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Sulle dita di una mano

Post n°2 pubblicato il 07 Dicembre 2015 da ASIA1929

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Il tempo lenisce, sorprende, insegna, consegna la consapevolezza di possedere, o di aver fruito, in numero limitato, di “sostanze” che non hanno un valore economico, pur trasformando chi ne gode in una persona agiata come poche. Presenze costanti, silenziose o rumorose, mosse da un affetto o dall’amore, senza le quali albe e tramonti assumerebbero valenze diverse e del loro rincorrersi rimarrebbe solo il vuoto. Esclusi coloro che ci amano, solo per il nostro esistere, perché prolungamento della vita e “partenza-traguardo” della stessa, perché compagni di un viaggio in cui il cuore mette in circolo lo stesso sangue, c’è poco da girarci intorno e da riflettere, le persone che riterremo importanti, difficilmente latitanti, saranno poche. Il/la compagno/a di scuola, chi ha condiviso con noi i giochi d’infanzia o l’adolescenza, scortandoci in un continuo maturare, un incontro casuale, in grado di scacciare amarezza e solitudine, destinato a radicarsi, la voce e l’inconfondibile tepore dell’Amore! Come le dita di una mano, poche, sottili ma robuste, capaci di stringere, creare, accarezzare, dal pollice al mignolo, uniche, efficaci … indispensabili, così siamo propensi a credere. È vero, perché nasconderlo, raccontandosi una fiaba dall’ipocrita lieto fine, un incidente voluto, procurato, accidentale, potrebbe comprometterne l’integrità e mostrare una dolorosa imperfezione. L’amicizia calpestata, i sentimenti mai sottoposti a processo, una o più falangi ferite o brutalmente amputate. La sofferenza mortifica, debilita ma non paralizza la stretta coraggiosa di una mano che acciuffa e fa sua la speranza. Ciò che è perso non ritorna, non scivola tra le trame di un creato fatato che vede ricrescere una codina abbandonata o rispuntare la dentatura andata, ma educa a guardare oltre ogni limite, ad allontanare la resa e a credere che lo sgretolarsi di un sentimento non uccide, ma crea lo spazio per accogliere un bene ancor più grande.

 
 
 
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