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Post N° 19

Post n°19 pubblicato il 03 Ottobre 2008 da blog8

La situazione economica-per capire responsabilità e proposte sul che fare?

Questa si chiama Depressione

di Maurizio Blondet

Riportiamo l'articolo-analisi di Blondet che analizza e confronta lo stato della crisi attuale con la grande depressione fornendo elementi di valutazione che da altre fonti non arrivano impedendo così alla gente di avere una più adeguata visione della crisi in corso che noi come altri abbiamo predetto all'interno di una crisi globale come illustrato ad esempio nel rapporto IONS "Collasso e scontro tra le visioni del mondo" (2007-2008) e nel saggio di Ervin Laszlo, *Punto caos, la finestra decisionale*(2006) pubblicati interamente sulla rivista Alba Magica.

L'analisi di Blondet, pur non essendo un'analisi integrale - mancando di un'analisi sufficiente sui quadranti soggettivi e intersoggettivi che stanno giocando un ruolo sempre più determinante man mano che la crisi si fa più estesa e profonda - fornisce elementi sia oggettivi che soggettivi che mancano comunque nel loro insieme alle analisi presentate dai mass media.

*Li forniamo quindi a titolo di linee di analisi da inserire nel quadro integrale.

 

-I saggi e altri articoli e sintesi usciti su Alba Magica che trattano della crisi ('biforcazione della storia' 'stadi evolutivi e crisi', 'svolta epocale', ecc. e sotto altri titoli) si possono richiedere a albamagica@iol.it  e ai telef. 0498648301  3474418930.

L'articolo di M. Blondet

Ebbene: Paulson sta fallendo (1).. All’annuncio del varo del suo piano di salvataggio, 700 miliardi di dollari, i «mercati» del mondo hanno risposto crollando, anzichè salendo. I tassi interbancari non fanno che crescere: le banche non si fidano a prestarsi un centesimo tra loro. E’ una specie di «corsa agli sportelli» fatta però non dai risparmiatori, ma dai banchieri stessi.

I prestiti interbancari sono paralizzati, sicchè le banche  ricorrono alla Federal Reserve: che ha prestato loro fino 1.880 miliardi di dollari al giorno (fate il confronto col pacchetto di salvataggio di Paulson, 700 miliardi) solo per tenerle a galla. In pratica, le banche sono in reparto-rianimazione, sotto trasfusione e con machina

...L'articolo completo

Chicago 1933: il piano contro la Depressione

Come quella che sta per cominciare, la Grande Depressione dovuta al crak del ‘29 fu preceduta da un boom speculativo, provocato a sua volta - come oggi - dai tassi d’interesse artificialmente bassi tenuti dalla FED.

Prendere denaro a prestito costava pochissimo; conveniva indebitarsi per comprare azioni a scopo speculativo, o case con mutui facili. Si gonfiarono così - come oggi - bolle speculative azionarie e immobiliari. Come oggi, la crisi fu innescata dallo scoppio delle bolle.

Ne seguì la deflazione dei prezzi (azionari e immobiliari, poi di tutte le merci), e la deflazione fu aggravata dalla contrazione del credito. La moneta d’oggi infatti è essenzialmente debito, la moneta essendo creata ex-nihilo dalle banche col meccanismo del credito: ne consegue che la massa monetaria, che cresce in periodi di ottimismo (boom) diminuisce in periodi di pessimsmo, con effetti destabilizzatori.

Nella grande depressione dei primi anni ‘30, la massa monetaria si contrasse del 30%: e quindi il prodotto interno lordo americano cadde in termini reali del 29%, e la disoccupazione salì al 25%, per fallimenti a catena di banche e d’imprese.

Oggi, la FED e il Tesoro USA pensano di curare il crack speculativo con ulteriori ribassi dei tassi, ossia somministrando in più forti dosi la medicina - credito facile - che ha provocato le bolle e il conseguente crack.

Invece nel 1933 un gruppo di economisti di Chicago propose un piano di riforma che era l’esatto contrario di questa «medicina» e, se fosse stato accettato dalla leadership politica, avrebbe risanato l’economia. Il «Piano di Chicago» fu vivamente raccomandato al governo dal professor Irving Fisher di Yale.

Fisher era il più grande economista americano dell’epoca; fu lui il primo a capire e a spiegare (nel 1911) che il meccanismo del credito porta alla creazione di massa monetaria; è l’uomo che un decennio dopo sarebbe stato, con il britannico John Maynard Keynes, il protagonista dell’ordine  monetario di Bretton Wood.

Un economista ufficiale, non un eretico. Eppure Fisher appoggiò quella proposta rivoluzionaria. Per divulgarla, ci scrisse persino un saggio, «100% Money».

Il Piano di Chicago proponeva che fosse restituito allo Stato il monopolio esclusivo  dell’emissione di moneta; e che fosse vietato alle banche la creazione di denaro o pseudo-denaro, imponendo alle banche l’obbligo di riserva del 100%.

Oggi, le riserve obbligatorie sono ridicolmente basse, anche del 3%. Immaginiamo per semplicità un obbligo di riserva del 10%. Ciò significa (grosso modo) che, quando un risparmiatore deposita sul proprio conto corrente cento euro, la banca con quella «riserva» può concedere fidi e prestiti per 1.000 euro; mille euro che non ha, pseudo-capitale creato dal nulla. Questo consente enormi guadagni indebiti alle banche (che lucrano gli interessi sul denaro che creano dal nulla) ma le rende instabili in modo inerente: se la maggior parte dei depositanti andasse a ritirare i depositi, si vedrebbe che la banca è insolvente.

Con l’obbligo di riserva al 100%, il trucco del credito frazionale non è più possibile, le banche non possono prestare che il denaro che effettivamente hanno in cassa. Sarebbero impossibili anche i trucchi della ingegneria finanziaria, gli schemi a grande leva (debito) che sono la specialità dei fondi speculativi (hedge fund), o la monetizzazione degli strumenti di credito (come la cartolarizzazione, la riduzione dei mutui in coriandoli che vengono esitati qua e là), insomma tutto ciò che ha provocato l’attuale crack.

Il moltiplicatore del credito sarebbe molto più modesto; esso sarebbe determinato non già dalla percentuale di riserva permessa, bensì dalla quantità di risparmio esistente nell’economia.

I lettori più avvertiti noteranno la somiglianza del Piano di Chicago con la riforma bancaria proposta dal Nobel francese Maurice Allais, che infatti  l’ha studiata a fondo.

Allais, Nobel per l’economia nel 1988, propone la dissociazione dell’attività bancaria con la creazione di tre categorie di banche, distinte e indipendenti:

1) banche di deposito, che garantiscono la custodia dei depositi dei loro clienti, gli incassi e i pagamenti su quei depositi (le spese relative saranno addebite ai clienti per il servizio), con eslusione di ogni prestito (anche i conti dei clienti non potranno comportare uno scoperto);

2) Banche di prestito, che aprono fidi (prestiti) con una data scadenza, con denaro che a loro volta prendono a prestito a termine più breve: s’intende che l’ammontare dei prestiti concessi non potrà superare quello dei prestiti ottenuti, appunto riserva 100 per cento.

3) Banche d’affari che investono in imprese denaro che chiedono direttamente al pubblico, ai risparmiatori; ciò che chiarisce che i risparmiatori stanno partecipando, cooscientemente, ad operazioni a rischio, alla ricerca di più alti frutti (1).

Irving Fisher pensava esattamente ad una riforma del genere. Infatti scriveva: «L’essenza del piano 100%  è di rendere la moneta indipendente dai prestiti; ossia separare il processo di creazione e distruzione di moneta dal business bancario. Un effetto collaterale sarebbe di rendere le banche più sicure e profittabili; ma l’effetto di gran lunga più importante sarebbe la prevenzione di successioni di grandi boom e depressioni, ponendo fine ai cronici cicli di inflazione e deflazione che sono stati sempre la maledizione dell’umanità e che sono nati, in genere, dall’attività bancaria».

Fisher era convinto che questa fosse la salvezza: «Sono giunto a credere che questo piano sia la miglior proposta mai avanzata per risolvere velocemente e in modo permanente i problemi delle depressioni, in quanto abolirebbe le cause sia dei boom, sia delle depressioni».

 
 
 
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