Creato da Artemide.75 il 02/03/2010
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L'Incomunicabilità del quotidiano

Post n°5 pubblicato il 10 Marzo 2010 da Artemide.75
 
Foto di Artemide.75

Tempo fa in altre pagine elettroniche avevo scritto una nota intitolata “La morte non è nel non poter comunicare, ma nel non poter più essere compresi”. Riflessioni profonde circa l’impossibilità di trasmettere ciò che si ha dentro all’altro, dove l’ “altro” è colui che più dovrebbe essere disposto a stare lì ad ascoltarti perché a te ci tiene più degli altri (o almeno, ingenuamente, così pensi tu).

A distanza di mesi torno a scrivere sulla capacità di comunicazione di cui è dotato in potenza il genere umano, ma che sempre meno viene esercitata...e il problema va oltre il rapporto di coppia.
Non ci si ascolta più: e mi riferisco a testi scritti e orali, a semplici chiacchierate e ad sms, a mail e a telefonate, a notizie riguardanti se stessi, gli altri, la vita quotidiana. Dal semplice “ci vediamo al Bar del Corso” al “sai, è morto mio zio”, da “stasera mangio fuori” a “sono tristissima, lui mi ha dato di nuovo buca”.
Non ci si ascolta più. E ciò accade a più livelli: familiari, parentado, amici, conoscenti, colleghi, estranei.

Mille volte mi è successo di aver detto una frase, anche banale, e di essermi resa conto di non essere stata ascoltata. “Il locale di via Roma è chiuso oggi” e l’altro: “Andiamo nel locale di via Roma, è carino!”. CA**O!!! Ho detto 3 sec. fa che è chiuso!!! Ma sono invisibile? o la mia voce non si propaga perché attorno a me c’è il vuoto?
E così mi succede di scrivere sms e di essere fraintesa e di dover spiegare “…ma vedi che io stavo scherzando…” oppure di aver scritto mail e il tono che doveva risultare canzonatorio, scherzoso, provocatorio è stato preso per tono da soggetto adirato, incollerito, impermalito.

“Mi sento presa dai Turchi” si dice in Sicilia. Mai modo di dire è stato più azzeccato.

“Mi sento presa dai Turchi” deriva dal fatto che durante il dominio arabo, e ancor più durante le scorrerie turche nel Mediterraneo, i Siciliani non parlando l’arabo (e viceversa) non capivano l’atteggiamento dei Turchi e trovavano strani certi loro modi di fare. E io mi sento presa dai turchi.

Tutti vogliamo essere ascoltati ma nessuno ascolta.
Tizio ti racconta i suoi problemi, ma non è disposto ad ascoltare i tuoi, perché ha da fare, devo pensare a se stesso.

In questa momento dell’umanità molto solipsistico ed egocentrico siamo tutti pieni di amici nel web e nella vita reale ma nessuno è disposto ad ascoltare nessuno, nemmeno se si è gomito-a-gomito. Nemmeno se la comunicazione è semplice, diretta e messa per iscritto per evitare fraintendimenti. Non si rilegge: si pensa, presuntuosamente, di aver capito al volo e si risponde in un modo che testimonia che tu non sei stat/oa ascoltato/a.
E non è un fenomeno legato allo scritto, ma accade con tutti i mezzi di comunicazione. Dalla mail, al messaggino, dalla telefonata, alla chiacchierata di persona o in chat. Capisco gli eventuali fraintendimenti per sms o per chat, perché un testo brevissimo con poche parole è fraintendibile se non è accompagnato dal linguaggio mimico-gestuale e dal tono della voce. Ma ora questa “fraintendibilità” sta passando alle mail e, ancor peggio, al discorso per telefono (perché l’interlocutore all’altro capo del telefono si distrae) e, cosa terribile al discorso fatto “di persona”.

Ma dove finiremo se non troviamo un attimo per l’altro?

Finiremo col ripetere le cose decine di volte, cercando di liberarci dalla sindrome “voce di uno che grida nel deserto”.

Finiremo lì, dove io sono già, a scrivere a tutti e a nessuno, conscia del fatto che come sempre non verrò ascoltata e se il testo verrà letto, sarà comunque frainteso.

 
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