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Proviamo a comunicare, condividere, criticare per costruire, confrontarci, ascoltarci, relazionarci. Proviamo a crescere oltre i nostri confini.

 

 

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LA COPPIA......

Post n°28 pubblicato il 12 Settembre 2009 da counselor63

EFFETTI COLLATERALI DELL'INNAMORAMENTO

 

È strano lo scherzo che fa l’innamoramento.

Innamorarsi è come entrare in una trance profonda dove tutto quello che ci circonda rimane distante dalla coppia.

Esistiamo solo noi e l’altro/a, tutto il resto, per utilizzare il titolo di un grande successo musicale, “è noia”.

Travolti da questa ondata di emozioni esaltanti ci sentiamo completati in tutto, non abbiamo bisogno di altro, tutto il resto diventa superfluo, anche ciò che ci faceva arrabbiare precedentemente, diventa superabile ed accettabile.

Sono fantastici gli effetti dell’innamoramento.

Come mai allora accade che si perdono a distanza, più o meno lunga e soggettivamente, gli effetti positivi di un benessere fisico, spirituale ed emotivo?

Io la vedo in questo modo. È come se accecati all’inizio da un unico interesse (l’altro/a) non ci accorgiamo che in realtà, li, proprio vicino alle nostre gambe, abbiamo portato con noi ognuno una valigia con tutti i nostri “effetti personali”.

Naturalmente non diamo nessuna considerazione al contenuto delle valige, siamo troppo intenti a vivere giustamente il momento magico dell’amore.

Andando avanti nella relazione, gli effetti dell’innamoramento cominciano a diminuire, lasciando trapelare altri aspetti, quelli che ho definito: “effetti collaterali”. Gli “effetti collaterali” sono sicuramente derivati degli stessi effetti che provavamo prima: fiducia, complicità e condivisione, accettazione, conquista.

Infatti:

  1. la fiducia implica il fatto di poter essere traditi; ma quando siamo innamorati non pensiamo sicuramente al tradimento ma alla grande fiducia che riserviamo nei confronti del nostro partner;
  2. la complicità/condivisione ci fa sentire uniti. In qualsiasi contesto ci troviamo, anche solo attraverso uno sguardo, riusciamo a comunicare quello che insieme desideriamo ottenere;
  3. l’accettazione dell’altro/a per quello che è, e non per quello che dovrebbe sembrare, ci da la possibilità di considerarlo/a come essere umano unico (anche per questo lo/a abbiamo scelto/a), con un proprio bagaglio di esperienze personali che lo/a hanno formato/a. Quando siamo innamorati accettiamo questo stato;
  4. la conquista è l’elemento che implica forse più degli altri l’utilizzo della creatività. Quando siamo innamorati, ogni momento cerchiamo di conquistare il nostro partner. In questo stato evitiamo di dare per scontate anche le cose più banali. Siamo sempre particolarmente attenti a ciò che potrebbe piacere a lui o a lei.

 

Questi quattro stati a cui ho fatto riferimento, secondo una mia personale visione del rapporto di coppia, sono punti di forza che spesso si tramutano in punti di debolezza, di rottura dell’innamoramento stesso.

Si sente dire che, dopo la prima fase dell’innamoramento, segue nelle coppie più fortunate (o sfortunate a voi la scelta) una fase che viene definita come affettiva, cioè la passione, l’amore, lascia il passo all’affetto. Ma dietro la parola “affetto” nascondiamo spesso la descrizione di una stasi del rapporto, uno stato scontato di situazioni. Personalmente credo che ciò porti ad una routine, nella quale, uno o l’altra potrebbero avvertirne gli effetti negativi e agire di conseguenza, scappando verso nuove esperienze, o rimanendo nello stato attuale con rassegnazione. Nell’uno e nell’altro caso, comunque, si nasconde la sofferenza.

Naturalmente qui entrano anche in gioco i valori, le credenze, le convinzioni, ecc.,  sulle quali si basa il singolo individuo per fare le proprie scelte nel mondo, anche in relazione appunto, al fatto di scappare o restare nel rapporto attuale.

Sono del parere che tutto ciò che ha vita, è in movimento. L’esempio è quello di uno stagno e di un torrente.

Ø      Nello stagno l’acqua è sicuramente calma, sempre la stessa ed intorbidita, gli abitanti di questo habitat sono sempre gli stessi;

Ø      nel torrente, ci sono sicuramente molte insidie, forse sotto il livello del fiume si possono nascondere rocce ed ostacoli, ma le sue acque sono sicuramente chiare e limpide, in alcuni tratti scorrono veloci, in altri lente, curvano, scivolano via diritte, ma sempre in movimento per raggiungere il proprio scopo, quello di congiungersi al mare, ed in tutto il suo percorso il torrente da vita a tante qualità di pesci, a seconda dell’ambiente e delle temperature in cui si trova a scorrere.

 

A questo punto la domanda potrebbe essere la seguente: come è possibile allora(per coloro che vorrebbero avere un rapporto duraturo) ridurre ai minimi termini l’eventualità di minare il proprio rapporto di coppia?

 

All’inizio di questo post ho parlato metaforicamente (ma non troppo) di due valige che portiamo con noi nella fase di innamoramento.

In queste due valige, ognuno porta con se: paure, delusioni, abbandoni, insicurezze, sicurezze, dubbi, gratificazioni; insomma una serie di stati psicoemotivi che in qualche modo hanno formato la nostra personalità.

Credo necessario, per la salute della coppia, prendere prima coscienza dell’esistenza delle esperienze che portiamo con noi nel rapporto a due, in considerazione anche del fatto che successivamente questa relazione potrebbe vedere allargato il suo piccolo gruppo con la nascita di uno o più figli.

La presa di coscienza delle esperienze che in qualche modo ci hanno formato è il primo passo, successivamente, rivivere e rielaborare conformemente al nostro desiderio più profondo ed in modo “ordinario” al nostro sistema psicoemotivo, quegli stati che nel nostro vissuto precedente non sono risultati appaganti, ci offre l’opportunità di evitare di far affiorare nel rapporto di coppia, elementi di disturbo che possono farci attaccare, vincolare a determinati stimoli a cui siamo sottoposti nell’interazione con l’altro/a e dai quali non possiamo sottrarci ed ai quali rispondiamo con reazioni e azioni specifiche e spesso controproducenti per la salute della coppia stessa.

 

Sarebbe interessante aprire un dialogo con i lettori di questo blog per confrontarci in merito al rapporto di coppia.

 

Cordialmente

 

Massimo Catalucci

 

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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 15/09/09 alle 13:51 via WEB
Ciao Dott. Max, interessante il tuo Post n. 28. Mi è piaciuto moltissimo l'esempio dello Stagno e del Torrente e mi trova d'accordo con te,meno quello delle Due Valige perkè seppure è vero ke esistono (cioè ke esiste il bagaglio delle proprie esperienze) non è detto ke entrambi i partners ne tengano conto e comunque dipende ke tipo di esperienze hanno vissuto e quali stanno vivendo di nuove (forse comple-tamente diverse...). E poi se fra i due uno solo, memore di quanto ha già vissuto di simile e se negativo ovvio non vuole riviverlo, pur cercando con tutte le forze di evitarlo (magari cambiando quasi com-pletamente atteggiamento) si ritrova invece nella stessa situazione (o peggio) e l'altro non ha alcun inte-resse a guardare nel proprio bagaglio o come dicevo prima non può perkè è "estivo" e non "invernale"...? A ke servirebbero queste esperienze??? Per il resto sì... ma nella Coppia... a poco, caro Dottore, soprattutto perkè Non Si Può Essere Sicuri di ki E' Accanto a Noi... MAI !!! Com'è in realtà, o come può diventare in deter-minate situazioni! (parlo di kiunque, me compresa!). Quello ke sto imparando negli anni e con l'esperienza appunto... kome ti ho già scritto... è ke Tutto è Uguale e... Tutto è Diverso... l'hai capita? Cioè, bisogna avere dei punti di riferimento sì, principi e valori da seguire o almeno tentare di seguire è vero, ma ogni esperienza è a sè... soprattutto da individuo a individuo, quindi nessuno dovrebbe poter giudica-re gli altri, ma anke per noi stessi vale il discorso... Hai presente quello ke si dice delle Gravidanze? Tutte Uguali? NO!!! Lo stesso è per il resto secondo me... l'ho provato... e kredimi bisogna passarci per capire ke ogni volta può "sembrare" ke la Vita, le scelte... gli errori (soprattutto) siano gli stessi... NON E' COSI'!!! Dietro ogni cosa c'è qualcosa di diverso ke non può essere previsto, ipotizzato magari e sfidato ari-magari, ma di "certo" NO! E forse alla fine è inutile smucinare troppo nel nostro bagaglio! Non voglio essere banale kiudendo con la solita... Una Sola Cosa è Certa nella Vita... perciò non la finisco la frase... pensaci tu... Ecco perkè oggi mi ritrovo nella similitudine con il Torrente... Una volta potevi trovarmi nello Stagno... Oggi NO!!! (Spero di averti dato gli spunti ke cerkavi!!!) Ciao Raffaella
 
 
counselor63
counselor63 il 15/09/09 alle 19:01 via WEB
Grazie per il tuo interessamento al mio post Raffaella. Tu sottolinei quello che ho già espresso nel testo, la non consapevolezza delle due valige di esperienze che portiamo con noi nel rapporto di coppia, nonché la diversità delle esperienze passate e presenti. Aggiungi inoltre l’eventualità di uno o dell’altro partner, di allontanarsi da eventi che già conosce, evitando ulteriori sofferenze, anche con l’ausilio di un cambiamento di rotta nei propri comportamenti. Come fai notare, però, nonostante si assumono comportamenti diversi da quelli precedenti, spesso le situazioni che non vogliamo si ripresentano nuovamente con la stessa sofferenza, se non peggio (come tu dici), anche se magari sotto altra forma. Alla fine poni un punto di domanda chiedendomi “A ke servirebbero queste esperienze???” Forse qui non sono stato chiaro e vorrei provare ad esserlo ora. Le esperienze a cui mi riferivo, non erano solo relative ai rapporti precedentemente vissuti, ma più esattamente alle relazioni affettive trascorse in giovane età, con le figure importanti della nostra esistenza (genitori). Infatti, così come in molti ambiti, anche nella coppia, portiamo i segni di un’educazione psicoemotiva diretta o indiretta, ricevuta in particolare nella fase adolescenziale. La qualità di questi rapporti, ha alimentato attraverso gli stati emotivi in cui siamo passati, dei riferimenti indiscutibili, classificati nel nostro inconscio come “stimoli significativi”. Spesso accade che in età adulta, quindi anche in relazione al rapporto di coppia, tendiamo ad agganciarci a situazioni che apparentemente ci possono sembrare idilliache ma che in realtà nascondono proprio quello che noi volevamo evitare. Non solo. Può capitarci di decidere, proprio come hai evidenziato tu, di scegliere razionalmente di cambiare atteggiamento, comportamento, magari ripetendoci di non fare più gli stessi sbagli fatti nella relazione precedente. Succede però quasi abitualmente, che laddove il comportamento che assumiamo è diverso dal precedente, nella sostanza viviamo un grado di insoddisfazione costante nel nuovo rapporto e di mancato appagamento, spesso psichico ma anche fisico. Nella vita certamente nulla può essere calcolato in modo esatto. Tantomeno nel rapporto di coppia. Ma se dentro di me, non razionalmente ma emotivamente, penso ad esempio di fidarmi di te, se voglio che il mio rapporto si basi sulla fiducia, devo necessariamente avere un alto grado di fiducia prima verso me stesso, di autostima; amor proprio, consapevolezza delle mie abilità e potenzialità; consapevolezza della possibilità che ho di sbagliare. Questi stati propositivi, rapportabili ad uno stato emotivo e non razionale, si raggiungono laddove affettivamente tali condizioni di fiducia, autostima, sicurezza, abbiano avuto luogo nel mio vissuto secondo la mia “ordinarietà psicoemotiva” nel rapporto con le figure importanti della mia vita (genitori). Concludendo, dico che hai ragione quando ti esprimi affermando che ogni esperienza è a sé e cambia da individuo ad individuo. Il punto è che spesso utilizziamo, come ho già evidenziato su queste pagine, la razionalità per decifrare la struttura di un linguaggio diverso che è quello dell’inconscio e che guida i nostri comportamenti. Laddove siamo in grado di accettare di apprendere la struttura di questo linguaggio, che spesso ci arriva sottoforma di sensazioni e stati negativi, quindi sofferenze, siamo in grado di rivivere le esperienze, anche dolorose. Attraverso questo passaggio possiamo recuperare risorse necessarie (elementi positivi) per finalizzarle agli scopi che intendiamo raggiungere, anche, come in questo caso, in relazione alla scelta del nostro partner e del tipo di rapporto di coppia secondo il nostro desiderio più profondo e vero. Naturalmente, ciò non significa che non siano possibili eventuali rotture coniugali, quali divorzi e separazioni consensuali e non. Ma sicuramente tali eventi si ridurrebbero ai minimi termini perché nel rapporto, la coppia, vive un senso di appagamento emotivo che gratifica e completa ambedue. Un ultima cosa: “nella similitudine con il Torrente sei sola o con il tuo partner?” Cordialmente Massimo Catalucci P.S. L’amica Raffaella utilizza scherzosamente nel suo testo il titolo di Dott. nei miei riguardi, che puntualmente per correttezza verso tali professionisti, devo rettificare, evidenziando che è una sua libera espressione e che il sottoscritto è semplicemente un “Counselor” con percorsi di studi diversi da quelli universitari dei dottorati italiani.
 
Mirose06
Mirose06 il 21/09/09 alle 20:03 via WEB
Ciao Massimo, il tuo post è interessante, pone molti interrogativi. La similitudine con lo stagno e il torrente è molto calzante rispetto agli stati emotivi che viviamo nei vari periodi della vita. Forse si dovrebbe aspirare a vivere sempre nel torrente mettendosi continuamente in gioco, invece sembra più facile rifugiarsi nella sicurezza dell'abitudine, quindi nello stagno che non presenta incognite. Certo vi è molto da scrivere e molto da riflettere in merito ma fondamentalmente penso che l'innamoramento abbia poco a che vedere con la razionalità quindi anche riflettere a lungo pià essere una strada contorta, l'amore quando c'è si fa sentire e non può essere scambiato con altri sentimenti. Sul come evitare di minare il rapporto di coppia saprei dire molte cose "in teoria" ma sarebbero pensieri, parole concetti difficili da mettere in pratica. Ti saluto caramente, Rosaria
 
 
counselor63
counselor63 il 21/09/09 alle 20:54 via WEB
Ciao Rosaria, riprendo dalle ultime tue righe: “Sul come evitare di minare il rapporto di coppia saprei dire molte cose "in teoria" ma sarebbero pensieri, parole concetti difficili da mettere in pratica”. Questo è quello che solitamente e generalmente fa la maggior parte di noi, in teoria siamo molto bravi, mettere in pratica poi i nostri pensieri e concetti in relazione a qualsiasi azione da intraprendere ci rimane difficile. Farlo come vorremmo, ancora di più. Come ho già spiegato in altre occasioni ed anche in questo blog, noi esseri umani tendiamo a razionalizzare tutto dando delle spiegazioni e delle motivazioni logiche a questo o quello che ci accade. Anche in merito all’innamoramento tendiamo a trovare “capri espiatori”, o meglio tendiamo a fare bersaglio qualcosa o qualcuno per eventuali insoddisfazioni che stiamo vivendo e/o abbiamo vissuto nel rapporto amoroso. Abbiamo bisogno di trovare un riferimento quale valvola di scarico. Solo che ci capita di percorrere purtroppo sempre la stessa strada e più ci intestardiamo verso un’unica direzione e più assomigliamo all’azione di una mosca che continua a battere contro il vetro della finestra per uscire all’aperto, senza tentare di trovare soluzioni diverse. Eppure abbiamo il potere della parola e già solo questo unito alla nostra creatività ci darebbe la possibilità di generare domande diverse da quelle che ci rimbombano solitamente nella testa, anche se non ne siamo coscienti, per dare luogo a risposte diverse che ci indirizzano verso la scoperta di nuovi obiettivi. Questo mi accade spesso anche quando ricevo clienti presso il mio studio di Counseling. Succede che le persone mi guardano sorprese perché magari entrano con un problema specifico, ad esempio mi dicono: “sono timido e vorrei superare questa mia limitazione” . Allorché rispondo loro con un’altra domanda: Cosa significa per te essere timido? Già questo li sorprende, come se dovessero riflettere e dire: ma che razza di domanda mi fai, essere timidi significa essere timidi, cos’altro c’è da spiegare? Poi continuo ponendogli una serie di altre domande: in merito a che cosa sei timido? Come ti senti e cosa accade nel tuo corpo quando ti senti timido? Ricordi la prima volta che hai provato queste sensazioni che hai associato alla parola timidezza? Riesci a crearti una scena della prima volta in cui hai provato la sensazione di timidezza? Se dovessi dare una forma alla timidezza, che forma avrebbe? Che persona saresti se oggi fossi già una persona sicura di te, se immaginassi di avere già ottenuto ora quello che vorresti? Come ti muovi, come parli, cosa provi? Ora dimmi Rosaria, cosa c’è di logico e razionale nelle domande che ho posto all’immaginaria persona con la quale ho fantasticato nell’esempio? Forse NULLA! O sbaglio? Il punto è proprio questo. Se dovessi agire con le persone che si rivolgono a me utilizzando gli stessi strumenti (logici) che le persone hanno provato a mettere in atto già da loro stesse senza risultati soddisfacenti, otterremmo gli stessi risultati del passato. Mettendo in moto invece la parte creativa della persona e dell’emotività che risiede nell’inconscio della stessa, si ottengono risultati diversi e più vantaggiosi, anche per effetto di una visione più allargata del problema con conseguente maggiore possibilità di scelta. Lavorare sulle rappresentazioni interne e sulla mappa del mondo che ognuno di noi ha in relazione alle proprie esperienze ed al proprio vissuto, ci permette di creare quel dialogo con la parte creativa del nostro essere e fare in modo che il nostro inconscio possa esprimersi attraverso simboli visivi, auditivi e cinestesici. Anche in questo caso, capisco sarebbe molto più facile farti provare in pratica quello che dico anziché spiegarlo a parole come ho fatto. Ma forse, se fai riferimento a quello che hai provato ultimamente (vedi “luce”), riesci ad afferrare meglio quanto ho su scritto. Un abbraccio sincero Cordialmente Massimo Catalucci
 
alizzi
alizzi il 22/09/09 alle 17:20 via WEB
Ciao Massimo, a tal proposito mi piacerebbe ricordare un fantasioso mito che Aristofane racconta nel "Simposio" di Platone. All'origine del mondo sarebbero esistiti tre differenti generi umani: quello maschile, quello femminile e quello androgino. La forma di ogni essere umano sarebbe stata circolare, con quattro mani e quattro gambe, due volti su una sola testa, due organi genitali. L'uomo siffatto era estremamente forte e vigoroso, tanto da osare assalire gli Dei. Zeus, per mitigarne il fervore, decise di tagliarli in due: da ogni uomo originario ne scaturirono due, più deboli e insicuri. Da questa divisione nasce nell'uomo il desiderio di primitiva congiunzione. Ma poichè gli uomini si avviticchiavano insieme lasciandosi morire di fame e d'accidia, Zeus spostò gli organi genitali sul davanti. Tutti gli uomini nati dalla divisione dell'essere androgino sono amanti delle donne e viceversa. Gli uomini nati dal frazionameto dell'uomo originario rivolgono invece la loro attenzione agli individui maschi, e lo stesso si può dire delle donne. "La stirpe umana diventerebbe felice, se noi riuscissimo a raggiungere il fine del nostro amore ritrovando ciascuno proprio il suo amato e ritornando così alla sua antica natura". Che ne dici? A volte la filosofia aiuta a risolvere tanti dubbi. ;)
 
alizzi
alizzi il 22/09/09 alle 17:43 via WEB
Caro Massimo, questo post ha attirato, e di molto il mio interesse! Allora, dopo aver dato una spigazione "filosofica" all'innamoramento ora credo proprio che, se ci riesco, si possa parlarne in maniera un pochino più "scientifica". A proposito delle due valigie sono quasi sicura di poter fare riferimento alla Teoria dell'Attaccamento di Bowlby (di cui io sono un'appassionata cultrice). Un concetto chiave di questa teoria è quello di MODELLO OPERATIVO INTERNO: si tratta di una struttura mentale che comprende le interazioni e le emozioni sperimentate giorno dopo giorno con le figure di attaccamento (caregiver, genitori); una volta costruite, esse operano per guidare il comportamento del bambino nel contesto di TUTTE le future relazioni intime. Quindi, le esperienze di attaccamento che abbiamo avuto con la mamma o con un altro caregiver, determineranno (in parte) quello che sarà il nostro "stile relazionale". Se abbiamo avuto un rapporto traumatico con il nostro "oggetto di attaccamento" molto probabilmente in età adulta saremo dei soggetti che instaurano delle relazioni interpersonali per dirla in breve, che non durano nel tempo. Questo perchè il bimbo ha internalizzato un modello sbagliato. E questa potrebbe essere una valigia. Poi abbiamo quelli che possiamo definire "fattori secondari", ma non per questo da trascurare: temperamento del soggetto, variabili ambientali, e via dicendo.. Sicuramente un peso fondamentale ha l'interazione madre-bambino nel costruire la personalità del soggetto e quindi il "suo mondo relazionale". Questo mondo riguarda sia le relazioni con un partner sessuale sia le relazioni amicali. Quindi, alla domanda se sia possibile ridurre al minimo l'eventualità di minare il rapporto di coppia la mia risposta è FORSE. Troppe sono le variabili in gioco anche se la BUONA VOLONTA' è sicuramente ban accetta. Un bacio. :) Alexia
 
 
counselor63
counselor63 il 22/09/09 alle 18:46 via WEB
Grazie Alexia innanzitutto per averci arricchito con un po’ di buona e sana filosofia. Rispondo al tuo secondo commento, quello che definisci “scientifico”. Sicuramente le variabili che entrano in gioco nello sviluppo della personalità di un individuo sono molte. È vero altresì che la sola BUONA VOLONTA’, anche se ben accetta, non sia sufficiente per risolvere vincoli emotivi che si sono instaurati nella persona. Stando a quanto da te espresso, ciò significa che gli esseri umani sono molto di più gestiti da una forza interiore emotiva che li spinge a ricercare situazioni e contesti, che razionalmente vorrebbe evitare. Questo conferma quindi quello che da sempre evidenzio in queste pagine del blog. Mi spiego meglio. Laddove teoricamente e scientificamente, constatiamo, come da te riportato nel tuo commento, che le problematiche affettive e relazionali del nostro vissuto giovanile si ripercuoteranno nella nostra vita adulta, la sola volontà di voler cambiare rotta in merito a ciò che non vorremmo e nell’esempio il chiaro riferimento é una marcata insofferenza nel rapporto di coppia, è un atteggiamento sicuramente propositivo ma non risolutivo, sia affettivamente, che emotivamente e fisicamente parlando. Quando ci troviamo ad affrontare relazioni di coppia che hanno vite brevi, quando inanelliamo diversi rapporti, quando soffochiamo il nostro desiderio di scappare dalla relazione, quando insomma viviamo un incostante appagamento nella relazione con il nostro partner, significa che la nostra emotività subisce costantemente una pressione che ci fa vivere situazioni di disagio. Questa pressione emotiva, che si è venuta a creare nel nostro sistema inconscio attraverso la qualità e la quantità delle relazioni affettive vissute con le figure significative nel corso della crescita della nostra personalità, da origine ad una ricerca “straordinaria” non “ordinaria” (per ordinaria intendo conforme al nostro sistema di base inteso come equilibrio) della soddisfazione del bisogno amoroso. Ciò significa che l’intervento da effettuare con la persona, non è quello di farla arrivare a comprendere da un punto di vista “logico” cosa ha dato origine al suo disagio emotivo, ai suoi comportamenti attuali, quanto, quello di farla arrivare a comprendere emotivamente, cosa vorrebbe al posto di quello che prova e ancora prima, cosa è esattamente per lei quello che sta provando con il disagio che manifesta. Farglielo rivivere attraverso la sua creatività, attingendo informazioni dal suo serbatoio emozionale inconscio, ci da l’opportunità innanzitutto di creare, anche attraverso il simbolismo, gli archetipi, un dialogo con la parte inconscia della persona, attingendo successivamente dalla sua parte più profonda per colmare le lacune affettive che per eccedenza o per difetto, hanno superato i limiti di tolleranza, generando appunto il disagio. Cordialmente Massimo Catalucci
 
daianasara
daianasara il 23/09/09 alle 13:06 via WEB
molto interessante il tuo post.Si potrebbe parlare a lungo su questo argomento.Niente può dare la certezza di esistere come l'amore.In una relazione,portiamo quello che siamo.C'è fantasia e immaginazione in ogni gesto che dobbiamo compiere per conquistare la persona amata.Quando si ama ogni piccola parte dell'altro è meravigliosa,perchè rivela il suo mondo...il linguaggio segreto dei sentimenti è quello interiore,dell'anima,è ha un codice tutto suo.Ma la fase dell'innamoramento è un fuoco che va alimentato,va protetto se non si rischia di spegnersi, si esaurisce...Ci serve tanta responsabilità e perseveranza per ricevere e trasmettere sincronicamente un sentimento cosi forte,per fondare l'amore sulla concretezza...un caro saluto
 
 
counselor63
counselor63 il 23/09/09 alle 17:38 via WEB
Ciao dainasara. Rispondo altuo commento partendo da qui: “niente può dare certezza di esistere come l’amore” ; io aggiungerei che, ciò che ci da certezza della nostra esistenza sono proprio le tante emozioni che riusciamo a vivere (belle o brutte) nel corso della nostra vita. Condivido con te quello che dici in merito a mantenere vivo il sentimento dell’amore, che in questo spazio è dedicato alla relazione di coppia. Credo che per alimentare il fuoco dell’amore, si debba necessariamente responsabilizzarci di più nel rapporto, considerando che i “difetti” dell’altro/a (ciò che vediamo diverso nell’altro/a da noi, abitudini, gesti, parole, atteggiamenti, passioni, interessi, ecc., ) sono un motivo per capire meglio il suo mondo. In questo scambio continuo di attenzioni verso l’altro/a, si cresce in un contesto di complicità che aumenta la fase dell’innamoramento assumendo sempre di più, nel tempo, un sentimento veramente profondo e radicato. Quanto su detto, è sicuramente uno scenario coinvolgente, ma non sempre da parte di tutti e due c’è la disponibilità di creare i presupposti per poter agire di conseguenza. E questo è proprio il punto che facevo in merito alla fase successiva all’innamoramento, in particolare a quei casi dove le persone incappano in una serie di situazioni amorose, contorte, talvolta fatte anche di forti emozioni, passionali, ma che nascondono in realtà sofferenza ed insoddisfazione, per cui molti, relativamente al rapporto di coppia, scappano dalle relazione stessa quando ad esempio percepiscono che sta diventando qualcosa di duraturo, per approdare di volta in volta in nuovi rapporti, magari apparentemente idilliaci, dai quali però sono successivamente costretti, spinti da una forza emotiva interiore, a scappare nuovamente. Così come, facendo riferimento a quanto ho scritto nel mio post, ci sono persone che per una serie di motivazioni interne, preferiscono mantenere in piedi un rapporto che inizialmente era fantastico e che successivamente si è andato a deteriorare nel tempo. Ma per effetto di valori, credenze e convinzioni personali consce o inconsce, preferiscono sopportare un situazione insoddisfacente piuttosto che optare per qualcosa di diverso. Magari, in questi contesti, danno vita anche ad altri esseri umani, che purtroppo però, “erediteranno” gli effetti di un’insoddisfazione emotiva vissuta dai genitori. Concludo, dicendo che tutto quello che portiamo nella vita di coppia è quanto da noi vissuto in relazione ad esperienze emotive che hanno formato la nostra personalità. Prendere coscienza di questo ed agire esclusivamente con la razionalità, non ci da la possibilità di rielaborare emotivamente situazioni passate che hanno creato dei vincoli interiori, che vengono da noi espressi nella realtà attraverso specifici comportamenti, sollecitati anche da stimoli che interpretiamo come significativi nel corso della nostra relazione di coppia. Al fine di dare o ridare equilibrio al nostro sistema inconscio, occorre rivivere, come desideravamo, anche attarverso l'utilizzo dell'immaginazione associata alla percezione sensoriale, quegli aspetti affettivi con i nostri caregiver(1), genitori, secondo un nostro specifico modello psicoemotivo. Grazie daianasara per il tuo gradito intervento. Cordialmente Massimo Catalucci (1) Caregiver = "chi si prende cura di..." - "assistente di..."
 
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