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Ci risiamo...

Post n°28 pubblicato il 22 Giugno 2006 da pierrot2006
Foto di pierrot2006

ROMA. Memore del travolgente successo che ebbe il «coglioni» rivolto agli elettori di sinistra, alla vigilia delle scorse politiche, Silvio Berlusconi ha concesso il bis. Stavolta ha definito «non degni di sentirsi italiani» quanti domenica e lunedì si asterranno invece di scrivere «sì» sulla scheda.

Qualcosa del genere aveva già detto tre giorni fa, in alcune interviste televisive; però in modo più sfumato, sostenendo che chi va al mare anziché alle urne «non potrà guardarsi allo specchio e tantomeno sentirsi italiano al 100 per cento». Nessuno ci aveva fatto caso, nemmeno un titolo di giornale; per cui il Cavaliere ieri ha rilanciato in grande, con il chiaro intento di conquistarsi le prime pagine. Un tentativo di uscire dal «cono d’ombra» in cui si sente relegato, dopo cinque anni di overdose mediatica.

«Indegni», dunque, gli elettori di centro-destra che se ne staranno a casa (Francesco Cossiga se l’è subito legata al dito: «Oltre che immorale, io sarei pure indegno...»). E poiché «la sinistra sta cercando di distrarre la gente dal voto scatenandosi col solito tempismo» su intercettazioni telefoniche e altre inchieste d’attualità in questi giorni, Berlusconi ha sparato un secondo petardo destinato a conquistare l’attenzione e mobilitare le truppe. Ha detto che i primi accertamenti delle Giunte per le elezioni «fanno gridare allo scandalo». Rispetto a cinque anni prima le schede bianche pare siano calate mediamente del 60 per cento. «Ma guarda caso, nelle due regioni che hanno consegnato i dati per ultime (Campania e Calabria) le schede bianche erano il 75 e l’86 per cento in meno rispetto al 2001». Inutile aggiungere che, per l’ex-premier, qualcuno ci ha fatto sopra una bella croce: «Non c’è spiegazione diversa da quella dei brogli», ha gridato dal palco della manifestazione referendaria organizzata all’Eur, «ci batteremo per ricontare le schede bianche, le nulle, e se necessario tutte le schede».

Nel tripudio dei mille fan convenuti al Palazzo dei Congressi, ha dato del «patetico» al presidente del Consiglio Romano Prodi, che guida un governo «debolissimo» (e il referendum potrà essere un «segnale»). Ma non è nulla, a confronto degli epiteti rivolti al premier dal secondo oratore: il leghista Roberto Calderoli. S’è trattato di un autentico show, a suo modo memorabile per quel linguaggio padano colorito che ha subito incontrato il gusto del popolo borgataro. Prodi, ha detto Calderoli in cravatta e pochette verdi, «dovrebbe ricevere un trattamento sanitario immediato in quanto pericoloso per sé e per gli altri». Quando il Professore alza gli occhi al cielo, «secondo me parla alla Madonna e sente delle voci...». A sinistra «qualche cornuto tenta di smontare le cose che abbiamo fatto», laddove «i nostri fanno gli interessi del popolo e non quelli della cadrèga».

Ma il clou l’ex ministro Calderoli l’ha toccato parlando delle intercettazioni. «Se qualcuno ha cercato di trombare una valletta, lo preferisco a chi ha cercato di trombarsi una banca», ha detto, quasi portato in trionfo dalla platea dell’Eur. Dove peraltro sedeva, proprio di fronte a lui, un protagonista involontario della vicenda, Francesco «Checchino» Proietti, segretario di Gianfranco Fini. Il quale Fini, prendendo la parola di lì a poco, ha dato la netta impressione di aver gradito poco la battuta su banche e vallette. «Si può condividere o meno la tonalità degli interventi», ha detto, «del resto ognuno è quel che è...».
 

 
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