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LE FOBIE: “Dove finisce la paura ed inizia la fobia?”

Post n°2 pubblicato il 27 Marzo 2008 da counselor63

di Massimo Catalucci

Iniziamo subito con il chiederci: cosa è una fobia?
Potremmo dire che è il risultato (risposta) finale di qualcosa che abbiamo vissuto precedentemente e che pensiamo consciamente di aver dimenticato, anche solo perché non la ricordiamo, o ancora, perché siamo convinti che non sia mai accaduto un evento che possa essere all’origine di quello che proviamo con la fobia e che quindi, le cause della stessa debbano essere ricercate in qualche altra cosa, ovvero, crediamo di essere sicuri che sia oggettivamente qualcosa o qualcuno di specifico a crearci la sofferenza, magari l’elemento stesso della fobia.
Ma potremmo definire la fobia una paura? Certamente! Solo che la fobia è una “paura incontrollabile” razionalmente. Mentre la paura possiamo definirla un elemento necessario alla sopravvivenza dell’uomo, la fobia diventa un ostacolo nell’esistenza umana. Diremo altresì che la paura può essere definita come elemento fisiologico dell’essere umano, è un sensore che lo avverte di un pericolo e di conseguenza gli fa prendere coscienza dell’azione da effettuare: “evitare” o “affrontare” la situazione che gli si è proposta. Se la paura è conforme al sistema di base del soggetto, ossia, quest’utlimo reagisce ad un pericolo in modo istintivo di allerta in riferimento all’oggettività del pericolo stesso, ciò è ordinario. Nel caso in cui invece, il soggetto reagisca in forma alterata (incontrollabile) ad un pericolo oggettivamente inesistente per la maggior parte delle persone che si trovano nello stesso contesto, significa che è in atto un processo percettivo alterato nel soggetto che sta accusando la paura. In questo caso potremmo parlare di fobia. Questo è solo un esempio per spiegare la differenza tra una paura ordinaria ed una straordinaria (fobia).
Personalmente mi è capitato di aiutare persone che avevano diversi tipi di fobie, da quella claustrofobica, a quella di volare o dell’altezza, a quelle relative agli animali (zoofobia; aracnofobia), alle fobie sociali, alla paura delle malattie (nosofobia), fino a quelle relative agli eventi naturali (es. eventi atmosferici: temporali).
In tutti i soggetti fobici, mi sono reso conto che si innesca un processo simile l’uno all’altro, con caratteristiche che vanno dal sudore alle mani, a brividi di caldo/freddo, ai capogiri, mentre la bocca è asciutta ed il cuore batte con una frequenza più veloce. Anche la respirazione può diventare più difficile così come la stabilità sulle gambe che potrebbero bloccarsi o tremare.
Ma cosa accade da un punto di vista del processo mentale nell’individuo nel momento dell’evento scatenante, per cui lo stesso non riesce a dominarsi?
Potremmo dire in primo luogo che l’emisfero destro (emotivo) del cervello prende il sopravvento a quello sinistro (logico), mandando impulsi al sistema nervoso periferico (sistema vegetativo simpatico e parasimpatico) il quale, potremmo dire che interpreta tali messaggi come stimolo di difesa, innescando un processo di atti involontari di alcuni organi.
Sappiamo che lo “SNC” (Sistema Nervoso Centrale), collocato nel cervello e nel midollo spinale, utilizza una rete di nervi periferici che terminano con i percettori sensoriali. I percettori sensoriali catturano le informazioni che vengono inviate allo “SNC”, il quale le elabora e invia il comportamento da effettuare ai nervi motori che azionano gli organi ed i muscoli.
L’essere umano impara tutto ciò che conosce a livello teorico (logico), ma impara molto di più a livello pratico (emotivo) dalle esperienze dirette e personali che fanno parte del suo vissuto.
Nella condizione di una fobia, potremmo quindi dire che in passato il soggetto, ha percepito un evento attraverso tutto se stesso, per mezzo dei suoi organi di senso: Vista, Udito, Gusto, Olfatto e Tatto.
Attraverso questi organi sensoriali ha inconsciamente fissato un momento significativo emotivamente, del suo vissuto, codificandolo con un riferimento ben specifico. Successivamente ogni qualvolta questo codice viene richiamato o meglio stimolato nella stessa modalità con la quale si è creato, scatta il programma nervoso ad esso associato: la fobia.
Personalmente non mi occupo del perché una persona è fobica, compito che è da riservare a coloro che hanno l’autorità per svolgere questo tipo di ricerca e che potremmo attribuire alla psicanalisied alla psicoterapia, ma piuttosto mi preoccupo di capire come, la persona entra in crisi (fobia) e come riesce a mantenerla. Per cui la valutazione che faccio è quella di capire quali sono le percezioni che la persona individua/avverte nel momento in cui in passato, ha avuto un attacco fobico, oppure ancora, cercando di farle spiegare da un punto di vista “rappresentazionale” emotivo, cosa accade nel momento in cui parliamo della sua fobia nel presente.
Nel dialogo con la persona fobica, scopro ben presto che la fobia gli si presenta generalmente come una descrizione soggettiva interna/esterna correlata di immagini, colori, suoni, rumori, profumazioni, pressioni, temperature, movimenti e chi più ne ha più ne metta, che potremmo definire rappresentazioni delle modalità e sotto modalità Visive (V), Auditive(A) e Cinestesiche(K).
Il soggetto è sicuramente legato all’evento fobico, attraverso una serie di rappresentazioni interne specifiche. Individuarle in modo dettagliato mi offre l’opportunità di far immaginare al mio interlocutore cosa accadrebbe se quel “film” (processo personale rappresentativo interno/esterno), assumesse delle modalità e sottomodalità Visive (V), Auditive(A) e Cinestesiche(K), diverse da quelle che sono in atto nel processo mentale nel momento in cui vive la fobia.
A questo punto se avrò raccolto bene le informazioni necessarie dal mio interlocutore nelle sue rappresentazioni interne/esterne, su indicate, sarò in grado di fornirgli le sue stesse risorse in modo tale da permettergli di associare all’evento fobico, una sensazione diversa che in qualche modo interromperà il processo precedente vissuto come sofferenza. La caratteristica più evidente in questi casi è la scomparsa del sintomo che accusava il soggetto quando si trovava o si trova coinvolto nell’evento fobico.
In questo caso potremmo dire che le risorse necessarie per il superamento di una fobia, sono innanzitutto già radicate all’interno dell’individuo stesso e che, l’operatore è come un bravo chef che sa quali ingredienti gli servono, nella quantità e qualità, ma anche in che ordine devono essere preparati, affinché il suo cliente si possa gustare alla fine un buon “piatto”.
Solitamente provo il risultato ottenuto. Naturalmente sarà molto più facile farlo dopo il trattamento di una claustrofobia, ad esempio. Infatti non sarà difficile trovare uno sgabuzzino, o ascensore, nel quale si chiede alla persona trattata di provare a chiudersi dentro da sola per vedere cosa succede in lei, da un punto di vista delle sensazioni associate alla fobia stessa. Un po’ più difficile sarà prendere in considerazione una fobia al topo o al ragno se questi è l’elemento scatenante della fobia.
Ripeto che da un punto di vista delle fobie, non ricerco il perché si sia scatenata la paura incontrollabile, ma mi limito a capire cosa la persona provi in quel momento specifico, aiutandola a superare la sensazione spiacevole che ne ricava dall’esperienza reale(1) o immaginaria(2). Considerando comunque la fobia come una limitazione della vita sociale di un individuo, credo che alleggerirlo di qualcosa che gli impedisce di vivere la sua esistenza in modo più piacevole, sia comunque un risultato ottimo. Sono anche convinto che il soggetto ne guadagna da un punto dell’autostima, sentendosi in grado di aver superato un ostacolo che pensava di non poter superare, apprezzando contestualmente molto di più altri aspetti della vita che poteva invece precludersi.

(1) Reale: nel momento in cui si trova oggettivamente davanti al problema; ovvero realmente davanti all’oggetto o l’evento scatenanti la fobia.
(2) Immaginaria: nel momento in cui si trova solo a pensare di avere davanti a sé il problema: ovvero, senza che vi siano i presupposti oggettivamente rilevabili.

 
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