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CHEF BIAGIO ROSSINO.

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LE PROPRIETà DEL MELOGRANO.

Post n°20 pubblicato il 03 Ottobre 2011 da chefbiagiorossino

Il melograno: un vero farmaco naturaleDiuretico, antiossidante e anti-tumorale è ricco di proprietà benefiche

Il melograno: un vero farmaco naturale

Chiamato anche pomo saraceno, è un prodotto autunnale tipico dell'Afghanistan e della Persia, ma è molto diffuso in tutto il mediterraneo. Di questo frutto viene usato proprio tutto: non si mangiano solo i semi, ma anche la radice, che sembra abbia proprietà vermifughe. Con questa pianta si possono fare anche delle lavande vaginali lasciando in infusione 30 g di fiori essiccati in 1 litro di acqua bollente per 1 minuto. I semini sono difficili da digerire, specialmente per chi soffre di problemi al colon. Tuttavia, vengono utilizzati per la preparazione di granatina, uno sciroppo molto dolce. Dal punto di vista nutrizionale, recenti studi hanno confermato le ipotesi "medicamentose" di questo frutto avanzate da Ippocrate. Nell'antica Grecia il melograno veniva usato come antinfiammatorio e nei casi di diarrea cronica, grazie alle sue proprietà astringenti. Ricco di potassio, minerale con effetto diuretico, ha un effetto drenante, e quindi detossinante, per il nostro organismo. Negli ultimi anni, l'attenzione è stata puntata sull'acido ellagico (presente anche nei frutti di bosco): secondo l’Istituto del Cancro della Università della Sud Carolina, sembra che questa sostanza induca la morte delle cellule cancerose, soprattutto di quelle al seno. Un ottimo aiuto contro lo stress ossidativo, dunque, dalle proprietà anti-invecchiamento e anti tumorali. Merito anche dell'alta percentuale di polifenoli in esso contenuti, preziosi per contrastare l'aterosclerosi e le malattie cardiovascolari. Una nuova ricerca giapponese sembra aggiungere altre benefiche proprietà a questo frutto. Lo studio, pubblicato sul Journal of Ethnopharmacology, ha affermato che che il succo di melograno (che si è si è rivelato efficace sugli animali di laboratorio) potrebbe aiutare le donne a combattere alcuni disturbi della menopausa, come la depressione e la fragilita' ossea.

di Luana Trumino

 
 
 

TORTORA ALLE PORTE DELLA CULTURA!!

Post n°15 pubblicato il 20 Luglio 2011 da chefbiagiorossino

 
 
 

CALABRIA : CHEF DI CUCINA BIAGIO ROSSINO

Post n°9 pubblicato il 20 Marzo 2011 da chefbiagiorossino

LA CUCINA è UN ARTE.

 
 
 

CHEF DI CUCINA BIAGIO ROSSINO :CALABRIA ,TORTORA.

Post n°8 pubblicato il 20 Marzo 2011 da chefbiagiorossino

Calabria (fonte de cecco)

La sorprendente Calabria, montagnosa e boschiva, piana e ventosa di mare, silenziosa e ostinata, è terra di civiltà, di misteri e profumi, di avventure di popoli. La cucina le assomiglia. “Mangiari semplici”, dicono da queste parti, rusticani, agricoli, pastorali, di povero pescato. Obbligatoriamente da assaggiare, come sarebbero doverose le fermate, le soste per meglio conoscere questa spesso inesplorata regione. La pasta ne è uno degli alimenti dominanti, di semola di grani duri, di cara vecchia reminiscenza.

Maccheroni grossi, fusilli, fischietti, roccoli, tubettini, bucatini, raganelle, manate, candele, zite (che le ragazze da marito cuociono con deliberato proposito, visto il nome che le mette in gioco)… E cento modi di celebrare, di abbinare, di condire “in assoluta povertà” come dicevano in passato e oggi modello di stupefacente gustosità e di vecchie pratiche di cucina. Sia che i condimenti si traggano dalle colture di campo, legumi, fagioli cucinati “in pignatta”, ortaggi, broccoli, squisite melanzane gloria della regione, cipolle rosse, pomodori di Schiocca (a grappolo) o di Belmonte, peperoni di Pizzo, olive nere e verdi, funghi, un insieme di “millecosedette”, che per il vero stanno ad indicare un tipico minestrone. Sia che si tratti di intingoli mollicati o meglio di ragù di capra, da tenere a lungo sul fuoco nella terracotta del tegame, o del mitico maiale (ah, la pungente nduja dei nostri ricordi), in primo luogo quello nero, ispido e sempre più raro, storico patrimonio dei tempi in cui “fare lu porcu” garantiva delizie e sussistenza alimentare per mesi e mesi e la “maialora” rappresentava il rituale più sacro ed atteso dell’intera annata.

Per non dire delle salse che sanno dei mari che stringono le coste, dalla “rosa marina“ di sardellina, la particolare conserva piccante di pesce, considerato il caviale della povera gente, ai sughi di alici, di sarde, di pescestocco, di spada. Il tutto sempre infiammato dal più veemente peperoncino (in Calabria è nientemeno che di origine controllata) anzi dei peperoncini che in vari luoghi si coltivano e si trasformano. Una gastronomia, questa calabra, che ancora non riesce, nonostante decadenze, manomissioni ma anche lodevoli ritorni e salvaguardie a far torto a Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino, che di questa cucina e delle sue radici era assertore fra i più convinti.

 
 
 

LA PASTA REGINA DELLA TAVOLA CHEF DI CUCINA BIAGIO ROSSINO

Post n°5 pubblicato il 04 Marzo 2011 da chefbiagiorossino

A PRESTO PER PARLARE DI PASTA .VI ASPETTO IN TANTI.

 
 
 

PEPERONCINO CALABRESE

Post n°4 pubblicato il 04 Marzo 2011 da chefbiagiorossino

Il peperoncino piccante era usato come alimento fin dai tempi antichissimi. Dalla testimonianza di reperti archeologici sappiamo che era conosciuto in Messico 9.000 anni fa e già nel 5.500 a.C. era presente in quelle zone come pianta coltivata.

Una precisa testimonianza la troviamo nella biografia di Montezuma, ultimo signore degli Aztechi, che mentre era prigioniero di Cortez, passava il tempo scherzando con le sue concubine mangiando pietanze con peperoncino rosso.

In Europa il peperoncino è arrivato con Cristoforo Colombo che l'ha portato dalle Americhe. Ma prima di quella data si era già diffuso in Asia e Africa "per vie diverse da quelle dei bianchi".

Vinigi Grottanelli, infatti, ricorda che "alcune spezie ebbero una spiccata fortuna presso molti popoli lontanissimi e del tutto diversi gli uni dagli altri, dando luogo a fenomeni di diffusione in gran parte estranei alle correnti mercantili dei bianchi. Un esempio tipico è offerto dalla più piccante fra tutte le spezie nata da noi come pepe di Cajenna o paprika (capsicum frute-scens): originaria dell'America tropicale e conosciuta quindi nel vecchio mondo prima della scoperta, questa spezia fu precocemente trasportata e trapiantata in Asia e Africa ove si propagò da una tribù all'altra con tanto successo da esservi considerata come ingrediente della cucina tradizionale allorquando gli Europei penetrarono più tardi in queste regioni".

Sul diario di bordo della prima spedizione di Colombo, Bartolomeo de Las Casas scriveva: "La spezia che essi mangiano è abbondante e più importante del pepe nero ...".

Chanca di Siviglia, medico di bordo della flotta di Colombo, notò con meraviglia che gli indigeni si cibavano di una spezia piccantissima che chiamavano agi. Era peperoncino, e lo portò in Europa dove avrebbe avuto rapida diffusione, conosciuto fin dall'inizio come "pepe delle Indie".

Come si vede, tutti i primi riferimenti storici al peperoncino sono legati al concetto di "spezia". La sua storia invece si realizzò seguendo vie diverse da quelle delle spezie raffinate e costose.

Il successo fu immediato ma non ci furono i risultati economici che si aspettavano. Il peperoncino, facilmente coltivabile dappertutto, si acclimatò benissimo nel vecchio continente. Con grande delusione dei Reali di Spagna che videro cadere i loro sogni di prosperosi guadagni.

Così mentre Spagna, Portogallo, Olanda e Inghilterra litigavano per accaparrarsi le "spezie" vere e proprie, quelle che attecchivano e crescevano solo nei paesi di origine, il peperoncino facilmente coltivabile in ogni posto, imbocca una strada tutta sua. Diventa quasi subito la droga dei poveri, di tutti quelli che non potevano permettersi le costosissime spezie orientali.

L'obiettivo si realizza in pochi anni. Nel Cinquecento questo destino particolare è già conosciuto e teorizzato.

Nicolò Monardes, autore di un famoso trattato del Cinquecento sulle "cose che vengono portate dalle Indie Occidentali pertinenti all'uso della medicina", scrive che il peperoncino si usa esattamente come le spezie aromatiche "che si portano dalle Molucche". E aggiunge che la differenza è che "quelle costano molti ducati, et quest'altre non costa altro che seminarle".

Niente business quindi. Un destino popolare e democratico che in pochissimo tempo diffonde il peperoncino in tutto il mondo, soprattutto tra le popolazioni povere con regimi alimentari monotoni, carenti di proteine.

Col peperoncino i Messicani impararono ad insaporire le tortillas, gli Africani la manioca, gli Asiatici il riso. In Italia, soprattutto i meridionali e in special modo i calabresi hanno reso più vivace e gradevole una cucina povera, vegetariana, fatta di ingredienti umili e di pochissima carne.

 

 

 

 

 

 
 
 

Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 22 Gennaio 2011 da chefbiagiorossino
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