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PERCORSO O APPARTENENZA ?

Post n°81 pubblicato il 05 Settembre 2011 da pacatissima
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E’ tornata. A mia insaputa. Ormai torna quando vuole .

Quando lo ritiene opportuno. Quando ha da riferire qualcosa. Il modo è sempre veritiero. Esce dai canoni consueti. Ma la sua testa non è eretta come sempre. Giudico, dal suo

portamento, che non è contenta di se stessa. Che ha ancora avuto a che fare con le stesse problematiche,  che non le è bastato drammatizzarle e che ha accettato una via di mezzo per comunicare, nascondendo in tal modo un’autenticità non sempre suscettibile di comprensione. Ripenso a quando l’ho mandata via, dicendole che trovavo il suo atteggiamento irritante. Lei non si è scomposta, ma io mi sono sentito fiero di averla liquidata. Le ho anche detto che i suoi problemi erano irrilevanti, c’erano cose più serie con cui avere a che fare. Ma questo è successo molto tempo prima. Quando ancora si nascondeva impedendomi di rintracciarla.

Questa volta mi porge un quaderno viola e poi va via. Aspetto che chiuda la porta per aprirlo.

Lì ha trascritto un suo sogno, almeno credo.

 

 

“Il bambino sapeva. Più di chiunque altro. Erano gli altri che non sapevano.

I genitori erano scomparsi e  io  me l’ero ritrovato.

Ovviamente li cerco – i suoi genitori – e nel percorso perdo un mazzo di chiavi che potrebbe risolvere la situazione.

Parlo con qualcuno a cui ho proposto i miei scritti, ma lui vuole che io scriva seguendo dei canoni. Scrivere secondo canoni per me non è scrittura. Non può un altro stabilire per te come scrivere.  E’un sopruso.

 Mi segnala comunque - e prendo appunto - di informarmi sulle leggi che contemplano e tutelano l’approvazione di presentare scritti pubblici. Non sapevo ci fossero e ho intenzione di cercarli.

Mi ritrovo su un prato.  Sopra di me un uomo che mi piace, da poco conosciuto e mentre “mi rotolo “ con lui, ritrovo le chiavi, ma una è rotta e non c’è il portachiavi.

Mostro agli altri il ritrovamento.

 

Devo imboccare la strada per un ascensore che sale in molto in alto. La costruzione che lo contiene è enorme e particolare. Il bambino è con me. Per arrivarci la strada a volte è buia e scivolosa e l’ultima parte in discesa, che se non stai attenta puoi finire in un mare in tempesta e angoscioso. 
Uso la mia accortezza per non finirci e proprio lì vicino  ritrovo il punto dove il bambino è stato lasciato.

Una donna dalla carnagione scura mi dice di conoscere i genitori. Mi sembra di essere arrivata al dunque, ma lei non può accompagnarmi nel tragitto che avevo già intrapreso da sola e senza risolvere nulla. Intercedo e insisto sull'essere accompagnata, dicendole che si tratta di un bambino, ma lei è irremovibile: deve lavorare è la sua affermazione, mentre il suo mutismo successivo sottintende altro.

 Un bambino, le dico, deve crescere fra due colonne che lo tengono dritto , fino a che non ha acquisito la sua forza. Bisogna aiutarlo, non possiano lasciarlo solo. Mi aiuti. Non riesco nel mio intento. Sembra che lei abbia una convinzione maggiore per cui non lo ritenga necessario.

Chiedo a lui quindi cosa ricorda e scopro che sa parlare, conosce il nome del padre, riconosce i luoghi e la strada della sua casa. Io non so se credergli, perché è piccolo, ma osservandolo noto che è più grande di quanto pensassi.  Non mi resta che seguire le sue indicazioni.”

 

 

 
 
 
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