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"Ho sempre detto a tutti di non aver sprecato un minuto, di aver goduto di tutta la mia vita. Ma ora capisco che se dovessi viverla di nuovo cercherei di essere più libera con le mie idee, il mio corpo e i miei affetti. Soprattutto cercherei di trovare un qualche modo di rompere il silenzio che si impone in me in fatto di sentimenti. Avrei dovuto farti capire, Roland, quanto, e quanto teneramente e quanto appassionatamente, ti ho amato."
Lee Miller
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“I poeti hanno sempre avuto la tendenza a considerare la poesia come l’alfa e l’omega della letteratura. Ci furono epoche in cui una simile convinzione era giustificata, ma oggi sa di stantio. La poesia continua a esistere e non è certo un genere secondario, ma ritengo fuori luogo considerarla incomparabilmente superiore alla prosa o al dramma della vita [...]. La poesia qua, la poesia là, la poesia su, la poesia giù... nella maggior parte di frasi siffatte il soggetto potrebbe essere sostituito con “la prosa” e andrebbero ugualmente bene.
W. Szymborska, letture facoltative. Adelphi, 2006
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"No, la mia vita è stata tutta in questi ultimi due mesi"
Tibor Fischer, La Gang del pensiero ovvero la zetetica e l'arte della rapina in banca. Garzanti, 1999
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Era stato ormai abbandonato, anche se lui allora non lo sapeva. Neanch'io lo sapevo: la maggior parte delle volte non si sa quando si è stati presi nè quando si è stati lasciati, non soltanto perchè ciò accade sempre a nostra insaputa, ma perchè risulta impossibile isolare il momento in cui tali ribaltamenti accadono, allo stesso modo in cui si ignora sempre se il fatto stesso di essere presi obbedisce ai propri meriti o virtù, alla propria e irripetibile esistenza, all'intervento decisivo compiuto o piuttosto, semplicemente, alla casuale intromissione di uno nella vita di un altro.
Jàvier Marias, L'uomo sentimentale. Einaudi, 2001
BRAINS
WALTER SIMMONS
My parents thought that I would be Spoon River Anthology
As great as Edison or greater:
For as a boy I made baloons
And wondrous kites and toys with clocks
And little engines with tracks to run on
And telephones of cans and thread.
I played the cornet and painted pictures,
Modeled in clay and took the part
Of the villian in the Octoroon.
But then at twenty-one I married
And had to live, and so, to live
I learned the trade of making watches
And kept the jewelry store on the square,
Thinking, thinking, thinking,thinking,--
Not of business, but if the engine
I studied the calculus to build.
And all Spoon River watched and waited
To see it work, but it never worked.
And a few kind souls believed my genius
Was somehow hampered by the store.
It wasn't true. The truth was this:
I didn't have the brains.
by Edgar Lee Masters
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Anywhere? Anything? Anyone?
Post n°149 pubblicato il 09 Settembre 2010 da sei_gradi
"Un'opera di transizione sul lato oscuro dell'opulenza"; "Una figlia salva il padre nel poetico "Somewhere"; "Il viaggio nel vuoto dello star-system". Questi sono solo alcuni dei titoli delle recensioni pubblicati da Mymovies su Somewhere, l'ultimo film di Sofia Coppola. Io, che ho amato Lost in translation prima che ricevesse l'alloro dell'Oscar, devo essere inaridita in questi anni, perchè è inutile girarci attorno: per me sowehere avrebbe potuto tranquillamente intitolarsi "anywhere?" La storia inizia con un bullo semi sbronzo che si frattura un polso ruzzolando da una scala. Poi però viene fuori che: - il bullo è un divo del cinema - il divo è, oltre che giovane, talentuosissimo - il divo talentuosissimo, seppure soggetto ad amplessi occasionali con fanciulle di cui non ha approfondito la conoscenza, è molto sensibile e dolce: il ragazzo della porta accanto. Ci si potrebbe costruire sopra un'opera di transizione sul lato oscuro dell'opulenza, o percorrere il viaggio nel vuoto dello star-system, o ancora esplorare la solitudine dei figli di. Oppure, potrebbe diventare un film pronto a partire per un'ora e quaranta che improvvisamente finisce. Dopo una decina di minuti di film in cui il protagonista si rompe il polso e vengono pronunciate sì e no sette parole, con una tensione da fare impallidire Kiarostami, si ritrova (il protagonista, non Kiarostami) sul divano a fumare una sigaretta e bere una birra. Sembra ansioso che accada qualcosa, e tutti gli spettatori, sono certa, condividono questo desiderio. Ma non è così. Il ragazzo della porta accanto è il ragazzo della porta accanto che è stato bocciato due volte alle superiori. Non la bellezza di Brad Bitt, il carisma di Johnny Depp o il fascino di Jude Law. Come per il vostro vicino senza diploma, avete difficoltà a credere che possa avere recitato con i migliori attori di Hollywood. Natalia Aspesi, che riesce a vedere un film che io non ho visto per una faccenda di miopia emotiva, esordisce: "Vita di attore di successo a Hollywood: giovane, carino, separato quindi libero. Appartamento nel leggendario hotel Chateau Marmont, dove hanno vissuto Marilyn Monroee Leonardo Di Caprio, dove John Belushi è morto per overdose, dove James Dean ha conosciuto Natalie Wood." Ora, credo che il cinema dovrebbe avere il raro dono, proprio delle forme d'arte, di portarti laddove non sei (mentalmente, emotivamente, spiritualmente). Persino in Titanic James Cameron mi spiega perchè la nave affonda: eppure l'iceberg è bello grosso, ci sarei arrivata. Ma qui, nulla mi è detto di Marilyn o John Beluschi. Quindi mi sembra un posto carino senza essere sfarzoso in cui ti rifanno il letto e ti consegnano una grattugia per il formaggio in camera se telefoni e lo richiedi. Il tutto, e lo dico senza essere minimamente campanilista, aggravato da un'orrenda scena ambientata a Milano in cui il divo viene osannato come Gesù anche dai poliziotti che si fanno la foto insieme a lui con il telefonino (siamo in italia ma non è un cliché), intervistato da una belloccia svampita che gli fa delle domande a prova di Debora e Romina (siamo in italia ma non è un cliché), premiato in una serata di telegatti in cui una fiacca Simona Ventura con un Fiacco Nino Frassica presentano una trasmissione di basso profilo cinematografico (siamo in italia ma non è un cliché), intervallato da un balletto in perfetto stile berlusconiano (siamo in italia ma non è un cliché). Afflitto dal tuo essere italiano, e per giunta per il fatto che il mondo lo sappia, puoi uscire dalla sala e andare a prendere un gelato, o cimentarti nel sudoku che non hai risolto al mare, e rientrare senza perdere il filo. Ho avuto un guizzo di speranza quando ho creduto d'intuire che il divo era pronto a suicidarsi. Muor giovane chi è caro agli dei. A meno che non si siano assopiti anche loro. |
SEI GRADI DI SEPARAZIONE
"Ho letto da qualche parte che ciascuno sulla Terra è separato da chiunque altro da sole sei persone. Sei gradi di separazione tra noi e chiunque altro sul pianeta. Il Presidente degli Stati Uniti, un gondoliere a Venezia, basta inserire i nomi. Trovo estremamente confortante che siamo così vicini. Mi sembra anche una tortura, essere così vicina purchè trovi le sei persone giuste per creare la giusta connessione... io sono legata, tu sei legata, a ciascuno sulla Terra da un sentiero di sei persone."
John Guare, Six degrees of separation (1990)Movie by Frank Schepisi (MGM, 1993)
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L'unica cosa più detestabile di un "noi" è un "io".
Simone Weil
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Non voglio vivere con una donna che abbia più problemi di me.
Daniel Hammet
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"E' il prezzo che si paga ad essere scrittori. Si è assillati dal passato: sofferenza, sensazioni, rifiuti, tutto. Credo che questo aggrapparsi al passato sia un impellente, quasi disperato, desiderio di reinventarlo, in modo da poterlo cambiare."
"In casa nostra gli unici libri erano i libri di preghiere, i libri di cucina e i bollettini sui purosangue."
"Mi domando se tu non abbia scelto il tuo stile di vita allo scopo di impedire che qualcosa di emotivamente troppo intenso ti possa separare dal tuo passato."
"Gli scrittori sono sempre in fuga, ed io sono fuggita da molte cose."
Philip Roth (ed Edna O'Brien), Chiacchiere di bottega. Uno scrittore, i suoi colleghi e il loro lavoro. Einaudi, 2004
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Nessuno è il diavolo se si riesce a sentirlo bene.
Susan Sontag, Io, eccetera. Mondadori, 2000
MADRE
Era questa la madre che volevo,
scura e malinconica
lontana dal mondo
ansiosa.
Parla poco e si mangia le parole.
Cade qualche volta e si rialza in fretta.
Era questa la madre che volevo
scura dolorosa
zoppa
e ho lottato con le sorelle
ho distrutto i fratelli
perchè era questa la madre che volevo,
volenterosa ampia chiusa prigioniera.
Non volevo altra madre che questa
capelli mal cresciuti che non trovavano
forma nè pace, la copia trasandata
di se stessa, sfatta di dolcezza,
l'unico lusso era la sua fuga
davanti allo specchio
mentre si vestiva.
Davanti allo specchio mentre si vestiva
lo sguardo le si divaricava
perduto in una immagine futura,
la prima ladra in lei riconoscevo
che mi rubava l'immagine sicura
la portava fuori e poi regalava
quello che solo mio essere doveva.
Patrizia Cavalli, Poesie (1974-1992) Einaudi, 1992
Inviato da: fantasy_forever
il 24/09/2010 alle 18:37
Inviato da: eleoy.e
il 01/12/2008 alle 00:42
Inviato da: crunch_al_cioccolato
il 14/08/2008 alle 08:58
Inviato da: sei_gradi
il 13/08/2008 alle 14:58
Inviato da: cecilia17
il 13/08/2008 alle 09:44