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« RancoreFine di un sistema »

La pratica

Post n°6 pubblicato il 20 Gennaio 2010 da flikvip

 

Qualche tempo fa ho partecipato ad una riunione di fedeli dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai in quanto una persona a me vicina esercita questa pratica da sette anni e da un anno circa si è convertita. Lei me ne parla con molto entusiasmo sottolineando i progressi ottenuti, la ritengo una persona intelligente così per capire ho iniziato questo viaggio.

Ho chiesto in che cosa consiste la pratica, mi spiega che sono tre gli elementi fondamentali nella pratica del Buddismo: fede, pratica e studio. La recitazione di Nam-myoho-renge-kyo (Daimoku), è la pratica fondamentale, quando invochiamo il nome della Legge mistica, armonizziamo le nostre vite al ritmo perfetto dell’universo, il risultato è un accresciuto stato vitale, saggezza, compassione e buona fortuna per affrontare le sfide della vita. Mi spiega che la recitazione deve essere fatta con ritmo dinamico, anche se la mente vaga è importante cercare di essere concentrati, la preghiera è il mezzo per attingere alla Legge della vita presente in ognuno di noi, ed è importante recitare Nam-myoho-renge-kyo tutti i giorni e ogni qualvolta che ne senti il bisogno.

Sono sincero ho provato a praticare con lei, ma quei suoni alle mie orecchie risultano dissonanti, e fastidiosi, mi trasmettono uno stato di ansia, come avere la sensazione di rincorrere qualcosa che non si raggiungerà mai.

Nonostante ciò ho avviato una ricerca per cercare di capire la struttura e l'organizzazione di questa religione, ho letto il loro statuto, mi sono informato sulle origini e quanto altro necessario a fornirmi una fotografia reale dell'organizzazione, ho potuto costatare che è una associazione mondiale che conta oltre 12 milioni di membri in 192 nazioni.

Promuovono ideali nobili che la maggior parte di noi condividiamo al di là del tipo di credo che professiamo, non riesco a capire come mai si trovano tantissime opinioni controverse su questa organizzazione, basta fare una ricerca su internet per capire che tipo di discussioni girano intorno all'organizzazione, tutto questo per me e fuorviante in quanto sono interessato alle filosofie e religioni orientali, per questo ho deciso di intraprendere questa esperienza. Ho chiesto alla mia amica che avevo interesse a partecipare ad una riunione senza nessun impegnoma sarei arrivato dopo la recitazione, nella fase di discussione e di dialogo dove i partecipanti si confrontano e si incoraggiano condividendo le esperienze. Arrivato in casa sono rimasto fuori dalla stanza in quando stavano concludendo la recitazione, terminato il rito sono entrato vi erano circa 8 o 9 persone sette femmine e 2 maschi di cui uno ero io, in fondo alla stanza c'era un' urna che conteneva il Gohonzon, una pergamena con simboli e scritte in giapponese.

Mi hanno dato il benvenuto, mi sono presentato e ho esposto i motivi per cui mi trovavo li, sono stati molto cordiali devo dire, erano persone semplici e disponibili. La prima domanda che ho fatto ho chiesto che cosa fosse il Gohonzon, mi hanno risposto che è l’oggetto di culto necessario per accedere all’illuminazione e far emergere la Buddità di ciascun fedele, ho pensato, se io non ho il Gohonzon e non recito Nam-myoho-renge-kyo tutti i giorni non avrò mai l'illuminazione. Come se la religione cattolica mi dicesse che per raggiungere la salvezza o la vita eterna debbo pregare davanti ad un oggetto di culto. Non riesco a capire il nesso tra il Budda che può essere in me e l'oggetto di culto, dove può nascere questa necessità, mi sono riproposto di approfondire ciò che in quel momento la ritenevo una incongruenza.

Ogni partecipante ha incominciato a raccontare la propria esperienza, argomenti forti come la tossicodipendenza, incidenti, malattie, questi interventi hanno fatto scaturire in me una grande commozione, li mi sono reso conto di quanto noi individui siamo piccoli e quanto abbiamo bisogno nei momenti di difficoltà di avere dei riferimenti che ci sostengano in momenti difficili, l'unico intervento che per me è risultato anomalo è stato raccontato da un uomo, dopo molto tempo che non riusciva a chiudere un contratto di lavoro, finalmente si presenta l'opportunità, si impegna moltissimo con il lavoro e la recitazione per la buona riuscita del contratto, nel momento della conclusione per vari motivi non va a buon fine, non racconta la causa che ha fatto fallire l'affare, ma dice che alla fine della riunione di lavoro guarda negli occhi il suo cliente e vede in lui tutta l'umanità, per lui questo è stato sufficiente per renderlo soddisfatto. A me è sembrato illogico, il profitto è un risultato di un lavoro svolto bene, se ciò non avviene vuole dire che qualche cosa non ha funzionato, il suo racconto è sembrato riduttivo e accomodante, ma non era meglio che oltre all'umanità avesse portato a casa anche un assegno?

Cosa dire, o non ha praticato in modo giusto o non ha condotto l'affare nel modo giusto.

Lao Tzu dice: un vincente trova sempre una strada, un perdente trova sempre una scusa, forse è proprio così.

 

 
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