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Post N° 33

Post n°33 pubblicato il 13 Novembre 2009 da counselor63

DISAGIO SOCIALE: Individuale e collettivo.

Avete notato come tutti i giorni sentiamo frasi preoccupanti su giornali e radio-tv-giornali? Ne riporto di seguito alcune per poi riflettere insieme a Voi sulle responsabilità del disagio:

 

  • Aumentano i precari, diminuisce il lavoro a tempo indeterminato.
  • Il disagio urbano aumenta: nelle persone, nei gruppi nelle comunità.
  • Le famiglie sono più povere;
  • Stiamo toccando il fondo, siamo nel periodo peggiore della storia dell’umanità.
  • I giovani non hanno valori e punti di riferimento sani.
  • La scuola è un disastro, la stanno distruggendo.
  • La viabilità stradale è diventata assurda.
  • L’ambiente è contaminato dallo smog dei gas di scarico, dai campi elettromagnetici, dalle onde sonore, dallo smaltimento abusivo dei rifiuti tossici, ecc..
  • Nel 2009 oltre un miliardo di persone è a rischio di morte per mancanza di cibo nel mondo.
  • L’obesità è in aumento. Nel 2014 si stima che i malati di diabete, causa l’obesità, in Italia saranno circa 4,5 milioni di persone.
  • Sono in aumento le tragedie familiari. Persone che uccidono i propri familiari sono quasi ogni giorno sui giornali e notiziari radio e tv.
  • Il 70% degli Italiani soffre di malattie determinate dallo stress e che possono rivelarsi fatali. Ne consegue un abuso di prodotti farmacologici.

Guardando al mondo giovanile troviamo inoltre quanto segue:

  • Aumento della dipendenza da droghe.
  • Abbassamento dell’età media dell’inizio di abuso di alcoolici ed aumento della dipendenza da essi.
  • Inserimento in clan camorristici e spacciatori di droghe nel Sud Italia, mentre  si formano “baby gang” nel Nord.
  • Aumento di delitti per motivi spesso superficiali.
  • Aumento del fenomeno di bullismo in particolare nelle scuole e nelle strade.
  • Aumento della sfiducia nelle pubbliche istituzioni e nei loro rappresentanti.
  • Cinismo, individualismo, egoismo e materialismo sempre più diffusi.
  • Abbassamento del livello di istruzione.


A tutto questo è interessante considerare che sono in aumento i comportamenti suicidari, generati da forti disturbi psichici e grande tendenza ad accusare stati di: ansia, attacchi di panico, anoressia e bulimia e depressioni varie.

Nel gruppo familiare, possiamo notare  “problemi” relativi a:

1) cambiamenti profondi nel pensiero inconscio dell’individuo con manifestazioni negative sul comportamento;

2) Abbassamento del rendimento scolastico da parte del giovane;

3) Mancanza di interesse e/o capacità di comunicazione;

4) Aumento di aggressività e ribellione, con tendenza dei giovani a squalificare “figure autoritarie” (p. es., insegnanti, genitori, preti, poliziotti, etc.);

5) Affiancamento di persone poco raccomandabili;

6) Utilizzo, da parte dei giovani, di espressioni verbali scandalosi in presenza di adulti.

Credo di aver fatto un "bel" quadro e se non completo, quasi, di ciò che viene spesso messo in risalto dai mass media

Ora la mia domanda è:

Chi è responsabile di tutto ciò?

Mi sono dato questa risposta alla quale mi aspetto i Vs. graditi commenti.

Senza andare a fare una considerazione di ciò che accade in tutto il mondo, ma soffermandomi solo su quello che avviene nel mio piccolo mondo, quella realtà urbana in cui vivo, mi sono reso conto che i responsabili di ciò che accade siamo tutti noi.

Mi spiego meglio.

Tutti, o comunque la maggior parte di noi,  siamo sicuramente pronti a dire che questo non è vero e che i responsabili di quello che accade sono “………………..” e qui ognuno conclude la frase con chi ritiene che abbia specificamente la responsabilità di quello che accade e di cui ho riportato sopra un’ampia panoramica.

Ma questo pensiero, anche se trova il referente soggettivo specifico quale causa del problema/disagio, toglie in qualche modo chi sostiene questa tesi, dalle proprie responsabilità. È come dire, io non c’entro e non posso fare nulla, è “Tizio” o “Caio” che devono dare risposte e risolvere il problema/disagio che esiste nella nostra società/comunità.

A questo punto è bene fare una precisazione in merito ai termini società/comunità. Per comunità intendiamo un insieme di individui legati tra loro da uno o più elementi di comunione e riconosciuti singolarmente da ogni persona. Possiamo altresì dire che, l’elemento condiviso dal gruppo, si trova nello stesso ambiente fisico nel quale sono presenti anche determinate dinamiche relazionali.  E già questo aspetto forse ci indica che la responsabilità andrebbe suddivisa all’interno del gruppo (società/comunità), tra gli attori che ne fanno parte e che ne condividono uno spazio specifico oltre agli elementi in esso contenuti

Ma forse, un dato specifico che ci indica da dove partono gli esempi di responsabilità ce lo abbiamo e questo ci riconduce inevitabilmente alla figura umana di un adulto. Sappiamo che i giovani infatti, sono il futuro e gli uomini della società di domani. Ma allo stesso tempo vivono la società di oggi e, la società attuale, è governata dagli adulti e come tali credo che le responsabilità di quello che accade partano proprio da questi ultimi (io compreso).

Sono del parere che non avremo mai una società rispettosa, antirazziale, produttiva, evoluta e economicamente agiata, fino a quando gli esempi (adulti) non saranno conformi alle aspettative dei giovani.

Facciamo finta di ascoltarli, parliamo dall’alto dei nostri pulpiti, ma quando dobbiamo metterci in gioco, accettando le loro critiche, tiriamo fuori il nostro titolo, la nostra età, il ruolo che ricopriamo e sviamo in qualche modo la responsabilità di costruire il mondo come i giovani veramente desidererebbero.

Giorni fa ho partecipato ad un Convegno dal titolo: “Disagio Urbano: nelle persone, nei gruppi, nella comunità”; tenutosi presso la Sala Protomoteca del Campidoglio a Roma.  A tale Convegno partecipavano al tavolo dei conferenzieri, personaggi qualificati che offrivano il loro contributo professionale su cosa è necessario fare per risolvere il Disagio in cui vertono molte persone e le comunità intere.

È inutile sottolineare, quanto ben articolati sono stati gli interventi dei professionisti, ricchi di molti contenuti e sani principi.

Purtroppo però, tutto quello che appare sensato e di notevole attenzione verso il sano e coerente esempio socio educativo, è risultato, come spesso accade, contestualmente incoerente nella pratica.

Mi spiego.

Mentre gli adulti esprimevano l’importanza che si deve dare con il proprio esempio vivente ai giovani, dimostrando che attraverso la politica del “fare” oltre che del “dire”, si acquisiscono dettagli nella memoria che rimangono indelebili, gli stessi, assumevano atteggiamenti contrari a quelli verbalmente espressi.

Porto solo un esempio. Il professionista che si trova al tavolo dei conferenzieri, se utilizza diverse volte il suo telefono cellulare nel corso della conferenza, nessuno gli dice che tale comportamento è in antitesi con i principi di esempio che nella stessa riunione si intende far passare. Ma se questo accade ad una ragazza della scolaresca seduta in platea (erano presenti al Convegno su indicato classi di Istituti Socio-Psico-Pedagogici), quest’ultima potrebbe venire immediatamente ripresa dalla sua insegnante (o altro adulto accompagnatore o presente) per cui le verranno fatte le seguenti osservazioni:

  • È maleducazione. Quando si è in riunione il telefono va spento;
  • Se rispondi sempre al telefono, probabilmente non trovi interessante quello che stanno dicendo i relatori;
  • A te piacerebbe se qualcuno, mentre stai parlando con lui,  facesse qualche altra cosa senza prestarti attenzione?
  • Spegni quel telefono altrimenti te lo ritiro e te lo consegno alla fine del Convegno.
  • Avete sempre questi telefonini accesi! Ma che avrete mai da dirvi!

Questo di solito e quello che accade in una situazione simile. Nello stesso ambiente troviamo l’adulto ed il giovane che però hanno due ruoli diversi. Il fatto è che il ruolo pesa, infatti laddove l’adulto può dire e fare quello che vuole, il ragazzo no.

Naturalmente l’adulto motiverà anche con molta attenzione e logica, il fatto che lui, se utilizza il telefono cellulare anche durante il Convegno, è solo perché ha molti impegni e responsabilità oltre l’evento a cui sta prendendo parte e quindi, il suo comportamento è razionalmente giustificato, perché deve rispondere ad altre persone che lo contattano per motivi molto importanti.

Quanto motivato dall’adulto, anche bene e con molta logica, influisce però emotivamente sul ragazzo in modo negativo, perché lo stesso accusa comunque uno stato di disagio, che potremmo azzardare di tradurre in pensieri che lo stesso può generare e che possono essere di questo tenore:

  • Tu adulto puoi farlo ed io no;
  • Tu adulto dici quello che va fatto ma tu non lo fai;
  • Tu adulto eserciti il tuo potere del ruolo su di me ed io devo sottostare.
  • Tu dici che vuoi ascoltarmi ma se ti faccio notare che oltre alle parole io osservo i fatti, continui ad essere sordo e ad avere i tuoi soliti atteggiamenti.
  • Se mi chiudo e non comunico mi dici che sono un soggetto disagiato.
  • Se continui a “dire” e “non fare” quello che dici sia giusto “dire” e “fare”, farò in modo che tu possa notare ciò che io faccio e che è il contrario di quello che tu dici verbalmente di fare.  
  • Il mio disagio sei tu, adulto. 

A tal proposito, mi viene in mente la scena di una ragazza chiamata a commentare gli interventi dei relatori. La stessa dopo diversi tentativi da parte dell’adulto di indurla a commentare, si ritrova con un microfono in mano in piedi con gli occhi addosso e le orecchie pronte ad ascoltare di circa 150/200 persone, in particolare, gli occhi e le orecchie delle compagne di scuola. L’adolescente inizia subito dicendo:

vorrei manifestare il mio grande disagio nella situazione in cui mi trovo. Voi adulti, parlate di disagio e poi mette le persone nella condizione di trovarcisi in mezzo. Sono stata spinta dalla mia insegnante a fare ciò che non avrei voluto fare, parlare in pubblico. Quindi denuncio il mio forte senso di disagio. Inoltre voi adulti dite sempre quello che bisogna fare ma poi voi siete i primi a non fare quello che dite. Vorrei vedere i fatti oltre che le parole, perché oramai di parole ne sentiamo troppe da molto tempo.   

Credo che sia significativa la denuncia della giovane ragazza. Occorre quindi riflettere sulle responsabilità che all’interno di una società devono sicuramente partire dall’adulto, ma successivamente, devono approdare nel giovane che, sappiamo, se messo nella condizione di capire (attraverso i fatti degli adulti)  che le responsabilità di ciò che accade in una comunità sono di tutti, comprenderà più facilmente che anche lui, nel caso di un qualsiasi disagio giovanile, ha la sua responsabilità, se non altro di domandarsi perché accade quello che sta vivendo e come poter fare, magari con l’appoggio dell’adulto coerente, per far fronte allo specifico problema/disagio, tramutandolo in un a opportunità di crescita personale e sociale.

Ringrazio anticipatamente quanti commenteranno il presente post.

Cordialmente

Massimo Catalucci

 

 
Rispondi al commento:
surfinia60
surfinia60 il 06/12/09 alle 09:25 via WEB
Accidenti! Un argomento molto interessante, ma vedo che nessuno si è 'ammazzato' per correre a commentarlo. Direi che anche questo è un sintomo. Io stessa stavo per passare oltre, perchè il contenuto può aprire un dibattito a dir poco immenso. Mi è passata davanti tutta la mia vita, mentre leggevo. Non so ancora cosa scriverò qui, ma è una di quelle situazioni in cui rischi di comunciare ad esternare senza sapere più come fermarti. Ti dico solo che io ho quasi 50 anni e dal 'disagio giovanile' non ne sono mai uscita. Non che non ci abbia provato, da sola e con l'aiuto di altri. Ho aumentato la mia consapevolezza, questo sì, tanto che non ho faccio parte di quello stuolo di persone che dà la colpa ad altri di ciò che di brutto esiste intorno. Potrei anch'io far parte di uno di quei gruppi che si costituiscono per combattere il cattivo, lo scorretto, il disonesto, il mostro, illudendomi così di star facendo qualcosa per combattere lo stato in cui versa la nostra umanità. Ma sono già troppo oltre questa che definisco una barriera mentale. Come anche tu scrivi (mi pare) so bene che l'umanità E' ognuno di noi, ed è ognuno di noi che è responsabile di ciò che siamo diventati. Solo chi ha fatto il danno può porvi rimedio, non esiste nessun 'altro' cattivo o responsabile da crocifiggere. E fin qui niente di nuovo, dopotutto. Il motivo del mio disagio è il senso di impotenza, di sfiducia e disillusione in me stessa, prima ancora che nell'altro mio simile. Quando una persona non si sente all'altezza della propria quotidianità, del proprio nucleo familiare e limitrofi, come può anche solo pensare di imbarcarsi in qualcosa che possa salvare l'umanità? E qui mi fermo. Come vedi ce ne sarebbe da dire, ma con l'ultima mia riflessione credo di aver esaurito l'argomento. Ti faccio i miei complimenti, e continua credere in quello che fai! Credere in qualcosa è l'unico modo per non soccombere. Un saluto
 
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