Creato da: Antologia2 il 08/08/2008
Greatest hits 2

 

 

...

Post n°66 pubblicato il 30 Gennaio 2009 da Antologia2

 

 

IN PRIMO PIANO:
 

Benedetto XVI: un ingannevole concetto di libertà

 

Questo lavoro educativo si vede però ostacolato da un ingannevole concetto di libertà, in cui il capriccio e gli impulsi soggettivi dell'individuo vengono esaltati al punto da lasciare ognuno rinchiuso nella prigione del proprio io …

Oggi più che mai si ha bisogno della testimonianza e dell'impegno pubblico di tutti i battezzati per riaffermare la dignità e il valore unico e insostituibile della famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna e aperto alla vita, e anche della vita umana in tutte le sue fasi.

 

.... 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 65

Post n°65 pubblicato il 14 Gennaio 2009 da Antologia2

Social card e Bonus: un semi-flop

 

Perché non riusciamo a far bene il bene?

 
 

Per certi versi sembra un deja-vù. Come il «Contributo per gli incapienti» di prodiana memoria, infatti, anche il «Bonus famiglie» che domani va al voto alla Camera rischia di rivelarsi l’ennesima una tantum non centrata sulle necessità dei nuclei familiari. E, assieme alla «Social card» che faticosamente sta arrivando nelle tasche dei più deboli, rivela molte delle contraddizioni nelle quali si dibatte la nostra politica, anche al di là del colore della maggioranza pro-tempore. Non siamo tra chi disdegna 40 euro di aiuto mensile per coloro che hanno redditi bassissimi, come previsto dalla «Carta acquisti» (per chiamarla all’italiana).

E se questo è l’avvio di un nuovo strumento di contrasto alla povertà, capace di mobilitare oltre che risorse pubbliche anche fondi privati grazie a donazioni e sconti aggiuntivi sui prezzi, l’idea ci pare da apprezzare. Ma proprio per rispetto dei più deboli, sarebbe necessario che il rilascio non fosse un percorso a ostacoli defatigante, impossibile per molti anziani, che venisse condotta un’ampia informazione per diffonderne l’utilizzo. E, ovviamente, sarebbe necessario che funzionasse subito. Per evitare quel che è capitato a una pensionata, arrivata alla cassa del supermercato col carrello pieno per metà di prodotti e per metà di speranze, e che ha dovuto lasciar giù e gli uni e le altre, giacché la tessera non era stata caricata coi fondi promessi. Il fatto che finora siano state attivate solo 350mila carte rispetto all’1,3 milioni preventivati rivela un’alternativa: o è troppo difficile ottenerla oppure i requisiti richiesti sono tarati male e non individuano esattamente l’area del bisogno.

Discorso simile per il cosiddetto «Bonus famiglie» variabile da 200 a mille euro una tantum. Carico di contraddizioni, a partire dal fatto che, al di là del nome, l’82% dei beneficiari saranno singoli e coppie senza figli. Il perché è presto spiegato: i diversi tetti di reddito massimo per accedere al beneficio sono stati fissati a un livello assai più alto delle relative fasce di povertà per single e coppie, mentre sono pari o addirittura al di sotto della linea di povertà per le famiglie con figli. E dunque solo i nuclei con figli poverissimi beneficeranno del bonus, che invece andrà anche a singoli in grado di cavarsela da soli.

Così, quell’'embrione' di quoziente che pareva finalmente apparso risulta vanificato. Il Forum delle associazioni familiari, non a caso, già a inizio dicembre aveva avanzato una proposta di modifica che riequilibrava i pesi tra singoli e nuclei con figli, senza aumentare la spesa complessiva. Un’indicazione apprezzata da esponenti della maggioranza e dell’opposizione, che avevano perciò elaborato un emendamento in tal senso. La modifica è stata però bloccata qualche notte fa in commissione Bilancio alla Camera, per il semplice fatto che ormai erano stati stampati e inviati agli uffici competenti i moduli per la richiesta del Bonus, con i parametri già stabiliti nel decreto originario del governo. E che quindi – di fatto – erano ormai immodificabili dal Parlamento, che pure dovrebbe esser sovrano.
 
Al di là delle vicende dei singoli provvedimenti, c’è un deficit che si può rintracciare come un filo rosso nei diversi abbozzi di 'politiche familiari' di oggi e del passato. Prima ancora della scarsa disponibilità di risorse, a mancare è un confronto non episodico, non all’ultimo minuto, con chi rappresenta davvero le istanze familiari. Non basta a sostituirlo qualche incontro – quando lo si tiene – con i sindacati confederali: questi rappresentano, con pregi e difetti, i soli lavoratori dipendenti. Le famiglie, le loro esigenze, sono altro. Al fondo, pare esserci invece l’idea di una politica che crede di poter bastare a se stessa, di sistemare le cose in proprio alla svelta, salvo accorgersi poi di essere stata inefficace. Un solipsismo che porta a sottovalutare i bisogni reali e finisce preda delle pastoie burocratiche nell’attuazione delle scelte. Lasciando sul campo più delusione che aiuti concreti.

 

Francesco Riccardi 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

110 E LODE  !!!!!!!

 

Post N° 63

Post n°63 pubblicato il 12 Gennaio 2009 da Antologia2

Come dobbiamo configurarci concretamente questo cammino di ascesa e di purificazione? Come deve essere vissuto l'amore, perché si realizzi pienamente la sua promessa umana e divina? Una prima indicazione importante la possiamo trovare nel Cantico dei Cantici, uno dei libri dell'Antico Testamento ben noto ai mistici. Secondo l'interpretazione oggi prevalente, le poesie contenute in questo libro sono originariamente canti d'amore, forse previsti per una festa di nozze israelitica, nella quale dovevano esaltare l'amore coniugale. In tale contesto è molto istruttivo il fatto che, nel corso del libro, si trovano due parole diverse per indicare l'« amore ». Dapprima vi è la parola « dodim » — un plurale che esprime l'amore ancora insicuro, in una situazione di ricerca indeterminata. Questa parola viene poi sostituita dalla parola « ahabà », che nella traduzione greca dell'Antico Testamento è resa col termine di simile suono « agape » che, come abbiamo visto, diventò l'espressione caratteristica per la concezione biblica dell'amore. In opposizione all'amore indeterminato e ancora in ricerca, questo vocabolo esprime l'esperienza dell'amore che diventa ora veramente scoperta dell'altro, superando il carattere egoistico prima chiaramente dominante. Adesso l'amore diventa cura dell'altro e per l'altro. Non cerca più se stesso, l'immersione nell'ebbrezza della felicità; cerca invece il bene dell'amato: diventa rinuncia, è pronto al sacrificio, anzi lo cerca.

Fa parte degli sviluppi dell'amore verso livelli più alti, verso le sue intime purificazioni, che esso cerchi ora la definitività, e ciò in un duplice senso: nel senso dell'esclusività — « solo quest'unica persona » — e nel senso del « per sempre ». L'amore comprende la totalità dell'esistenza in ogni sua dimensione, anche in quella del tempo. Non potrebbe essere diversamente, perché la sua promessa mira al definitivo: l'amore mira all'eternità. Sì, amore è « estasi », ma estasi non nel senso di un momento di ebbrezza, ma estasi come cammino, come esodo permanente dall'io chiuso in se stesso verso la sua liberazione nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la scoperta di Dio: « Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece la perde la salverà » (Lc 17, 33), dice Gesù — una sua affermazione che si ritrova nei Vangeli in diverse varianti (cfr Mt 10, 39; 16, 25; Mc 8, 35; Lc 9, 24; Gv 12, 25). Gesù con ciò descrive il suo personale cammino, che attraverso la croce lo conduce alla resurrezione: il cammino del chicco di grano che cade nella terra e muore e così porta molto frutto. Partendo dal centro del suo sacrificio personale e dell'amore che in esso giunge al suo compimento, egli con queste parole descrive anche l'essenza dell'amore e dell'esistenza umana in genere.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 62

Post n°62 pubblicato il 12 Gennaio 2009 da Antologia2


Oggi non di rado si rimprovera al cristianesimo del passato di esser stato avversario della corporeità; di fatto, tendenze in questo senso ci sono sempre state. Ma il modo di esaltare il corpo, a cui noi oggi assistiamo, è ingannevole. L'eros degradato a puro « sesso » diventa merce, una semplice « cosa » che si può comprare e vendere, anzi, l'uomo stesso diventa merce. In realtà, questo non è proprio il grande sì dell'uomo al suo corpo. Al contrario, egli ora considera il corpo e la sessualità come la parte soltanto materiale di sé da adoperare e sfruttare con calcolo. Una parte, peraltro, che egli non vede come un ambito della sua libertà, bensì come un qualcosa che, a modo suo, tenta di rendere insieme piacevole ed innocuo. In realtà, ci troviamo di fronte ad una degradazione del corpo umano, che non è più integrato nel tutto della libertà della nostra esistenza, non è più espressione viva della totalità del nostro essere, ma viene come respinto nel campo puramente biologico. L'apparente esaltazione del corpo può ben presto convertirsi in odio verso la corporeità. La fede cristiana, al contrario, ha considerato l'uomo sempre come essere uni-duale, nel quale spirito e materia si compenetrano a vicenda sperimentando proprio così ambedue una nuova nobiltà. Sì, l'eros vuole sollevarci « in estasi » verso il Divino, condurci al di là di noi stessi, ma proprio per questo richiede un cammino di ascesa, di rinunce, di purificazioni e di guarigioni.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

D C E  

Post n°61 pubblicato il 12 Gennaio 2009 da Antologia2

.....Tra l'amore e il Divino esiste una qualche relazione: l'amore promette infinità, eternità — una realtà più grande e totalmente altra rispetto alla quotidianità del nostro esistere. Ma al contempo è apparso che la via per tale traguardo non sta semplicemente nel lasciarsi sopraffare dall'istinto. Sono necessarie purificazioni e maturazioni, che passano anche attraverso la strada della rinuncia. Questo non è rifiuto dell'eros, non è il suo « avvelenamento », ma la sua guarigione in vista della sua vera grandezza.

Ciò dipende innanzitutto dalla costituzione dell'essere umano, che è composto di corpo e di anima. L'uomo diventa veramente se stesso, quando corpo e anima si ritrovano in intima unità; la sfida dell'eros può dirsi veramente superata, quando questa unificazione è riuscita. Se l'uomo ambisce di essere solamente spirito e vuol rifiutare la carne come una eredità soltanto animalesca, allora spirito e corpo perdono la loro dignità. E se, d'altra parte, egli rinnega lo spirito e quindi considera la materia, il corpo, come realtà esclusiva, perde ugualmente la sua grandezza. L'epicureo Gassendi, scherzando, si rivolgeva a Cartesio col saluto: « O Anima! ». E Cartesio replicava dicendo: « O Carne! ».[3] Ma non sono né lo spirito né il corpo da soli ad amare: è l'uomo, la persona, che ama come creatura unitaria, di cui fanno parte corpo e anima. Solo quando ambedue si fondono veramente in unità, l'uomo diventa pienamente se stesso. Solo in questo modo l'amore — l'eros — può maturare fino alla sua vera grandezza.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

 LEGGIAMO

 

Post N° 59

Post n°59 pubblicato il 08 Gennaio 2009 da Antologia2


            ISTANTI

-

Se potessi vivere di nuovo la mia vita.

Nella prossima cercherei di commettere più errori.

Non cercherei di essere

così perfetto, mi rilasserei di più.

Sarei più sciocco di quanto non lo sia già stato,

di fatto prenderei ben poche cose sul serio.

Sarei meno igienico.

Correrei più rischi,

farei più viaggi,

contemplerei più tramonti,

salirei più montagne,

nuoterei in più fiumi.

Andrei in più luoghi dove mai sono stato,

mangerei più gelati e meno fave,

avrei più problemi reali e meno immaginari.

Io fui uno di quelli che vissero ogni minuto

della loro vita sensati e con profitto;

certo mi sono preso qualche momento di allegria.
ma se potessi tornare indietro, cercherei

di avere soltanto momenti buoni.

Che, se non lo sapete, di questo

è fatta la vita,

di momenti: non perdere l'adesso.

Io ero uno di quelli che mai

andavano da nessuna parte senza un termometro,

una borsa dell'acqua calda, un ombrello e un paracadute;

se potessi tornare a vivere, vivrei più leggero.

Se potessi tornare a vivere

comincerei ad andare scalzo all'inizio

della primavera

e resterei scalzo sino alla fine dell'autunno.

Farei più giri in calesse,

guarderei più albe

e giocherei con più bambini,

se mi trovassi di nuovo la vita davanti.

Ma vedete, ho 85 anni e so che sto morendo.

 

??      Jorge Luis Borges       ??

  

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 58

Post n°58 pubblicato il 08 Gennaio 2009 da Antologia2

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

 CORRIERE DELLA SERA

Post n°57 pubblicato il 04 Gennaio 2009 da Antologia2

Morto a 16 anni Per l'attore non soffriva di autismo: «Migliorò grazie alla Chiesa di Hubbard»

Scientology e la malattia negata: Travolta jr, figlio mai cresciuto

  

La versione della famiglia: soffriva della sindrome di Kawasaki, indotta dall’eccesso di detersivi usati per disinfettare la casa

Un bambino nel corpo di un ragazzone. Avrebbe compiuto diciassette anni ad aprile. Ma lo sguardo, l'espressione, i movimenti, tradivano l'ingenuità ancora infantile. Appare così nell'ultimo, rarissimo, video «rubato» a Parigi lo scorso dicembre e ritrasmesso adesso dalla Cnn, dove un po' spaesato dalle telecamere, la bocca aperta, stringeva la mano del padre, affidandosi totalmente a lui. Jett Travolta, primogenito di Mr Pulp Fiction e Kelly Preston, è morto venerdì mattina dopo aver battuto la testa nella vasca da bagno della villa delle Bahamas mentre era in vacanza con i genitori e la sorellina Ella Bleu, di otto anni. Forse ha avuto un attacco cardiaco, forse una crisi epilettica: questo lo stabilirà l'autopsia disposta dalle autorità per domani. Di Jett, è certo solo che aveva la sindrome di Kawasaki, una malattia che provoca l'infiammazione dei vasi sanguigni nei bambini e che, in forma grave, può causare seri problemi al cuore.

La dinamica dell'incidente è stata ritrattata con il passare delle ore. Il sito Tmz.com, che per primo ha rilanciato la notizia citando fonti locali, ha scritto che Jett era stato visto vivo l'ultima volta giovedì sera, quando stava entrando in bagno. Il ragazzino è stato poi trovato inerte per terra dalle due nannies il mattino dopo alle dieci. La corsa in ambulanza al Rand Memorial Hospital di Freeport è stata inutile: qui i medici non hanno potuto che constatarne il decesso. Questa la cronaca riportata nel bollettino della polizia di Old Bahama Bay. Micheal Ossi, il legale di John Travolta, ha però negato che Jett sia rimasto per tante ore da solo senza aiuto. E ha anche puntualizzato che la morte sarebbe avvenuta due ore dopo il ricovero.

L'esatta sequenza non attenua la tragedia che ha colpito l'attore hollywoodiano e sua moglie. «Il padre è sconvolto, aveva un rapporto molto stretto con il figlio», ha raccontato un altro avvocato, Michael McDermott. «Trascorrevano tantissimo tempo insieme, lo portava sempre con lui, erano molto attaccati», ha aggiunto Obie Wilchombe, membro del Parlamento ed ex ministro del Turismo delle Bahamas. I fan dell'attore di film indimenticabili come La febbre del sabato sera e Grease hanno già creato gruppi commemorativi su Facebook («R.I.P Jett Travolta» ha raccolto oltre 800 adesioni in meno di un giorno). E magari con tempismo imperfetto, qualcuno ha rilanciato alla star una vecchia accusa: «John, perché non hai mai ammesso che tuo figlio era autistico?».

Il sito Hollywood Interrupted ripropone ora una intervista del 10 maggio 2007 a Tim Kenny, gestore di un ristorante a Ocala, in Florida, dove ha casa la famiglia Travolta. «Quando venne da me con sua figlia gli chiesi, da padre a padre di una bambina autistica, se faceva seguire qualche cura particolare a Jett. Lui rispose che cercava di stimolarlo nelle arti. E si offrì di spedirmi un libro di Scientology... Ecco, non posso dire che quel ragazzino abbia subito degli abusi, ma di sicuro Scientology ha una grossa responsabilità nella negligenza con cui è stato curato». Altri familiari di autistici avevano manifestato la loro amarezza sul Sunday Telegraph nel 2007, per il fatto che l'attore, a differenza di altre celebrità come il collega Sylvester Stallone, il campione di football Doug Flutie e la cantante Toni Braxton, non si era mai voluto impegnare nella raccolta fondi o nelle campagne di sensibilizzazione. Sempre l'Hollywood Interrupted nel 2006 ne denunciò l'assenza a Los Angeles all'anteprima del documentario Normal People Scare Me, le persone normali mi spaventano, dedicato all'autismo e prodotto da Joey Travolta, sorella di John. «Scientology — scrisse allora — non permette di riconoscere un disordine neurologico, non concepisce l'idea che si possa trattare con i farmaci. I Travolta hanno sempre spiegato la disabilità del figlio con la Sindrome di Kawasaki, dicendo che a provocarla erano state le tossine ambientali prodotte dai detersivi domestici». John Travolta lo aveva confessato nel 2001 in un'intervista a Larry King: «Jett a due anni quasi morì. Ebbe un attacco terribile, tremava tutto, la febbre alta. Lo portammo all'ospedale e gli diagnosticarono la sindrome. A lungo fui ossessionato dai germi che mio figlio poteva prendere dentro e fuori casa. Grazie a un programma di detossificazione proposto da Scientology le sue condizioni di salute sono molto migliorate». La Chiesa di Ron Hubbard fu tempio e certezza. Anche ora?

Elvira Serra
04 gennaio 2009 

 

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 56

 

Post N° 55

 

Post N° 54

 

Post N° 53

 

Post N° 52

Post n°52 pubblicato il 19 Dicembre 2008 da Antologia2

«Ho rischiato il posto, ma qualcosa è cambiato»

Un’ostetrica slovena racconta il suo impegno a difesa della vita

 11/11/2008

 

«Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso...»

 

Sono ostetrica e per anni ho lavorato nel reparto gravidanze anomale dell’ospedale di Lubiana, nell’impegno costante a intessere rapporti veri con le pazienti, i colleghi, i superiori. Ho cercato sempre di difendere la vita, subendo spesso umiliazioni e rischiando col mio comportamento di perdere il posto.

Tanti genitori hanno riscoperto la gioia della maternità e della paternità, e alle madri che volevano abortire è stato risparmiato il dramma del rimorso. Pian piano colleghi e superiori cominciavano a rispettare le mie scelte e spesso si sono trovati a consultarsi con me prima di prendere decisioni importanti.

Poi mi sono ammalata, era una malattia rara: niente sforzi, forti dolori alla testa e alle articolazioni, gonfiori, perdita di concentrazione. I colleghi mi hanno aiutata come potevano. Ero limitata nel lavoro, ma sentivo che c’era ancora bisogno di me.

Una volta è stata ricoverata una mamma al sesto mese di gravidanza. Si erano rotte le acque e la dottoressa di turno ha consigliato l’aborto. Ho cercato allora di convincere la madre a non farlo, ma non sono riuscita. Mi sono rifiutata però di fare l’iniezione, e così le altre infermiere dopo di me. Il bimbo è nato vivo. I genitori hanno rivalutato la loro scelta: adesso il bambino vive e il papà è fiero di avere questo figlio maschio.

Con il diffondersi della pratica della fecondazione assistita, poi, è entrata in ospedale una certa cultura della morte, con l’eliminazione degli embrioni soprannumerari. Con questo tipo di fecondazione poi, spesso vengono concepiti più figli, ma uno solo viene aiutato a vivere. Per me è un dolore insopportabile, che trova senso solo se unito a quello di Gesù in Croce.

Per questo continuo andare controcorrente, alla fine qualcosa è cambiato all’interno del reparto. Molte compagne di lavoro hanno cominciato a lottare con me per la vita. E anche la responsabile del reparto, che non ha alcun riferimento religioso, mi sostiene, pur non capendo da dove traggo la forza per agire in questo modo, dove è racchiuso il mio segreto.

(J. P. - Slovenia)

   

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 51

Post n°51 pubblicato il 19 Dicembre 2008 da LICURSI.110

 

Ciò che i media non spiegano mai

 

I «sì» della Chiesa molto più grandi dei «no»

 

Secondo Pietro Citati, su Repubblica di qualche giorno fa, la Chiesa pensa che «bisogna alzare muri, muretti, scavare fossati, puntare cannoni o piccoli fucili, alzare il dito, proclamare principi e assiomi».

 

È un modo di pensare la Chiesa molto diffuso, rinforzato da numerosi commenti alla Dignitas personae (chissà se Citati l’aveva in mente), la recente istruzione vaticana concernente alcune questioni di bioetica.

Secondo molti «la Chiesa dice solo dei no». Tuttavia, la Chiesa non parla solo di etica, ma anche di Dio e della vita eterna, per fare solo due esempi.

Inoltre, i "no" della Chiesa sono il risvolto, quasi mai spiegato dai media, di un’etica del "sì" e, ancora più a fondo, di un’etica dell’amore. Infatti, fedele al "comandamento dell’amore" di Gesù – «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso» (Lc 10,27) – l’etica proclamata dalla Chiesa non può non difendere la dignità di ogni essere umano: concepito, malato terminale, disabile in stato "vegetativo", ecc.
 
Ovviamente, si può discutere sullo status di questi esseri umani; ma, a chi vuol vedere le cose, dovrebbe essere almeno chiara l’intenzione della Dignitas personae, visto che è esplicitata fin dall’inizio: «ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale, va riconosciuta la dignità di persona. Questo principio fondamentale [...] esprime un grande "sì" alla vita umana».

È l’amore (nella forma del rispetto e del desiderio-realizzazione del bene altrui) per l’uomo che anima il magistero morale della Chiesa. È l’interesse affettuoso verso ognuno di noi, in particolare se indifeso, debole, inerme, solo.

Gli uomini di Chiesa, senza venir meno alla laicità dello Stato, dunque senza svolgere ruoli politici, bensì attraverso l’annuncio, hanno il dovere di pronunciarsi quando è minacciata la dignità dell’uomo. Benedetto XVI lo ha chiarito qualche tempo fa: «Se ci si dice che la Chiesa non dovrebbe ingerirsi in questi affari, allora noi possiamo solo rispondere: forse che l’uomo non ci interessa?».
 
La Chiesa, piuttosto, ha il «dovere di alzare la voce per difendere l’uomo», e, quando interviene sui temi etici, lo fa con argomenti ricavati dalla Rivelazione, ma anche con ragionamenti laici, che ovviamente si possono discutere, ma che si rivolgono a tutti. Poiché l’amore è il cuore dell’etica della Chiesa, non c’è da stupirsi che essa non stabilisca solo dei doveri e che gli atti moralmente più eccellenti non siano considerati doverosi. Per esempio, dare la vita per gli altri non è, salvo rari casi, un dovere e «nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13). Quanto ai doveri, essi possono essere affermativi (onora i tuoi genitori, ama il tuo prossimo, ecc.), oppure negativi (non assassinare, non rubare, ecc.).

 

Ma i media quasi sempre riducono l’insegnamento della Chiesa ai doveri negativi, senza far presente che questi precetti sono la conseguenza ineludibile del precetto dell’amore, di un amore che dice un grande "sì" all’uomo. Infatti, se amo il prossimo non lo devo calunniare, derubare, assassinare, ecc. Come dice s. Paolo: «il precetto: non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: amerai il prossimo tuo come te stesso.

L’amore non fa nessun male al prossimo» (Rm 1, 13, 8-10). E se amo il mio prossimo più indifeso, cioè il concepito, non lo devo abortire, fabbricare, manipolare.

 

Giacomo Samek Lodovici

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 50

 

Post N° 49

Post n°49 pubblicato il 10 Dicembre 2008 da citazioni_bellisssss

 

Sapelli.  In questa spirale nichilistica, dare un senso al lavoro è dare un senso al soggetto. Per questo non se ne parla più. Invece bisognerebbe tornare a studiarlo e a rispettarlo.
Quando una famiglia si vergogna di far fare al figlio l’operaio, vuol dire che siamo veramente messi male...

 

Scholz.   È vero, il disprezzo del lavoro manuale è un sintomo grave. Il lavoro non è più considerato come un valore in sé, ma solo come qualcosa che serve per avere successo e reddito, possibilmente in fretta. Con due conseguenze: o viene subìto come pedaggio da pagare, o diventa una droga.

Pensi ai giovani: in quelli che cercano lavoro, oggi, vedi una costante ricerca di stimoli. È come se uno avesse ridotto il lavoro a un portatore di emotività continua, invece di rendersi conto che solo nella continuità, nella dedizione, nella costruzione a lungo termine l’uomo cresce e matura.

Bisogna tornare a fare esperienza del lavoro come un processo conoscitivo. Anche quando è ripetitivo. Nessuno mi può dire che una casalinga che in vita sua lava i piatti qualche migliaio di volte non maturi umanamente, se lo fa con un criterio ideale. Si cerca spesso di evitare la fatica, ma la fatica è condizione di crescita.

 

Sapelli.  Io lo ricordo spesso ai miei studenti: quando sono entrato all’Ufficio studi Olivetti avevo 19 anni. I primi sei mesi li ho fatti in fabbrica: entravo alle sei e un quarto. Ma come me facevano tutti i laureati. Bene: questi sei mesi sono stati tra i più interessanti della mia vita. Ho capito che prima della conoscenza c’è l’esperienza. Meglio: che esperienza e conoscenza sono legate. Non è detto che perché uno fa lavori ripetitivi non sia libero nella sua coscienza.
 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 48

Post n°48 pubblicato il 10 Dicembre 2008 da citazioni_bellisssss

 

Sapelli.  In questa spirale nichilistica, dare un senso al lavoro è dare un senso al soggetto. Per questo non se ne parla più. Invece bisognerebbe tornare a studiarlo e a rispettarlo.
Quando una famiglia si vergogna di far fare al figlio l’operaio, vuol dire che siamo veramente messi male...

 

Scholz.  È vero, il disprezzo del lavoro manuale è un sintomo grave. Il lavoro non è più considerato come un valore in sé, ma solo come qualcosa che serve per avere successo e reddito, possibilmente in fretta. Con due conseguenze: o viene subìto come pedaggio da pagare, o diventa una droga.

Pensi ai giovani: in quelli che cercano lavoro, oggi, vedi una costante ricerca di stimoli. È come se uno avesse ridotto il lavoro a un portatore di emotività continua, invece di rendersi conto che solo nella continuità, nella dedizione, nella costruzione a lungo termine l’uomo cresce e matura.

Bisogna tornare a fare esperienza del lavoro come un processo conoscitivo. Anche quando è ripetitivo. Nessuno mi può dire che una casalinga che in vita sua lava i piatti qualche migliaio di volte non maturi umanamente, se lo fa con un criterio ideale. Si cerca spesso di evitare la fatica, ma la fatica è condizione di crescita.

 

Sapelli.  Io lo ricordo spesso ai miei studenti: quando sono entrato all’Ufficio studi Olivetti avevo 19 anni. I primi sei mesi li ho fatti in fabbrica: entravo alle sei e un quarto. Ma come me facevano tutti i laureati. Bene: questi sei mesi sono stati tra i più interessanti della mia vita. Ho capito che prima della conoscenza c’è l’esperienza. Meglio: che esperienza e conoscenza sono legate. Non è detto che perché uno fa lavori ripetitivi non sia libero nella sua coscienza.
 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Post N° 47

Post n°47 pubblicato il 10 Dicembre 2008 da citazioni_bellisssss


Sapelli.     La crisi ha ragioni sue, intrinseche alla globalizzazione. Però di certo negli ultimi vent’anni c’è stato un colossale trasferimento di ricchezza dal profitto alla rendita. Dal capitale che viene investito a quello che produce capitale. I profitti delle imprese sono saliti alle stelle, i salari dei lavoratori sono scesi. Ma soprattutto c’è stato il silenzio del lavoro, anche come oggetto di studio: non è più uscito un libro serio sul tema. Un tempo il lavoro era una metafisica. C’era un’ontologia, c’era un’antropologia fondata sul lavoro... Negli ultimi anni è venuta meno.

 

Perché, secondo voi?

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963