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Elogio della lentezza

Post n°145 pubblicato il 16 Luglio 2006 da Moltke
 
Tag: Serio

"(...) Io ho scelto di stare dalla parte della lentezza. Amavo troppo i meandri del Lot, un fiumiciattolo pigro, e la luce che in settembre si attarda sugli ultimi frutti dell'estate e declina impercettibilmente.
Ammiravo quelle persone, uomini e donne che, a poco a poco, impegnandovi tutta la vita, si erano forgiati un volto nobile e buono. In campagna, dopo una giornata di lavoro, gli uomini alzavano il bicchiere di vino all'altezza del viso, lo osservavano, gli facevano prendere luce prima di berlo con cautela. Gli alberi centenari seguivano il loro destino, secolo dopo secolo e una tale lentezza rasentava l'eternità. La lentezza, ai miei occhi, equivaleva alla tenerezza, al rispetto, alla grazia di cui gli uomini e gli elementi sono talvolta capaci. (...)
Per quanto mi riguarda, mi sono ripromesso di vivere lentamente, religiosamente, attentamente, tutte le stagioni e le età della vita.
Il mondo è andato sempre più in fretta: i carri armati tedeschi non hanno impiegato più di quaranta giorni per attraversare e occupare la Francia.
Oggi quelli che non sono in grado di sostenere quella folle velocità restano sul margine della strada e spesso aspettano invano che qualcuno si fermi per aiutarli a rientrare in carreggiata. E' sensato che ci pieghiamo dinanzi a un processo che dicono irreversibile, non sarebbe meglio se evitassimo tutto quel gran correre, quando non c'è nulla che lo giustifichi? Una semplice notazione mi fa propendere per la seconda
possibilità. Quelle persone tanto rapide dovrebbero, in linea di principio, accumulare un bel po' di tempo libero in cui finalmente poter vivere per se stesse senza reoccuparsi dei compiti che gli sono stati affidati. Invece mi sembra che vivano miseramente, in una sorta di povertà, sempre alla ricerca di qualche istante in cui sentirsi liberi da un forcing logorante.
(...)"

Pierre Sansot, settant'anni suonati, prof di filosofia e antropologia, francese.

 
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