Alla luce di Dio
canterò al mio Diletto un cantico d'Amore
AREA PERSONALE
LEGGENDA NATALIZIA
a Betlemme con la Santa Famiglia.
La notte, mentre la famiglia dormiva. notò
che il fuoco si stava spegnendo.
Così volò giù verso le braci
e tenne il fuoco vivo con il movimento
delle ali per tutta la notte, per tenere
al caldo Gesù bambino.
Al mattino, era stato premiato con
un bel petto rosso brillante come simbolo
del suo amore per il neonato re.
Quell'uccellino oggi si chiama "pettirosso"
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IL RE DEL NOSTRO CUORE
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Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro.
Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio”.
Parola del Signore
Come vivere questa Parola?
Nella Scrittura troviamo tanti appelli al reciproco rispetto, al rapporto corretto con gli altri, e non solo, l'insegnamento di Gesù prevede il perdono senza limiti, cioè quello che fa la differenza cristiana. Una lezione importante circa il perdono la impariamo da un dialogo del Maestro con Pietro.
Alla domanda dell'apostolo: "Signore, se il mio fratello pecca contro di me, quante volte gli dovrò perdonare?" E alla stessa proposta di Pietro: "Fino a sette volte?" Gesù risponde: "settanta volte sette", che non significa: alla quattrocentonovantunesima offesa possiamo smettere di perdonare, bensì che non esiste limite al perdono che il servo di Dio deve essere disposto ad offrire.
A questo punto, si deve osservare che tra i Rabbini vigeva la regola che l'offesa andava perdonata per tre volte, ma non di più. La quarta offesa andava punita. Pietro era andato oltre quella regola, ma Gesù aveva ignorato la sua proposta, apparentemente generosa. Il perdono verso gli altri è il modo in cui i cristiani esprimono la loro fede. E' fondamentale che coloro che sono stati perdonati ad un prezzo altissimo diventino a loro volta creature di perdono. Il perdonato deve diventare sempre perdonante. Se fosse per noi, invece, coloro che ci feriscono dovrebbero sempre ricevere una giusta punizione. Troppe divisioni, troppi litigi, troppe maldicenze, troppe meschinità sono state da noi giustificate frettolosamente come inevitabili e invece erano solo segno di una nostra grande lontananza dal Vangelo, da Gesù.
E' necessario ricordare che al centro della fede cristiana esiste una croce e su quella croce il Figlio di Dio è morto per togliere i nostri peccati. Max Thurian, monaco di Taizé, afferma: "Chi non è capace di perdonare non è capace di amare".
La voce di un pover'uomo
Erba 2006. Carlo Castagna, padre, marito, nonno delle vittime della strage, che l'ha privato degli affetti più cari, risponde a un'intervista: "Perdonare? Ma certo che bisogna perdonare! Come si fa a non perdonare? Scherziamo!?! Se non si perdona è finita per tutti! Dove si va a finire in questo mondo? Si torna ai tempi della giungla e alla legge della foresta. Non resta più niente di buono in questo mondo per cui val la pena andare avanti!" Un sacerdote commenta: " Ho capito immediatamente che quelle parole avevano a che fare con Dio e la sua Parola di sempre, con Gesù e la sua forza soprannaturale. Mi è venuto spontaneo dire: Io avrei saputo vivere così il Vangelo di Gesù?".
Santa Francesca Romana Religiosa Roma, 1384 – 9 marzo 1440
Nacque a Roma nel 1384. Cresciuta negli agi di una nobile e ricca famiglia, coltivò nel suo animo l'ideale della vita monastica, ma non poté sottrarsi alla scelta che per lei avevano fatto i suoi genitori. La giovanissima sposa, appena tredicenne, prese dimora con lo sposo Lorenzo de' Ponziani altrettanto ricco e nobile, nella sua casa nobiliare a Trastevere. Con semplicità accettò i grandi doni della vita, l'amore dello sposo, i suoi titoli nobiliari, le sue ricchezze, i tre figli nati dalla loro unione, due dei quali le morirono. Da sempre generosa con tutti, specie i bisognosi, per poter allargare il raggio della sua azione caritativa, nel 1425 fondò la congregazione delle Oblate Olivetane di Santa Maria Nuova, dette anche Oblate di Tor de' Specchi. Tre anni dopo la morte del marito, emise ella stessa i voti nella congregazione da lei fondata, assumendo il secondo nome di Romana. Morì il 9 marzo 1440. (Avvenire)
L'IMPOSSIBILE VIVERE
1O E LODE
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