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il Blog di RANDAGIO CLANDESTINO

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GUERRE ASIMMETRICHE, ovvero: io sono più forte e perciò ho diritto di ammazzarti!

Post n°26 pubblicato il 14 Ottobre 2006 da bonicaM
Foto di bonicaM

Ho visto un bambino saltare giù da un muretto, dall’alto di un muretto giù sulla carreggiata della strada. Era un bambino di quattro o cinque anni, che aveva corso liberamente nei campi ai lati della strada provinciale e che si era ritrovato, per gioco o per curiosità, proprio lì, sul bordo della carreggiata, dove macchine rombanti, automobili gigantesche alla luce del mattino, correvano con un frastuono infernale. Il bambino, piccolo di statura e poco in carne, ma con due grandi occhi vivaci, capì immediatamente di trovarsi nel posto sbagliato, piccola creatura indifesa in mezzo a una terra di giganti mostruosi. Subito il cuore gli saltò in gola e lui tentò di saltare nuovamente sul muretto e di ritornare fra i campi, ma il muretto era troppo alto per poterlo superare in un unico balzo... tentò di arrampicarsi una, due tre volte, senza riuscirci, mentre la paura si impadroniva di tutto il suo corpo... Proprio in quel momento un macchinone enorme, un camioncino gigante, si era fermato sul bordo opposto della carreggiata: due uomini ne erano scesi a volo, sghignazzando e blaterando vuote parole, e subito si erano avventati verso la piccola preda per ghermirla. Il bambino, ormai terrorizzato, cominciò a correre nella direzione opposta dei due giganti predatori che già allungavano le avide mani per catturarlo. Il piccolo correva assai più velocemente dei due giganti, ma i due astuti inseguitori lo tallonavano da opposte direzioni e più di una volta furono sul punto di ghermirlo. La paura aveva messo le ali ai piedi del bambino, i cui occhi erano ormai colmi di terrore e urlavano in silenzio chiedendo disperatamente aiuto, aiuto, aiuto... Anch’io ero un gigante per lui, un gigante assassino e predatore come quegli altri due: avrei voluto aiutarlo a risalire il muretto, ma avvicinarmi a lui... sarebbe servito solo a terrorizzarlo ancor di più. Scappa dal muretto, salta – ma lui non capiva la mia lingua, capiva solo la paura estrema del suo piccolo cuore impazzito. Allora sono corso per fermare i due predatori, ma proprio in quell’istante il piccolo fuggiasco, con una mossa decisiva, una doppia deviazione della corsa, aveva messo fuori gioco i giganti predatori e si distanziava rapidamente da loro, correndo velocissimamente lungo la carreggiata in cerca di un qualche rifugio... che però non c’era da nessuna parte. C’erano piuttosto le auto giganti che rombavano sull’asfalto e il piccolo sentiva sempre più vicina la fine, poteva solo correre, correre all’impazzata. Piangeva, urlava, tremava di paura nella sua corsa disperata, la paura e il terrore di un bambino... E io ho gridato di non fargli del male, ho gridato alle macchine di non commettere quel delitto, mentre i due predatori ridevano e gioivano del piacere della caccia all’innocente indifeso: quanto prima la vittima sarebbe caduta nelle loro mani e il piacere era proprio nel vederla così terrorizzata, così priva di difesa alcuna, vittima designata della loro forza superiore. E infatti così accadde, come io non avrei voluto vedere che accadesse sotto i miei occhi impotenti. Un altro camion, correndo nella stessa direzione del bambino in fuga, lo aveva rapidamente raggiunto alle spalle e lo aveva travolto, schiacciandogli il bacino e le gambe con la sua ruota immensa. Ho urlato la mia rabbia e il rifiuto impotente di quella violenza vigliacca, assurda. Ma ormai il bambino giaceva sull’asfalto di quella carreggiata infinita, immensa, così come infinita e immensa era la sua sofferenza, lui, povero bambino con le vertebre schiacciate sull’asfalto, che tentava ancora disperatamente di sollevare le braccia e il busto, quasi continuasse ancora nella sua fuga senza speranza. Ho tentato allora di andargli incontro, almeno per lenire la sua sofferenza; ma già i due predatori erano risaliti sul loro camioncino e avevano raggiunto il piccolo morente, lo avevano sollevato da terra e lo avevano scaraventato all’interno dell’abitacolo ridendo soddisfatti, quindi erano ripartiti velocemente per portare a casa quale pasto del giorno un grumo di dolore infinito e di violenza omicida.
Un pasto quasi inesistente, perché la piccola preda era appena un mucchietto di peli e ossa, perché non era un cucciolo d’uomo e di donna ma un cucciolo di coniglio, ma la sua paura e il suo dolore erano la paura e il dolore infiniti di un bambino... E quella che ho cercato di raccontarvi non era una favola o un incubo, ma una storia vera, la storia di una crudeltà e di una violenza senza giustificazione possibile, se non il piacere vigliacco di esercitare la propria forza su una vittima indifesa. Quei due balordi “cacciatori per caso” e quegli altri camionisti che hanno arrotato volutamente il cucciolo in fuga erano “contenti” di uccidere una creatura indifesa. I due balordi criminali, giunti a casa, avrebbero avuto ben poco di che mangiare da quel grumo di pelle e ossa, eppure...
Eppure chi dubita ancora che la paura e il dolore di un cucciolo d’animale siano gli stessi di un cucciolo d’uomo è complice e sodale di quei balordi assassini che con tanto accanimento si sono divertiti a stroncare la vita di un innocente.

 
 
 
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