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L’uomo non è mai uscito da trionfatore nella sua inutile guerra alle tentazioni. Ne rende testimonianza Ovidio nei memorabili “Amori , II, IV”. In un mondo che vuole per forza dirci cosa dobbiamo mangiare, vestire, guidare, amare, un passo come questo pare abbia la forza di rinfrescare ed imbaldanzire i nostri vizi. I miei di sicuro.
“Non oserei difendere con menzogne i miei riprovevoli costumi,
e servirmi di armi fallaci in difesa dei miei vizi.
Confesso, se pure giova qualcosa confessare le colpe;
ma dopo la confessione ricado folle nelle mancanze.
Le odio, ma non posso non essere desideroso di ciò che odio:
ahi, com’è duro sopportare ciò di cui ci si vorrebbe liberare!
Mi mancano le forze e le capacità di guidare me stesso;
sono trascinato come una nave sospinta da flutti impetuosi”
Giovenale, del tutto esplicitamente, ci ricorda invece nei suoi Epigrammi la libertà dell’amore da cogliere, per così dire, senza ‘impicci’ : non un violino morente ma una fanfara vigorosa.
“Moglie, o t’adatti ai miei bisogni, o te ne vai. Io non sono né Numa, né un Curio, né un Tazio.
Tu godi al buio : a me piacciono i giochi d’amore con la lampada,
e rompermi le ossa al sole del mattino.
Reggipetto, camicia, sopravveste nera. Una fortezza, sei :
per me la donna non è mai nuda abbastanza a letto.”
Inviato da: specchio5
il 01/05/2013 alle 16:58
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il 21/12/2011 alle 00:23
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il 16/03/2010 alle 00:12
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il 21/10/2008 alle 18:13
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il 02/10/2008 alle 21:15