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Questo, a mi parere, è un tipico caso di deferenza. Siccome Tom Ford gode di ottima fama di stilista, quindi di artista, qualsiasi cosa che fa deve per forze essere artistica e cosparsa d'oro. Questo per intendere che il suo è un film ampiamente sopravvalutato, che seppur presenti delle note meritevoli e possa pure far pensare ad una certa dose di talento, male espresso, non è all'altezza dei commenti entusiasti che ne hanno preceduto l'uscita.
Il film, che affronta l'abbandono, l'amore e la solitudine mescolandoli alla tematica gay, è tratto dall'omonimo romanzo di Cristopher Isherwood, che è considerato una pietra miliare del movimento di liberazione gay, anche se il tema trattato è universale ed espandibile a tutti i tipi di amore.
La resa dell'immagine è volutamente un po' sgranata in pieno stile anni 60', e i dettagli per i capi di vestiario, il make up e gli arredi è notevole e, seppur sempre sullo sfondo, salta all'occhio; tra gli attori, abbastanza convincenti, spicca senz'altro il protagonista Colin Firt, posato e rassegnato professore di mezz'età, cui muore il compagno di una vita in un incidente d'auto, costretto ad affrontare la vita che va avanti, il presente che sfugge, il passato alle spalle e quindi perso, e il futuro che vede solo carico di morte. Lo screen play (adattamento per lo schermo), ad opera dello stesso regista, sembra efficace e lacunoso allo stesso tempo, poichè alcuni dialoghi e diverse scelte delle scene sembrano particolarmente felici ed azzeccate, mentre altre fanno storcere con decisione la bocca. La sensibilità di Tom Ford lo porta a curare moltissimo le parti di introspezione, disperazione soffocata dalla routine, ricordo, in modo efficace e coinvolgente, mentre sembra non tenere benissimo il filo della narrazione, in alcuni casi svolto quasi frettolosamente. Per quanto poi il film e le inquadrature stesse preservino una certa bellezza intrigante, e si veda che il regista ha ben studiato il linguaggio narrativo cinematografico, a mio modesto parere ci sono diversi errori dati da una non perfetta padronanza del mezzo, evidenti soprattutto per quel che riguarda il montaggio, a tratti disturbante e scattoso in contrasto con la "morbidezza" della scena. Non so se questo sia imputabile a Joan Sobel, al materiale che si è ritrovata a montare o alla pessima stesura dello storyboard.
Rimane il fatto che, nonostante Single Man possieda delle qualità, queste non solo tali da renderlo un bel film.
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Hank
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HAGAKURE
Quando un acquazzone ci sorprende, cerchiamo di non bagnarci affrettando il passo, ma anche tentando di ripararci sotto i cornicioni ci inzuppiamo ugualmente.
Se invece, fin dal principio, accettiamo di bagnarci eviteremo ogni incertezza e non per questo ci bagneremo di più. Tale consapevolezza si applica a tutte le cose.
Yamamoto Tsunetomo(1 - 79)
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LA MORTE E IL BUSHIDO
Quando sopraggiunge una crisi, davanti al dilemma fra vita e morte,è necessario scegliere subito la seconda. Non è difficile: basta armarsi di coraggio e agire. Alcuni dicono che morire senza aver portato a termine la propria missione equivale a una morire invano. Questa è la logica dei mercanti gonfi di orgoglio che tiranneggiano Osaka ed è solo un calcolo fallace, un'imitazione grottesca dell'etica del samurai.
E' quasi impossibile compiere una scelta ponderata in una situazione in cui le possibilità di vita e di morte si equivalgono. Noi tutti amiamo la vita ed è naturale che troviamo sempre delle buone ragioni per continuare a vivere. Colui che sceglie di farlo pur avendo fallito nel suo scopo, incorre nel disprezzo ed al tempo stesso è un vigliacco e un perdente.
Chi muore senza aver portato a termine la propria missione muore da fanatico, in modo vano, ma non disonorevole. Questa è infatti la Via del samurai.
L'essenza del Bushido è prepararsi alla morte, mattina e sera, in ogni momento della giornata.
Quando un samurai è sempre pronto a morire, padroneggia la Via.