Creato da righe_di_vita il 01/04/2007

Titoli di coda

Per entrare sotto la pelle, penetrare emozioni con il linguaggio delle immagini adattando le semplici parole!

 

« Messaggio #56Distanze »

La sedia di paglia

Post n°57 pubblicato il 31 Maggio 2007 da righe_di_vita
 
Foto di righe_di_vita

Mio padre e mia madre seduti sulle vecchie sedie impagliate da poco. L'odore della paglia è fresco e si stempera nella cucina mescolandosi all'odore della polenta e dello spezzatino.
Straccetto, il gatto è acciambellato ai miei piedi, anche lui aspetta una risposta.
-Allora hai deciso?-
Il primo a rompere quel silenzio pesante come un macigno è mio padre. Uomo di montagna, rigido come i bastoni che usa per scacciare le vipere, il viso solcato da rughe che sembrano tracciare una scia di pensieri dagli occhi fino sulla bocca arsa dal sole e dal freddo.
Alto, massiccio con il portamento di un guerriero indiano. Non ha mai lasciato le sue montagne, non ha mai compreso chi lo faceva.
Come me. Ho deciso di accettare il lavoro a Torino.
-Sai cosa ti aspetta vero in quella città-
Un colpo secco di accetta su "quella città", come quando taglia la legna per l'inverno, un colpo preciso che non lascia segni e divide in due il tronco, senza lasciare traccia.
Lo so cosa mi aspetta in una città che non conosco, che ho frequentato soltanto per studiare e che mi tenta fino al punto di non aver più voglia di tornare a casa, se non fosse per loro, i miei genitori, se non fosse per la mia indecisione sul cosa fare.
Poi, una borsa di studio e un apprezzamento da parte del professore, quello in gamba, che mi seguiva con passione, la stessa che ha contagiato anche me, quando mi ha proposto il lavoro, nella piccola ditta di un suo parente.
Adesso sono qui, di fronte ai miei giudici , squadrato in ogni angolo del mio essere, imbarazzato per quella decisione, per le mie parole che non vogliono essere definitive, un allontanamento motivato, un allontanamento per la vita. La mia.
Ma, mentre mia madre, fra una lacrima e un sorriso di approvazione cerca di entrare in me e capire le mie esigenze, la mia determinazione che vale un posto sicuro, guadagno a fine mese, senza tribolazioni e incertezze; lui no. Mio padre è come le sue rocce, ben piantate che nemmeno una valanga smuove. Lui no, non accetta, ne fa una questione di insofferenza per il mio paese, per i miei amici, per loro.
- Papà, tornerò ogni fine settimana!-
Lui lo sa già che non è vero e me lo sbatte in faccia come uno schiaffo. Sa già che cambierò il mio modo di essere, di parlare di vestire. L'ha già visto, sto diventando un "damerino di città". Non sarò mai un uomo se vado via da qui!
E' difficile per me attraversare quel muro di disprezzo per tutto quello che è , in fondo, la nostra provincia. Torino è la nostra città , cerco di spegarglielo. Ma lui la nega, non vuole sentir parlare della grande città.
Il mio paese è radicato in una mentalità chiusa a chiave da tradizioni montane che nemmeno una pioggia di mattoni riuscirebbe a sfaldare, incrinare.
E io adesso, ne faccio un pò le spese di tutto questo.  Fino ad un mese fa, quando mi presentai a casa con il mio bel diploma sottobraccio, ero il suo orgoglio.
All'osteria non faceva che parlare di suo figlio, lo "studiato" di casa. E adesso?
Tutto crolla fatalmente sotto il peso della partenza verso "quella città"!
Poche parole , le sue, nel tipico sistema montanaro. Poche parole che riescono a distruggere anni di sacrifici e ripensamenti, parole che inchiodano ad una scelta, che mi scarnificano le ossa, induriscono i miei sensi. Mi ha messo alle corde.
- Va bene così, ti auguro di farcela, ma non tornare indietro, qui non c'è più nessuno per te.-
Si alza e senza un saluto esce dalla porta, chinando un poco la schiena, ha un grosso peso adesso da portare. Io sarò un grosso peso per il suo stomaco che nessun maalox potrà guarire.
Sono partito con il magone in mezzo agli occhi. Non mi perdonerà mai lo so, è un uomo tutto di un pezzo, che non si piega e potrei diventare presidente della repubblica, ma a lui non importerà. Ho offeso il suo nome e il suo paese. Una distanza fra me e il suo mondo insuperabile.
Quasi trent'anni sono trascorsi da quel giorno.
Lui è rimasto il vecchio caparbio e intransigente. Io ho seguito la mia strada, la mia vita. Ieri ero davanti a lui, i suoi occhi indagavano dentro i miei, indugiavano sul mio viso. Avvolto nel suo tabarro, seduto sulla sua sedia, ormai non profuma più di paglia,
una luce accende il suo sguardo e come sempre da un pò di tempo esclama stupito:
-Ah, ma sei qui? Ma tu non dovevi partire per "quella città"?-

 
 
 
Vai alla Home Page del blog

AREA PERSONALE

 

GUARDIANI DELLA PORTA

 Fionamay10
mariluci_17
Anagoor.ma
Aldobrando_1958
SimonaG70
PrincipeDistratto
Valerio_702013
Valdellatorre1968
Survivor

 

 

 

I disegni di  Fionamay10
 sono tratti da fumetti
ed eseguiti con semplici
matite a mano libera.
E' vietato l'utilizzo
a meno del consenso
dell'autrice.
Chiedere è lecito ed
evita malintesi
.
Inoltre:
E' vietato utilizzare:
le foto personali
i pezzi liberamente
pensati e scritti
i disegni e quanto
altro di proprietà
degli autori del blog
se non su richiesta

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 6
 

 

TAG

 

 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

CHI PUò SCRIVERE SUL BLOG

Solo i membri di questo Blog possono pubblicare messaggi e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 

 
 

 
RSS (Really simple syndication)Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963