Alla luce di Dio
canterò al mio Diletto un cantico d'Amore
AREA PERSONALE
LEGGENDA NATALIZIA
a Betlemme con la Santa Famiglia.
La notte, mentre la famiglia dormiva. notò
che il fuoco si stava spegnendo.
Così volò giù verso le braci
e tenne il fuoco vivo con il movimento
delle ali per tutta la notte, per tenere
al caldo Gesù bambino.
Al mattino, era stato premiato con
un bel petto rosso brillante come simbolo
del suo amore per il neonato re.
Quell'uccellino oggi si chiama "pettirosso"
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IL RE DEL NOSTRO CUORE
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« meditazione del giorno by roby | dal messaggio di MAria » |
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
Parola del Signore
Dio conosce per nome il povero Lazzaro (il nome in Israele è manifestazione dell'intimo: Dio conosce la sofferenza di questo mendicante!) mentre non ha nome il ricco epulone che – peraltro – non viene descritto come particolarmente malvagio. Il senso della parabola, la parola chiave, a me pare, è: "abisso". C'è un abisso fra il ricco e Lazzaro, c'è un burrone incolmabile. La vita del ricco, non condannato perché ricco, ma perché indifferente, è tutta sintetizzata in questa terribile immagine. E' un abisso la sua vita. Probabilmente buon praticante, non si accorge del povero che muore alla sua porta. L'abisso invalicabile è nel suo cuore, nelle sue false certezze, nella sua supponenza. In altri tempi quest'atteggiamento veniva chiamato "omissione": cioè un cuore che si accontenta di stagnare, senza valicare l'abisso e andare incontro al fratello. Quante volte mi sento dire in confessionale: "non faccio del male a nessuno" come il ricco della parabola! Già, ma questa tensione al minimo non può dissetare. Lazzaro, invece, chiamato per nome (tra l'altro: è una contrazione di Eleazaro che significa "Dio ha aiutato") riceve da Dio l'attenzione negatagli dal ricco. Come ci poniamo di fronte a questa parabola? Non possiamo tirarci da parte di fronte al dramma della povertà che è la negazione dell'uomo, davanti al problema della disoccupazione, davanti ad un'economia che vive del capitale, scordando l'uomo. L'attenzione al povero, che non è atto volontaristico e sociale tanto di moda oggi, diventa misura della nostra fede. Mi accorgo della povertà economica, spirituale, umana che ho intorno a me? Noi, che abbiamo conosciuto Colui che è più di Mosé e dei profeti, non possiamo far finta di non vedere Lazzaro che muore alla porta di casa. Dio chiama per nome Lazzaro, non gli sgancia dieci Euro. Si lascia coinvolgere, ascolta le ragioni, non accetta gli inganni, aiuta a crescere. Così la nostra comunità, sempre più, deve lasciare che lo Spirito susciti in mezzo a noi nuove forme di solidarietà che rispondano alle nuove forme di povertà. La sete del ricco, finalmente sete di chi ha capito, è una sete che fin d'ora percepiamo se abbiamo il coraggio di ascoltarci dentro.
San Casimiro Principe polacco |
Cracovia, Polonia, 3 ottobre 1458 – Grodno, Lituania, 4 marzo 1484 Nasce a Cracovia, nel 1458. Figlio del re di Polonia, appartenente alla dinastia degli Jagelloni, di origine lituana. Quando gli Ungheresi si ribellarono al loro re, Mattia Corvino, e offrirono al tredicenne principe Casimiro la corona, questi vi rinunciò appena seppe che il papa si era dichiarato contrario alla deposizione del regnante. Impegnato in una politica di espansione, re Casimiro IV (1440-1492) diede al terzogenito l'incarico di reggente di Polonia e il principe, minato dalla tubercolosi, svolse il compito senza lasciarsi irretire dalle seduzioni del potere. Non si piegò alle ragioni di Stato quando gli venne proposto dal padre il matrimonio con la figlia di Federico III, per allargare i già estesi confini del regno. Il principe Casimiro non voleva venir meno al suo ideale ascetico di purezza per vantaggi materiali cui non ambiva. Di straordinaria bellezza, ammirato e corteggiato, Casimiro aveva riservato il suo cuore alla Vergine. Si spegne a 25 anni a Grodno (in Lituania) il 4 marzo 1484. Nel 1521 papa Leone X lo dichiarò patrono della Polonia e della Lituania. (Avvenire) |
L'IMPOSSIBILE VIVERE
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