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Post n°308 pubblicato il 25 Ottobre 2024 da paolaassisi
E' trascorso tanto tempo da quel giorno ma oggi Lei vuole ricordare. Si siede al suo tavolo ed apre il diario segreto che mamma le aveva donato quanto era alle elementari. Poi ne cerca la chiave. Mamma le aveva raccomandato di tenere nascosta la chiave, perchè il diario è segreto. In esso vi sono riposti sogni e pensieri che lei sola deve conoscere il segreto riposto nel tempo, dove il sogno è confuso con il reale, ma sogni e reale talora si confondono in un viaggio che è vita. Maddalena girò la chiave, aprì il diario segreto e scrisse. A lungo scrisse perchè non facile scrivere ciò che una bimba pensa ma dopo, dopo, chi scrive bimba non è. Ancor oggi Maddalena non ricorda quel giorno. Lo ricorda come un sogno. Ricorda che il suo papà le sorrideva promettendole giorni di luci e colori. Non ricorda come si vestì ma ricorda che dalla cucina saliva il profumo di pane abbrustolito. Poi scese. Ricorda che a quel tempo il latte doveva bollire lentamente, schiumoso, ripieno di panna. Ma il papà sapeva che odiava la panna. Discesa vide il papà intento a colare il latte bollente nella scodella, aggiungervi il caffè d’orzo che profumava la cucina, invadendo l’atrio, le scale, fino alla camera che aveva lasciato con il letto arruffato,non rifatto come sempre – aveva fretta quel giorno, e sonno– poi ricorda di essersi accostata ai vetri, chiuse le imposte, le tende tirate. Profumo. Profumo di caffè d’orzo. Il papà la guardava quasi di nascosto mentre con il cucchiaio toglieva dalla scodella isolotti di panna galleggianti. Non le piaceva la panna. Le piaceva guardare il papà che le rimuoveva la panna. Seduta, si sentiva confusa. Insonnolita, lieta ma silenziosa. Spezzò il pane, la crosta, lo intinse dopo avere aggiunto miele; poi mescolò. A lungo. A lungo mescolò la scodella. Quella era la sua scodella.La scodella bianca con una riga rossa che sovrastava un fiore. La scodella di mamma. Miele che da anni giaceva nella credenza ove sempre lo riponeva lamamma. Perché quel giorno non voleva il caffè latte con lo zucchero, voleva il caffè latte con il miele, il miele della mamma. Poi, senza pensare, si alzò.Andò al lavandino e lavò la tazza, il cucchiaio, il piatto. Guardò il barattolo del miele. Il miele della mamma. Chiuse il barattolo, leccò le dita bagnate di miele, asciugò quell’occhio che non si sa per quale motivo luccicava, ripose il miele nella credenza, la chiuse. Fu luce. E’ da quell’istante che Maddalena ricorda. Ricorda di avere corso verso la porta. Di avere aperto la porta e la luce dell’alba invase la porta e le disse: Maddalena, guarda! Guarda Maddalena questo è il mondo, questo il tuo mondo! La chioccia nell’aia sfilava con una dozzina di pulcini quasi fuggendo o forse, cercando, e la luce del primo sole del giorno si frangeva sul bianco delle nuvole ed in cielo erano voli, erano canti. Le rondini volteggiavano sull’aia e così il piccione. Maddalena guardò il piccione. Era vecchio il piccione. L’aveva accolta da piccola, ed oggi ancora la guardava mentre titubante si avviava alla macchina dove il papà ormai le diceva: su, Maddalena, vieni. E’ ora di andare. Sarà un viaggio di bellezza, sogni e ricordi. Sarà breve Maddalena, solo qualche giorno, eppure sarà lungo, intenso. Ricorda il rombo dell’auto, la sciarpa di lana attorno al collo. Il cancello della grande casa era aperto e l’auto lo sorpassò; poi si fermò. Il padre discese, tornò indietro, richiuse il cancello.No, non lo richiuse. Lo incatenò. Torno in macchina, prese una catenella. Assicurò la catenella con un lucchetto. Non aveva mai visto quel lucchetto,quella catenella attorno al cancello. Poi, veloce, l’auto partì. Maddalena allora capì che quel cancello era una tappa. Si voltò. Il grande cancello chiuso, l’aia, la grande casa confusa fra i pini, i pioppi di fronte alla casa, il vecchio piccione che si alzava sempre più in alto, certo guardando l’auto, guardando Maddalena. Guardava il piccione. E Maddalena comprese che da quell’alto il piccione guardava la terra, guardava il passato ed il divenire. E sapeva il vecchio piccione che il volo nell’alto sopra il cortile era una tappa, un divenire. Oggi guardava e vedeva l’aia ripiena della luce dell’alba ma ad essa sarebbe seguita una intera giornata. La luce, il vento, la pioggia. E dopo la consapevolezza che volare è volare nella bellezza, nella gioia, e nulla deve essere temuto perché il volo del piccione dall’alba al tramonto è un viaggio nel divenire, un viaggio nella bellezza, per chi sa guardare il bello ed in esso addormentarsi.
Ricorda la strada. Non era asfaltata la strada. Polvere bianca si alzava dietro l’auto veloce. Si alzava e avvolgeva i due filari di pioppi accanto alla strada, bianca, percorsa dalle prime biciclette che frettolose andavano lungo la strada. Correvano veloci le bicilette lungo la strada. Frettolose biciclette nell’alba. Esse portavano ove chi le conduceva sapeva che andava non a caricare pane e cibarsene, ma al luogo che l’attendeva affinchè, poi, avesse il pane da porre la sera sulla tavola imbandita per volti sorridenti, felici, inconsapevoli della bianca strada percorsa per assaporare quel pane. Maddalena ricorda avere visto la strada, e si accorse di desiderare vedere il nuovo mondo dove l’auto ed il suo papà stavano conducendola, ma sapeva anche che da quel viaggio presto sarebbe tornata. Ma non sapeva che non bimba avrebbe percorso di nuovo la strada, nell’alba: donna.
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