Creato da sensuale_tt il 07/08/2008
Sapere imparare per conoscere, capire e saper ringraziare e anche perdonare!
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Post n°101 pubblicato il 06 Giugno 2013 da sensuale_tt
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Post n°100 pubblicato il 14 Dicembre 2011 da sensuale_tt
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Post n°99 pubblicato il 09 Dicembre 2011 da sensuale_tt
"troppe donne, ancora, non vivono per sé ma mettono a disposizione dell'altro il proprio tempo e, nel caso, il proprio corpo. La moglie assicura all'uomo un luogo di accudimento o la discendenza o un necessario stato sociale, la prostituta assicura all'uomo il luogo-teatro ( un mondo sessualmente e magicamente irreale, lo definisce una prostituta) dove trovano appagamento le sue fantasie erotiche. Così, io credo che anche le prostitute più pagate non fanno che ribadire l'ordine superiore/inferiore, di chi chiede e chi dà su domanda." Estratto da: http://www.universitadelledonne.it/prostituzione.htm Quest'inverno ho partecipato a Torino ad un seminario sul tema della prostituzione, organizzato dal Gruppo Abele di Don Ciotti. Si è discusso di prostituzione legata al crimine del traffico di ragazze dall'Est o dalla Nigeria, ossia di tutte quelle ragazze migranti che vengono portate in Italia nei modi più ingannevoli. Donne prostitute e donne-non prostitute, dunque nemiche? No, ma dovremmo trovare i modi per confrontarci, per discutere senza reticenze ipocrite, per individuare percorsi verso l'affermazione di noi stesse in un respiro di libertà senza ombre. Agnese Seranis |
Post n°97 pubblicato il 04 Luglio 2011 da sensuale_tt
"Nel mondo anglosassone la figura del marito casalingo – house husband, or SAHD, stay at home dad – è sempre più comune. Sarebbero oltre 200.000 gli uomini con figli che, per scelta o circostanze, sono a casa a a rifare i letti, a preparare la cena e prendersi cura della famiglia. L’incidenza sale nell’ambiente della finanza e del business. A un summit di donne di successo organizzato l’anno scorso dalla rivista Fortune un terzo delle partecipanti aveva un marito a casa. Per Lucy Kellaway, editorialista del Financial Times, si tratta di un fenomeno accertato.
Kellaway ha scavato nel menage privato delle 50 donne di maggior successo al mondo e trovato dati interessanti. Quasi tutte hanno figli, ma nessuna sembra aver sposato un uomo alpha, ovvero professionalmente aggressivo e ambizioso. ”Indra Nooyi, amministratore delegato di Pepsi, ha un marito che si è messo in proprio per seguire la moglie e prendersi cura dei figli, idem Irene Rosenfeld, alla guida di Kraft, idem Ursula Burns, di Xerox’’. Per Morrissey la questione dell’equilibrio familiare e della divisione delle mansioni domestiche è particolarmente importante: il suo nuovo obiettivo, infatti, tocca tutte le donne professioniste. L’anno scorso ha fondato il 30% Club, un gruppo che mira, entro il 2015, a portare più donne nel consiglio d’amministrazione delle maggiori aziende del Regno Unito. Oggi solo il 12.5% dei dirigenti sono donne. In quattro anni Morrissey vuole portare il totale al 30%. ”Come mai sono così poche le donne ai vertici?”, si è chiesta. ”Per tutto l’iter accademico hanno gli stessi voti degli uomini, cosa succede dopo, non posso credere che si perdano a 30 anni. Abbiamo la tecnologia per permettere alla gente di lavorare da casa e part-time. Tutte le ricerche realizzate in questo campo traggono le stesse onclusioni: le società che si avvalgono delle donne ottengono risultati migliori’’." ESTRATTO DAL CORRIERE DELLA SERA:http://27esimaora.corriere.it/articolo/la-donna-piu-potente-della-cityha-9-figli-ed-e-moglie-di-un-sahdstay-at-home-dad/
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Post n°94 pubblicato il 01 Febbraio 2011 da sensuale_tt
La filosofia scende in campo con le donne Lunedí 31.01.2011 15:52
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Post n°93 pubblicato il 09 Dicembre 2010 da sensuale_tt
I-LIFE LA NUOVA VITA DIGITALE DEL NARCISISMO DI MASSA Dal tessuto collettivo al tessuto connettivo. È la rivoluzione copernicana dell' i-life, l' ultima frontiera della codificazione digitale della vita. Che si allontana dalla rigidità tolemaica dell' informatica tradizionale, con la macchina al centro di tutto, per sconfinare nell' egocentrismo fluido della i-generation. I-pod, i-phone, i-pad, i prodotti con la i, suonano come la prima persona singolare dell' individualismo di massa contemporaneo. Molto più che semplici strumenti del comunicare, questi oggetti sono delle estensioni del soggetto, delle appendici inseparabili dell' io. Più che cose, meno che persone, occupano lo spazio vuoto che separa e unisce l' organico e l' inorganico. Icone di una metamorfosi. Proprio come gli ibridi della mitologia, chimere, sirene, centauri, che rappresentavano in una sola figura il più che animale e il meno che umano, ovvero la dualità misteriosa che lega e distingue un regno dall' altro. Enigmi multifunzione, personificazioni di mille virtualità interdette agli umani. La loro natura plurale ne faceva dei multiprocessori in carne ed ossa, in grado di esplorare dimensioni sconosciute, capaci di performance cognitive fuori dell' ordinario. Per esempio intravedere contemporaneamente passato e futuro come dei multitasking, far comunicare mondi lontani proprio incarnandoli nel loro corpo binario. Interfaccia animati, connessioni viventi, nessi in carne ed ossa. È singolare che il centauro più doppio e astuto si chiami proprio Nesso. E che la radice di questo nome abbia a che fare con il filo, il legame ovvero con la rete. Che i-pod sei? È il sapiente slogan della mela smozzicata di Cupertino che la dice lunga sullo statuto del non-lettore più venduto di sempre. Più che oggetti, quelli con la i sono delle non-persone, ma tanto attaccati a noi da diventare gli attributi indispensabili dell' identità, qualità secondarie e non semplici proprietà. In questo senso gli i-life sono i pronomi personali dell' io virtuale, i nuovi indicativi dell' umanità digitale. Nonché gli emblemi di quella naturalizzazione del sociale operata dalla tecnologia che prende a modello la natura e riscrive la mappa dei sensi. Ricominciando dal tatto. O meglio dal touch che rappresenta l' apoteosi della tattilità ormai in grado di annettersi vista e udito e diventare il senso intelligente per antonomasia. Niente a che fare con l' arcaismo binario dei tasti, con la meccanica invadente dei cursori. Ben al di là dell' on e dell' off, ci troviamo gettati in quell' ultima Thule della mitologia virtuale dove la tecnologia assume le sembianze incantatorie della magia. Quando una cosa supera le capacità di capirne fino in fondo le potenzialità finisce per sembrare magica. Lo diceva James George Frazer, il padre dell' antropologia. E lo ripetono i vertici della Apple per illustrare la fascinazione dell' I-pad. Che sta anche nel misterioso scarto tra l' esiguità inconsutile dell' oggetto e la sua incredibile potenza. Un tutto virtuale in un nulla materiale. Che basta sfiorare, come la lampada di Aladino, per avere a nostra disposizione funzioni da mille e una notte. E a pensarci bene nell' idea stessa del touch screen c' è qualcosa della sfera di cristallo che apre infinite finestre sul mondo dalle quali è possibile guardare nel passato come vivere nel futuro. Ma queste tavolette senza spessore, che ci fanno surfeggiare leggeri sulle onde del web, trasparenze pure come i cieli danteschi, sono anche la tabula rasa del nostro tempo. Ovvero il luogo simbolo della virtualità infinita dell' immaginazione, dove tutto può apparire e dove tutto può venire a noi. Come gli eidola del mondo antico, parvenze create dalla fantasia degli uomini che prendevano corpo per magia, come avatar soprannaturali. Con gli i-life la tecnologia ha materializzato gli eidola mentre smaterializza se stessa. Moltiplica le immagini mentre miniaturizza il supporto. E così il tablet finisce per richiamare molto da vicino l' idea aristotelica della mente umana, come tavoletta di cera bianca modellata e rimodellata dalle impressioni ricevute dai sensi. E sempre pronta a riempirsi di segni e di immagini. È anche questa la ragione del successo improvviso dell' e-book arrivato quasi a sorpresa dopo essere stato tante volte atteso e annunciato, come Godot. Il fatto è che c' era il messaggio ma non c' era ancora il giusto mezzo, la tabula rasa appunto, dove far esistere quella virtualità muta. Il multitouch celebra insomma l' avvento della svolta tattile, già annunciata da McLuhan, che fa dei sensi i drive dell' intelligenza e del tatto il supersenso. Molto vicino a quello che un drago della logica come san Tommaso chiama "sensorio comune", ovvero quello che sincronizza tutti gli altri sensi e li mette in riga. Ma li mette anche a sistema, li ingegnerizza proprio come le diverse funzioni che comandano gli i-life. Nonè un caso che il tatto come dicono molti scienziati cognitivi sia il senso del presente, quello che ha l' immediatezza del pensiero nei polpastrelli, sensori che accendono simultaneamente sensazioni, rappresentazioni, visioni, passioni, emozioni. Come succede ai bambini che hanno col mondo una relazione in presa diretta, di evidenza palmare. È esattamente quel che accade nell' i-life che fa dell' evidenza palmare una logica, un' etica e un' estetica all' insegna dell' augmented reality. Dove l' universo intero sembra ruotare intorno all' i, ovvero a un io infinitamente espanso dai suoi recettori elettronici e proiettato in una gravitazione liquida senza un centro di gravità permanente. In un cosmorama di applicazioni che lanciamo come sonde nell' infinità potenziale della rete. Per navigare nel mare della vita con cento occhi tecnologici che diventano bussola e sestante, mappa e cartografia del presente mutante. C' è un app per tutto e per tutti. Da come controllare l' appetito a come smettere di fumare, dal contapassi al contacalorie, dall' arte del bouquet ai segreti per usare il vecchio coltellino svizzero senza affettarsi le dita, dalle istruzioni per vivere bene la gravidanza, alle lezioni di piano, dalla meditazione trascendentale alle lingue straniere, dall' automassaggio alla cucina tamil. Dall' osservazione delle stelle alla preparazione degli esami, fino alla giusta intonazione di un mantra. Senza dire della musica tradizionale per curare i tarantolati, che adesso tutti possono scaricare da iTunes. Da duecentoa duecentomila in tre anni, la crescita esponenziale delle applicazioni, una vera corsa all' oro per gli sviluppatori, riflette il bisogno di controllare un mondo troppo complesso. È l' antica doxa popolare in digitale. Una forma di autoeducazione permanente, una pedagogia on demand per bambini adulti e adulti bambini. Continuamente alle prese con una babelica enciclopedia dei perché. Ciascuno sempre connesso con il suo tutor virtuale e sconnesso dagli altri. Per imparare a stare da soli al mondo, o meglio per essere sempre il centro del proprio i-mondo. E così la rete diventa il vero tessuto connettivo di una socialità in frammenti. E l' informatica sfiora il dispositivo biopolitico diventando estensione pensante. Mentre il vecchio cogito lascia il posto al digito ergo sum. - MARINO NIOLA 14 Settembre 2010 |
Post n°92 pubblicato il 09 Dicembre 2010 da sensuale_tt
Io è un altro. Internet modifica la percezione della nostra identità Dopo l’inondazione mediatica del fenomeno dei social network e di Facebook, dopo lo sdoganamento di Internet da parte della Chiesa e l’ammonimento a non sostituire i rapporti virtuali a quelli reali, si rende necessaria una piccola provocazione su come Internet ha cambiato il nostro rapporto con noi stessi, prima ancora che con gli altri. Anonimato e identità In principio fu l’anonimato. Ai suoi albori, infatti, Internet era una prateria brulla e selvaggia solcata da pellegrini virtuali che, celando la propria identità, liberavano gli innumerevoli “io” che nascondevano in sé e che era impossibile estrinsecare nella vita reale. Chiunque avesse dimestichezza con tastiera e mouse poteva trasformarsi in un super eroe, la cui maschera è più o meno affettuosamente nota a tutti, ma la cui identità è avvolta dalle nebbie del fascino e del mistero. Confortate dalla spensierata libertà dell’anonimato, però, queste incursioni nel cyberspazio hanno generato, tra le altre cose, fenomeni che hanno gradualmente modificato le abitudini della nostra quotidianità, d’un tratto insidiata da truffe prima d’allora impensabili, amori via chat improbabili, fino ad arrivare ad aberrazioni intollerabili quale la pedopornografia on-line. L’industria domestica del sé Oggi, invece, il paradigma internettiano sembra essere ribaltato, e l’anonimato ha lasciato il campo alla sovraesposizione dell’identità. Ci si è presto resi conto, infatti, che Internet riservava pressoché a tutti i propri 15 minuti di celebrità. Questa semplice constatazione ha spalancato le porte alla curiosità, al talento e, in dosi massicce, al presenzialismo di molti che per gioco, per caso o per vanità, hanno edificato una Pixeland affollata di blog, pagine personali e, certamente, social network. Le reti sociali costituiscono a vario titolo il più contagioso fenomeno del momento che, con viralità invidiabile, fa germogliare attorno a sé discussioni di ogni sorta, tra cui anche qualche dibattito sulla privacy legata agli iper-aggiornati profili degli utenti. Ma se proprio questi profili da un lato possono essere intesi come porte socchiuse attraverso le quali sbirciare la rappresentazione di una certa intimità del nostro ‘vicino neozelandese’, dall’altro bisogna considerare che dietro queste porte spesso languono posticce scenografie idealizzate, che di intimo hanno ben poco se non la voglia di esserci e farsi guardare. Da tutti. E il fatto che la porta sia socchiusa, poi, non è che un invito malizioso a frugare intimità artificiali che non aspettano altro che essere spogliate - salvo poi rivelarsi in tutta la loro nucleare sterilità. Non a caso i social network hanno agevolmente travalicato l’iniziale funzione di rete di comunicazione tra amici, colleghi e parenti, per trasformarsi in ammiccanti vetrine del sé che suggeriscono morbosi istinti di pornografica autoreferenzialità. Lo spirito apparentemente tribale di questi gruppi virtuali, infatti, è soppiantato dal consolidamento del genuino narcisismo dei membri che ne fanno parte i quali, grazie all’universalità e alla semplicità d’uso del mezzo Internet, sono rapidamente diventati i migliori impresari di sé stessi, trasformando scrivanie, camerette e tavolini da bar in sofisticati laboratori industriali in cui assemblare micro-identità intercambiabili a seconda delle stagioni, dei giorni della settimana o degli umori del momento.
La parola all’immagine Pertanto, pur essendo milioni, molti affiliati ai social network spesso vivono in un isolamento autorealizzante la cui corsa affannosa, anziché verso la comunicazione, vira presto verso la creazione a tavolino di un’immagine virtuale di sé che, in alcuni casi, può essere solo agognata nella vita reale. Si impone, quindi, “il primato dell’immagine sulla realtà in tutte le pratiche della comunicazione privata e pubblica”, così come anticipato da Gustave Le Bon. Le lungimiranti parole del filosofo francese, di fatto, colgono nel segno di una delle caratteristiche pregnanti di Facebook, il social network del momento: l’autoscatto. Questa egocentrica pratica fotografica, infatti, consente agli utenti di stabilire di volta in volta chi voler essere, come voler apparire e, di conseguenza, cosa voler comunicare all’interno della propria rete sociale virtuale, proponendo versioni di sé che non necessariamente coincidono con la propria identità. Di conseguenza, gli individui che non si riconoscono nella propria immagine pubblica possono attingere ad un “pullulare permanente di possibilità illimitate, affascinanti e seduttrici proprio perché prive di vincoli determinanti”.
La monetizzazione dell’intimità Facebook come un’inesauribile, autosufficiente fiera delle vanità, dunque, in cui si cambia pelle così come ci si cambia vestito, e che a volte, però, è alimentata dagli istinti più primordiali del voyeurismo più becero e dell’esibizionsimo più compiacente. Proprio l’autoscatto, infatti, tra le sue numerose declinazioni, passa con disinvoltura dal buffo all’enigmatico, passando dal fashion giù giù fino ad approdare finalmente al sexy. E naturalmente c’è chi ha fiutato l’affare nel potenziale sempreverde di una spalla o di un anca scoperta. Nella fattispecie parliamo del magazine on-line Coed che, ovviamente su Facebook, ha creato un gruppo in cui gli utenti postano i propri scatti bollenti che poi finiranno sulla rivista, con sublime appagamento dei soggetti ritratti, e grande soddisfazione dei web trafficker del sito.
Appaio, quindi sono Non ha nulla da temere neanche chi scalpita per mostrarsi al mondo ma vuole raggiungere la popolarità senza intermediari. Internet, infatti, nella sua infinita benevolenza ha messo a disposizione dei suoi utenti siti come Incopertina.com, che regalano generosi momenti di celebrità a chiunque trovi la voglia di autoritrarsi ed incorniciarsi nelle copertine di popolari riviste. A dimostrazione che, comunque la si voglia mettere, fotografarsi e postarsi sembra ormai un modo come un altro per accertarsi di esserci, in qualche modo. E di essere. Anche in questo caso, infatti, l’immagine si contrappone all’identità, e trova la sua affermazione nel rassicurante mantra ‘appaio, quindi sono’. estratto da:http://www.agoravox.it/Io-e-un-altro-Internet-modifica-la.html |
Post n°91 pubblicato il 03 Dicembre 2010 da sensuale_tt
Scritto da Erich Fromm 05/10/2010 Il concetto di "felicità", che ha un'antica tradizione,continua a svolgere un ruolo determinante nella nostra cultura. A essoricorriamo per affermare che lo scopo della nostra vita è quello diessere felici. Due o trecento anni fa, nei paesi protestanti, non eracosì: scopo della vita era essere graditi a Dio e vivere secondocoscienza. Oggi diciamo che vorremmo essere felici, ma che cosaintendiamo con queste parole? Penso che la maggior parte dellepersone, che non sta tanto a lambiccarsi il cervello, risponderà consincerità: divertirsi. Senza entrare nel merito di ciò che questosignifichi, una tale descrizione della felicità ha ben poco a chevedere con quella data da altre culture, che l'uomo moderno non saneppure immaginare. Ma che cos'è la felicità, una condizione dellospirito? Oppure si è felici solo in rarissimi momenti della vita,quasi che la felicità fosse il frutto prezioso di un albero chefiorisce solo in via del tutto eccezionale, ma che pure deve esisterese produce almeno una volta il suo frutto?Vorrei dire qualche parola sulla natura della felicità dal punto divista psicologico. Molti definiscono la felicità come il contrario deldolore e della sofferenza: dolore e sofferenza da un lato, e felicitàdall'altro. In quest'ottica la felicità viene immaginata e intesa comequalcosa da cui pena, turbamento e dolore sono esclusi. Ma questa ideadi felicità è fondamentalmente errata. Chi non riesce a provare dolorenon è vivo, e chi non è vivo non può nemmeno essere felice. Il doloree la pena sono dunque parte integrante della vita, né più né menodella felicità; pertanto la felicità non può essere l'opposto deldolore. Anzi, sul piano clinico il dolore è in realtà l'esattocontrario della depressione. La depressione non equivale al dolore; ilvero depresso ringrazierebbe il cielo se riuscisse a provare dolore.La depressione è l'incapacità di provare emozioni. La depressione è lasensazione di essere morti mentre il corpo è ancora in vita. Nonequivale affatto alla pena e al dolore, con i quali anzi non ha nientein comune. Il depresso è incapace di provare gioia, così come èincapace di provare dolore. La depressione è l'assenza di ogni tipo diemozione, è un senso di morte che per il depresso è assolutamenteinsostenibile. E' proprio l'incapacità a provare emozioni che rende ladepressione così pesante da sopportare.La felicità può essere definita come l'espressione di una intensavitalità. Secondo Spinoza, l'esperienza di una vita vissutaintensamente corrisponde alla gioia, alla felicità. All'opposto c'è ladepressione, che equivale all'assenza di emozioni. Chi viveintensamente prova sia gioia che dolore, che vanno di pari passo inquanto conseguenze di una vita vissuta intensamente. All'opposto digioia e dolore c'è la depressione, l'assenza di emozioni.Se dicessimo all'uomo della strada che una delle più dolorose malattiepsichiche, se non la più dolorosa, è l'assenza di emozioni, noncomprenderebbe neppure di che cosa stiamo parlando. Anzi, direbbe: «Maè magnifico! Sarebbe fantastico non provare nulla. D'altronde, checosa dovrei mai provare? Io vorrei solo stare tranquillo e non averenulla di cui preoccuparmi». Costui non conosce l'insopportabileesperienza di una condizione psichica del tutto diversa, nella qualenon si riesce più a provare niente.Se applichiamo questi concetti alla nostra cultura, troveremo che lepersone normali sono in gran parte depresse poiché l'intensità delleloro emozioni si è alquanto ridotta. Chi oggi è vittima delladepressione, probabilmente non è tanto più alienato o apatico, e privodi contatto con la realtà, di quanto lo siamo noi; solo che noidisponiamo di difese migliori di chi si ammala di depressione. Vi sonomolte forme di difesa contro la sensazione che ci viene dalla perditadi vitalità. L'industria dell'"entertainment", il lavoro, le feste, leconversazioni superficiali, la nostra routine si configurano comeforme di difesa contro quel terribile momento in cui potremmo davveroaccorgerci di non sentire niente. In questo modo ci proteggiamo dalrischio di essere sopraffatti dalla «melanconia». Alcune persone,probabilmente a causa di una maggiore sensibilità, non dispongono diquesti meccanismi difensivi. E' probabile che costoro sianoparticolarmente predisposti a una condizione psichica in cui nonprovano alcuna emozione, e perciò le loro difese non sono altrettantoefficaci.Nel complesso, cioè a livello della popolazione e senza entrare nelmerito dei singoli individui, possiamo riscontrare una condizionepsichica caratterizzata da una riduzione dell'intensità emozionale chesfiora la depressione: peraltro mitigata, e di fatto compensata, damolteplici forme di difesa che noi chiamiamo divertimento e lavoro.Come il concetto di felicità, anche quello di "sicurezza" è oggi sullabocca di tutti, ed è anzi diventato lo slogan di molti dibattitipolitici. Numerosi psicoanalisti, psichiatri, eccetera pensano che loscopo della vita sia la sicurezza, il sentirsi al sicuro. I genitorisi preoccupano tantissimo che i loro figli si sentano davvero alsicuro. Se un bambino vede che un altro bambino possiede qualcosa chelui non ha, bisogna comprarglielo subito: «Perché così si senterassicurato». La sicurezza si misura in genere in base agli standarddel «mercato della personalità» di volta in volta vigenti. Pare chealcuni psichiatri abbiano decretato che ci sentiamo rassicurati seabbiamo successo, disponiamo di una vasta cultura e corrispondiamoagli standard sui quali si misura il successo. Siamo addiritturaossessionati dalla sicurezza come scopo della vita!Chi critica questa aspirazione alla sicurezza teme soprattutto chel'interesse dell'uomo per la sicurezza minacci la sua intraprendenza.Ma poi questi critici parlano di determinate sicurezze economicheirrinunciabili, come la tutela della vecchiaia, senza neppurechiedersi se una persona che mette da parte un milione di dollari pertrascorrere agiatamente la propria vecchiaia, o che stipula unapolizza di assicurazione sulla vita, non sia vittima di taleesecrabile aspirazione. Comunque, essi sottolineano che nella nostravita tutto ruota ormai intorno a un senso di sicurezza psicologica chefa perdere ogni gusto per l'avventura. Per esempio, un uomo comeMussolini, che era un gran vigliacco ma aveva il senso dellateatralità, coniò lo slogan del vivere pericolosamente. Egli non vi siattenne, benché, nonostante tutte le misure di sicurezza adottate - inaperta contraddizione, quindi, con il suo stesso slogan -, abbia fattouna brutta fine. In ogni caso aveva capito che la gente è sensibileall'idea della vita come avventura.A mio parere, lo scopo dello sviluppo psichico è la capacità disopportare l'insicurezza. Chi dispone anche solo di un briciolo dicapacità intuitiva per quello che sta avvenendo sul nostro pianeta, sache viviamo per molti versi all'insegna dell'insicurezza, e non solo acausa della bomba atomica, ma anche di tutto il nostro stile di vita.Siamo insicuri in senso fisico, psichico e spirituale. Non sappiamopraticamente nulla di quello che dovremmo sapere. Cerchiamo di viverein modo ragionevole, eppure non abbiamo la minima idea di come sifaccia. Mettiamo continuamente in pericolo non tanto la nostraesistenza fisica quanto quella spirituale. Sappiamo pochissimo dellavita, e non appena ce la troviamo di fronte ci sentiamo terribilmenteinsicuri. Chiunque abbia la consapevolezza, anche per un solo istante,di essere come individuo completamente solo, non può non sentirsiinsicuro. In effetti, egli non potrebbe sopportare tale consapevolezzanemmeno per un istante se non fosse in relazione con il mondo, se nonavesse il coraggio di mettersi in relazione, o se non avesse, perusare un'espressione di Paul Tillich, il «coraggio di esistere»(Tillich, 1969).La nostra cultura tende a creare individui che non hanno più coraggioe non osano più vivere in modo eccitante e intenso. Veniamo educati adaspirare alla sicurezza come unico scopo della vita. Ma possiamoottenerla solo al prezzo di un completo conformismo, e di una completaapatia. Da questo punto di vista, anche la sicurezza è l'opposto dellagioia, poiché la gioia nasce da una vita vissuta intensamente. Chivuole vivere intensamente deve essere in grado di sopportare una buonadose di insicurezza, perché in tal caso la vita diventa in ognimomento qualcosa di terribilmente rischioso. Possiamo solo sperare dinon fallire, e di non andare completamente fuori strada.Certo gli esseri umani non hanno perso del tutto il loro spiritod'avventura, poiché la sensazione di vivere in una condizione diassoluta sicurezza, senza alcuna possibilità di avventura, provoca unanoia così terribile da risultare insopportabile. E' questa la funzionedi vari generi di film e di libri, in particolare i romanzi gialli ed'avventura. Ma anche chi legge di persone che divorziano ogni annoprova qualcosa di simile allo spirito d'avventura, benché in ciò nonvi sia proprio nulla di coraggioso. Questo passo è tratto dal libro "I cosiddetti sani. La patologia della normalità" di E. Fromm, pubblicato nel 1991: raccoglie lezioni e discorsi tenuti da Fromm in un arco di tempo che va dall'inizio degli anni '50 alla metà degli anni '70. In particolare, il testo presentato risale al 1953. estratto da: Psicoterapia corporea |
Post n°90 pubblicato il 06 Novembre 2010 da sensuale_tt
Di volta in volta ho pubblicato articoli riguardanti la dipendenza da internet e come l'uso di questo fantastico mezzo di comunicazione possa far fermentare ossessioni e dipendenze tenute sotto controllo dalla razionalitá e dalla ragione ...lo sdoppiamento possibile e celato dietro un monitor puó portare alla distruzione del sé anche nella realtá e all'annientamento del voler "essere" di chi viene intrappolato....vivendo una vita di solamente "sembrare". Non solo facebook...ma tanti troppi altri incontrollate chat offrono l'opportunitá di vivere un momento di "apprezzamento" "cordialitá" "amore" I commenti al video dimostrano come la gente sia ancora del tutto ignara al reale pericolo sociale ed individuale della salute mentale che questi modi possono procurare se usati senza consapevolezza.... Attenzione ai sintomi di dipendenza...... |
Post n°89 pubblicato il 07 Agosto 2010 da sensuale_tt
estratto da:Virtual Affair Yields Real Divorce For UK Couple LONDON — A virtual affair is ending a real-life marriage in southwest England. Amy Taylor filed for divorce when she discovered her husband cheating in Second Life _ an online community where players adopt personas called avatars, mingle with others and teleport themselves into a series of artificial worlds. "I caught him cuddling a woman on a sofa in the game," Taylor told the South West News Service press agency. "It looked really affectionate. He confessed he'd been talking to this woman player in America for one or two weeks, and said our marriage was over and he didn't love me any more." The online drama shows how emotionally invested some people have become in their virtual identities, said Ellen Helsper, a researcher at the Oxford Internet Institute who has studied the impact of the Web on relationships. "For a while there was this impression that as long as it's online, it doesn't matter. But research has shown it's not a separate world," she said, adding that infidelity was "just as painful, whether it's electronic or physical." Taylor, 28, moved in with her husband Dave Pollard, 40, in Newquay, about 280 miles (450 kilometers) west of London, after the pair met in a chat room in 2003, according to the press agency's account. Both are disabled, Taylor said. Both of them created personalities in Second Life, the three-dimensional virtual world with millions of users. Taylor _ represented in the game by a slim, dark-haired young woman with a penchant for cowboy outfits _ first wed her beloved in a virtual ceremony held in an exotic tropical setting. She and Pollard _ whose Second Life avatar was sharp-suited, long-haired muscleman _ then married in real life at a registry office. |
Post n°88 pubblicato il 19 Aprile 2010 da sensuale_tt
- E' fidanzata? Quindi ne è innamorata, sì? "Amore è anche voler far felice la persona amata, volere il suo bene. L’attaccamento era l’amore del bambino per la madre, e questo è l’amore della madre per il bambino. La madre non smette mai di avvicinarsi al figlio, non smette mai di fare qualcosa per lui, di volere il suo bene. I due amori non sono uguali. Capisce, mia cara, e si rivolge alla Bimba, capisce perché dicevo che non è detto che l’amore di lui per lei sia dello stesso tipo del suo? Potrebbe, certo, esserlo, ma non è detto. |
Post n°87 pubblicato il 12 Aprile 2010 da sensuale_tt
Descrizione: Questo è un libro sulle "altre". Sulle donne che amano uomini già sentimentalmente impegnati. È un libro sulle traversie pubbliche e private, le carenze affettive, le perduranti insicurezze, le ostinate illusioni di chi vive un amore clandestino e non sa o non vuole uscire dalla propria condizione di "amante". Su quella terza dimensione della coppia che perdura come una costante storica, inattaccabile dai cambiamenti sociali e dalle rivoluzioni sessuali di ogni epoca. Gianna Schelotto, nella sua lunga esperienza di psicologa, si è trovata assai spesso a dover fronteggiare i disagi, le sofferenze, le "devastazioni affettive" prodotte da situazioni del genere. In queste pagine, attraverso il racconto di storie esemplari, ne ripercorre tutte le angolazioni psicologiche. E se nella narrazione le scappa un po' di affetto, commozione ed empatia verso le protagoniste, non è per sostenere l'amore clandestino a danno di quello coniugale, ma per una sorta di comprensione umana, quella che Dante ha insegnato cantando Paolo e Francesca. E soprattutto è per comprendere, al di là di ogni giudizio morale e moralista, le contraddizioni, le immaturità e le angosce delle donne, e sono davvero moltissime, che si trovano invischiate in storie simili. |
Post n°86 pubblicato il 08 Dicembre 2009 da sensuale_tt
http://www.facebook.com/group.php?gid=74455012488 Da sempre si e' sentito parlare dell'abuso degli uomini sulle donne. Questo e' un fatto reale che si protae da tempo immemorabile. Tuttavia mi chiesi fin dagli inizi della cosi' detta "liberta' della donna" se anche gli uomini non avessero e tuttora subiscono violenze da parte della donna. In UK (mia unica esperienza estera) da quando fu offerto il servizio di linea verde sia per adulti che per bambini, si noto' un lento aumento di uomini che chiamavano per riportare violenze di vario tipo. Purtroppo essi non si dichiarano facilmente in pubblico per non perdere la loro "faccia" e subiscono trovando sfogo, in alcuni casi, in comportamenti che influiscono su altre persone nella societa' e in particolare altre donne. L'abuso verso gli uomini puo' avvenire fin dalla prima eta' dove la figura materna non e' certo quella che dovrebbe dare amore, sicurezza, serenita', comprensione e preparazione verso un'indipendenza d'adulto. Ne segue l'abuso materno negli anni adulti ove questa, per darsi un motivo di esistere, riversa tutte le attenzioni e frustazioni verso i figli che a loro volta acquisiscono un senso di colpa nel lasciare (se mai lo fanno) il nido familiare, oppure percepiscono una visione distorta di come la donna della loro vita dovrebbe essere. Questo abuso psicologico emotivo avviene anche quando una donna, sapendo dell'amore e dei bisogni dell'uomo ne trae vantaggio sottoforma di ricatto subdolo tramite il quale fa fare all'uomo quello che lei desidera addirittura ricattandolo con il pericolo di perdere l'amore dei figli se egli se ne va o non adempie ai compiti da lei prestabiliti. Altro abuso poco riconosciuto e' la violenza fisica che alcune donne infliggono verso gli uomini (vedi link). Sempre di piu' un ulteriore abuso si e' inserito nella societa' l'abuso sessuale-mentale. La continua opportunita' di avere sottocchi elementi di stimolo sessuale, la facilita' con cui questi si possono cercare e/o ottenere porta gli uomini, di per se' visualmente piu' stimolati che le donne, ad un continuo stato di ansieta' nel soddisfare i loro naturali istinti sesssuali. Gli uomini in genere si compiacciono di queste "opportunita'" di sollazzarsi poiche' se dichiarassero altrimenti non si sentirebbero "uomini". Al contrario di quanto dichiarato essi vivono un profondo senso di frustrazione e scontentezza non riuscendo a trovare una strada che li procuri la serenita' che anche loro auspicano. Spesso singles quarantenni "vagano" alla ricerca di un ideale che loro stessi non sanno quale sia dichiarando che "tutte le donne sono puttane" oppure "le donne non sono piu' come una volta" eppure le si ritrova sulle varie chat a "sviolinare" per trovare l'incontro facile per seguire il famoso motto "chiodo scaccia chiodo" senza rendersi conto che cosi' facendo stanno rimanendo nel limbo di esterna confusione. I Media non fanno altro che esasperare ed incoraggiare questo abuso psicologico emotivo portando gli uomini a non comprendere piu' la loro posizione nella societa' e in relazione alle donne. Sia un'esperienza negativa che quello che non si conosce porta ad avere paura ed ecco come gli uomini hanno paura delle donne. Forse converebbe fermarsi e soffermarsi sugli abusi che le donne sia volontariamente che involontariamente stanno facendo agli uomini per rendersi conto che se si continua in questa maniera non si progredira' ma si invertiranno semplicemente le posizioni. Un evento inauspicabile e deleterio socialmente.
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Post n°85 pubblicato il 06 Novembre 2009 da sensuale_tt
Quando si puo' dire che l'emotivamente abusato (o dipendente emotivo) diventa uno stalker? o l'abusatore emotivo (allumeur) sia uno stalker?? L'abuso fisico e' un atto evidente e conseguentemente puo' essere definito tale a tutti gli effetti. Altri abusi come quello sessuale ed emotivo sono piu' difficili da determinare perche' possono avvenire senza lasciare segni visibili purtuttavia essi sono profondi e distruttivi. Come da posts precedenti, chi subisce un abuso (come chi lo infligge) ha molto spesso delle instabilita' subcoscienti che non riesce a gestire o talvolta non si rende conto di avere. Inoltre in alcuni tipi di abusi bisogna considerare la percezione dell'atto, ritenuto forse abusivo, da parte di chi lo riceve. Comportamenti interpretati erroneamente possono portare le persone a comportarsi in maniera che puo essere definita abusiva da parte di chi si e' comportato in maniera non chiara e quindi aperta a misinterpretazione del fine di tali comportamenti. Nel campo emotivo la difficolta' di stabilire le cause che portano un individuo ad agire in maniera da poter essere considerato uno stalker (come un bully) sono talvolta non chiare. Mentre chi ha subito l'abuso fisico/sessuale difficilmente stalkera' il suo abusatore (anche se potrebbe succedere dipendendo da come questo abuso sia avvenuto), l'abusatore emotivo (allumeur) potrebbe essere considerato di per se' gia' uno stalker perche' le sue intenzioni sono di disturbare la pace emotiva della sua vittima; egli/ella pero' puo' essere considerato tale quando persiste nel contattare la vittima anche se consapevole del disturbo mentale che egli provoca...ma come provare questo legalmente??? Dall'altro campo il dipendente emotivo subisce la molestia mentale di un far credere da parte dell'allumeur una relazione che non esiste, si sente incoraggiato/a ad avere comportamenti che possono anche questi essere interpretati di stalkaggio...ma come provare legalmente che il loro comportamento e' stato incoraggiato??? Lo stesso pensiero vale per il bullismo...non sempre chi e' bullato e' la vittima ma al contrario e' l'istigatore del proprio bullaggio. LE NORMALI LEGGI CIVILI NON SCRITTE DI RISPETTO RECIPROCO STANNO SCEMANDO LASCIANDO POSTO ALLA LEGISLATURA CHE NON CONOSCE I RETROSCENA DI DETERMINATI COMPORTAMENTI. PIANO PIANO SEMBRA CHE LA PAZZIA SIA SOLO UN MODO DI VIVERE MENTRE L'AMORE NEL PIU' PROFONDO DEL SUO SIGNIFICATO NON VENGA PIU' GIUSTIFICATO MA ANZI CONDANNATO.
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Post n°84 pubblicato il 06 Novembre 2009 da sensuale_tt
http://mountcope.wordpress.com/2009/03/31/i-will-find-you/ “An emotional abuser sees himself as a blameless victim, and denies his own provocative behavior, even going so far as to bemoan the fact that a partner left him, or threw him out, “after all the things I did for her”… The emotional abuser will play up the “pathos” in an attempt to garner sympathy, all the while, continuing to stalk his ex, making jokes about things he could do to upset her, and invading her personal space and boundaries at social functions. Like physical abusers, emotional abusers will often stalk their former partners. The stalker’s objective is often to control her through cultivating fear rather than making direct or specific threats, or confronting the her. Sometimes this stalking can take the form of simply moving into the same neighborhood as a former partner, and letting her know, through friends, where he is living. His move into her neighborhood will be “justified” by him for some specious reason, but the reality is, he can’t let go and is still trying to control her and inflict pain on her after the relationship is over. This is a subtle form of terrorism, because abuse victims are often very emotionally (if not physically) afraid of their abusers once they wake up. She will know that she might run into him at the local convenience store, gas station, supermarket, or on a walk. He is, in effect, pissing on her boundaries (something abusers have no respect for) and trying to make them his own. He may even begin dating someone who lives very close to her, so that he has an excuse to go by her house, or park his car nearby. Ex-partners of abusers will often express fear of their abuser, and will have no desire to be anywhere near the abuser. On the other hand, the abuser may try to appear as if he is calm, rational, and still supportive of his ex-partner, despite the fact that he will also express the opinion that he believes she is quite unstable. He will make statements such as saying that he “bears her no ill-will”, etc., but then will show no respect for her boundaries or her requests for him to stay away from her. The abuser will still inquire with friends as to how she is doing, implying that his inquiry is because he cares about her – he does care – about retaining those last vestiges of control, even after the breakup. What he really wants to know is if she is suffering or doing badly, because that feeds his sick ego. He feels best when he puts other people in as much pain as he is in.” Natalie P |
Post n°83 pubblicato il 06 Novembre 2009 da sensuale_tt
LO STALKING: CONOSCERLO E DIFENDERSI SINDROME DEL MOLESTATORE A cura della Dott.ssa Monica Monaco http://www.benessere.com/psicologia/arg00/sindrome_molestatore.htm Alcuni comportamenti come telefonate, sms, e-mail, “visite a sorpresa” Inseguimento, molestia, persecuzioInseguimento, molestia e In effetti alcuni studi compiuti su questo fenomeno (Mullen P. E. & al., 2000)
Il comportamento stalkizzante è stato delineato nei suoi dettagli più specifici
Identikit del molestatore assillante
La coazione che connota il comportamento di stalking, e che È molto importante sottolineare altresì che lo stalking non è un fenomeno Ciò che è importante comprendere è che dietro a comportamenti di
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Post n°82 pubblicato il 19 Ottobre 2009 da sensuale_tt
"Nove volte su dieci la frigidità è più un odio verso l'atto fisico in sè nel quale la donna non trova quella comprensione necessaria per giungere alla piena soddisfazione. Molto spesso si sente parlare di donne che si ritengono frigide e/o il loro patner le definisce tali. Questo spesso provoca una forte frustazione nelle donne che sanno chiaramente di non esserlo ma che a differenza degli uomini (che non solo danno una grande importanza alla loro mancanza di stimolo ma anche non si chiedono mai se la causa della frigida' della loro donna non siano stati proprio loro ad averla causata) si fanno mille domande del perche' non "hanno piu' voglia" oppure subiscono il sesso senza domandarsi perche' non hanno mai raggiunto l'orgarmo o non lo raggiungono piu'. Il tutto dando una motivazione errata che a loro il sesso non interessa piu' o che e' dovuto all'eta'. Esse non si chiedono mai "il mio lui mi attrare ancora???""perche' ho perso l'interesse in una cosa che un tempo piaceva anche a me??? "L’orgasmo femminile può essere facilmente condizionato dai meccanismi del “trattenersi” e del supercontrollo che sono, probabilmente, fondamentali nella patogenesi di questo disturbo. Estratto da:http://www.ipsico.org/raggiungere_orgasmo_femminile.htm |
Post n°81 pubblicato il 08 Ottobre 2009 da sensuale_tt
Per la natura di questo blog mi riferiro' al narcisimo fallico prendendo spunto sia da scritti che da esperienze personali. "Purtroppo, è troppo frequente, nei colloqui psicologici, la lagnanza di entrambi i sessi sull'impossibilità di trovare ‘ uomini veramente maturi ‘, e‘donne veramente impegnate nel rapporto’ e ciò non può che scaturire dalla riluttanza e dalla paura del cambiamento, della trasformazione inevitabile che l'amore richiede: la rinuncia al narcisismo.....(vedi blog 74 del 26 luglio 09). E' evidente che nella vita di tutti i giorni ognuno di noi necessita il narcisimo, una forma di individualismo, necessario per poter ottenere quello che appaga i bisogni primari per la soppravvivenza (narcisismo primario) 'Il narcisismo e' un modo di essere fondamentale dell'individuo caratterizzato dall'avere tutta l'energia psichica (libido) contenuta in se.' Tuttavvia nella fase transizionale di internalizzazione e dello sviluppo dell'IO che affrontera' la realta il nacismo, chiamato secondario, puo' non riuscire ad acquietare le pulsioni degli stimoli dettati dall'IO primario. Antonio alberto Semi (Il Mulino- 2007)descrive nel suo libro diversi aspetti del Narcisismo.
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Post n°80 pubblicato il 21 Settembre 2009 da sensuale_tt
dal libro: Arcipelago Malinconia a cura di Biancamaria Frabotta Donzelli Editore A pagina quattro quarto paragrafo James Hillmans descrive le varie percezioni sulla vita che incapsulano lo stato emotivo della malinconia. Egli descrive come la corsa a varie aspirazioni materialistiche e l'influenza esterna unitamente a metodi di comunicazione meccanizzati, al dover fare tutto in fretta con la conseguente "assenza di profondita', porta l'uomo ad uno stato ansioso continuo e desideroso di fuggire a questa "persecuzione di essere e fare" "ossessione di pensare" per rifugiarsi, ironically, nella malinconia stessa fino talvolta allo sfocio della depressione. |
Post n°79 pubblicato il 05 Agosto 2009 da sensuale_tt
La copertina del libro appena letto con avidita' e interesse...scorrevole, semplice e complicato allo stesso tempo con riferimenti storici e letterari che non tutti comprendono o ne sono informati della connessione agli eventi che vengono a svilupparsi. Di certo un libro VERO che rispecchia LE NUOVE DIPENDENZE che ho descritto nel mio blog e alle quali ben pochi hanno commentato presi come sono a rincorrere il sogno piuttosto di fermarsi e capire che cosa sta succedendo. Anche Arianna pur essendo una donna istruita e colta non fu capace di fermarsi ed apprezzare cio' che aveva con la sua sete di essere riconosciuta per quello che era dopo anni di anonima routine familiare. Una storia di tante/tanti simile ma non uguale...Un libro che, letto dalla donna medio borghese, fa giudicare Arianna una pazza dagli ormoni sbilanciati e sgualdrinella da due soldi...che ha tutto ed e' annoiata e cerCa nuove emozioni...commenti come "non riesco a capire come ci si possa innamorare di uno che manco vedi o conosci...sicuramente alla nostra eta' si sa che ci sono gli ammagliatori e cafoni!" Un libro che ha bisogno di essere letto proprio da chi dice " Quelle hanno voglia solo di una cosa...tutte le donne sono uguali...delle frustrate e annoiate, il marito non glielo da piu' e allora lo cercano...." Ed ecco che questi uomini, A LORO VOLTA ANNOIATI E SOLI, innamorati dei loro genitali, si cementano a conquistare via internet credendosi il Dio Bacco, Dionisio ,Turms, Ercole, Ulisse O CHI ALTRO...Senza rendersi conto di quanto male fanno, quante famiglie rovinano...o godendo proprio di questo. SI UN LIBRO, questo, CHE DEVE ESSEERE CREDUTO ANCHE SE NON TUTTE PERCORRONO LO STESSO CAMMINO DI ESPERIENZA SESSUALE PER CAPIRE SE STESSE...TANTE SI FERMANO PRIMA...MOLTO MOLTO PRIMA PERCHE' FORSE HANNO LA FORTUNA DI AVERE CHI LE STA VICINO E LO CAPISCONO IN TEMPO... BRAVA ARIANNA....ASPETTO NUOVI LIBRI DA TE: LIBRI CHE MI DICONO COME E' FINITA ARIANNA...LIBRI DI ALTRE ARIANNE CON PERCORSI MENO DISTRUTTIVI DELLA PROPRIA FEMMINILITA'....MA TANTO DOLOROSI QUANTO E' STATO IL TUO. |
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il 11/12/2023 alle 08:37
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il 08/05/2014 alle 09:59
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il 06/06/2013 alle 12:25
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il 06/06/2013 alle 12:22
Inviato da: Rita
il 23/03/2013 alle 19:10