Creato da fedelecarlo il 27/11/2007

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Musica Napoletana DOCG

 

Ernesto Tagliaferri, Maestro...

Musicisti

Abbiamo accennato nell'ultimo post alla figura del grande Bovio, ripromettendoci di tributargli il giusto omaggio da qui a qualche post. Il Grande Poeta non poteva non collaborare che con altri Grandi e uno tra i Grandi è senza ombra di dubbio Ernesto Tagliaferri che con Bovio costituì un binomio inscindibile di grande successo.
Dai nn°12-13 de LA TORRE - 29 Agosto 1966 a cura di Raffaele Raimondo traggo alcune considerazioni biografiche che evidenziano lo splendore umano e artistico del personaggio.

Ernesto Tagliaferri nacque a Napoli il 18 novembre 1888, nel popoloso e popolare borgo di S. Antonio Abate.
Il padre, Giuseppe, faceva il barbiere e, come tutti i barbieri, anche se il pavimento della sua bottega si riduceva a pochissimi metri quadrati di superficie la chiamava «Salone».
Era suo vivo desiderio che l'unico figliolo intraprendesse il mestiere paterno, mentre il rampollo provava, e lo dimostrava in tutti i modi, una formidabile antipatia per i rasoi, i pettini, le forbici e le coramelle.
Infatti, raggiunta una certa età, «Ernestone» (era alto quasi due metri) invece del «Salone» frequentava il Conservatorio di Musica di S. Pietre a Maiella.
Dopo il conseguimento del diploma vince il concorso per un posto di primo violino al Real Teatro di San Carlo.
Nel 1912 Ernesto compose la musica per una «Rumanzetta militare»su versi di E. A. Mario, tanto per affilare le armi.
L'ingresso ufficiale, nel mondo della canzone, avvenne nel 1915, quando musicò una poesia di Libero Bovio «Napule Canta».

Pusilleco se stenne
quase straccquato
'ncopp'ò mare d'oro
comme a 'nu ninno
ca se vo addurmì...

Nel 1920 sulla collina di Posillipo costruirono un grande parco. Aprirono nuove strade e fu necessario devastare una estesa zona fino al Capo. Furono abbattuti alberi, casette coloniche, furono distrutti giardini.
Ernesto Murolo (l'altro Ernesto) addolorato per tanto «scempio» esprimeva il suo rammarico ad Ernesto Tagliaferri che, dopo averlo ascoltato, condividendo l'indignazione, disse : - E' finito tutto, Ernè!...Napule se ne va!...Murolo ripeté fra le labbra : Napule se ne va!...I loro sguardi s'incontrarono. Nei loro occhi velati di tristezza guizzò il sorriso, si compresero, così venne fuori :
Napule ca se ne va!...

E 'a luna guarda e dice
si fosse ancora overo
Chisto è o popolo è 'na vota...
gente semplice e felice
Chisto è Napoli sincero
ca...pur isso se ne va.

Ha inizio quella felice collaborazione fra i due «Ernesti» che dovevano lasciare a Napoli ed al mondo un patrimonio artistico di così grande valore.
Le canzoni le traevano dal vero. La più bella, immensamente bella fu «Mandulinata a Napule»:

Sera d'Està! Pusilleco lucente
canta canzone, e addora d'erba e mare...
voglio 'e parole cchiù d'ammore ardente
Voglio 'e parole cchiù gentile e care
pe ddi:... «Te voglio bene...» a chi me sente.

Posillipo è l'ingrediente base delle loro canzoni. Evidentemente i «due Ernesti» erano innamoratissimi della virgiliana collina.Quindi non poteva mancare «Piscatore e pusilleco»

Dorme 'o mare...O bella viene!
Ncielo à luna seglie e va
Vita mia!
Vita mia....me vuò bene?
Ca si è suonno...Nun farme scetà.


La usa vita era intensa. Oltre alla composizione, egli doveva preparare l'orchestrazione e i cantanti, fra i quali anche le «stelle» di prima grandezza.
Elvira Donnarumma, negli ultimi tempi non cantava se l'orchestra non era diretta da Ernesto Tagliaferri. Era il più contese direttore d'orchestra. Il suo nome sulle locandine teatrali era indice di sicuro successo. Nei versi di Murolo e nella musica di Tagliaferri (allora la musica esprimeva proprio quello che i versi volevano esprimere) non esistono ombre. Sono tanti inni all'amore, alla semplicità, alla sincerità. Lo scenario che incornicia le canzoni è sempre Napoli con il suo mare e con il suo cielo, lucente di giorno, stellato di notte, come in «Qui fu Napoli»:

...Fuoco e zuccaro 'o mellone
ce stennimmo 'nterra arena...
neve e 'sprin int' 'o giarrone
'ncielo 'e stelle e 'a luna chiena..

Da noi l'esterofilia è stata sempre la forma più deleteria, specialmente nel campo musicale. Nel 1925 fu il caso di «Valencia» e «Paquita».
Finché durerà il mondo, nessuna canzone avrà mai il successo e la popolarità di «Valencia». Fu una follia universale.  L'autore fu uno spagnolo : Josè Padilla, da qualche anno scomparso. Fu allora che in chiave polemica nacque «Tarantella Internazionale». Era l'estate del 1926.

Quà spagnola? quà americana?
Ma s' 'o credono o fanno apposta?
Chest'è musica paesana!!!
Chest'è ppane d' à casa nosta!
Chest'è Napule quann'abballa
... Tarantella... tarantè...

E quante altre ancora: - Nun me scetà - Adduormete cu mme - Ammore canta - 'A Canzona d'à felicità - O Canto è Mariarosa - Quanno ammore vo filà - A Canzone d'e stelle - Vela a mmare - Napule e Surriento - Mbracce a tte -
tutti versi di Ernesto Murolo.

Con la fondazione della Casa Editrice «La bottega dei 4» (Bovio - Lama - Tagliaferri - Valente) il maestro riprese la collaborazione con Libero Bovio.
Frattanto era venuto ad abitare a Torre del Greco.
La morte lo aggredì di sorpresa una mattina sulle scale di casa, mentre usciva per recarsi a Napoli, alla «Bottega dei 4». Pareva che la sua forte fibra volesse resistere al male, invece il 6 marzo 1937 il grande cantore di Napoli, l' «arpa di David», come lo definì il poeta Tullio Gentile, tacque per sempre. Aveva poco più di 48 anni.
Un grande cuore composto di mammole fu messo al suo fianco. Era stato inviato da Gilda Mignonette, da New York.
L'ultima canzone fu postuma. Alcuni appunti ritrovati dopo la sua morte furono rielaborati da Nicola Valente e Bovio adattò i versi. La canzone si chiamò: «Chitarra nera» e fu quasi un testamento spirituale dello scomparso:

Cumpagne mieie cantate sottavoce
pecchè stu core tanno trova pace
quanno 'na stella mmiezzo 'o cielo luce
quanno 'a canzone 'e Napule è felice...
Cumpagne mieie cantate sottavoce

Egli riposa sull'alto della collina di Poggioreale. Il busto di bronzo che lo raffigura in maniera perfetta (opera del prof. Giuseppe Palomba) volge le spalle alla città. Sembra che le abbia voltate di proposito in segno di dispetto verso la sua amata Napoli che napulitano nun canta cchiù.
Direbbe oggi Murolo: - Ernè! Napule se n'è andata davvero!!!

Non lo nascondo, una lettura che mi ha commosso...

 
 
 

Aneddoti di Libero Bovio

extra

Tra qualche post approfondiremo questo illustre personaggio autore di canzoni napoletane tra le più belle di ogni epoca, basti pensare a "Tu ca nun chiagne", "Guapparia", "Lacrime napulitane", "Reginella", "Silenzio cantatore" (e il bramo che allego "Ncoppa a l'onna") e tante altre .
Oggi la ricerca mi ha dato spunto per soffermarmi sul carattere di Libero Bovio, una persona  dalla facile battuta, che non potevo non condividere con voi che amate, al mio pari, approfondire oltre gli stereotipi.

Si racconta che un giorno Libero Bovio, nella sede della casa musicale " La canzonetta " di Francesco Feola, seduto alla scrivania, leggeva a Mario Spera,direttore della rivista omonima, una sua nuova lirica. Entra un gerarchetto fascista, inviato dal federale per informare il poeta che era arrivato Edmondo Rossoni, un alto esponente del partito, il quale desiderava vederlo; avanza fino alla scrivania e pronunzia con molto sussiego il suo nome preceduto dal grado. Bovio, che vuole terminare la lettura della poesia, gli dice : " Pigliatevi una sedia ". Il gerarchetto, con tono offeso, dice: "Non avete capito chi sono? " E ripete il proprio nome e grado. E Bovio senza alzare la testa: " Ah!... Allora pigliatevi ddoi segge! ".

Era sempre tra i primi napoletani ad essere invitato alle prime di spettacoli e manifestazioni teatrali, ma egli, fine umorista, anche in queste occasioni ufficiali non risparmiava nessuno dalle sue battute; si racconta infatti a proposito che, invitato al teatro Politeama dall’attrice Dirce Marella ad assistere ad un suo spettacolo ricevette dalla donna un biglietto sul quale era stampato il motto ‘Inseguimi: sono l’ombra!’, e non esitò a risponderle, scrivendo sullo stesso foglio: ‘Non posso: tengo i calli!’.

Ammalatosi nel 1941 Libero Bovio morì nella sua casa di via Duomo il 26 maggio del 1942. Poco prima di morire scrisse i versi Addio a Maria, dedicati alla moglie, e che furono poi incisi sulla sua tomba, contravvenendo però alla sua volontà, che per la propria lapide aveva dettato l’epitaffio:
‘QUI NON RIPOSA LIBERO BOVIO PERCHE’ GLI ALTRI MORTI DI NOTTE LITIGANO TRA LORO E GLI DANNO FASTIDIO’.

GENIALE, VERO?  ^__^

 

 
 
 

Pasquale Cinquegrana, poeta "inventore"

Autori

Carmela è na bella figliola.... Tutti i giovani del quartiere la corteggiano ma nessuno la sposa. Perchè mai???  Pecchè... pecchè... 'ndringhete-ndrà.... La risposta al quesito non significa nulla, è una allusione che ognuno può cogliere come preferisce. E' il poeta Pasquale Cinquegrana a coniare la bizzarra parola che qualcuno sostiene essere di origine onomatopeica. Cinquegrana la inaugura nella canzone "'ndringhete-ndrà" come risposta evasiva ad una domanda imbarazzante. Il brano avrà un successo clamoroso e, soprattutto,  inaspettato per l'umile maestro elementare costretto a ripetizioni pomeridiane per rimpolpare il magro stipendio.
E' un trionfo anche "Napule bella", musica di Giuseppe De Gregorio, il brano con cui nel 1898 Cinquegrana vincerà il concorso bandito dal periodico di Bideri "La tavola rotonda".
"Napule è cumm'e a femmena / te fa venì 'o gulio (la voglia...) / Apprimma core mio / e doppo frustallà (vai via...imitando il gatto...)". La canzone, appena uscita, viene giudicata addirittura migliore di "'O sole mio"...
Alle soglie del '900 Cinquegrana e De Gregorio provano a rinsanguare la vena popolaresca.  Rosinella langue, accusa strani e indefinibili malori, niente paura, ci vuole "'A cura 'e mammà"... Cioè??? " Ce vurria pe' farve durmì. tiritippete e lariulì, chella cura ca fece mammà, tiritippete e lariulà"...
Ognuno può sostituire le onomatopee con la ricetta che vuole... Qualcuno però non ha dubbi sulla cura prescritta... ^__^


 
 
 

La calda voce di Fausto Cigliano e la sua chitarra

INTERPRETI

Cantante e chitarrista. Nato a Napoli il 15 febbraio 1937. Figlio - il penultimo di sette - di un comandante dei vigili annonari di Napoli, già da ragazzino coltiva la passione per la musica e la canzone.
Durante le festicciole familiari, benchè timido, si esibisce sotto una sedia, attorno alla quale vuole poggiata una coperta. Ma Fausto Cigliano soffre di asma ed è così costretto ad assistere con disappunto alle esercitazioni canore dei quattro fratelli più grandi che fanno parte del coro del San Carlo.
Cominciati gli studi di ragioneria, deve abbandonarli per l'inaspettata morte del padre. Un suo compagno  di scuola gli regala una chitarra, il che lo spinge ad imparare la musica. Roberto Murolo, che gli insegna le prime nozioni, scopre che il ragazzo, oltre ad avere disposizione per lo strumento, possuede anche una buona voce.
Nell'estate del 1953, guarito completamente dall'asma, il cantante-chitarrista in erba entra a far parte dell'orchestra da ballo di Lello Greco che suona al laghetto della Mostra d' Oltremare di Napoli con un repertorio di brani classico-moderni quasi tutti di slow napoletano.
Nei mesi seguenti Cigliano canta in un locale notturno di Napoli. Contemporaneamente, riprende e continua a studiare ragioneria, diplomandosi nell'ottobre 1955. L'estate dello stesso anno, sempre come solista, si esibisce all'Hotel Moresco di Ischia con un complesso jazz.
Invitato da Palmieri, funzionario Rai, ad una audizione, Cigliano supera brillantemente la prova.
Comincia così a partecipare a trasmissioni radiofoniche e televisive,

Nel 1956 e nel 1957 - con altri due cantanti chitarristi, Amedeo Parlante e Sergio Centi - riassume i motivi di due Festival di Napoli.
Nel 1959, al festival di Sanremo, presenta il brano "Sempre con te" di Roberto Murolo. Nello stesso anno vince quello di Napoli con la canzone, bellissima,ancora di Murolo, "Sarrù chi sa" in coppia con Teddy Reno.
Negli anni successivi partecipa alle varie edizioni festivaliere di Napoli e Sanremo, dove nel 1964 presenta il gioiello di Carlo Alberto Rossi "E se domani" che diventerà il cavallo di battaglia di Mina. Cigliano interpreta anche vari film senza grosse pretese e nel frattempo comincia a girare il mondo con la sua chitarra e nei migliori teatri. La tv lo vede impegnato in un ciclo di trasmissioni televisive di Achille Millo.
A metà degli anni Settanta si diploma in chitarra classica al Conservatorio  di Santa Cecilia di Roma per poi conoscere un eccezionale successo in Giappone dove per tre anni di seguito spopola con un centinaio di canzoni classiche napoletane incise con Mario Ganci.
Ha cantato praticamente tutto il repertorio classico accompagnato dalla sua chitarra e sicuramente occupa un posto di rilievo nella storia della canzone napoletana, buon allievo di Roberto Murolo.

 
 
 

Buon anno, doce doce...

Post n°22 pubblicato il 30 Dicembre 2008 da fedelecarlo
 

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Non è il solito post, non ho "studiato" nulla e nulla vi racconterò. Siamo alla fine dell'anno (non chiedetemi se lo rimpiango, lo prenderei a calci, aspetto solo di strappare  il calendario...) e gli auguri sono di rito. Mi sono permesso di darvi il "buon anno nuovo" in musica, rispettando il filo conduttore del blog. Una canzone che giunga veramente ad ognuno di voi, nei vostri cuori e nelle vostre menti. Non finirò mai di ringraziarvi, voi che siete rimasti al mio fianco dopo l'amara conclusione dell'altro blog (che non rimpiango assolutamente, perchè circondato da lupi, affaristi, megalomani). Chi è qui presente mi ha donato (anche se voi non lo sapete) una parte di sè, credo la migliore, perchè da ognuno di voi ho tratto la forza di continuare quando la voglia si affievoliva sempre più (e non parlo di virtuale...). Ogni post di questo blog vuole essere un regalo per  voi, questo video, con una canzone dal titolo e dallo svolgimento inequivocabile, un ulteriore omaggio alla nostra amicizia. Ascoltatelo e guardatelo in silenzio, giunge da Napoli, canta con la mia voce (magari...)

 
 
 

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