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« PRONTI VIA... | Educazione civica e sani... » |
Tutti i giorni si leggono articoli sul suicidio assistito,
sulla morte dolce e sul diritto di ognuno di decidere
della propria vita e di quando porvi fine. Un tema
scottante che divide la nostra società in gruppi e
fazioni ben definite: chi è contro e chi no. Ok, se
' sia giusto o meno lo decide la coscienza di ognuno
di noi, visto che la base della nostra civiltà e cultura
è il libero arbitrio, un principio sacrosanto e intoccabile
neanche dalle autorità che invece vuol far passare come
rispetto dell'autorità ogni prevaricazione della volontà
soggettiva di decidere di sè, delle proprie cose e scelte
di vita in nome di una falsa obbedienza all'autorità, visto
che poi ognuno si prende la responsabilità di ciò per cui
ha optato. Un fatto sacrosanto che non viola alcun codice
di diritto civile e penale, fino a che ognuno si prende la
responsabilità di decidere in proprio se, come, quando
e dove mettere fine alla propria vita, senza coinvolgere
nessuno ma proprio nessuno nello svolgimento di un
atto estremo che può comportare anche delle conseguenze
molto spiacevoli per chi asseconda la volontà di chi vuole
morire e ciò non è giusto e manco onesto: chi vuole morire
che lo faccia da solo in tutto e per tutto. E questo è la prima
obiezione, visto che un altro principio della nostra civiltà e
cultura è la vita e l'aiuto alla vita, un esistere migliore che
passa anche per l'educazione alla lotta contro la depressione,
tutte le malattie in generale e quelle mentali in particolare,
ma la lotta contro la depressione che provoca tanti suicidi
nella società e tra i giovani deve essere strenua, continua,
capillare e passa per tanti canali: la famiglia, la scuola,
l'educazione permanente di tutta al vita, un' educazione al
vivere positivo, pieno di interessi culturali, di amicizia, di sport
, di letture solo e soltanto di aiuto e di maturazione nell'affrontare
i problemi della vita in libertà e secondo il principio della scelta
individuale responsabile. In tal senso ci si riferisce a quei casi di
gente che opta per la morte dolce all'estero per sfuggire alla
depressione, al mal de vivre e allo spleen, concetti che non
hanno nulla di romantico ma sono solo bestie assolutamente
negative il cui morso è letale e da cui bisogna difendersi ad
ogni costo, mobilitando tutto, pur di sradicare il male oscuro
che non alcun diritto di cittadinanza e di esistenza in nessuna
parte del mondo, forse tranne che in Svizzera dove sicuramente
è un business molto fiorente.
La conclusione è che tale lotta strenua dovrebbe passare attraverso
un currricolo di insegnamento di educazione civica e sanitaria come
materia di studio.
Anonimo
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