra del Tagliamento che collega Forgaria nel Friuli a Cavazzo Carnico. Dopo un breve scontro la truppa tedesca si recò nella vicina località di Avasinis, un paesino del Friuli di circa 800 anime, dove trucidò spietatamente 51 abitanti, fra cui 5 bambini dai due ai dodici anni e 2 donne, rispettivamente di settantacinque e ottantun anni. Dopo il massacro i soldati delle SS, contravvenendo di nuovo ai regolamenti internazionali, presero in ostaggio circa 40 donne che minacciarono di uccidere se i partigiani avessero tentato nuovi attacchi. Due di loro, la diciannovenne Anna Rodaro e la ventiseienne Anna Di Giannantonio furono violentate fino al mattino successivo, quando un colpe di pistola alla nuca pose termine al loro martirio. Da un punto di vista puramente formale, la strage di Avasinis costituisce un brutale crimine di guerra che, come era previsto nel contesto della lotta antipartigiana, comprendeva la fucilazione di prigionieri catturati per rappresaglia e la successiva presa in ostaggio di un gruppo di persone. Siccome molti eccidi perpetrati a danno di civili italiani erano strutturati in modo simile e in considerazione del fatto che riguardo alle nome che regolamentano le uccisioni di ostaggi permangono elementi di oscurità sia a livello oggettivo sia nella maggioranza dell'opinione pubblica, ci pare opportuno riportare alcuni pareri e princìpi giuridici in merito. In effetti, prima che nell'agosto 1949 l'accordo stipulato a Ginevra per la tutela dei civili durante i periodi di guerra sancisse Basandosi sulle definizioni allora in vigore, sono da considerarsi ostaggi - in contrasto con le misure adottate ad Avasinis -esclusivamente civili in età adulta e di sesso maschile, la cui cattura serve a garantire che la popolazione di un paese occupato assuma un comportamento conforme alle condizioni e agli ordini dati, del quale gli ostaggi rispondono con la propria vita. I prigionieri catturati a scopo di rappresaglia sono invece persone, eccettuati sempre bambini e neonati, che al termine di azioni contrarie al diritto internazionale e commesse da sconosciuti vengono trattenute e in caso estremo uccise per rivalersi sulla popolazione restante o intimidirla. Una pratica che l'esercito tedesco adottò sin dall'inizio in Italia. (…) I fatti di Avasinis dimostrano che tanto l’inizio quanto la fine del regime d’occupazione e della presenza militare dei tedeschi in Italia furono segnati dai cadaveri di bambini e neonati. (da: Gerhard Schreiber, La vendetta tedesca, Mondadori 2000 - sottolinerature del blogger)
|
Post n°62 pubblicato il 11 Agosto 2008 da braulink
Seppur in tono minore, sulle responsabilità della strage di Avasinis si continua a dibattere anche su Internet. Un sito in lingua spagnola torna a parlare del ruolo avuto dalla Karstjager: OPERACIONES (Il testo completo può essere consultato all'indirizzo: http://www.1y2gm.com/formaciones-de-combate-del-eje-f45/waffen-ss-t41-30.htm) |
Post n°59 pubblicato il 23 Giugno 2008 da braulink
L’ECCIDIO DI AVASINIS NELLA RICOSTRUZIONE DI R. UBOLDI Raffaello Uboldi, nel suo libro “25 aprile 1945” (Mondadori, Milano, 2004 – edizione Oscar Storia, 2005) dedica un paragrafo all’eccidio di Avasinis. Di positivo c’è il fatto che l’episodio venga citato in una ampia ricostruzione dedicata alle vicende delle giornate della Liberazione; quanto alla fedeltà della ricostruzione storica, però, è consentito dubitare: dal nome della località, innanzitutto (un inesistente Avanzis), al coinvolgimento della colonna del Gauleiter Rainer (elemento mai emerso), alle modalità di un presunto attacco partigiano in “una strettoia chiusa tra due ripidi pendii” (paesaggio geografico non corrispondente alla realtà né all’effettivo svolgimento dei fatti). Di reale c’è il numero delle vittime, e poco più. 2 MAGGIO. Avanzis (Udine), alle prime luci dell'alba Mentre a Bolzano si discute ancora della resa, la colonna multietnica al comando del Gauleiter Rainer sta muovendo verso il Passo di monte Croce Carnico per passare in Austria. Raggiunta una strettoia chiusa tra due ripidi pendii, viene improvvisamente attaccata dai partigiani che aprono il fuoco dai loro ripari fra le rocce e gli alberi, provocando un'ottantina di vittime tra i fuggiaschi. La rappresaglia non si fa attendere. Quando i partigiani si sono ormai dispersi a le montagne, i tedeschi occupano il villaggio di Avanzis trucidando 51 civili - tra cui donne e bambini -, mentre altri 25 vengono abbandonati feriti per strada e nelle case. Dopodiché la colonna si rimette in marcia. Rainer riesce a raggiungere l'Austria, dandosi alla macchia. Arrestato dalla polizia militare britannica, sarà estradato in lugoslavia, condannato a morte e giustiziato. (pp. 256-257 dell’edizione Oscar) |
Post n°58 pubblicato il 30 Maggio 2008 da braulink
Tra le diverse ricostruzioni delle vicende dell'eccidio, una delle più interessanti, per l'esame delle diverse ipotesi in campo, è quella di Stefano Di Giusto. Il testo che segue è stato proprio estratto dal libro dello storico Stefano Di Giusto intitolato “Operationszone Adriatisches Kustenland. Udine Gorizia Trieste Pola Fiume e Lubiana durante l’occupazione tedesca 1943-1945”, Istituto friulano per la storia del movimento di Liberazione, 2005. Resta naturalmente da definire compiutamente l'ipotesi dell'attacco scatenante sulla statale che, al momento, è ancora indimostrato. |
AREA PERSONALE
TAG
CERCA IN QUESTO BLOG
PER APPROFONDIRE:
- Movimento di Liberazione
- Comune di Trasaghis
- Pro Loco di Avasinis
- Racconto di Paola D'Agaro sul 2 maggio
- Articolo su Patria Indipendente (aprile 2003)
- Articolo sulla stampa tedesca - Karstwehr aus Pottenstein
- Centro Documentazione sul Territorio - Alesso
- Stragi naziste in Italia
- Guerra nel Gemonese
- Articolo "Avasinis, un eccidio con troppi misteri"
- Nn-Media
Inviato da: braulink
il 02/05/2019 alle 22:28
Inviato da: Asterisco9
il 02/05/2019 alle 09:23
Inviato da: Arqtt mauricio Di Gi
il 03/09/2012 alle 17:51
Inviato da: braulink
il 02/05/2012 alle 17:19
Inviato da: Di Gianantonio F.
il 01/05/2012 alle 21:39